mercoledì 4 maggio 2016

Jacopo di Cera, dalla fine del mare alla superficie del legno delle barche di Lampedusa

Proseguono le presentazioni dei protagonisti della sesta MIA Photo Fair.
Nella mia ricerca di fotografi che si sono dedicati alla stampa su supporti particolari, mi sono fermato a parlare con un giovane romano che ha saputo conferire maggior forza e significato alla sua opera scegliendo di offrire le sue immagini su un materiale caldo ed antico ricoperto da una moderna resina speciale che gli ha permesso di conservare l'effetto bagnato della lucentezza dell'acqua del mare sulle sue fotografie artistiche. TG


Tony Graffio intervista Jacopo di Cera

Tony Graffio: Ciao Jacopo, raccontami qualcosa di te per favore.

Jacopo di Cera: Mi chiamo Jacopo di Cera e lavoro nell'ambito della fotografia da 15 anni, sono venuto al MIA con un progetto che racconta attraverso un punto di vista originale legato ai cromatismi ed alle forme grafiche il tema dell'emigrazione. Ho esposto dei particolari di barche che fanno parte del cimitero delle barche di Lampedusa. Scafi abbandonati sulle spiagge che parlano di drammi umani e temi molto tristi. Dai colori di queste barche nasce il desiderio di raccontare una storia completamente diversa che abbraccia pur sempre un discorso relativo alla traversata di un braccio di mare che porterà molti uomini ad avere una vita nuova e la speranza d'affrontare un futuro di pace e tranquillità. Ho stampato queste immagini direttamente sul legno di questi stessi scafi che ho riportato da Lampedusa.

TG: Legni di scafi riportati da Lampedusa?

JdC: Sì, sono i legni degli scafi utilizzati per il trasporto dei migranti e dei profughi arrivati a Lampedusa. Dopo aver stampato le fotografie sulla superficie del legno ho anche applicato una resina speciale su tutte queste opere per mantenere viva l'idea dell'acqua. Legno e acqua sono i due elementi più importanti di un viaggio che è stato percorso tra mille paure e difficoltà. Praticamente, si tratta di un modo diverso per raccontare l'attualità del nostro tempo, privilegiando degli aspetti che non mostrino direttamente il dramma delle persone che hanno affrontato questo percorso, ma gli altri protagonisti di questa storia che sono le barche ed il mare.

TG: Sono tutti dettagli di barche che assumono un'identità astratta?

JdC: Sì, sono dettagli molto stretti. Stando sull'isola mi sono concentrato su una ricerca artistica lasciandomi trasportare da ciò che vedevo. Da un punto blu sul bianco alla Mirò sono passato ad una serie di accostamenti cromatici alla Rothko, o a dei monocromi alla Klein. Ero su queste spiagge e mi dicevo che ero immerso nell'arte e dove c'è arte c'è bellezza, speranza e altri sentimenti positivi che ci predispongono alla riflessione ed al benessere spirituale. Vivevo un contrasto molto forte tra la realtà di coloro che erano sbarcati sull'isola ed i miei sentimenti che mi hanno portato a reinterpretare questi eventi con colori gioiosi e pensieri di speranza.
Inizialmente avevo stampato questo progetto su carta fotografia, ma così facendo non riusciva ad uscire quello che io volevo raccontare. La svolta che ha indirizzato interesse verso il mio lavoro e mi ha convinto a presentarlo anche qui al MIA è stato l'ottimo risultato che ho raggiunto portando le immagini su tavole di legno abbastanza spesse e ricoprendone i colori con una resina che ha saputo dare ancora più brillantezza a tinte già abbastanza vivaci. Aver messo insieme questi pezzi di legno su cui ho stampato le immagini colorate ha dato un senso molto più profondo alle mie idee ed è riuscito a dare una forza importante a quanto avevo da dire.

Dov'era posizionata la Galleria Visiva al MIA Photo Fair 2016

TG: Vuoi aggiungere qualcosa in più su di te?

JdC: Io vengo dal mondo della comunicazione e del marketing nel quale ho lavorato per tanti anni e che ultimamente ho lasciato per dedicarmi sempre più alla fotografia, una passione che ho da tanto tempo. Nel mio percorso artistico ho affrontato diversi lavori, ma questo è quello che mi ha segnato più profondamente. Dopo la MIA, "Fino alla fine del mare" andrà a Roma, a fine maggio, poi a Napoli e proprio oggi (28 aprile 2016) mi è arrivata la conferma per portare le mie immagini a Lampedusa, l'isola dove tutto questo mio lavoro è nato. 

Jacopo di Cera, 35 anni, fotografo

TG: Quanti anni hai?

JdC: Ho compiuto ieri 35 anni.

TG: Con che galleria lavori?

JdC: Sono qui con Visiva che è una galleria di Roma.

TG: Come fotografi normalmente? In digitale, o in pellicola?

JdC: Io ho iniziato a lavorare col digitale. Mi piace anche la fotografia analogica che utilizzo nel momento in cui lo ritengo necessario, con il banco ottico. Penso che sia gli strumenti come le fotocamere ed i vari tipi di supporti oggi si possano scegliere a seconda di quello che si vuol dire e di dove si presenta il lavoro, al fine di veicolare il messaggio in maniera più chiara ed appropriata.

TG: Quali sono i prezzi dei pezzi esposti?

JdC: Le opere grandi che sono quasi tutte di cm 50 X 70, essendo dei pezzi di legno non hanno misure precisissime, ma approssimative, sono in vendita a 800 euro. Le tavole più piccole sono in vendita intorno ai 350 euro.

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