venerdì 26 ottobre 2018

Gianni Guaglio: con il theremin sulla strada da 5 anni

"Sono stato al Museo degli Strumenti Musicali del Castello Sforzesco, ma sono dovuto uscire per vedere e ascoltare un theremin." Un turista straniero in visita a Milano

Mi piace tornare sui miei passi e reincontrare le persone che già ho avuto modo di intervistare e che in passato ho portato sulle pagine di questo blog, in modo da arricchire le loro storie, vedere come si sono evolute certe situazioni e approfondire meglio alcuni discorsi lasciati a metà. Inoltre, mi affascina molto lavorare sul tempo che passa e dare un ritmo allo scorrere delle nostre vite.
La frase che ho riportato in testa a questo nuovo articolo che parla di Gianni Guaglio riporta molto bene le emozioni e l'eccezionalità di trovarsi ad ascoltare le note di un theremin dal vivo.
Io vorrei aggiungere una mia riflessione dicendo che non solo l'eterofono è uno strumento musicale insolito e poco conosciuto, ma anche chi suona questo apparecchio elettronico d'altri tempi è quasi sempre una persona straordinaria. Il protagonista di questa storia è un uomo tenace che da cinque anni, quasi ogni giorno, parte da una cittadina piemontese con il suo speciale strumento musicale e tutta l'attrezzatura che serve a diffonderne il suono, per portare atmosfere magiche e musiche incantate nelle nostre caotiche città, nonostante l'utilizzo del theremin richieda quel silenzio e quella concentrazione che difficilmente alberga nelle strade che percorriamo ogni giorno. TG


Gianni Guaglio theremin
Gianni Guaglio, musicista.

Tony Graffio intervista Gianni Guaglio fuori dal Castello Sforzesco di Milano

Tony Graffio: Ciao Gianni, ho visto che tu sei spesso presente nei programmi di stradearte; ti piace molto suonare in strada tra la gente, qui a Milano?

Gianni Guaglio: Ho voglia di esprimermi in mezzo alla gente, osservare, donare e ricevere. Anche la gente ti regala qualcosa di se stessa. Alcuni passano indifferenti senza far caso a quello che fai, ma altri si fermano, ti ascoltano, ti applaudono. La cosa più bella è quando ti dicono grazie. Ricevere un ringraziamento è mille volte meglio che sentirti dire: "Bravo!". Grazie è il massimo. Stare in strada è una scelta di libertà. Decidi tu cosa suonare e hai la possibilità di sperimentare nuove soluzioni e di guardare la gente che cammina. È interessante osservare chi hai intorno. Piano piano inizi a capire che la gente è fatta di tante categorie. Quello che faccio è una cosa sicuramente bella che ti dà emozioni diverse da quelle che provi su un palco. Su un palco senti l'effetto dell'adrenalina perché puoi avere di fronte a te anche duemila persone; mentre in strada è tutta un'altra cosa. Qui, la gente non è venuta per ascoltarti, quindi sei tu che in qualche maniera devi catturare la sua attenzione. La soddisfazione di avere delle persone che si fermano per te supera quella di suonare davanti a un pubblico che è venuto apposta per ascoltarti. Anche se si tratta solo di due persone... Perché comunque si sono fermate per te, perché tu eri lì, ma loro non se l'aspettavano. Quando vai a suonare in un locale o in un teatro, la gente viene perché sa che cosa vuole ascoltare, mentre per strada puoi diventare una parte integrante della loro passeggiata o della loro giornata. Basta questo per sentirti gratificato. Chiaro che la vita di chi suona in strada è più dura, perché la strada è dura in tutte le stagioni; con il caldo e con il freddo e non sempre ci sono situazioni facili da gestire. Ma la strada ti insegna tanto e ti dà tanto. Per me, la strada non è una soluzione temporanea, ma un punto d'arrivo.

TG: Quindi tu sei felice di suonare per le strade e le piazze?

GG: Assolutamente sì.

TG: L'altra volta, quando ci siamo conosciuti, ti proponevi in modo un po' diverso al pubblico, adesso hai una spia molto particolare e un cartello che ti presenta al pubblico e che dà già le risposte che molti tendono a porsi appena ti vedono suonare uno strumento che non conoscono.

GG: Purtroppo, molti si trovano davanti una cosa mai vista e pensano che io li stia imbrogliando. Eppure, ognuno di noi ha un telefonino che lo può mettere in contatto con Tokyo e non pensa che questo sia impossibile, perché quello è ormai un oggetto di uso comune. Invece, vedere qualcosa di insolito ti pone davanti a dubbi e all'incredulità come prima risposta. Chi vuole approfondire la questione cerca di capire e di fare domande, ma aver posto accanto a me un cartello è stata una necessità abbastanza urgente perché 9 persone su 10 pensavano che io le stessi in qualche modo ingannando. Un cartello sul quale compare il mio nome e il mio cognome aiuta a capire che cosa io stia facendo e molti si informano anche consultando sul telefonino l'articolo che hai scritto su di me nel 2016, per esempio. Altri un po' più riflessivi capiscono anche senza fare domande, perché in fondo in fondo, forse è più difficile suonare in playback che dal vivo... La "spia" o monitor è una mia esigenza per poter ascoltare quello che faccio in mezzo al rumore di fondo del traffico cittadino. La scelta è caduta su questo particolare altoparlante amplificato con diffusore per due motivi: la ricerca di un suono che mi riportasse indietro agli anni '20 e perché è uno strumento molto bello, in armonia con uno strumento d'altri tempi come il theremin.

TG: Sempre sullo stesso cartello di presentazione, leggo anche che il tuo theremin è accordato sui 432 Hertz. Che cosa significa questa cosa?

GG: Oggi, per convenzione si suona con il La centrale del pianoforte a 440 Hz. Ma non è stato sempre così. Fino a metà del secolo scorso si usavano diverse intonazioni, tra queste, quella a Hz. 432. Io sono tra i sostenitori di questa intonazione dal suono più caldo, armonico e avvolgente.

TG: Tradizionalmente, il theremin nasce per essere suonato a Hz. 432?

GG: Non te lo so dire con esattezza. In quegli anni si usavano diverse intonazioni che variavano a seconda della nazione, città o orchestra in cui ti trovavi. Da 430 Hz. fino a 450 Hz. L'intonazione che ho scelto si presta molto ad suon particolarmente onirico.

TG: Che cosa vuol dire esattamente? È come spostare leggermente la frequenza del "La"?

GG: Esatto, rispetto al La convenzionale a 440 Hz. è leggermente più basso di tono. Deriva dal posizionamento del Do centrale a Hz. 256 e di conseguenza il La a Hz. 432 circa. Questa intonazione era detta anche scientifica e sostenuta da molti musicisti e compositori, tra cui Giuseppe Verdi. Oggi si pensa che sia la frequenza di vibrazione dell'Universo e per questo viene utilizzata da tutta quella musica meditativa e rilassante. C'è chi pensa che suonare con questa intonazione abbia un effetto terapeutico.

TG: Per stare un po' più in sintonia con l'Universo?

GG: In armonia con noi stessi e con tutto quello che ci circonda. In realtà, io rimarrei fermo su quello che la musica è in grado di trasmetterci con emozioni indicibili.
Non esistono prove scientifiche di cosa sia meglio... ma  è chiaro che quello che è piacevole ci fa stare bene e in armonia. Anche se tutto è soggettivo. Io credo che i musicisti debbano avere la libertà di poter scegliere in base alle proprie esigenze di espressione. L'arte non può avere degli standard, diversamente non ci sarebbero né generi, né gusti musicali e le emozioni sarebbero tutte omologate. Per chi vuole provare ad ascoltare l'intonazione a 432 Hz., con il pc si può facilmente trasportare tutta la musica da 440 a 432 e ascoltare la differenza. Ci sono inoltre orchestre che la scelgono per le loro esecuzioni; ci sono anche dei festival della musica a Hz. 432... e, naturalmente, le mie performance.

TG: Parlando invece del tuo repertorio, che cosa è successo in questi ultimi due anni? Mi sembra che hai operato qualche cambiamento. Me ne vuoi parlare?

GG: Ho cambiato repertorio perché sentivo la necessità di seguire qualcosa di diverso. Suonando tanto i pezzi che sono riuscito ad adattare allo strumento, ho capito che per me era meglio abbandonare le cover e tornare alle origini, anche per fare ciò che voglio. Mi piace improvvisare su una base armonica di pianoforte. È un aspetto più ludico e divertente che mi permette di inventare ogni giorno qualcosa di nuovo, proprio per meglio adattarmi all'ambiente della strada. Stare sulla strada non è facile, per questo non devo mai stancarmi di quello che propongo. Non voglio mai entrare nella routine della performance e cerco di fare l'artista a tutto campo, cosa che non potrei mai fare in altri contesti. Dico questo senza nulla togliere ad altre situazioni che ti danno da vivere. La strada la vedo soprattutto come il luogo che mi dà la possibilità di esprimermi liberamente; per questo sono qui. Oggi sono venuto a suonare di fronte al Castello Sforzesco e come ogni giorno cerco di reinventarmi. Suono sulle basi, ma poi, come dicevano i vecchi jazzisti, cerco di suonare lo stesso pezzo tutte le sere in maniera diversa. Esiste una linea, definita dal tuo cervello, intorno alla quale continui a giocare, perché il tuo stato d'animo influisce molto sulla musica che fai. Non sei sempre uguale, puoi essere, allegro, triste, incazzato o malinconico, per cui quella linea guida della base pianistica viene interpretata sempre in modo diverso. Su questo, cerco di costruire una melodia che mi arriva perché c'è una sequenza di accordi che mi aiuta in questo senso. Quando scatta il meccanismo, ecco che parte la sequenza musicale... ma non è una cosa facile da spiegare.
Ho operato un cambiamento nel mio repertorio solo dopo che ho acquisito una certa padronanza dello strumento, perché prima non sarebbe stato possibile. Mi è capitata un po' la stessa cosa quando suonavo il sax. Credo che questa sia stata una scelta vincente, anche se questo ha voluto dire effettuare un'ulteriore selezione sul pubblico. Adesso, ho un pubblico più attento. La magia siamo noi e non solo uno strumento strano o un pezzo che conosci e ti ricorda qualcosa. La magia siamo noi in quel in quel luogo e in quel preciso istante di una giornata diversa da tutte le altre.

TG: Su che basi suoni?

GG: Suono su basi pianistiche di musica classica contemporanea di autori come Einaudi, Allevi o Yiruma. A differenza dell'improvvisazione jazzistica, che ha un'altra impronta, quella che attuo io ha un'impostazione più melodica. Il jazz ha un linguaggio a sé. Credo di riuscire così a trasmettere meglio le mie emozioni. In questo modo suono pur sempre sui pezzi di qualcun altro, ma al tempo stesso riesco a dare qualcosa di mio. È da qualche mese che gioco su queste basi, pertanto sto già pensando di cambiarle in quanto inizio a sapere bene quello che riesco a fare. Cerco di cambiare prima di arrivare ad un appiattimento che possa rischiare di esaurire il mio divertimento e la possibilità di offrire qualcosa di buono al pubblico.

TG: Stare sulla strada a suonare ti insegna più cose su te stesso; sulla musica o sugli altri?

GG: Bella domanda...  Sicuramente, suonare tanto in mezzo alla gente mi fa evolvere musicalmente ma, a parte questo, sono riuscito a scoprire che suonando in modo improvvisato ho anche imparato a suonare meglio, perché mi sento più libero. Non sono vincolato ad una partitura, né a dover suonare un pezzo in una determinata maniera, anche se è vero che i pezzi li puoi comunque trasformare come vuoi. Mi piace spaziare come voglio dalle note più gravi a quelle più acute, come in un gioco. E giocare è sempre bello e divertente. Sono arrivato così a capire meglio me stesso. Non dimentichiamo però che bisogna avere una buona padronanza dello strumento per arrivare ad improvvisare.

TG: Tra musicisti che usano il theremin vi conoscete? Siete in pochi in Italia?

GG: Sì, però ci conosciamo poco e interagiamo poco tra noi.

TG: E all'estero?

GG: Ultimamente il theremin è un pochino più conosciuto, probabilmente ci sono anche più musicisti che lo suonano. Io non sono molto in contatto con gli altri perché mi vergogno un po' del mio inglese. Mi piacerebbe partecipare maggiormente ad un dialogo internazionale, ma non me la sento.

TG: Il tuo amore per il theremin da cosa nasce?

GG: Nasce per gioco e per curiosità. Ho iniziato comprando uno strumento usato e poi mi sono accorto della mia passione quando ho iniziato a passare ore a suonarlo senza accorgermi del tempo che passava. Quando mi occupavo di qualcos'altro non vedevo l'ora di ritornare a mettere le mani sul theremin. Mia figlia, per esempio, ha suonato per tre anni il violino, ma probabilmente non era il suo strumento, anche se l'aveva scelto lei. L'ho spinta a provare altri strumenti, l'ho portata ad un open day della scuola che frequenta e dopo aver provato tutti gli strumenti possibili e immaginabili è rimasta folgorata dalla tromba. Quando trovi lo strumento che ti piace provi un innamoramento istantaneo. Se scatta quel meccanismo, basta.

TG: Però, per scegliere uno strumento come il theremin bisogna essere dei sognatori. O sbaglio?

GG: Sì, è pura magia, come in un sogno. Sicuramente non è uno strumento convenzionale e poi come per tutti gli altri strumenti musicali, ci vogliono almeno dieci anni di studio per iniziare a tirarne fuori qualcosa di buono.

TG: Tu da quanto tempo suoni il theremin?

GG: Dieci anni...

TG: E da quanto tempo suoni sulla strada?

GG: Circa cinque anni.

TG: Per i 100 anni dalla nascita di questo strumento, che cadranno nel 2019, che cosa succederà?

GG: Non lo so... Personalmente, non ho pensato a niente, ma credo che qualcosa verrà fatto. Io sono più legato ad altri tipi di ricorrenze.

TG: Quando invece potremo incontrarci in periferia per poter far conoscere questo strumento anche lì?

GG: Noi artisti stiamo parlando di questi argomenti con i vari municipi esterni. Milano ha una grande apertura all'arte di strada. La periferia ci chiede di uscire dal centro, ma non sempre è così facile. La volontà per farlo e gli interlocutori ci sono; mancano le occasioni. Domenica 23 settembre è stata aperta una nuova postazione per gli artisti di strada a Dergano, ma la nostra associazione ha valutato che lì fosse più opportuna la presenza di un clown, perché era un evento più indicato per famiglie e bambini. Io utilizzo un'attrezzatura che mi rende difficoltoso spostarmi per la città su quei mezzi pubblici che non dispongono di una salita a livello del terreno, per cui riesco a trasportare bene i miei strumenti solo sui tram più nuovi o sulla metropolitana, accedendo dagli ascensori, ma non tutte le stazioni e i tram hanno queste caratteristiche. Le periferie dovrebbero organizzare degli eventi e vedrai che succederà qualcosa di bello in questo senso. A rotazione partecipiamo tutti i sabati mattina al mercato contadino di Piazza del Suffragio... dove avviene anche un toycrossing (scambio giocattoli tra bambini) e altre iniziative. Abbiamo già partecipato a una domenica di festa a Rogoredo che è una zona va un po' rivalutata perché è legata a problemi di vivibilità e all'illegalità delle attività che si svolgono all'interno del suo boschetto. È importante che i cittadini si riapproprino dei loro spazi. Ho portato il mio theremin anche dentro al carcere di San Vittore, insieme al Cetec, Centro Europeo Teatro e Carcere. Altri hanno portato le loro esperienze e racconti di vita dentro le università. Però, l'artista di strada da solo non può risolvere situazioni e cambiare un quartiere. Noi abbiamo bisogno che ci sia partecipazione e una certa sensibilità, ma per creare partecipazione bisogna organizzare occasioni che portino la gente a vivere il quartiere. Noi siamo molto legati alle norme che regolano le nostre attività. Dobbiamo rispettare un regolamento preciso che fissa un luogo, un orario, eccetera eccetera. Si sta parlando anche di questo tra la nostra associazione AleacaM Cappelli in Strada, la Fnas, Federazione Nazionale Arte di Strada, e i vari municipi dei quartieri.

TG: Ho capito. Secondo te, quali sono le città più friendly verso gli artisti di strada?

GG: Se parliamo di grandi città, una è Milano. Nel senso che ha già un regolamento chiaro che permette la libera espressione, ma l'arte di strada è qualcosa di molto complesso e forse dovremmo essere noi artisti a chiederci perché molte città stanno diventando ostili. Con Fnas abbiamo tenuto un tavolo di lavoro online terminato con un codice etico a cui attenersi per far sì che l'arte di strada riacquisti la propria credibilità di utilità sociale e culturale e non sia vista come un elemento di disturbo. Questo codice etico sottoscritto da varie associazioni si sta proponendo come alternativa proprio a quelle amministrazioni che hanno adottato misure riduttive o persino di chiusura nei nostri confronti.

TG: Quali sono le note dolenti?

GG: I volumi esagerati del suono di chi fa o usa la musica per la propria performance.

TG: La polizia urbana effettua controlli anche su questo aspetto della vostra presenza in strada, oltre che sugli orari?

GG: No, in realtà questo tipo di controlli sarebbero di competenza dell'ARPA, ma ne stiamo discutendo con il Comune. Milano ha seri problemi legati a questo aspetto. È vero che negli anni c'è stata un'apertura enorme verso di noi, ma c'è il rischio che per qualcuno che ha esagerato si perdano certe conquiste. Tutti, ma proprio tutti noi artisti, me compreso in prima persona, dobbiamo tutelare queste conquiste rispettando un regolamento e un codice etico di convivenza con chi abita e lavora nei pressi delle nostre postazioni artistiche. Dobbiamo essere bellezza e non disturbo.

TG: Beh, ma tra gli artisti di strada non c'è solo chi fa musica; ci sono i mimi, i madonnari e tanti altre forme di spettacolo e intrattenimento, no?

GG: Sì, il problema lo creano principalmente i musicisti, ma anche quelle figure che hai nominato, se usano musica ad alti volumi. In strada bisogna avere rispetto di chi lavora e abita in quella via o in quella piazza. Non si possono sparare Decibel a profusione per due ore di fila. Anche perché dopo di te c'è qualcun altro che si esibisce e dopo un altro ancora. Il passante, resta un po' per assistere al tuo spettacolo, ma poi va via, mentre chi abita o lavora in quel sito ci sta costantemente. Vorrei però ricordare che a volte riceviamo lamentele ingiustificate da chi, a prescindere, dice no all'artista di strada. C'è chi non sopporta il bambino che gioca a palla in cortile e chi non sopporta noi.

TG: È difficile prenotare una postazione dove suonare per strada? O fare altre forme di spettacolo?

GG: A Milano, durante il week-end è diventato difficile trovare una postazione, perché siamo tanti. Soprattutto qua nell'asse centrale della città. Se vai in periferia trovi dove esibirti, ma lì è anche un pochino un rischio andare perché non sai esattamente cosa troverai. Puoi anche trovare il nulla e la pace che a volte cerchi volutamente per stare solo con te stesso e la tua arte. Poche anime intorno a te fanno parte dell'essere veramente artista. Ma non dimentichiamo che, anche noi artisti di strada non viviamo di solo spirito. Molti di noi hanno una famiglia e dei figli da crescere. Noi di AleacaM Associazione Libera Espressione a Cappello Milano, insieme alla FNAS (federazione nazionale artisti di strada) stiamo chiedendo che le periferie vengano svincolate dal regolamento che vige nel centro di Milano, perché riteniamo che in periferia non ci sarà mai un particolare affollamento di artisti da gestire e regolamentare. La nostra presenza è un vantaggio per tutti, perché dove c'è un artista di strada quella via prende vita. E poi, ricordiamoci sempre che la vera arte di strada è quella estemporanea. Per dare il meglio di te, hai bisogno di trovarti nel momento giusto, nel luogo più adatto alla tua performance; rispettando ovviamente tutte quelle regole che ti suggeriscono di non metterti davanti al portone di una casa, all'entrata di un negozio o in prossimità di un passaggio pedonale. Non tornare nello stesso luogo trenta giorni al mese, non suonare vicino agli ospedali, vicino alle scuole e cose di questo tipo. Sono regole di buon senso alla portata di tutti.

TG: Non so se poi è il tuo obiettivo, ma fare questa vita ti sta rendendo un po' più conosciuto?

GG: Essere più riconoscibile fa parte dei vari scopi che ti portano a suonare per strada. La strada è anche una piccola vetrina che ti porta a fare altri eventi a cachet.

TG: Ritieni che ultimamente la gente ti conosca meglio?

GG: Capita. È un percorso costante, non è una crescita improvvisa.

TG: È vero che ci sono artisti affermati che passano in incognito e vogliono provare a suonare sulla strada per vedere le reazioni della gente e se la loro musica piace davvero?

GG: Si, succede. 

TG: Ci vuole coraggio per mettersi a dare spettacolo in strada?

GG: Sì, sicuramente. A questo proposito io dico sempre che siamo artisti di strada, non mendicanti. Questa è una cosa che deve essere davvero chiara a tutti. Usciamo un po' da questa logica. L'arte di strada ha un suo valore etico, morale e professionale. Ha una sua utilità sociale e contribuisce a portare gioia e bellezza tra la gente, anche nelle giornate un po' grigie.

TG: Porta allegria.

GG: Porta allegria, malinconia e qualsiasi altro sentimento. Riesci sempre a dare qualcosa in più agli altri, gratuitamente. Ricordiamoci che la nostra performance è gratuita. Se vuoi ti fermi ad ascoltarmi, ma non sei tenuto a darmi nulla. È giusto pensare che chi sta in strada lo fa come un continuo studio per migliorarsi, rinnovandosi e riproponendosi costantemente; i mendicanti si pongono in strada in altra maniera, anche se ci sono clochard che riescono ad andare oltre la loro condizione esprimendo un talento e in quel caso sono artisti. In strada capita di trovare chi è lì per scelta, chi per motivi familiari, di salute, di depressione, di fuga dal mondo o per dipendenze di vario tipo... Noi in strada conviviamo e conosciamo molte di queste storie che meritano rispetto in quanto esprimono le decisioni e le situazioni, spesso molto difficili di altri esseri umani. Talvolta, vengono a raccontarci delle loro tragedie anche persone insospettabili. Forse perché queste persone vedono in noi le porte aperte di chi parla lo stesso linguaggio.

TG: Il confine tra una condizione ed un'altra può essere sottile.

GG: I diversi hanno sempre confini molto sottili e invisibili al mondo che li circonda. E anche noi ne facciamo parte.

TG: Gianni, come vogliamo concludere questa chiacchierata?

GG: Vorrei ringraziare Milano e la sua apertura all'arte di strada che mi ha permesso di studiare uno strumento complesso e particolare come il theremin. La gente donandomi una monetina per volta mi ha finanziato nella mia ricerca e se io sono arrivato a un certo livello è perché per tante ore al giorno ho avuto la possibilità di suonare. Diversamente, non avrei avuto né il tempo, né gli aiuti economici per migliorarmi.

TG: Grazie a te Gianni, per le emozioni che ci regali.


Gianni Guaglio mentre suona il theremin all'ingresso del Castello Sforzesco di Milano.

La particolare cassa spia a corno sulla destra serve al musicista per sentire la sua musica, mentre il suono per il pubblico viene diffuso dalla cassa sulla quale è seduto.
Gramovox ha studiato questo prodotto dal design vintage, ma ricco di contenuti tecnologici che trasmette il segnale del suono via Bluetooth. Il suono che esce dal corno si mischia inevitabilmente con quello della cassa principale, ma posizionandosi proprio di fronte alla fonte sonora più piccola si può apprezzare una musicalità particolare molto pulita che contribuisce ancor più a ricreare un'atmosfera magica d'altri tempi. Sarebbe bello ascoltare un concerto per pianoforte e theremin in teatro o in un ambiente adatto alla concentrazione che richiede questo strumento moderno che viene dal passato.
Per restare in un clima d'altri tempi ho fotografato Gianni con una Zeiss Ikoflex Ia del 1954 circa. Pellicola Fomapan 200, tempo 1/50 sec. f 5,6. Sviluppo Kodak HC 110 soluzione B, temperatura 22°, 6 minuti. Scansione effettuata con Epson V800.


mercoledì 24 ottobre 2018

Comprare o no una Fairchild Aircraft K17C? Risponde Gianni Limonta che ci racconta anche della sua nuova passione e delle manie dei collezionisti

"Chi è felice non ha bisogno di consumare" Umberto Galimberti

Poco più di un anno fa ho conosciuto un collezionista ad un mercatino dell'usato. Ho parlato con lui e dopo un po', quando ha capito la mia passione per le storie particolari e gli oggetti introvabili, mi ha proposto d'andare a trovarlo in uno dei suoi magazzini segreti. In quel posto, ho visto e fotografato oggetti incredibili di rara bellezza, comprese opere d'arte di varie epoche. Il mio interlocutore era un uomo di una certa età al quale ho promesso di non scrivere di lui su questo blog, perché non desidera essere conosciuto e non vuole che si sappia quali rari tesori ha accumulato in circa 60 anni di ricerche. Tra tutte le sue favolose mercanzie ho riconosciuto una fotocamera americana per riprese aeree, una Fairchaild Aircraft K17* molto simile a quella posseduta da Gianni Limonta. Questo fatto mi ha dato lo spunto per ricontattare il collezionista di Bergamo con il pretesto di farmi dare qualche consiglio per poi proporre all'anziano misterioso personaggio, di cui ho accennato poc'anzi, di acquistare la sua fotocamera aerea e le fotografie da questa scattate durante i bombardamenti del 1943/4, proprio sul territorio del paese dove questo signore è nato e vive tutt'ora.
Come sapete, per me il tempo è molto relativo, per cui vi riporto del mio dialogo con Gianni Limonta soltanto adesso. TG

Fairchild Aircraft tipo K17 C
La Fairchild Aircraft tipo K17 C conservata tra barattoli vuoti, smalti in polvere per ceramica e sculture lignee in un capannone che sin trova in una località segreta. Tony Graffio è riuscito ad arrivare fino a  lì grazie alla fiducia riposta in lui da un collezionista anonimo che, evidentemente, aveva voglia di mostrare i suoi tesori a chi potesse capirne il pregio mantenendo però la parola data. La K17C veniva montata sui bombardieri americani Martin B26 Marauder e fotografava su pellicole montate su rocchetti fotogrammi di cm 24X24. Curiosamente, l'ottica accanto alla fotocamera era di fabbricazione tedesca.

Tony Graffio: Ciao Gianni, come stai? Sei contento di rivedermi?

Gianni Limonta: Ma vaffancul... eh, eh, eh...

TG: Tranquillo, parla pure liberamente...

GL: Sei qua per chiedermi una consulenza?

TG: Hai visto che bella quella Fairchaild di cui ti parlavo? (gli avevo spedito le foto qualche giorno prima d'incontrarlo)

GL: Ma noooo...

TG: Come? Non è bella?

GL: Ma va! È tutta rovinata.

TG: Ho capito, ma ha fatto la guerra! È stata usata e poi ci sono anche le fotografie che ha scattato durante i bombardamenti. Mica come la tua che è più nuova e praticamente ti è arrivata nelle stesse condizioni in cui è uscita dalla fabbrica. Che modello è, secondo te?

GL: È una K17C.

TG: Scattava nel momento in cui esplodevano le bombe a terra?

GL: Mah, vai a saperla quella roba lì... La mia però è ai raggi infrarossi. Aveva un supporto speciale, quella che mi hai fatto vedere tu no. Però è ridotta male...

TG: Ho capito, ma quanto posso offrirgli per acquistarla?

Lunga pausa

GL: Te lo dico sinceramente? E guarda che fa un affare lui, non te...

TG: Dimmi...

GL: 300 euro. Non di più.

TG: Veramente?

GL: Ma stai scherzando?

TG: Ma scusa, la tua valeva 50'000 euro e questa solo 300?

GL: No, un momento. Allora tu non hai capito il discorso che ho fatto l'ultima volta. Della mia chiedevo 50'000 euro perché non ce n'era un'altra in quelle condizioni. La mia è anche funzionante, oltre che tenuta benissimo.

TG: Però, il collezionista che conosco io ha anche le fotografie di quella fotocamera scattate mentre gli americani bombardavano il suo paese. Ti rendi conto?

GL: No, quella macchina è ridotta troppo male.

TG: Quindi me ne sconsigli l'acquisto? Ma io la voglio!

GL: Io non so se lui accetta 300 euro, per me è già una buona offerta, ma se lui non l'accettasse dagliene 500, non di più. La chicca di quella macchina è che è come la mia. Quando qualcuno mi ha offerto di comprarmela e c'erano un paio di tedeschi interessati, io ho risposto di trovarne un'altra in quelle condizioni, se erano capaci... Non la trovi.

TG: Ma quella è completa di due obiettivi! Ha tutto! Probabilmente è anche funzionante...

GL: Ho capito...

TG: Io glie ne offrirei anche 100, non è quello il problema. Il problema è capire per quanto lui è disposto a darmela...

GL: Ma sì, te la dàaa...

TG: Ok, se lo dici tu...

GL: Per me, sì.

TG: Comunque questo signore, che non fa fotografia, è come se avesse un palazzo grande come quello che ospita il bar qui a fianco (eravamo nel negozio di Gianni) pieno di tutto il ben di Dio che puoi immaginarti.

GL: Sì, immagino, preservativi bucati...

TG: Lampadari giganteschi di design che arredavano banche a Milano... telescopi del 1800, quadri di grandissimo formati recuperati da chiese demolite... Stampe calcografiche originali del 1500 e tante altre cose.

GL: Tu dovevi dirgli: raccogli tutto, tranne i preservativi. (ride)

TG: Gianni sei tremendo.

GL: Adesso, scherzi a parte, una macchina del genere io non la prenderei.

TG: Forse quando l'ha presa lui era anche tenuta bene, poi nel caos dove tiene di tutto, sopra ad un armadio, può essere si sia un po' impolverata.

GL: Ma l'hai vista bene? Io non credo che una fotocamera ridotta in quello stato possa funzionare. Lì dentro ci sono degli ingranaggi incredibili che sicuramente si saranno ossidati o bloccati, però per l'amor di Dio, magari dandola in mano ad un meccanico esperto si potrebbe sistemare. Esteticamente però rimane quello che è. Forse, sono io che ho un rifiuto per il rottame.

TG: Normalmente, non è facile trovare quella roba lì, indipendentemente dallo stato di conservazione.

GL: Ho capito! Posso essere onesto?

TG: Certo!

GL: Se io non avessi la mia macchina...

TG: Che adesso non hai più...

GL: È per farti capire... La prenderei.

TG: Certo, che è quello che ti dicevo anch'io! Io non ce l'ho: per questo la prenderei. Vedi che mi capisci anche tu?

GL: Certo, ma io infatti ti ho anche risposto: 300 euro. I modelli inferiori, sempre dell'Aircraft li trovi in vendita su un sito americano a 200-300 euro. 

TG: Ok, ti ringrazio della dritta. Senti, ma adesso che hai venduto tutto, continui a collezionare?

GL: Recentemente da un mio cliente, o amico, che poi è la stessa cosa, ho preso un proiettore di legno che non sono riuscito a capire che cosa sia. È una cosa unica che non ho mai visto prima.

TG: Non è che hanno costruito qualcosa apposta per farti uno scherzo?

GL: Ma nooo. Me l'hanno regalato!

TG: Sei fortunato.

GL: Tutta integra. Bisogna solo capire la sua funzione.

TG: Se non lo sai tu non lo sa nessuno.

GL: Sembra una cuccia per cani, ma grande... Sarà di fine '800.

TG: Ce l'hai qua in negozio?

GL: No, in studio.

TG: Se ne trovano ancora di Fairchild K 17 in giro?

GL: No. Ti sfido a trovarle. Trovi solo quelle piccole, guarda su ebay.com. Io sono 15 anni che ci guardo e difficilmente vedo in vendita quelle grandi.

TG: Il mio amico dice d'averla comprata a Livorno negli anni '50. In una specie di surplus militare americano grande come un intero villaggio. Credo si chiamasse Derby. Era andato lì per comprare una jeep ed è tornato a casa con la Fairchild. Esistevano 3 siti così in Italia: uno in Veneto, uno a Livorno e l'altro non so dove.

GL: Sì, lo conoscevo quel posto. Però peccato...

TG: Eh lo so, ma sono passati anche più di 70 anni dalla fine della guerra. È una macchina nata quando eri piccolo tu.

GL: (Risata) Dopo.

Gianni Limonta
 In vetrina del Fotostudio Gianni, il microscopio Precision Micro-Projector Fkatters & Garnett di Manchester, un pezzo degli anni '20 del XX secolo.

TG: Eh va bene. Invece il microscopio inglese che mi hai fatto vedere l'altra volta adesso lo hai messo in vetrina in negozio. Non avrai mica intenzione di venderlo?

GL: No. Assolutamente. Ne ho visto uno così, a poco prezzo su ebay, ma non è la stessa cosa.

TG: Invece il museo della fotografia più grande e bello del mondo è pronto?

GL: Dicono che sarà pronto entro la fine dell'anno.

TG: A Shanghai?

GL: No! A Singapore*. È un museo già esistente, per adesso è piccolino - io l'ho visto - ma lo stanno ingrandendo.

TG: Come si chiamerà?

GL: Non lo so.

TG: Ma come sei il direttore e non lo sai? Intitoleranno a te almeno una sala?

GL Tutto il museo avrà il mio nome e io sarò il presidente onorario.

TG: Lo hanno proposto loro?

GL: Certo.

TG: Tutto il materiale è ancora in Italia?

GL: Eh sì, perché loro per adesso hanno il problema di dove conservare tutta questa roba. Dopo di che io dovrò andare da loro a sistemare tutto.

TG: Ah, allestirai tu il museo?

GL: Certo.

TG: Allora mi inviterai?

GL: Se ti invitano loro...

TG: Lo prendo come un impegno; ho anche appena rinnovato il passaporto...

GL: Sono obbligato ad andare io perché loro non sanno nemmeno cosa sono certe macchine...

TG: Hai già preparato delle schede tecniche; hai in mente come procedere?

GL: Ho già detto che dovremo mettere tutto per terra e poi decidere dove mettere i pezzi. Come abbinarli... Decideranno loro se mettere tutto in ordine cronologico o se è meglio dividere i pezzi per nazioni di provenienza. Sono decisioni che spettano a loro, all'architetto e al direttore del museo. Non so cosa decideranno, ma il mio ruolo è scritto nel contratto. Devo dargli una mano... Di certi pezzi si fa persino fatica a capire se sono fotocamere o cineprese, per esempio. Sopratutto certe macchine degli anni che vanno dal 1910 al 1920. Possono essere anche dei proiettori o avere più funzioni.

TG: Certe macchine si smontavano e diventavano degli ingranditori... Bisognerà vedere se sono complete. È complicato e sicuramente ci sarà molto lavoro da fare.

GL: Per questo li aiuterò, non credo loro abbiano questa competenza. Ce l'avranno, ma certe cose non le hanno mai viste e magari non si trova nemmeno più niente di scritto, per questo è difficile capire cos'è un certo oggetto che oltretutto veniva costruito artigianalmente.

TG: Adesso cosa ti rimane della tua collezione?

GL: Ho 2000 pezzi, ma difficile dirti di che cosa.

TG: L'altra volta mi avevi detto che su 4000 pezzi te ne erano rimasti 1000, adesso sono già  diventati 2000. Vuol dire che hai acquisito altri 1000 pezzi.

GL: Ma non di macchine fotografiche.

TG: Cosa allora?

Fotostudio Gianni Limonta
Un proiettore cinematografico RCA model 400 da 16mm al quale è stato aggiunto un raro sistema di illuminazione a scarica a carboni francese Triarc Tr4.

GL: Proiettori.

TG: Bravo!

GL: E lanterne magiche.

TG: Bellissime.

GL: Poi, ho raccolto anche circa 800 esposimetri.

TG: A quanto compri i proiettori 35mm?

GL: Recentemente, si sono molto svalutati. Quello che prima si pagava 2000-3000 euro adesso se me lo propongono a 1000 li insulto. C'è in giro una sfracca di roba.

TG: Certo, adesso buttano via tutto.

GL: Una marea di roba.

TG: Il mio amico Matteo Ricchetti ha a casa sua un vecchio e raro teleproiettore televisivo degli anni '50. Consisteva in una parte che conteneva un piccolo tubo catodico molto luminoso, uno specchio e un obiettivo per proiettare le immagini. Alcune parti erano costruite dalla Prestel. Era un apparecchio utilizzato nei cinema. Pensa che si arrivava addirittura ad interrompere la proiezione del film quando arrivava l'orario in cui la Rai trasmetteva: "Lascia o Raddoppia?"; che a quei tempi piaceva molto al pubblico e per nessun motivo avrebbe perso. Ti potrebbe interessare una reliquia di quel genere?

GL: No, no, troppo recente.

TG: Ha anche dei Prevost anni '40, ma non sono nuovi.

GL: Roba del genere la raccolgo anch'io, ma deve essere in condizioni perfette, da collezionista. Mica ho un negozio di ferramenta... Pensa che un mio cliente che fa un po' il raccoglitore mi ha proposto un 35mm Prevost del '50, nuovo. Glie l'ho bloccato senza nemmeno vederlo; poi gli chiedo che obiettivo monta. Non c'era l'obiettivo! La fuffa la raccoglievo 50 anni fa, adesso no.

TG: Certo, col tempo si affina il gusto e la ricerca.

GL: Mi hanno regalato una collezione che conteneva macchine bellissime e rare, ma tenute male. Escluso quel proiettore di legno di cui ti parlavo prima e che non so cosa sia.

TG: Magari è uno zootropo.

GL: Non lo so. Quello che mi manda in crisi è che non c'è nessuna fessura o apertura per metterci dentro qualcosa.

TG: Non è che manca un pezzo?

GL: No! È perfetto.

TG: Sarà un pezzo unico.

GL: A parte quello e quello che può valere; vorrei sapere che cos'è, per mia libidine. È bellissimo. Di sicuro è un proiettore, non una macchina fotografica.

TG: Ha degli oculari...

GL: No!!! Tutto chiuso. È quello che mi fa impazzire. Non sono mica scemo, no? Immagina di vedere una grossa cuccia di un cane con una grossa lente, c'è una finestrella per la lampada, ma il negativo o la diapositiva dove la metti?

TG: Mandami una foto che la pubblico sul blog e se qualcuno sa cos'è ce lo dice. Invece quel tuo vicino che era il più grande collezionista di Leica al mondo c'è ancora?

GL: No, è morto. Aveva più di 90 anni.

TG: Adesso, possiamo dire come si chiamava?

GL: Somaschini.

TG: E le sue fotocamere le terranno?

GL: No, non credo. Indubbiamente è stato il più grande collezionista di Leica al mondo. Ma è grande non per il numero di pezzi in suo possesso, forse ne aveva non più di 150, ma per lo stato di conservazione di quello che teneva. Non erano macchine nuove.

TG: Di più?

GL: Perfette. Io gli ho venduto una Leica più di 30 anni fa. Somaschini scrutava le fotocamere col contafili per delle ore. Una volta mi ha detto: "Signor Gianni, ma non c'è un puntino, lì?". Io ci ho messo 5 minuti per trovare l'imperfezione che lui vedeva. E poi mi ha detto: "No, non la voglio.". Gente come Rogliatti o altri famosi Leicisti italiani degli anni '70 e '80 non gli stavano minimamente dietro. Non esistevano minimamente al suo cospetto. Era una potenza.

TG: Se non trovava il puntino te la pagava qualsiasi cifra?

GL: Sì. Quando avevo delle Leica che per me erano vergini, non glie le proponevo nemmeno, perché ero sicuro avrebbe trovato qualcosa che non andava bene. Le voleva totalmente integre. Mai avvicinarsi a lui mentre le guardava. Indossava sempre i guanti bianchi. Era una cosa bestiale. Quando apriva le sue vetrinette dovevo stare a distanza, non voleva che il mio alito andasse sulle sue Leica.

TG: Il collezionismo a certi livelli diventa una malattia.

GL: Mi avevano detto e raccontato di altri Leicista in Italia, ma nessuno era maniacale come lui. Certo, anche loro usano i guanti bianchi e avevano attenzioni particolari, ma nessuno era come lui. E adesso, siccome tu sei povero, lascia che ti offra da bere, andiamo al bar.


Note
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Nel precedente articolo (vedi Frammenti di Cultura del 9 gennaio 2016) Gianni Limonta affermava che esistono soltanto 2 Fairchild Aicraft K17C (speciali) al mondo; quella trovata dal sottoscritto presso il magazzini di Anonimo potrebbe essere la così la terza, anche se sembrerebbe che ogni K17C sia praticamente unica perché risponde ad esigenze particolari di ripresa ed ognuna è stata fatta artigianalmente. Quando ho contestato che la terza Fairchld K17C dovrebbe valere molto di più, Gianni mi ha detto di provare a pesarla, se il suo peso dovesse essere di circa 35 Kg, anche la terza Fairchild sarebbe speciale come le altre di cui abbiamo scritto in precedenza. Vi farò sapere.

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Nel precedente articolo (vedi F.d.C. del 9.6.2016) si era parlato di un museo a Shanghai; durante il mio incontro di circa un anno fa, Gianni mi ha parlato invece di Singapore perché non è stato ancora deciso dove collocare il museo che dovrà essere costruito ex-novo. Nel frattempo le casse col materiale fotografico sono state spedite ed hanno raggiunto la Cina. Gianni però non mi ha detto se sono state spedite a Shanghai o a Singapore.

Avviso
Il 16 Novembre 2018 alle ore 17, 30 presso il Convento di San Francesco a Bergamo Alta si terrà la cerimonia di apertura di un nuovo museo fotografico. In questo caso, Gianni Limonta che ha donato gran parte delle sue Lanterne Magiche e altri pezzi di valore storico sarà presente alla serata organizzata dalla Fondazione Sestini, alla quale parteciperanno anche autorità locali e figure di spicco della città e della provincia.


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