La dea Igea riceve il visitatore alle terme sotterranee dell'Albergo Diurno Metropolitano
Il Diurno Venezia è una
grande struttura realizzata sotto piazza Oberdan che occupa tutta
l'area Nord della piazza. Al momento degli scavi, nel 1924, venne riorganizzato tutto il quartiere, cosa che ha portato alla distruzione del
convento dei cappuccini e la demolizione del lazzaretto, oltre che la
lottizzazione della parte interna di Porta Venezia.
Alla Società Anonima
Imprese Metropolitane (SAIM) venne dato il permesso di costruire il
Diurno che risulta essere un grande involucro di cemento armato con
un perimetro tecnico, un cavedio che circonda tutta la costruzione,
sia per effettuare l'areazione che per dare ai locali un isolamento
termico.
L'ingresso del Diurno Venezia è sulla scala della stazione della metropolitana di Porta Venezia
Dal 4 dicembre 2015 il
FAI ha preso in carico il Diurno di Piazza Oberdan dopo che fu fatta
una prima apertura straordinaria nella primavera del 2014. Dal 2006,
anno in cui l'ultimo inquilino della struttura, il barbiere Aiello,
se ne andò lasciando il suo spazio, tutto l'ex albergo diurno cadde
in uno stato di abbandono, mentre tutta la sezione dei bagni pubblici
era già chiusa da tempo. Per qualche anno, il Diurno venne
dimenticato, fino a quando due ricercatori del Politecnico di Milano:
Stefano Masi e Pierfrancesco Sacerdoti attribuirono la paternità del
progetto datato 1923 all'architetto Piero Portaluppi.
Lo spazio sopra al Diurno Venezia
Una delle colonne di sfiato del riscaldamento dell' ex-albergo diurno di piazza Oberdan
L'unica struttura Liberty dell'ingresso al diurno rimasta
La scala d'accesso al diurno verso via Tadino è bloccata
Si pervenne a
questa conclusione grazie all'analisi di alcuni documenti, ma
soprattutto grazie allo studio degli elementi dell'arredo e del
disegno dell'interno della struttura. Piero Portaluppi è molto
conosciuto per altri progetti realizzati a Milano, come la Villa
Necchi Campiglio che è il suo capolavoro ed è anch'essa un
bene del FAI; il Planetario Ulrico Hoepli e la ristrutturazione della
Casa degli Atellani.
Una volta deciso di
riaprire il sito, si è dovuto provvedere a ripulirlo, togliere i
puntelli che sostenevano il soffitto e portare via le macerie. Dopo
una settimana di lavori, si è pensato di fare una catalogazione di
quanto era ancora presente sul posto e si sono aperte le porte per
mostrare questo spazio a più di 6500 persone in due giorni. A
seguito del successo di quell'evento e dell'interesse della
popolazione, il FAI ha richiesto l'affidamento del sito al Comune di
Milano che è il proprietario di questi locali. E' stato siglato un
accordo per la valorizzazione dello spazio e, per la prima volta, un
bene viene dato in gestione ad una entità costituita da volontari,
come la delegazione del FAI di Milano, congiuntamente al FAI. In un
anno questo luogo verrà ulteriormente studiato sotto vari punti di
vista, per poi poter pensare ad un suo riuso. Il FAI porta avanti
questa filosofia che prevede di trovare una funzione per i suoi beni,
in modo da farli vivere e non farli ricadere nell'abbandono. Il
Diurno Venezia è sicuramente un luogo carico di storia e di storie
che ha visto cambiare la vita della città nei suoi 90 anni di vita e
che può essere destinato ad un utilizzo che possa essere funzionale
alle esigenze dei cittadini di Milano. Non lo si vuole trasformare in
un museo, bensì in un luogo in cui possa pulsare la vita della
città. Il 2016 è un anno destinato ad effettuare delle indagini
stratigrafiche e strutturali, come si fa solitamente in questi casi.
Si cercherà anche di capire quale utilizzo assegnare a questo luogo
in futuro, dopo di che verrà effettuato il restauro. Bisogna capire
bene che cosa si vuol fare perché bisogna rifare tutti gli impianti,
dall'impianto di riscaldamento, a quello elettrico, all'idraulica dei
bagni.
Le vetrate colorate dei lucernari sono scomparse
Anno di fine lavori 1925
La boiserie dell'arco spezzato del Portaluppi
Uno spazio dove si svolgeva un'attività artigianale all'interno dell'Albergo Diurno Metropolitano
Il corridoio d'accesso ai bagni
Il dettaglio di una porta
Il Diurno Venezia è
stato chiuso per la concorrenza di strutture simili situate nella
Stazione Centrale, ma anche a seguito dei cambiamenti degli usi e dei
costumi delle persone che vivevano nelle vicinanze. Già dagli anni
'80 era venuta meno l'esigenza di fare il bagno caldo fuori casa. I
bagni, sia quelli più popolari che quelli di lusso, erano nati qui
in Piazza Oberdan perché tra la Stazione Centrale Vecchia, quella in
Piazza della Repubblica, un quartiere di case in affitto molto
economiche che non avevano i bagni all'interno degli appartamenti e la
vecchia Ippovia, poi Tramvia Milano Monza s'era creata la necessità
d'avere dei bagni che servissero sia i residenti che i viaggiatori e
le persone che convergevano in questa zona per motivi di lavoro,
poiché questa era ancora una grande area operaia. I bagni pubblici
offrivano vari livelli di servizi a tariffe differenziate. Oggi
questo luogo si presenta come un'architettura di lusso, ma bisogna
tenere presente che al tempo questo era un esercizio pubblico in
grado di far coesistere praticità e confort. Le finiture
d'alto pregio dei bagni garantivano anche robustezza e facilità di
manutenzione alla struttura che effettivamente è riuscita a giungere
fino ai nostri giorni in condizioni abbastanza integre.
Ci sono molti lavori da fare per riportare il diurno ai fasti della Belle Epoque
Bagno maschile n. 54
Le piastrelle di vetro Civer
Rivestimenti Vetro Civer G. Monti, via Correggio 23
Pavimentazione di ceramica a mosaico
L'uso del
vetro Civer che è un rivestimento in pasta vetrosa resistente alle
vibrazione ed all'aggressione degli agenti chimici utilizzati per la
pulizia, ha una sua qualità estetica che oggi è singolare, ma in
realtà questa scelta è stata fatta più per motivi tecnici che per ragioni
artistiche. Questo perché la pasta vetrosa poteva essere pulita
facilmente, le fughe erano molto sottili ed il tutto non richiedeva
particolari attenzioni. In più, come si diceva, esistevano cabine da
bagno standard e cabine da bagno di lusso, in modo da poter offrire
una scelta più ricca rispetto ad altri servizi di questo tipo
pre-esistenti. Il primo albergo diurno di Milano fu inaugurato nel
1924 in piazza Duomo, si trattava del Cobianchi che era una struttura
più semplice rispetto a quella di Piazza Oberdan. Si ritiene che per
conferire un'identità milanese a questo albergo diurno sia stato
chiamato il Portaluppi e siano state effettuate scelte più
tecnologiche ed all'avanguardia, come l'impianto di riscaldamento ad
aria calda. Oltre al bagno semplice, esisteva il bagno con doccia, il
bagno con vasca ed il bagno di lusso. Molti utenti di questi bagni si
recavano qui al sabato per lavarsi e rilassarsi, oppure arrivavano
dalla stazione e cercavano degli appartamenti di fortuna che erano in
condizioni modeste. Il Diurno Venezia s'è conservato integro
con parte degli arredi originali ed ha la particolarità
d'avere un ampio spazio conosciuto come il salone degli artigiani,
un'area in cui venivano offerti altri servizi, dal barbiere, al
parrucchiere, alla manicure, al fiorista, alla posta, alla
biglietteria per comprare i biglietti dei treni, l'ufficio di
cambio valuta, un negozio di moda pronta ed il fotografo. Questa
caratteristica non è comune tra gli alberghi diurni. Questa area,
divisa in tre campate, era un po' come una piazza coperta animata da
tante botteghe che si trovavano nelle campate laterali ed erano
separate dalla parte pubblica da boiserie in noce
caratterizzate dal tema dell'arco spezzato tipico del Portaluppi.
Qui, c'erano anche degli arredi che purtroppo sono andati perduti.
Erano dei divanetti di velluto rosso illuminati da grandi abat-jour,
tavolini attrezzati per la
dattilografia ed il telegrafo per restare collegati con il mondo. Si
trattava di una sala d'attesa, ma anche di una piccola sala di
controllo per poter continuare a svolgere attività lavorative e
pratiche. Il 1925 è l'anno di massima espansione dell'Art-déco che
prende il nome proprio dall'esposizione universale. Questo posto
s'ispira sì all'estetica dei grandi alberghi, ma anche a quella dei
grandi piroscafi che solcavano i mari in quegli anni di forte
emigrazione verso le Americhe. Questi luoghi sotterranei hanno
conservato lo spirito del tempo ancor più di altri che venivano
costruiti in superficie. L'idea di costruire dei servizi sotto terra dava un'impronta di modernità alla città che tendeva a svilupparsi
sia in altezza che in profondità, densificando il proprio
territorio, oltre che allargandolo. A Milano erano stati costruiti
anche alcuni cinema ipogei, proprio allo scopo di dare alla città un
aspetto moderno. Il Diurno Venezia era una macchina modernissima che
offriva il meglio che la città poteva avere a quei tempi in questo genere di servizi. Da tutto
ciò noi oggi possiamo capire che l'ex albergo diurno di piazza
Oberdan era una porta di Milano ed un luogo identitario, sia per il
quartiere che per tutta la città.
Alcune pareti sono rivestite di marmo bianco di Carrara di buona qualità
Un lucernario rettangolare e le finestrelle delle cabine
In ogni cabina c'era una griglia per la regolazione dell'aria calda
Le vasche sono realizzate in tecnoceramica
Cabina 23
Alcuni dettagli di una porta
Il vetro Civer è un brevetto belga del 1920 portato in Italia dalla ditta Monti. Essere molto sottile lo ha reso molto resistente alle vibrazioni e probabilmente è per questo motivo che è arrivato fino a noi integro
All'interno dei bagni erano anche presenti un locale lavanderia ed un locale stireria
Il pavimento in ceramica e gran parte delle rubinetterie sono originali
Terme Metropolitane
Portaluppi
gioca un po' con la sacralità dissacrata mostrando una statua d'Igea
all'interno del Diurno, come a dimostrare che qui si compiono dei
riti igienici in suo onore, anche come prevenzione della malattia.
Igea, oggi, oltre che la dea della salute, potrebbe anche essere considerata la
dea della bellezza perché non si può essere belli se non si è
puliti ed in salute.
Poiché
il FAI è un ente privato, in questo momento si pensa anche a
reperire i fondi per il restauro e ad un'attività che possa essere
in seguito di mantenimento a questa struttura, poiché i beni del FAI
si devono finanziare da soli. Il Comune di Milano non parteciperà alle spese
per il restauro ed il riuso di questo spazio.
L'ingresso
al Diurno Venezia è libero, viene richiesta solo una donazione
volontaria, ma la grande richiesta del pubblico di accedere a questi
spazi rende la lista di attesa per vedere questi bagni abbastanza
lunga.
La
sala macchine in un primo tempo ospitava una caldaia a carbone che in
seguito venne sostituita con una caldaia a gasolio. I camini di
sfiato, visibili ancora adesso all'esterno, sono due finte colonne esterne in
stile parigino Liberty. C'erano anche due accessi ai locali con delle
tettoie in ferro battuto e cemento, ma uno di esse è andato perduta quando è stata costruita la stazione della metropolitana di Porta
Venezia. Si trattava di due accessi simmetrici a doppia scala, uno
portava ad un piccolo disimpegno che portava ai servizi igienici,
l'altro invece era l'ingresso al Salone degli Artigiani. Attualmente, una porzione dei bagni non è accessibile perché è ancora in fase
di ristrutturazione e bonifica, mentre la parte più interessante,
quella dei bagni di lusso è mostrata nelle fotografie di questo
articolo di Tony Graffio.
Lo spazio commerciale delle Ferrovie dello Stato all'interno del Diurno Venezia
Parrucchiere per Signora
Lo Ziggurat del Portaluppi
Poltrona da barbiere
La cassa del Diurno Venezia riporta ancora gli ultimi prezzi in lire italiane
Alla
cassa si pagava per un bigliettino che corrispondeva al livello di
servizio richiesto; si attendeva in sala d'aspetto e poi si veniva
chiamati quando si liberava un bagno. Le cabine erano numerate,
proprio per questo motivo. Si veniva forniti di un asciugamano
pulito, saponetta o ciò che serviva e si aveva l'accesso ad un
momento di relax e di cura del corpo. L'Albergo Diurno Metropolitano
è stato inaugurato il 18 gennaio 1926 alla presenza di autorità e
personaggi molto importanti.
Il
Diurno è apparso in molti film popolari, tra cui “Bingo Bongo”
di Pasquale Festa Campanile, con Adriano Celentano, nel 1982. In
un'altro film questo posto viene presentato come un bordello che è
un po' l'altra natura di questo quartiere, poiché in via Tadino
c'era la Casa Chiusa più rinomata di Milano. Ci sono tante storie
che parlano del Diurno come un ritrovo per incontri galanti ed
equivoci, ma di questo argomento parlerà l'amico Professor Maurizio Bossi nel prossimo articolo di Frammenti di Cultura.
Uno
segno ricorrente nelle architetture del Portaluppi è lo ziggurat,
una forma a più pignoni sormontata da una sfera, posta sopra le
colonne. Lo si vede sia nella centrale idroelettrica di
Crevoladossola, che sulla tomba di famiglia di Cavacini, uno dei
finanziatori di questi bagni, oltre che qui al diurno.
Concepito come un bagno pubblico, l'Albergo Diurno Metropolitano non ha lasciato molta memoria di sé, per questo motivo ho pensato d'intervistare un uomo ed
una donna che per motivi differenti hanno frequentato questo posto. Tony Graffio
Lorenzo Lenzini, giornalista, 78 anni
La
testimonianza di Lorenzo Lenzini
La
prima volta che sono venuto qua è stato nel 1961, io mi recavo in
questo posto soprattutto al lunedì quando i parrucchieri erano
chiusi e soltanto i personaggi più importanti della città avevano
accesso a questi spazi. Ricordo che c'erano anche molti parroci che
non avevano il bagno o l'acqua calda, così si recavano qui in piazza
Oberdan per lavarsi e trovare un po' di tranquillità. Per questo motivo erano stati affissi sui muri moltissimi cartelli
che proibivano di bestemmiare. Anche il clero usufruiva dei servizi
offerti dal personale incaricato di lavare la schiena o delle esperte
massaggiatrici che si potevano scegliere, a seconda dei gusti del
cliente. Erano in vendita speciali unguenti per rendere i massaggi più
piacevoli e l'ambiente generale era molto accogliente. In mezzo al salone principale c'erano tanti divanetti con
lampade rosse. Oltre che per l'attesa, era un luogo destinato agli
appuntamenti. La mia ultima vista a questo posto risale al 1974,
anche perché dopo quella data, questo non era più un ambiente di
classe, ma era diventato più popolare. Venivo qua per incontrare personaggi importantissimi del clero, tra cui
cardinali e vescovi. C'erano anche uomini in vista del mondo
dello sport e dello spettacolo, ma soltanto al lunedì quando
il diurno era chiuso al pubblico. Frequentavo questo luogo per
motivi che potremmo definire professionali, ma soprattutto per relax
(ride). Usufruivo specialmente dei bagni perché gradivo molto farmi lavare la schiena e farmi massaggiare dalle ragazze che lavoravano qui. Facevo il
bagno in compagnia della massaggiatrice e c'era la possibilità di
scegliere la persona più adatta a questo scopo. Era un posto
favoloso, nato nel periodo del fascismo, perché il Duce voleva fare
qualcosa di popolare, ma lo spazio era talmente bello che venne
frequentato anche da grandi signore, artisti e sportivi, al lunedì.
Io sarei rimasto qui dal mattino alla sera.
Giuseppina De Broggi ex-infermiera, 64 anni
La
testimonianza di Giuseppina De Broggi
Ho
frequentato questi bagni dal 1966 al 1967 perché in via Panfilo
Castaldi non avevamo il bagno in casa. Dopo ho abitato in via Lazzaro
Palazzi al numero 10. Sono d'origine siciliana, mi sono trasferita
a Milano nel 1967, ma già un anno prima andavo e venivo da Milano. A casa non avevamo il bagno, né l'acqua calda e nemmeno la caldaia; avevamo
solamente una stufa che funzionava sia a legna che a carbone. Questi
bagni del diurno di piazza Oberdan erano bellissimi, erano un vero spettacolo, io venivo qui al giovedì e la
domenica insieme a mia mamma, lei adesso ha 91 anni. Venivamo a
farci il bagno due volte alla settimana, il lunedì era chiuso per turno di riposo. Il bagno
rosso era quello dei signori, anche quello verde era di classe, ma anche gli altri
bagni erano bellissimi; pagavamo 70-80 lire per entrare, non era
costoso. C'era la biglietteria della ferrovia, c'erano i telefoni,
l'ufficio per i telegrammi, la posta, la profumeria, sceglievamo il
bagno che preferivamo, una parte era riservata agli uomini e una alle donne. C'era
sempre un gran viavai di gente che veniva fuori dalla stazione per venire a lavarsi in questo posto. Qui
in zona Porta Venezia non c'erano i bagni, tutte le case avevano i
bagni esterni. Qui al diurno si poteva stare anche un'ora, c'erano quattro tipi di bagni. Noi aspettavamo il nostro turno al bar con
i biglietti per entrare. Al centro c'era un bancone rotondo. In ogni
cabina c'erano 2,3,4 sgabelli per i clienti che aspettavano. Per i parrucchieri si aspettava un po' di più perché erano pienissimi, ma
normalmente per i bagni si aspettavano solo 10/15 minuti. Il personale
preparava l'acqua calda e gli accappatoi, c'era molta gente che lavorava qua.
Nella cabina del parrucchiere c'era l'apprendista, l'inserviente che
faceva le mani ed il parrucchiere, facevano tutto; in ogni cabina ci
stavano 4 o 5 persone. Dopo il 1967 abbiamo trovato un appartamento
di 5 locali diroccati e li abbiamo sistemati in qualche modo, perché
c'era un mio amico che era muratore, ed abbiamo ricavato anche un
bagno, però ancora non c'era la caldaia e nemmeno l'acqua calda, solo
la stufa a legna. Poi, ci hanno installato l'impianto idraulico. Abbiamo trovato una vasca di quelle ancora coi piedini di ghisa,
abbiamo messo il bidet e tutto il resto ed abbiamo comprato la stufa a kerosene. Nonostante fossimo in affitto i lavori li abbiamo fatti a
nostre spese. Finché non avevamo la caldaia scaldavamo l'acqua sulle
stufe e ci facevamo il bagno così. Lo scaldabagno non l'abbiamo mai
istallato perché era troppo di lusso. Andavamo in via Lecco a
prendere i bidoni del gasolio, o di quello che era, e poi ci
facevamo il bagno in casa, ma non era caldo come la stufa. Rivedere
questo posto adesso è per me una cosa molto bella. Peccato solo che
sia rimasto chiuso per 30 anni perché è andato tutto in rovina. Mi
piacerebbe vederlo tornare ad essere come una volta. Quando hanno
aperto la stazione della metropolitana, questo posto è stato chiuso
ed hanno aperto la piscina Cozzi. Io conoscevo il barbiere che è
stato l'ultimo ad andar via. Lui continuava a lavorare qui
perché c'era un altro mio amico di 90 anni che era rimasto il suo unico cliente
storico e si faceva tagliare i capelli da lui. Fissava l'appuntamento
telefonando al parrucchiere e gli diceva. “Vieni giù a farmi la
barba?". E l'altro veniva qua ed apriva. Non era
sempre qui. Quando lui ha terminato il suo contratto ha chiuso definitivamente tutto.
Si ringrazia Andrea Alessandri, Vice Capo Delegazione FAI di Milano che ha organizzato l'apertura dell'Ex-Albergo Diurno Metropolitano e gli ex-clienti di questi servizi per le testimonianze: Lorenzo Lenzini e Giuseppina De Broggi.
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