All'inaugurazione della mostra: Le sinfonie di pieghe, la superficie introflessa" di Umberto Mariani, la Fondazione Mudima presenta una selezione di circa 50 opere dell'artista milanese che coprono una produzione di mezzo secolo (dal 1966 al 2016), ripercorrendo la ricerca di uno dei nomi più significativi della sua generazione.
Ho incontrato Mariani chiedendogli alcune cose per comprendere meglio la sua arte ed il clima di un'epoca, forse irripetibile, in cui Milano è stata la capitale mondiale dell'arte e della cultura. TG
Umberto Mariani, 80 anni, artista.
Tony Graffio: Maestro, vorrei sapere come un italiano è arrivato, negli anni '60, alla decisione di fare della Pop-art, o un tipo d'arte simile a quella fatta in America.
Umberto Mariani: Il mio lavoro è sempre stato considerato all'interno della Pop-art italiana, ma in realtà queste opere le ho realizzate frequentando la Galleria del Levante, negli anni '60, che proponeva gli artisti della Nuova Oggettività tedesca (Neue Sachlichkeit), da George Grosz, a Christian Schad, a Franz Radziwill ed altri. Io ero molto più interessato alla Nuova Oggettività tedesca che alla Pop-art.
Questo mio interessa traspare dal fatto che io tendevo a ricostruire la fisicità degli oggetti, come il raso o la plastica: cosa che i Pop-artisti non facevano perché loro operavano sull'immagine banalizzata, semplificata e appiattita. Io mi sentivo molto più vicino agli artisti tedeschi piuttosto che ad Andy Warhol o a Roy Liechtenstein. In molti mi considerano un artista della Pop-art, ma in realtà io avevo molti interessi al di fuori della Pop-art.
Un'opera di Umberto Mariani degli anni '60 che potrebbe essere erroneamente considerata Pop-art italiana.
TG: Lei come si considera?
UM: Io credo di essere un cane sciolto, non sono mai appartenuto a gruppi o tendenze, anche i miei ultimi lavori, i piombi, sono frutto di mie ricerche autonome. Sono al di fuori di quegli schemi all'interno dei quali cercano sempre di collocare qualcuno, movimento o tendenza che sia. La mia tendenza forse è il "Marianismo " (Ride).
TG: Non appartenere a nessun gruppo d'artisti rende più difficile avere riscontri o riconoscimenti?
UM: Di sicuro, perché l'artista inquadrato in un movimento quando quel movimento viene storicizzato, automaticamente viene storicizzato anche l'artista. Io ho collaborato con un gruppo di artisti milanesi: Paolo Baratella e Giangiacomo Spadari, in un periodo che era quello del 1968 e del post-68 in cui c'erano delle istanze ideologiche e la contestazione giovanile. Abbiamo fatto diverse mostre, anche importanti, al Museo d'Arte Moderna di Parigi e al Palais des Beaux-Arts, però s'è trattato di un momento abbastanza breve e poi ci sentivamo accomunati più da una vicinanza ideologica che da una vicinanza poetica: Quello è stato l'unico momento in cui ho fatto parte di un gruppo. In Francia eravamo considerati come un gruppo importante dell'arte milanese.
La mostra di Umberto Mariani: Le sinfonie di pieghe, la superficie introflessa, opere esposte al primo piano del palazzo della Fondazione Mudima
TG: L'arte che si faceva in Italia, a Milano in particolare, non crede che fosse molto più importante di quella che si faceva in America? Gli artisti americani non sono stati un po' troppo sopravvalutati, anche in ragione dei forti aiuti governativi che hanno avuto e di un battage pubblicitario smisurato? Conosce l'ultimo libro di Demetrio Paparoni? Lì si parla esplicitamente di un grosso sostegno da parte della CIA nei confronti della Pop-Art e dell'Espressionismo astratto. Lei cosa ne pensa?
UM: Conosco perfettamente questa storia. Nel 1964, al lancio della Pop-art alla Biennale di Venezia, alcuni artisti veneziani dicevano che quei quadri erano arrivati con una portaerei americana perché tutto il governo americano si era schierato a favore degli artisti americani e della loro arte. Al momento, io pensavo si trattasse di una boutade, invece poi è uscito un articolo sul Giornale dell'Arte, una quindicina d'anni fa, quando certi documenti sono stati desecretati ed è stato dimostrato che all'epoca si erano riuniti il capo della CIA, il Ministro della Cultura e Leo Castelli per decidere il lancio della Pop-art nel mondo, perché gli USA che erano diventati una potenza egemone dal punto di vista politico, economico e militare, voleva diventare una potenza anche a livello culturale. Oggi, purtroppo, viviamo ancora le conseguenze di ciò che ha prodotto questa celebrazione feticistica del consumismo che si è dimostrata un'ideologia fallimentare.
Gioco "Nero" di Umberto Mariani
TG: Vogliamo dire due parole anche su Gioco "Nero", le bombe e Pinelli?
UM: Ah sì, questo è un multiplo che ho realizzato qualche anno dopo la strage di Piazza Fontana. C'è la bomba che è questa palla nera con su scritto: "Bomba". Poi c'è un anello sopra che è l'anello di sicurezza. Estraendolo esce una specie di filmato con la ballata del Pinelli. A dicembre, a Milano faceva caldo, qualcuno aprì la finestra e Pinelli cascò giù.
"...Tra i padroni bisogna cercare chi le bombe ha fatto scoppiar"
Il mutiplo di Gioco "Nero" di Umberto Mariani
TG: Era inevitabile, dopo il discorso che mi ha fatto sui tessuti e sulle pieghe, arrivare ai piombi delle opere più recenti?
UM: Le ultime opere non sono tele, ma sono tutte realizzate in piombo: Io uso il piombo come se fosse una tela perché è un piombo molto sottile che modello molto bene a mano e poi coloro. Solo in un'opera esposta al piano di sopra ho lasciato il piombo grezzo a vista.
Un "Piombo" dorato di Umberto Mariani
TG: La tecnica è importante per un artista contemporaneo?
UM: Non è soltanto una questione di tecnica. L'artista scopre che esiste qualcosa che è funzionale alla sua poetica, per cui quel modo d'esprimersi diventa assolutamente indispensabile. La tecnica e la poetica sono due elementi assolutamente indispensabili l'uno all'altra; certo che se una tecnica diventa fine a se stessa non vuol dire niente, ma se una tecnica serve per creare un messaggio o una poetica, la tecnica diventa un elemento indispensabile.
Fondazione Mudima via Tadino, 26 Milano
Orari di apertura dell'esposizione: da lunedì al venerdì ore 11-13; 15-19. Fino al 10 dicembre 2016. Ingresso libero.
Fondazione Mudima via Tadino, 26 Milano
Orari di apertura dell'esposizione: da lunedì al venerdì ore 11-13; 15-19. Fino al 10 dicembre 2016. Ingresso libero.
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