Dora Tass lavora con August Muth nel suo laboratorio olografico di Santa Fé; New Mexico. Insieme all'olografista americano ha sviluppato un progetto sulle macchine da scrivere e la comunicazione analogica che ha esposto a Milano, durante la sesta edizione della MIA Art Fair che si è tenuta lo scorso aprile 2016.
Dora Tass, olografista italiana
Dora aveva iniziato autonomamente a lavorare con l'olografia a Roma, in un piccolo laboratorio dove aveva già affrontato alcuni soggetti di suo interesse, come i telefoni. Le olografie realizzate in Italia erano di piccole dimensioni ma erano state presentate alla Biennale di Venezia nel padiglione italiano.
Dopo aver avuto un buon riscontro critico, Dora ha voluto approfondire la ricerca tecnica ed in questo modo, nel 2012, è andata negli Stati Uniti d'America, dove al MIT di Boston è entrata in contatto con August Muth, dopo avergli scritto, aver presentato il suo lavoro ed essere stata invitata ad un importante incontro della comunità olografica internazionale.
Dora ha frequentato vari workshop per capire meglio che tipo di tecnica poteva utilizzare, perché ha avuto un percorso artistico che è partito dalla pittura e dalla scultura e proprio ricercando immagini che potessero soddisfare le sue esigenze di scultrice è arrivata a conoscere l'olografia.
L'olografia negli anni '70 e '80 ha riprodotto oggetti troppo commerciali che in qualche modo hanno danneggiato questa tecnica per le sue possibilità di ricerca e applicazione artistica. Probabilmente, anche per questo che i grandi colossi della fotografia (Agfa, Kodak e Fuji) sono arrivati ad interrompere la produzione delle pellicole olografiche alla fine degli anni '80.
Dora che ha visto anche chi lavora l'olografia in digitale, mi conferma che questa nuova tecnica non le sembra così interessante, in quanto la luce non emerge come con la tecnica analogica. Inoltre, si può osservare il risultato finale solo dall'alto al basso, spostandosi di poco a destra e sinistra, altrimenti si vede la lastra scura. La ricerca digitale è ancora lontana dall'ottenere i risultati di grande definizione che si esprimono con le emulsioni liquide.
Dora mi racconta d'essere stata nel Vermont, presso John Perry che partendo da una lavorazione digitale trasporta poi il tutto in analogico, perché con il digitale si ha il vantaggio di poter fotografare un soggetto umano per ricostruirlo al computer in 3D, dopo di che lo si trasferisce su pellicola cinematografica da 35mm per poi proiettare infine queste immagini con luce laser. Questa è un esempio di quello che si può fare con la tecnologia ibrida digitale/analogica.
C'è poi la possibilità di fare tutto digitalmente con i computer, ma in quel modo si ottengono risultati diversi che non sono ancora ad uno stadio di sviluppo tale da attirare l'attenzione di chi ama la bellezza dell'olografia analogica.
Il limite del digitale è quello di "spaccare" la luce in piccoli pixel che sono i cosiddetti "Holopoles", per poi rimettere tutto insieme. Si ottiene così un 3D che è una cosa diversa dall'olografia vera e propria.
In America non esistono gallerie specializzate nelle nuove tecnologie, cosa che fa sorgere qualche pregiudizio verso queste nuove forme d'arte nel pubblico e negli addetti ai lavori, riguardo all'olografia che è ancora parzialmente associata alle immagini "sotto vuoto" un po' kitch degli anni '70. La responsabilità è anche degli olografisti che si sono sempre accontentati di restare in un mondo circoscritto tra la scienza e la tecnica. Probabilmente, con l'avvento di personal computer molto potenti e software molto sofisticati per il 3D, l'interesse per l'olografia è un po' calato dopo gli anni '80.
Dora e August nel 2014 hanno partecipato ad un asta a Londra con un paio di loro pezzi che sono stati immediatamente venduti da Bonhams, in soli quattro giorni. Da allora c'è stato un contatto tra Bonhams e Finarte che ha fatto sì che anche quest'ultima casa d'aste accettasse di mettere in vendita un lavoro di Dora Tass. Quel pezzo non è stato venduto perché le offerte sono state troppo basse, però in quell'occasione, Dora, che era stata già inserita nella sezione fotografica dell'asta, ha conosciuto Fabio Castelli che l'ha inserita nel progetto Proposta MIA della fiera milanese. Il MIA infatti si propone anche come fiera di "Immagini in movimento" e non si può negare che l'olografia sia un tipo particolare di immagine che può anche essere considerata in movimento.
Sui soggetti di Dora Tass
Dora ha trovato nelle macchine da scrivere contatti col mondo surrealista e Dada degli anni 20 del secolo scorso.
Si tratta di oggetti trovati e non più utilizzati che sono stati rotti o segati in due parti. Sono stati fatti degli assemblaggi misti tra soggetto e ologramma che grazie alla tecnica di Muth sono stati trasposti in lastre più grandi ed hanno una qualità generale decisamente superiore ai primi lavori effettuati a Roma.
Questo genere di poesia visiva utilizza oggetti simbolici e la scrittura. I giornali degli anni '30 sono anch'essi stati recuperati quasi per caso e anche così sembrano voler collegare arte e scienza in un unico contesto. L'ironia è un elemento che è sempre presente nelle opere di Dora che cerca d'insinuare dei dubbi e delle cose da scoprire nell'attenzione del pubblico. A tutto questo fa da contorno/complemento l'intersecazione delle forme luminose ed i suoi assemblaggi sono abbastanza difficili da produrre perché se gli oggetti si dovessero muovere la lastra risulterebbe nera. Ogni lastra è esposta solo una volta, non ci sono esposizioni multiple, ma ci sono assemblaggi di più lastre insieme.
Un po' come la fotografia chimica, anche un ologramma non si può mai sapere come è riuscito fino a quando non lo si sviluppa. Il rischio, oltre a quello di dare origine ad una lastra nera, è anche quello di avere un ologramma poco luminoso, ma in una tecnica in cui la luminosità del soggetto è essenziale, è facile capire che questo sia un risultato non desiderabile. Dora dice di riuscire a lavorare anche sugli errori, assemblando soggetti con zone in ombra a soggetti più luminosi. Nelle sue lastre ho visto anche gocce di elementi chimici che sono state anch'esse volutamente conservate all'interno dell'opera, a dimostrazione di quanto dice l'artista.
La preparazione della soluzione fotosensibile è molto delicata, le operazioni di sviluppo devono avvenire in poco tempo, normalmente qualche giorno, altrimenti i colori subiscono un'alterazione. Si tratta di un lavoro di adrenalina pura: ci sono momenti di attesa abbastanza lunghi, ma altri in cui c'è una tensione assoluta. Si tende a preparare una ventina di lastre per volta per poterle utilizzare in caso di scarti e sorprese.
L'olografia cerca di essere appetibile ad un pubblico di persone che ne capiscano i pregi e le qualità particolari, ma deve ancora sviluppare la possibilità di avere la giusta visibilità nel mercato dell'arte.
I prezzi sono abbastanza elevati perché non è facile ottenere una bella olografia. Personalmente, credo che il fatto che ci siano ancora pochi artisti e pochi pezzi prodotti con questa tecnica, da una parte sia un ostacolo alla sua diffusione, ma dall'altra sia un'opportunità per assicurarsi i pezzi "storici" di una nuova forma d'arte. TG
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