giovedì 29 novembre 2018

8 domande ai Janaki's Palace


Li abbiamo visti ed ascoltati al 29° Psych Out Festival e ci sono piaciuti molto; adesso conosciamoli meglio con 8 rapide domande. TG

Janaki's Palace

Ciao a tutti, siamo un piccolo gruppo di Borgomanero (un paesello vicino a Novara), ci chiamiamo Janaki's Palace.

1 - Quanto è difficile suonare in Italia il Vostro genere musicale e quanto interesse c'è da parte del pubblico e dei discografici per la musica originale e i brani inediti made in Italy?
Bella domanda, potremmo rimanere a parlarne per almeno una mezz'oretta.
Partiamo dalla provincia (che è anche da dove veniamo noi): nella nostra zona è abbastanza difficile riuscire a suonare brani inediti e ottenere un buon feedback da parte del pubblico per due semplici motivi, l'inglese non è immediato e i gruppi indipendenti sono un'incognita economica se messi a confronto con le cover band
I grandi locali ospitano praticamente solo tributi consci del fatto che avranno un'entrata sicura, ma per carità, guardando ciò dal punto di vista di un gestore che deve mandare avanti un'attività, il discorso fila perché in zona non c'è un vero e proprio interesse nei confronti di band con canzoni proprie.
Per questo ormai suoniamo solo in città, la gente è più curiosa, anche se magari è orientata verso altri generi musicali completamente diversi.
Mentre per quanto riguarda discografici & Co., oggi, in Italia la trap e l'Indie pop sono sulla cresta dell'onda, chi lavora professionalmente nell'industria musicale è incline a ricercare qualcuno più affine a quei canoni per un fatto di mercato.
Realtà più underground (ad esempio etichette indipendenti) sono aperte a progetti strambi e/o fuori dal comune anche in lingua inglese, perché non devono fare enormi investimenti economici.

2 - Di che cosa parlano i Vostri testi e perché?
Principalmente esprimono situazioni, sentimenti, stati d'animo ed esperienze che non sarei capace di descrivere in una qualsiasi conversazione. A volte, invece, sono molto diretti; in ogni caso è sempre bello lasciare spazio ad un'interpretazione personale. 
Per esempio, tutti conosciamo il colore “blu” ma, nella mia testa, si figura in modo più chiaro o più scuro di come Voi lo stiate immaginando; nonostante ciò lo identifichiamo con la stessa parola, “blu”.

3 - Che cosa ne pensate della musica psichedelica e perché avete fatto la scelta di suonare questo genere di musica?
Non è stata una vera e propria scelta, è stata una (fortunata) conseguenza.
All'inizio suonavamo Garage Rock à la The Strokes, Libertines, Arctic Monkeys (quelli del 2006/07), ecc. risultando una copia dei gruppi elencati, ma senza la loro carica.
Dopo un po' di tempo è comparsa una nuova canzone totalmente diversa dal repertorio e ciò ha permesso di valorizzare a pieno la bella voce di Chiara (cantante & chitarrista) e di andare oltre i powerchords, le chitarre troppo distorte e il divieto assoluto di usare tastiere.
A quel punto tutto ha preso sempre più forma in un genere onirico che non sapremmo definire ma, per non complicarci la vita, chiamiamolo psichedelia. La musica psichedelica è un territorio talmente vasto di idee che ci permette di ritagliare uno spazio per sperimentare e fondere diversi elementi, è questo il punto a suo favore... e poi c’è il riverbero che rende tutto più magico.

4 - In che contesto Vi piacerebbe suonare (festival, locale, città, eccetera) e perché?
Per quanto riguarda Torino. sarebbe magnifico riuscire a suonare in posti come il BLAH BLAH, I Murazzi Del Po, Astoria, Spazio 211, sono fighissimi, c'è una bella atmosfera. Abbiamo avuto la fortuna di suonare al Bunker grazie a Psych Out e all'Off Topic grazie ad un altro festival di questa città, _reset Festival.
A Milano ci sono il Santeria Social Club e il celeberrimo Magnolia dove si svolge il MiAmi, sarebbe un mezzo sogno riuscire ad avere uno slot lì a quel festival o comunque poter suonare in questi locali/spazi in apertura a qualche artista.
A Bologna c'è Il Covo, a Ravenna il Bronson, a Firenze il Glue, a Roma il Monk, a Misano Adriatico il Wave… Insomma, ce ne sono troppi, sicuramente ne manca qualcuno e sono tutti luoghi che ti fanno pensare: "Caspita, sarebbe strano ed incredibile poter suonare lì, lì si esibisce gente seria".
Stesso discorso per i festival italiani, ci sono realtà preziose come il Todays Festival, Home Festival, AMA Music Festival, MiAmi, Siren Festival, Ypsigrock, ecc. e sono solo i primi che ci vengono in mente. È come sottolineare l'ovvio, ma fare parte della line up di questi eventi sarebbe... non so, in inglese si dice “mindblowing” e non sapremmo come tradurlo in italiano. 
Più che altro facciamo musica che è un'ode all'Estate ed esibirsi in queste occasioni sarebbe una cornice perfetta.
Ci sarebbero, ovviamente, anche locali all'estero e festival esteri ma la lista diventerebbe davvero troppo lunga e noiosa.

5 - Come avete scelto i suoni per il Vostro tipo di musica e perché?
La definizione perfetta è: "prendere il suono pop di Kylie Minogue, farlo passare dentro un vibrafono, un sassofono o una tromba e intingere il risultato nell'acido lisergico”.
Vogliamo creare musica da ascoltare in macchina quando si fanno lunghi viaggi al tramonto o alle prime ore del mattino, preferibilmente in Primavera o in Estate.
Per fare ciò cerchiamo delle linee melodiche efficaci, chitarre sognanti (riverbero, chorus, delay, pitch shifter) e soprattutto accordi jazz, quelli hanno un suono indescrivibile.

6 - Parlatemi dell'esperienza che avete avuto allo Psych Out. Cosa c'è stato di positivo e di negativo? È andata come Ve l'aspettavate oppure no? Consigliereste ai Vostri amici di suonare allo Psych Out? Che gruppo raccomandereste a Giampo Coppa di ingaggiare per il supermegafestival del prossimo anno per celebrare adeguatamente i 30 anni dello Psych Out?
Allo Psych Out è stato tutto una bomba!
Era la prima volta che partecipavamo ad un festival di psichedelia ed è stato come vincere alla lotteria. Quando suoniamo in giro portiamo sempre una chiavetta contente un video di circa un'ora di giochi di luce (grazie “Ed's Amazing Liquid Light Show”, tu non ci conosci ma grazie di cuore) ed è stato pazzesco non doverla usare perché c'era già qualcuno che smanettava dal vivo con olio, piatti e colori proiettati su di noi. C'è stato un bel feedback da parte del pubblico, in più Giampo e lo staff ci hanno trattato come delle rockstar, sul serio!
Ovviamente, consigliamo caldamente a qualsiasi gruppo psichedelico di suonare qui, gente tranquilla e cool, mercatini con vestiti 60's e giochi di luce dal vivo, che vuoi di più?
Mentre, parlando della trentesima edizione di Psych Out, c'è un tipo strambo di Cambridge che scrive canzoni riguardo a gnomi, un gatto di nome Lucifero ed è in fissa con la sua bici e con lo spazio, non ricordo bene il suo nome ma, se non sbaglio, suona o suonava in un gruppo che c'entra con il colore rosa… :-)

7 - Ditemi quello che volete...
Tagliati i capelli da solo, fai attenzione alle forbici, usa uno specchio e, se tutto va bene, ti sentirai molto soddisfatto!

8 - Quale ritenete che sia la Vostra canzone più bella e l'album che preferite, o che consigliate assolutamente di comprare a chi non ha avuto modo di conoscerVi approfonditamente?
Siamo giovani, è ancora presto per parlare di un album.
Il brano di chiusura della nostra prossima demo si intitola "Reflections", ecco, è una canzone importante ed è giusto che sia anche l'omega delle nostre esibizioni dal vivo. Ci piace molto in generale e ci piace suonarla, è liberatoria.
Reflections è il ritratto di un'autoflagellazione, del momento in cui prendi coscienza delle reali conseguenze delle tue scelte ed esse ti piombano addosso all'improvviso. Ciò che provi è un'oscillazione fra il senso di colpa e l'immaturità. Ma è meglio non rivelare troppo, è bene che ognuno abbia una propria interpretazione riguardo al testo.
A tutti i nostri concerti potrete trovare la demo che metteremo fuori questo inverno, è stata registrata, mixata e prodotta interamente da noi.



martedì 27 novembre 2018

Matteo Guarnaccia ci spiega cos'è l'arte psichedelica

"Insekten Sekte è stato un po' il Santo Graal delle riviste underground italiane." Matteo Guarnaccia


Matteo Guarnaccia

Dopo lo Psych Out Festival approfondiamo il rapporto con la Psichedelia italiana e andiamo a parlare con chi ha vissuto il periodo d'oro della Controcultura e continua ad esprimersi con il linguaggio degli anni '70.
Nelle ultime opere psichedeliche di Matteo Guarnaccia emerge un certo gusto per la materia, un ritorno, dopo gli anni in cui tutto sembrava essere etereo e virtuale, al disegno concreto. Solo in tempi relativamente recenti Guarnaccia ha iniziato ad esprimersi con collage ritagliando le illustrazioni dalle vecchie riviste trovate sulle bancarelle dei mercatini e intarsi lignei piuttosto laboriosi. Naturalmente, continua anche a disegnare in bianco e nero e a proporre il suo stile onirico e liberatorio in cui confluiscono idee e personaggi di un passato mai dimenticato.
Sono stato a casa sua per vedere da vicino i suoi lavori e fargli finalmente la domanda che tutti si aspettavano. TG

Tony Graffio: Matteo che cos'è la psichedelia?

Matteo Guarnaccia: Credo che sia una delle modalità che rimanda l'arte alle sue funzioni principali che è quella di farti rendere conto dello spazio e del luogo in cui vivi, analizzando anche le parti più piccole del nostro  modo di vivere, e poi è un viaggio interiore. È un'analisi fatta attraverso il disegno, attraverso il colore e le forme che ti permette di riconnetterti con il cosiddetto "immaginario collettivo" che poi è stato banalizzato attraverso l'uso delle droghe. In realtà, il punto principale è la capacità di tornare al nucleo centrale del nostro pensiero, attraverso l'espressione artistica, e la possibilità di connettersi con il resto del  mondo e le sue forze più intime; oltre che con la psiche.

TG: Potremmo dire che la psichedelia è un viaggio di esplorazione?

MG: Sì, un'esplorazione dentro e fuori di se stessi. Ovviamente, questo tipo di arte deve essere molto disciplinata e, nonostante ciò che si crede, è un'arte molto concreta perché è un'esplorazione molto profonda. Certo, può anche nascere da un automatismo, ma in realtà devi essere molto preparato per accogliere quest'esperienza interiore.

TG: Tu hai iniziato ad esprimerti con questo stile artistico negli anni '70 e ancora adesso continui tenacemente a proporre opere psichedeliche?

MG: Assolutamente. Dandogli però più spessore. Dopo avere attraversato varie epoche e varie esperienze ho elaborato altre tecniche, oltre il disegno che è stato il mio punto di partenza. Adesso, mi esprimo anche con la pittura e il collage.

TG: Io sono un appassionato di fantascienza e UFO; è vero che anche questi elementi sono fonte di ispirazione nell'arte psichedelica?

MG: Sì, c'entra molto anche quell'aspetto che riguarda le vite aliene e i mondi paralleli. Infatti, io sono un vecchio fan di Peter Kolosimo, un ricercatore che è stato una delle più importanti porte d'accesso all'immaginazione degli anni '70. Astronavi, dischi volanti ed esseri alieni fanno spesso capolino nella mie opere. Le teorie di quell'archeologia si basavano su fatti concreti.

TG: È stato lui a rivelarci che nei geroglifici di Abydos e Dendera compaiono lampadine elettriche, elicotteri ed aeroplani. 

MG: Sì, le pile nell'antico Egitto o le astronavi dei Maya sono tutti elementi che possono sembrare incongrui, ma in realtà, se pensiamo che nel mondo il tempo anziché avanzare in maniera lineare ha avuto tanti cicli, capiamo che tutto quello che vediamo intorno a noi potrebbe esserci già stato. Gli induisti parlano di città volanti e astronavi che funzionano a energia solare.

TG: Guerre atomiche...

MG: Fatti accaduti tra i 10'000 e i 5'000 anni fa... Se si pensa a tutto questo è normale che uno si chieda: ma allora, come la mettiamo?

TG: Tu hai viaggiato molto in India?

MG: Sì, ho fatto diversi viaggi in Oriente. All'inizio questo spostamento geografico è stato veramente importante.

TG: Nei tuoi lavori hai unito tante cose.

MG: Sì, ho inserito esseri di varie culture. L'anno scorso ho anche pubblicato un libro sulla psichedelia, a 50 anni dalla "Summer of Love", ho parlato come i giovani di quell'epoca agivano per liberare la propria anima.

TG: Questa è una bella definizione di psichedelia: un modo per liberare la propria anima. Poi, vedo che nei tuoi disegni compaiono funghi, tecnologia, robot, animali, veramente di tutto.

MG: Ci sono molte tecnologie aliene...

TG: Quindi anche tu pensi che esistano mondi paralleli e civiltà nascoste che possono aver interferito con la nostra?

MG: Penso che molte cose ci appaiono semplici, ma in realtà semplici non sono. Noi siamo uno dei punti dell'evoluzione, non siamo la punta più alta dell'evoluzione. Ci sono tante altre civiltà che altrimenti non si spiegherebbero, civiltà che hanno raggiunto conquiste tecnologiche importanti.

TG: E della reincarnazione che cosa ne pensi?

MG: È una delle possibilità che ci possiamo aspettare. Noi abbiamo il compito di sperimentare la vita attraverso diverse situazioni e diversi personaggi. La vita è un po' come un teatro, noi siamo degli attori che di volta in volta scelgono una parte diversa. I miei collage hanno anche un intento didattico per far capire questo concetto.

TG: Ah sì, mettono insieme tanti periodi, tante situazioni e tanti personaggi.

MG: Che però nell'insieme sono congrui. La cosa che per me è interessante è leggere le riviste e dare a loro una nuova chance. I miei collage sono un po' la reincarnazione per molte immagini.

TG: È un modo d'agire tipico degli anni '70 e anche del Punk.

MG: Sì, esatto. Faccio un mix di tigri, ballerine, paesaggi, lotte sociali, c'è un po' di tutto.


I tarocchi disegnati da Matteo Guarnaccia La Morte
I tarocchi disegnati da Matteo Guarnaccia

TG: Un artista psichedelico come vede la morte?

MG: Penso che sia parte integrante di ciò che stiamo affrontando. Siamo nati e per questo moriremo. Vediamo certe piante che hanno un lasso di tempo più breve, ma anche quello è un ciclo. Non è la fine. Mi sono interessato molto ai tarocchi, a livello di iconografia e simbologia, perché penso che ci sono delle immagini che possono darti informazioni importanti.

TG: Li hai disegnati?

MG: Sì, i tarocchi e anche le rune.

TG: Che prezzi hanno le tue opere?

MG: I collage partono dai 1'500 euro, poi dipende dal formato. I dipinti vanno dai 2'000 euro in su.

TG: E poi insegni alla Naba, vero?

MG: Sì, sono finito lì casualmente perché ho fatto degli studi sulle contro-culture e le sub-culture da strada. In Italia ho pubblicato un primo libro abbastanza importante su questi argomenti che è stato: "Ribelli con stile". Così sono stato chiamato a tenere un corso in questo ambito, perché le sub-culture sono l'ossigeno che il mondo della moda ha per rinnovarsi continuamente. La moda può nascere negli atelier ma soprattutto nasce per strada dalla creatività della dissidenza giovanile e dalle frange di diversità. È tutto un pescare energia dalla strada e ricostituirla.

TG: Mi viene in mente Jimi Hendrix, tra l'altro il 27 novembre prossimo sarà il 76° anniversario dalla sua nascita, era un artista che vestiva in modo molto particolare. È stato davvero molto personale e innovativo nel modo di presentarsi al pubblico e di vivere la sua quotidianità.

MG: Lui ha mischiato lo stile folk con quello da zingaro immaginario. Ho preso in considerazione anche altri artisti come Bob Dylan e David Bowie e ho fatto una ricerca sui loro costumi di scena per riorganizzarli secondo la capacità di scegliersi di volta in volta un personaggio diverso. Ho fatto anche un libro sui pirati che ha avuto anche un'edizione americana e mostra l'immaginario di questi personaggi dall'inizio della loro storia fino all'influsso che hanno avuto sul movimento Punk e sulla moda. È stato un lavoro lungo e complesso perché ho voluto dare informazioni nuove.

TG: Come accade che un cantante o un musicista possa avere una concezione tanto precisa della moda e del suo look? Adesso è tutto studiato a tavolino, ma una volta era tutto più spontaneo.

MG: Una volta era un'operazione spontanea perché nei veri artisti, e Bowie lo metto tra questi, non c'era divisione tra essere un cantante e essere un performer. Mentre oggi siamo tornati a considerare queste attività in modo separato. O canti o fai l'attore; per questo hai sempre bisogno di qualcuno che ti vesta, ti faccia da trainer e ti conduca un po'... Anche Dylan, pur non avendo esibito questa capacità, è stato un maestro di espressività, cosa evidente e spontanea come scrivere una canzone o andare sul palco in un certo modo e cambiare radicalmente personaggio nel giro di pochissimo tempo. Lo stesso Hendrix partì come musicista nero classico con i vestiti colorati e pieni di perline diventa poi l'indiano-alieno fantascientifico che abbiamo stampato nella nostra immaginazione.


Insekten Sekte di Matteo Guarnaccia

TG: Matteo, adesso puoi spiegarmi cos'è stato Insekten Sekte?

MG: Oggi che siamo immersi in milioni d'informazioni facciamo fatica ad immaginare cosa accadeva negli anni '70 quando le informazioni bisognava andarle a cercare una per una. Se avevi questa spinta esistenziale molto forte, come era il mio caso e quello di tanti ragazzi di quella generazione, volevi trovare delle risposte che andassero fuori dalle spiegazioni ufficiali. Tutto era organizzato e ben impacchettato; era un mondo che non presentava crepe. Eravamo in pieno boom economico, eravamo tutto sommato in una situazione di tregua sociale, però i bisogni primari come quello di essere creature libere e avere libero accesso alle informazioni erano totalmente negati. Per cui, se non ti piaceva quello che succedeva in giro, ti creavi tu un tuo medium ed il medium giusto per me è stata questa forma d'arte e comunicazione che era il poster nomade itinerante, un foglio che potevo realizzare su carta da lucido per stamparlo ovunque mi trovassi. Mi bastava andare in un'eliografia di qualsiasi città europea o anche in Oriente e mi facevo stampare qualche copia e poi continuavo così. Questa soluzione mi ha permesso di vivere, di allacciare amicizie e collaborare con molte riviste underground dell'epoca. Su questo libro che parla delle riviste underground, dai Provo ai Punk ci sono riviste californiane, Andy Warhol, eccetera, ma c'è anche Insekten Sekte, perché è stata una delle sfaccettature di questo arcobaleno di ricerca, nel tentativo di dare una lettura diversa del mondo.

TG: Era su un foglio unico?

MG: Sì, diventava un poster. Era una rivista-poster.

TG: Era pieghevole?

MG: Alcuni numeri andavano piegati a fisarmonica e diventavano delle pagine.

TG: Come le proponevi queste riviste? E come le vendevi?

MG: Nei primi tempi, quando è nata la vendevo in questo locale di Amsterdam che si chiamava il Paradiso; era molto famoso perché ci suonavano artisti come Frank Zappa, i Soft Machine o i Pink Floyd. Mi bastava stare lì per vendere, poi hanno iniziato a chiedermela, la davo a qualche libreria o in giro a chi me la chiedeva. Era molto semplice piazzarla perché c'era molta ansia di scoprire modi nuovi di vivere.

TG: Era una rivista visuale, comprensibile a tutti, al di là delle lingue e delle diverse abitudini dei fruitori.

MG: Era visuale, ma a volte c'erano delle scritte...

TG: Per quanto tempo hai continuato a pubblicare Insekten Sekte?

MG: Per sei anni, dal 1969 al 1975 sono usciti 17 numeri.

TG: Non avevano una cadenza regolare?

MG: No, uscivano quando avevo voglia. Anche perché certi numeri continuavano a vendere e me li chiedevano in continuazione. Il fatto che fosse in eliografia mi permetteva di stampare 10 copie e poi 100, un po' alla volta. Spesso ero in viaggio, non avevo un magazzino per conservare le copie. L'eliografia era la forma di stampa perfetta per il tipo di vita che conducevo. 

TG: Questa soluzione l'hai trovata tu?

MG: Assolutamente, mi ha consigliato l'eliografia Franchino, uno studente di Brera, prima io disegnavo ed era finita lì, mentre lui mi ha detto che se volevo tirare delle copie bastava disegnare su un foglio lucido.


MG: No, eravamo all'inizio di quella tecnologia, le fotocopie erano carissime e di pessima qualità, in più i formati erano piccini. Esisteva il ciclostile, ma era un'altra storia.

TG: Era molto sporchevole.

MG: Sì, ti sporcavi di unto... L'eliografia era usata principalmente dagli architetti per fare le planimetrie delle case. Era il metodo base utilizzato da architetti e geometri e permetteva di stampare anche formati grandi. Oppure potevi sovrapporre insieme più lucidi e venivano fuori effetti interessanti.

TG: E questo nome? La setta degli insetti, dove lo hai preso?

MG: Quando vivevo ad Amsterdam ho visto questa scritta sul muro del Paradiso. Non sapevo bene cosa volesse dire, ma per me era perfetta perché mi piaceva il suono. Poi, ci sono arrivato, la setta degli insetti... E mi piaceva per raccontare il tipo di gente che mi circondava. Erano proprio come degli insetti, dormivano nei sacchi a pelo che erano come dei bozzoloni. Al mattino si alzavano ed erano tutti colorati, proprio come Jimi Hendrix. Era come assistere alla metamorfosi delle farfalle. Insekten Sekte raccontava proprio quella tipologia di gente.

TG: Gli stessi che poi fruivano della tua rivista...

MG: Assolutamente.

TG: Hai smesso perché è finita un'epoca?

MG: È finita un'epoca. Dopo il 1975 il mondo è cambiato: non c'era più l'autostop, la gente aveva paura sia di chiedere un passaggio sia di prendere qualcuno che non conosceva a bordo della sua macchina. Un tempo l'autostop veniva apprezzato sia da chi ti dava i passaggi sia da chi li chiedeva, perché era un modo per abbattere le barriere e avere uno scambio. Parlavi col camionista, col borghese o con chi stava lavorando in quel momento...

TG: Riuscivi ad avere un po' il polso della situazione di dove ti trovavi...

MG: Esatto. Giravi l'Europa, ma anche in Oriente in questo modo. Potevi andare fino in Turchia o in Iran perché c'erano questi camion che facevano trasporti e ti prendevano con loro senza problemi.

TG: Insekten Sekte oggi è considerata come una delle riviste più importanti della Controcultura degli anni '70, perché?

MG: Sì, questa cosa mi fa ridere, perché il primo numero l'ho disegnato quando avevo 15 anni, eppure oggi viene conservato nel reparto manoscritti rari della Yale University, come esempio di rivista d'autore. Hanno acquisito una raccolta completa ed è conservata insieme alle riviste futuriste e surrealiste.

TG: Te ne è rimasta ancora qualcuna?

MG: Sì, ne ho ancora qualche numero, più una collezione completa.

TG: La stampa era diversa a seconda di dove ti trovavi?

MG: Ti faccio vedere... Alcuni erano seppiati, potevi scegliere se farlo stampare così o nero. Io coloravo i lucidi e questi una volta stampati producevano varie tonalità di grigio. In qualche modo si riusciva a gestire la temperatura dei toni.

TG: Bellissimo.

MG: A volte coloravo anche le stampe.

TG: Quanto valgono adesso? Migliaia di Euro?

MG: Migliaia di euro.

TG: C'è ancora qualcuno che te li chiede?

MG: Questi sono gli ultimi che mi sono rimasti. Potrei venderli, ma dopo questi non ce ne sono più. Ho visto che il Mart di Rovereto ne ha acquisito uno e lì hanno fatto una mostra che si chiamava "Manu propria" che mostrava il segno calligrafico come opera d'arte.

TG: Difficile dirlo, ma indicativamente quante copie stampavi?

MG: Poche. Calcola che ognuna di queste riviste veniva consumata, più che letta, da centinaia di persone. A volte le incollavo in giro e diventavano un giornale murale. Non credo di averne stampate più di 100 copie per ogni numero. Per questo adesso valgono dagli 800 ai mille euro a seconda dello stato di conservazione. Non ce ne sono in giro più e chi ce l'ha se la tiene ben stretta. Una più consumata può valere 600 euro.


Una copia eliografica di Insekten Sekte

TG: Evidentemente, l'eliografia era una stampa di buona qualità che durava nel tempo.

MG: L'unica controindicazione era che non potevi esporla troppo alla luce del sole perché i raggi ultravioletti la facevano sbiadire.

TG: Hai ancora tutte le matrici originali?

MG: Stranamente, non so come ho fatto, le ho tutte e 17, nonostante fossi sempre in viaggio.

TG: E non sarebbe possibile ristamparle?

MG: No, perché l'eliografia è un sistema di stampa in disuso da anni. I plotter hanno sostituito tutto.


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lunedì 26 novembre 2018

Che cos'è la realtà per la Cabala

"Io mi nasconderò tra i nascosti." Dio

A volte sono un po' confuso e so che non sono l'unico: la realtà esiste o tutto è solo una rappresentazione illusoria di qualcosa che non arriveremo mai a conoscere? Tutto è solo interpretazione? Ho voluto rivedere il Cabalista del Sesia per parlare di questo argomento, dopo aver affrontato con lui anche altri discorsi. TG


Realtà illusoria
Tra una risaia e l'altra c'è chi studia la Cabala

Tony Graffio: Salomone, che cos'è la realtà? E che cos'è la rappresentazione della realtà?

Salomone: Quello che vediamo nella realtà non è la realtà, ma è una sua proiezione. Nella Cabala si fanno tre distinzioni della vista. La prima è la vista a 180°; la seconda a 150° e la terza è la vera vista. A volte, la visione periferica ci aiuta a vedere meglio della visione frontale. La vera vista però è l'immaginazione. Quando immaginiamo qualcosa, l'oggetto del nostro pensiero è perfetto perché risulta essere proprio come lo immaginiamo.

TG: Questo accade perché i nostri sensi non sono solo 5, vero?

Salomone: Esatto. Per la Cabala i sensi sono 12. La nostra percezione di coscienza è molto dilatata, molto allargata. I nostri 12 sensi spaziano in mondi e in sistemi al di fuori delle cognizioni normali delle persone. L'immaginazione dell'immaginazione è al di fuori di noi, si trova in un intelletto separato che fa parte della sapienza divina. Se noi fossimo in grado di immaginare l'immaginazione potremmo creare qualsiasi cosa e avremmo parte della conoscenza e della sapienza di Dio.

TG: Oltre a questa dimensione del reale...

Salomone: Oltre a questa dimensione.

TG: Ma a questo punto, come facciamo a sapere che la realtà è reale?

Salomone: Nel settimo libro dei mutamenti di Chen c'è scritto che la realtà non è mai uguale, perché muta in continuazione. Ciò che noi vediamo è un aspetto della realtà in quel momento, ma non è la vera realtà. La quiddità della realtà va oltre l'immagine, quindi, come si diceva prima, è immaginazione. Solo l'immaginazione ti dà la visione giusta.

TG: Siamo noi che immaginando la realtà la creiamo?

Salomone: Non è che creiamo noi la realtà, attenzione, perché ci sono diversi sensi. L'udito ti può far capire se intorno a te c'è un cane, un asino o un gallo, ma la vista di getto ti dà la completezza di quello che stai vedendo e ti dice che davanti a te hai un gallo con le penne colorate e che canta, eccetera eccetera. L'udito queste informazioni non te le dà. L'udito è l'intelligenza, la vista è la sapienza, ma come dicevano i greci, la sintesi e l'anti-sintesi hanno bisogno della conoscenza. E così la tesi e l'antitesi. L'equilibrio tra le due è la conoscenza; non basta essere intelligenti o sapienti, bisogna avere la conoscenza.

TG: E l'esperienza?

Salomone: Fa parte dell'intelligenza e ti fa interpretare i messaggi. La conoscenza arriva da una profonda consapevolezza sia della sapienza che dell'intelligenza umana.

TG: Ok, ma c'è bisogno anche di sperimentare ciò che si vive...

Salomone: Certo! La sperimentazione è parte della conoscenza.

TG: Con l'età diventiamo più saggi e sapienti?

Salomone: Dovremmo diventare più saggi e sapienti perché abbiamo più cognizioni dentro i nostri cervelli e possiamo avere delle indagini più complete dell'oggetto osservato, oppure della persona, oppure dell'animale... Oppure del cosmo, oppure della Creazione e altro.

TG: Ecco, però un tempo le persone che raggiungevano una certa età erano considerate sagge proprio perché avevano vissuto per tanti anni, mentre adesso mi sembra che ci sia poco rispetto per le persone d'esperienza che hanno una certa età. Perché?

Salomone: No. Io non penso che sia così, perché quando senti parlare un vecchio, o una persona di una certa esperienza, lo ascolti e anche i giovani lo ascoltano attentamente. Poi, che ci siano sistemi d'informazione, televisioni o giornali che vogliano capovolgere la realtà per i loro interessi è un'altra questione. Io non credo che la gente non ascolti gli anziani che gli insegnano a fare le cose, anzi li cercano. Purtroppo, ci sono pochi anziani che hanno la saggezza e la voglia di parlare e comunicare ai giovani la loro conoscenza. È vero che il giovane non sa quello che sa l'anziano, ma anche l'anziano non sa dove andrà a finire il giovane, perché non comprende il suo modo di parlare e di essere e non comprende le nuove tecnologie del mondo, le sue novità. E poi giovani e anziani difficilmente si incontrano.

TG: È un mondo che si trasforma molto velocemente.

Salomone: Sì, è un mondo che si trasforma velocemente, ma il problema è che non è un mondo in concatenazione.

TG: Ci sono delle dicotomie e delle interruzioni in questo mondo?

Salomone: Nella Cabala si parla di istatshelut, ovvero di mondi in concatenazione. Se i mondi non sono in concatenazione tra di loro non c'è futuro: invece di andare verso il mondo della rettificazione, andremo verso il mondo del caos, dove tutto si distrugge. Questo fatto è riportato anche dalla Berescit (vuol dire benedizione. Per le tre religioni monoteistiche nella Genesi), nel primo paragrafo della Creazione, dove si parla dei 7 re di Edom.

TG: Queste cose sono riportate anche nella Bibbia?

Salomone: Sì. Quando i 7 re di Edom sono morti il mondo è piombato nel caos e si è distrutto. Era un mondo entropico dove c'era troppo amore, troppa intelligenza, troppa energia, troppo di tutto e questi eccessi hanno finito per far esplodere tutto.

TG: Adesso siamo in un'epoca di crisi?

Salomone: Secondo me, abbiamo molti più strumenti rispetto ad una volta. Parlo di tecnologia, di internet e di computer che sono strumenti molto validi, ma purtroppo vengono usati anche dalle multinazionali, dalle banche, dai preti e da tutti quei centri di potere, più o meno forti. Grazie a questi strumenti i potenti riescono a controllare le masse, ma noi come masse non abbiamo nessun potere, ci dobbiamo rivolgere sempre a chi ha i mezzi finanziari ed economici. Se tu vuoi scrivere un libro e vuoi farlo circolare devi andare da un grosso editore e lui ti dirà che cosa devi scrivere. Sono loro che decidono che cosa puoi scrivere. La gente è succube di tutte queste manovre forzate e non lo sa.

TG: Hai toccato un argomento molto interessante che è quello della libertà di espressione, sia della parola che dell'immagine. Riesci a spiegarci che relazione c'è tra parola e immagine? Sono in antitesi o vanno nella stessa direzione?

Salomone: Ritengo che l'immagine sia completa, mentre la parola non ha tutti gli strumenti per descrivere l'immagine; in più, per fare un lavoro completo, bisognerebbe descrivere l'immagine in tutte le lingue esistenti e in quel caso, come dice la Cabala, puoi soltanto trarre un risultato vicino alla realtà. Ma non uguale.

TG: Una volta le persone che non sapevano leggere o scrivere si informavano attraverso le immagini, i dipinti, gli affreschi o le sculture che raccontavano degli avvenimenti per immagini. Nel 1800, quando c'è stato un obbligo diffuso allo studio per conoscere la scrittura e altre informazioni di base, anche i più poveri si sono in qualche modo evoluti culturalmente, ma la loro cultura è comunque diversa da quella dei ricchi. I più umili si sono ritrovati un po' spaesati, perché mentre prima erano analfabeti, ma sapevano interpretare le immagini e certe simbologie, dopo che hanno avuto una formazione scolastica hanno perso queste capacità un po' magiche. Condividi questo pensiero?

Salomone: Il simbolo va oltre la parola scritta, la perfeziona. Chi non sa leggere e scrivere vede un simbolo e comprende il concetto il che esprime. Non solo. Prima, i pittori erano condizionati dalla Chiesa e dipingevano quasi esclusivamente di avvenimenti sacri o raccontavano le imprese dei re e dei nobili; mentre dopo hanno ricevuto un forte condizionamento anche dalle banche, dalle televisioni, dai giornali e dalla politica.

TG: Hanno subito un condizionamento totale dai poteri forti.

Salomone: Certo. Mai nessuno si è sentito di criticare quei poteri: l'uomo di oggi non è libero di dire quello che vuole perché subisce un controllo mediatico molto forte e non riesce a verificare quello che accade nel mondo. Chi sa esattamente che cosa sta accadendo in Libia, in Siria o in Yemen? Dobbiamo prendere per buono quello che ci viene detto, perché non abbiamo la possibilità di accertarlo personalmente. Se oggi la TV ci dice che è caduto un aereo in Thailandia, che cosa possiamo realmente saperne noi?

TG: Tutto è molto relativo, ma noi come possiamo difenderci?

Salomone: Dobbiamo stare attenti ai poteri forti. Se un elefante ti viene incontro, stai attento che non ti schiacci. Il nostro è un mondo di squali, se sei un tonno verrai mangiato. 

TG: La realtà alla fine è conoscibile, o no?

Salomone: Dio è la realtà. Dio ha detto: io mi nasconderò tra i nascosti. Il consiglio del mio rabbino è quello di studiare molto per diventare ignorante come quando avevi due anni. Solo quando raggiungi quell'ignoranza la percezione della saggezza divina entra dentro di te e t'insegna tutto.

TG: Anche certi artisti dicono di voler tornare alle origini dell'arte dipingendo come bambini, ma non è facile farlo.

Salomone: Vedi? Devi dimenticare tutto per ricominciare. Per me sono più importanti le pitture rupestri degli aborigeni australiani che i quadri di Monet o di Renoir. 

TG: Eh grazie, ma gli aborigeni, come tanti altri popoli cosiddetti primitivi hanno capacità sciamaniche; sono popoli magici, sono in grado di fare qualsiasi cosa con niente.

Salomone: Sono in possesso di pratiche teurgiche molto potenti. Mentre la magia esalta il tuo ego e ti fa fare cose grandi fuori di te; le pratiche teurgiche buone agiscono con un sé quasi inesistente, in mode che se qualche mago o spirito maligno ti attacca, non ti trova perché sei quasi inesistente. Questa era la forza cheaveva Mosé contro tutti i maghi d'Egitto. Aveva un profilo dell'Ego molto basso, quasi inesistente che esisteva per pochissimo. Con questa umiltà Mosé riceveva la grazia della sapienza divina e poteva fare molte cose. Anche noi dovremmo comportarci sempre così.

TG: Se tu dovessi partire per un viaggio, dove vorresti andare?

Salomone: Mi piacerebbe andare in Africa, o anche in Australia, ma non è solo la destinazione di un viaggio che conta; è importante anche con chi condividi quell'esperienza e con che mezzo lo fai. Ma, in fin dei conti, viaggiare non è poi indispensabile perché la  nostra mente arriva dappertutto, sta a noi guidarla.


domenica 25 novembre 2018

Ascolto comparato tra nastro analogico, SaCD e Vinile con Giulio Cesare Ricci

Venerdì 16, sabato 17 e domenica 18 novembre, Spinelli Hi-Fi di Milano ha ospitato nel suo negozio di viale Zara 108 Giulio Cesare Ricci ed i suoi dischi. Vinili e Super Audio CD prodotti e pubblicati da Fonè, una casa discografica che quest'anno festeggia il 35° anniversario della sua fondazione e che è ben conosciuta dagli audiofili di mezzo mondo.


Giulio Cesare Ricci

Ho avuto la fortuna di essere presente insieme a pochi altri appassionati e ho potuto ascoltare gli stessi brani registrati su tre tipi di supporti diversi e riprodotti da tre tipi di tecnologie differenti, diffusi in hi-end in una sala approntata  appositamente per l'ascolto sonoro da Davide Spinelli. 
Non è tanto delle mie considerazioni personali sull'esito di questa operazione, in qualche modo scontata poiché era evidente che il Master della registrazione, per lo meno la copia di un master da 1/4 di pollice che gira a 38cm/sec, suonasse in modo particolarmente performante rispetto alle copie ottenute con ulteriori passaggi, ma è sulle scelte e la filosofia dell'ingegnere del suono che vorrei porre l'attenzione del lettore.
Molti parlano di qualità audio assoluta, ma se non si ha occasione di assistere ad una prova comparata tra strumenti diversi, nell'arco di tempi molto stretti, è difficile per il nostro cervello poter fare dei paragoni e rendersi conto di quale sia effettivamente il suono migliore, o perlomeno perché questo risulti ai nostri sensi ed alla nostra valutazione razionale finale quello più gradevole.
La prima considerazione da fare riguarda l'utilizzatore del supporto audio: non tutti coloro che ascoltano musica lo fanno in modo pienamente cosciente e nei giusti termini; solitamente chi si occupa di trovare il suono più adatto per la registrazione di un artista deve pensare anche a chi fruirà della musica. Ascolterà alla radio o alla guida della propria autovettura? Non tutti stanno seduti davanti al proprio impianto hi-fi, ciò significa che il suono andrà ottimizzato anche per diversi tipi di pubblico. Chi è legato all'alta fedeltà ed effettua un ascolto più attento ha esigenze diverse, utilizza impianti di riproduzione in grado di rendere tutta la gamma delle frequenze e delle tonalità dei brani che ascolta, ciò significa che anche il disco che si ottiene dovrà essere il più possibile realistico e rispettare al massimo le sonorità originali della performance musicale. Giulio Cesare Ricci ha fatto sue registrazioni in luoghi evocativi, ma ha pubblicato anche dischi di artisti che non ha inciso direttamente. Grazie agli accordi intercorsi tra Ricci ed altre case discografiche sono stati ripubblicati degli LP del passato da Fonè ed è stato possibile migliorare la dinamica rispetto alle edizioni originali. Tra gli artisti  di cui si è occupato Ricci ricordiamo Paolo Conte, Ornella Vanoni, Pino Daniele, Vasco Rossi ed altri. In questi casi, Ricci ha realizzato nuove lavorazioni dal master che gli sono stati forniti. Ogni ristampa ha le sue caratteristiche che sono giustificate proprio dall'utilizzo finale che ne fa il fruitore. Le ri-masterizzazioni vengono fatte nel rispetto del suono originale che è trattato secondo il gusto e le esigenze dell'artista, secondo la sua impostazione musicale e il colore autentico del suono, pur garantendo la fedele riproduzione di tutte le gamme di frequenza.
L'impianto di alta fedeltà è molto selettivo; permette di sentire bene quello che è stato inciso bene, ma fa sentire male quello che è stato inciso male. Un impianto meno fedele e meno estremo nella qualità di riproduzione appiattisce il suono che perde così molte delle sue peculiarità. 
Una buona registrazione è chiaramente in grado di valorizzare le qualità di un buon impianto di riproduzione sonora. Se il suono di partenza è di qualità, tutti gli impianti renderanno bene il risultato della registrazione/incisione. Anche se gli impianti di riproduzione hanno caratteri diversi. 
Il master di una registrazione è normalmente ascoltato solo dall'artista che suona e dall'ingegnere del suono che lo registra; potere ascoltare quel tipo di registrazione è un'occasione molto esclusiva, ma da alcuni anni a questa parte Fonè realizza delle copie uniche che poi vengono riprodotte nelle fiere di settore per un pubblico di appassionati che possano apprezzarne quelle caratteristiche. Come ho già scritto all'inizio di questa pagina, è chiaro che il master analogico suoni meglio del vinile, quella su nastro è la prima registrazione e per forza di cose sarà migliore delle altre. 
Nella stampa del vinile analogico, dopo il nastro analogico c'è la lacca di cera e poi la stampa galvanica negativa che serve per lo stampaggio finale del vinile.
Per ogni album si sceglie di fare un master analogico o digitale, a seconda di quale sarà il supporto finale. Il periodo in cui si facevano le registrazioni è anche un aspetto da non trascurare della produzione discografica; a partire dagli anni '80 Fonè a iniziato a fare dei master digitali con il Sony PCM-F1 per realizzare i CD. Poiché all'inizio i CD avevano un suono molto diverso da quello dei supporti analogici, e anche per una passione innata di Ricci, Fonè ha puntato molto sul vinile, infatti ancora adesso pubblica edizioni limitate in 496 copie per mantenere delle stampe valide e di qualità costante. Dal 1998 Ricci ha iniziato, quando era il caso di farlo, a registrare anche sul formato digitale DSD, un formato digitale dal quale si può ricavare il Super Audio CD. Dal 1999 ad oggi Fonè non pubblica CD, ma SACD che partono da registrazioni DSD. 


Giulio Cesare Ricci riavvolge il "master" di Toffee di Vasco Rossi, prima di farlo suonare su un Nagra IV S del 1971 di sua proprietà. In realtà, il vero master è su un nastro da 1 pollice e  TG l'ha ascoltato due anni fa a Rho durante Il Grand Galà dell'Alta Fedeltà organizzato sempre da Ricci.

Tuttavia, gli apparecchi analogici hanno continuato ad essere usati in Fonè, solo che alcune macchine sono state sostituite. All'inizio della sua attività, Ricci registrava con il Nagra IVs, poi è passato agli Studer C37 e J37, registratori a valvole degli anni '50; mentre da vent'anni a questa parte usa gli Ampex ATR102 con nastro da 1/2 pollice. Ricci pensa che nella tecnologia la contaminazione di sistemi diversi non sia una buona cosa, per questo per ottenere dischi vinilici parte da un master analogico, mentre per ottenere SACD parte da registrazioni digitali. 
"Chi stampa dischi in vinile da master digitali ha probabilmente un risultato diverso da chi parte da un master analogico e certamente non produce vinili analogici... ma una stampa su vinile di un master digitale..." Così si è espresso a proposito di chi stampa dischi vinilici da master digitali.
Nonostante questa affermazione, ammette che l'alta risoluzione del digitale è qualcosa di straordinario. "Registrare un master digitale significa rendere il suono ricco di informazioni." GCR
Certamente, togliere informazione è un'operazione sempre possibile sia nel campo dell'immagine che del suono; la cosa importante per Ricci è rispettare la filiera di produzione. 
La qualità di suono del SACD che deriva da una registrazione DSD è importante, anche perché lo strato del CD del SACD suona molto bene.
Anche il mondo del collezionismo tiene d'occhio i vinili di Ricci; qualche tempo fa un LP di Pino Daniele è stato venduto usato per 1800 euro. Una pazzia? Forse, ma quando una stampa è numerata e di qualità in pochi sono disposti a disfarsene se non si paga un caro prezzo. Ricci invece vende a prezzi che tutto sommato sono molto competitivi: 35 euro per un disco in vinile fatto con amore non è poi male. Il problema è che la scelta tra i titoli è un po' limitata e se non siamo poi così appassionati di musica classica, jazz o nostalgici dei tempi andati, non è facilissimo trovare qualcosa che ci solletichi veramente il desiderio di possesso. D'altronde Fonè è una piccola casa discografica indipendente che già si comporta molto bene e fa miracoli. Buono anche il prezzo dei SACD che per quella serata erano in offerta tra i 10 ed i 15 euro. Non ho chiesto il prezzo dei nastri, perché è un prodotto che non mi interessava, ma credo che stia intorno ai 200 euro, se non di più.
C'è da dire che Ricci per la ri-masterizzazione non interviene con equalizzatori, espansori o compressori, ma si limita a togliere l'elettro-smog con un suo procedimento quasi esoterico e utilizza apparati analogici storici di gran pregio restaurati e perfettamente messi a punto come i pre-amplificatori valvolari, i registratori già citati o i microfoni Neumannn (quando effettua riprese audio) a valvole della fine degli anni '40 modelli, come lo U47, U48, M49. Ricci pone una grande cura artigianale in ogni passaggio della produzione, dalla presa del suono, al taglio della lacca, anche per questa lavorazione ha le sue attrezzature, per fare i dischi di polivinilcloruro (PVC) che deve essere di prima scelta e non riciclato, come spesso capita nelle produzioni a basso costo. I solchi impressi sul disco devono essere profondi, in modo che la dinamica acustica aumenti e si sentano bene sia i passaggi più tranquilli di un brano musicale che quelli maggiormente forti e intensi.
Mi è piaciuto parlare con un ingegnere del suono tanto appassionato del suo lavoro che poi è anche un personaggio un po' istrionico, fantasioso, divertente e gentile nel proporre i propri prodotti e nel convincerti che sa quello che fa perché lo fa da tanto tempo, con la stessa cura che mettevano nel lavoro i nostri nonni. Però, mi è piaciuto ancor di più potermi fare un'idea personale di quanto ho ascoltato e, visto che siamo ormai in conclusione di questo piccolo reportage, vi proporrò anche le mie impressioni psico-acustiche.
Non sono più molto abituato ad ascoltare i nastri magnetici, ma non c'è nulla da eccepire sulla loro qualità sonora: è eccezionale. Profondità, presenza, dinamica, spazialità, carattere e toni, tutto veramente perfetto. Non avrebbe potuto essere altrimenti perché Spinelli aveva preparato un impianto davvero coi fiocchi: l'amplificatore integrato Einstein the Amp Ultimate dal costo di 18'450 euro e i diffusori Blumenhofer FS 1 MK2 dal costo di 22'850 euro sono veramente all'apice della qualità, per non parlare dei cavi che da soli credo che valgano molto più del mio impianto stereo...
Per quello che riguarda l'ascolto del superaudiocd, devo dire che ero molto curioso di capire se la qualità che sarebbe uscita da questo supporto sarebbe potuto essere paragonabile a quella del "master". La risposta è stata negativa, nonostante il dischetto a lettura laser fosse stato introdotto nientepopodimeno che in un Rega Isis Valve, un fantascientifico lettore CD a valvole, unico nel suo genere. Il vero confronto è stato quindi tra due tipi di supporto, entrambi su disco di plastica. 
Il suono che mi ha emozionato maggiormente è stato proprio quello del disco nero di PVC, forse anche più di quello del nastro magnetico; non parlo di qualità assoluta, ma di naturalezza di ascolto, di timbrica, di piacere di ascolto. Non so nemmeno io come spiegare... Il suono del CD non era molto lontano da quello del vinile se non fosse stato per una presenza leggermente più artificiale e meno morbida. Inoltre, incredibilmente, il lettore cd di Rega dal costo di oltre 10'000 euro non legge i SACD.
Bella serata, speriamo si ripresenti presto qualche altra occasione per ascoltare buona musica su impianti da sogno.
Un grazie di cuore a Giulio Cesare e a Spinelli Hi-Fi. TG


Fonè, Giulio Cesare Ricci
Giulio Cesare Ricci e Spinelli Hi-Fi ci hanno fatto passare una serata fantastica.