I numeri hanno vita; non sono solo simboli sulla carta. Shakuntala Devi
Frammenti di (Alta) Cultura era stata all'inaugurazione delle mostra di Tobia Ravà, a Sabbioneta (MN), che resterà aperta fino al 29 maggio 2016. Consiglio a chi non ha ancora visto le sorprendenti opere di questo artista di cultura ebraica di non perdere l'occasione di visitare una mostra quasi antologica di grandissima importanza.
Pubblico soltanto adesso una mini-intervista (un po' perché moltissimo è già stato detto su Tobia Ravà da esperti molto più qualificati di me) che sicuramente farà riflettere i lettori più attenti.
Tobia Ravà - Sullam sequenze in scala 2015 Resina e tempere acriliche su tela cm 50X70
TG: La
decisione di esprimerti attraverso i numeri è dovuta al fatto che
la religione ebraica proibisce la rappresentazione della figura
umana?
TR: Diciamo
che il percorso legato alla cultura ebraica io lo sento più come un
pensiero ed un modus vivendi più che una religione, anche perché
l'ebraismo in realtà non è una religione, ma un modus vivendi.
Sicuramente la tua è un'osservazione giusta, io seguo un percorso
svincolato dalla figura umana e questo modo d'esprimermi attraverso
le lettere ed i numeri ha questa motivazione, diciamo biblica, però
non lo faccio solo per questo. Per me questo è un percorso legato
alla Cabala Luriana di cui i tre momenti sono il Tzimtzum, il
Shevirah ed il Tikum. Il Tzimtzum è il momento in cui Dio si
rapprende esternamente per creare il mondo, mentre la Shevirah è il
momento della creazione e tutto il materiale derivato dalla creazione
va a riempire i 10 vasi della conoscenza, 7 dei quali non riescono a
reggere l'urto. I 3 superiori contengono le scintille della
conoscenza, mentre i 7 inferiori si spaccano e tutto il mondo si
riempie così di queste scintille della conoscenza che sono lettere e
numeri. Il mio lavoro è il recupero di queste scintille e la
ricostruzione di quella che è la realtà attraverso il terzo
momento, il Tikum, ossia il momento in cui l'uomo riqualificato che è
riuscito a scavare dentro se stesso può portare se stesso ad un
livello più alto, in modo da portare tutto il mondo ad un livello
più alto per essere in grado di togliere le klipot, ovvero spostare
i cocci rotti dei vasi di terracotta rotti e raccogliere le
scintille. Naturalmente, sto un po' semplificando dei concetti
piuttosto complessi.
Tobia Ravà - La Macina del Tempo 2013 - Assemblaggio, resine e tempere acriliche
TG: Camille
Pissarro è stato il primo ebreo a rappresentare la figura umana. Per
questo prima di lui non si conoscono artisti ebrei?
TR: Questa
cosa è giusta e sbagliata allo stesso tempo. Diciamo che l'artista
ha con l'arte moderna un certo tipo di rapporto che sicuramente può
dar adito a questa osservazione, però già nella Bibbia troviamo
Bezalel che è un artista ebreo. Ci sono anche altri artisti ebrei
che non sono conosciuti per essere artisti ebrei, oppure che sono
noti come ebrei, ma non noti come artisti. A parte Giorgione, che
molti affermano fosse ebreo, ci sono altri esempi di artisti e penso
a Mosé di Castellazzo di cui si conoscono tutti i suoi spostamenti
tra il Ducato di Milano e Venezia, nel Nord Italia, nel Rinascimento,
di cui però non si conoscono le opere, pur sapendo che ricevette
diverse commissioni. Poiché non ha mai firmato le sue opere e non ha
avuto un rapporto diretto con le sue opere, non siamo in grado di
sapere che cosa abbia effettivamente realizzato. L'arte ebraica è
molto ricca, anche se un po' nascosta. Anche nelle sinagoghe
askenazite, in Polonia e in Russia sono state affrescate e dipinte, i
contratti matrimoniali medievali sono stati miniati da mani esperte
di artisti ebrei, così come le Agadot, il testo pasquale ebraico è
di prassi un testo miniato, per cui ci sono queste opere d'arte. Non
vengono collegate però le opere all'artista. Pissarro è sicuramente
uno dei primi artisti moderni che pur essendo ebreo ha lavorato a
soggetti figurativi, però non dobbiamo dimenticare che ci sono state
diverse vicissitudini storiche che hanno portato a situazioni
interessanti.
Tobia Ravà - Virgulto d'albero della vita, 2009, cm 30X40
TG: In
passato abbiamo avuto artisti che hanno utilizzato macchie di colore
o pattern, mi viene in mente il puntinismo di Seurat; più
recentemente, pensando alle opere cinematografiche, viene in mente il
film Matrix, dove compaiono lettere e numeri che compongono la realtà
delle macchine. La tua arte ha a che vedere con queste
rappresentazioni del passato e del futuro?
TR: Diciamo
che si tratta di due cose diverse, il puntinismo di Seurat traccia un
percorso molto diverso da quello di Matrix e senz'altro, a
posteriori, il mio lavoro sfrutta anche questo percorso, però lo fa
in maniera concettuale, nel senso che attribuendo una lettera o un
numero ad ogni punto si costruisce qualcosa che a sua volta ha una
logica che non è solo compositiva, ma esprime delle idee. E' un modo
di rifarsi alla tradizione linguistica ebraica che ad ogni lettera fa
corrispondere un numero ed ogni parola è la somma dei valori
numerici delle lettere che la compongono, per cui il dipinto non è
solo un'immagine, ma anche un testo che si può decodificare sia
attraverso le lettere che attraverso i numeri. Per quanto riguarda
Matrix, effettivamente c'è un comune percorso legato al Cassidismo e
alla mistica ebraica, in quanto il Rebbe di Lubavitch Schneerson, il
controllore finale della serie di Matrix, proprio per poter
verificare un discorso legato all'etica del film è lo stesso legato
alla mistica ebraica. Abbiamo una comune matrice, perché anch'io lavoro sulla Cabalah e sul percorso della mistica, questo ci
porta a fare delle cose simili.
Tobia Ravà
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