Anche quest’anno s'è rinnovato l’impegno di Affordable Art Fair nel
sostenere e promuovere i giovani artisti emergenti: 5 Young
Talents
e 9 Young
Galleries, sono stati ospitati nella sezione Young della fiera d’arte
contemporanea accessibile. Gli
Young Talents sono stati selezionati attraverso il concorso Young Talents sponsorizzato da Warsteiner, che
ha registrato oltre 600 candidature.
Questo marchio, vicino
al mondo dell’arte contemporanea, ha una grande attenzione per i
giovani e crede nel loro potenziale, per questo motivo ha deciso di
dare voce al talento di cinque artisti emergenti, offrendo loro
l’opportunità di vivere un’esperienza da protagonisti insieme
alle persone già affermate nel mondo dell’arte. Quattro artisti emergenti e uno street artist hanno avuto la possibilità di esporre le proprie opere in fiera ed
esibirsi live ogni giorno alle 18.00 nello spazio dedicato alle performance.
Le
oltre 600 candidature pervenute sono state valutate da una giuria di
professionisti composta da: Ilaria
Gianni
(curatrice e co-direttrice artistica Nomas Foundation – Roma),
Denis
Curti
(curatore e giornalista, direttore artistico Casa dei Tre Oci –
Venezia; direttore de Il Fotografo), Steven
Music
(fondatore Celeste Network), Igor
Efrem Zanti
(curatore e critico d’arte, direttore IED – Istituto Europeo di
Design – Venezia, co-fondatore e direttore artistico Premio Arte
Laguna – Venezia), Massimiliano
Tonelli
(direttore Artribune), Dino
Vannini
(Marketing Manager Sky Arte) ed Erminia
Di Biase
(collezionista).
I vincitori sono stati: Cristina
Gardumi
(1° classificata) con le sue divertenti interpretazioni della
realtà; Francesca
Lupo
e Riccardo
Schiavon
(2° classificati a pari merito), la prima ha convinto la giuria con
suoi colorati collage con atmosfere d’altri tempi, il secondo
invece si è imposto grazie alle sue installazioni e ready-made; Claudio
Beorchia
(3° classificato) con i suoi collage originati tratti da ritagli de
Il Sole 24 Ore.
A
loro si aggiunge il genovese Lord
Nelson Morgan,
vincitore della categoria street, scelto, come specifica il giurato
Denis Curti, “per
la qualità intrinseca del progetto e per la sua evidente
potenzialità commerciale”.
Tra i giovani talenti che hanno partecipato al Premio Warsteiner, ho scelto d'intervistare Cristina Gardumi, non per il fatto che è colei che è stata valutata dalla giuria del concorso l'artista migliore, ma perché trovo interessante sia il suo linguaggio narrativo, che il contenuto delle sue opere che la tecnica da lei utilizzata.
Gli animali un tempo erano visti come bestie e trattati in modo spregevole, è notevole che oggi ci sia qualcuno che consideri gli esseri-non-umani come una potenziale risorsa etica cui attingere per imparare a convivere pacificamente con chi pensa e agisce in modo totalmente diverso dal nostro.
Oggi, purtroppo, è stata una giornata molto triste che ci ha confermato che molti individui che vorremmo poter chiamare esseri umani, o animali, non ragionano ed hanno il solo scopo di lasciare tutto in condizioni peggiori a quelle in cui le hanno trovate e sono mossi dall'odio verso tutto e verso tutti e dalla volontà di distruggere ogni cosa, comprese le vite di persone innocenti ed incolpevoli. Indipendentemente dalla volontà di chiunque, esistono delle forze del male che agiscono per un volere imperscrutabile. Non ha senso cercare di capire ciò che non si può capire, ma bisogna agire affinché i seguaci del maligno vengano isolati, fermati e resi innocui.
La verità, la cultura e l'educazione sono le armi migliori per combattere coloro che vogliono imporre il loro folle pensiero in modo totalitario e violento" TG
Mia sorella ed io - Disegno di Cristina Gardumi - m. 2 X 1,5
Tony Graffio intervista Cristina Gardumi
Tony Graffio: Ciao
Cristina, parlami di te, chi sei?
Cristina Gardumi: Ciao,
io sono un'artista che sta esponendo all'Affordable Art Fair 2016.
Sono stata selezionata attraverso il Premio Warsteiner Young Talents.
TG: Scusami, e come si fa
a farsi selezionare da Warsteiner per arrivare fin qui?
CG: E' una bella domanda
alla quale non so dare una risposta precisa. Penso che bisogna
accendere qualche cero e confidare negli dei. Secondo me, ci vuole
tanta fortuna. Ad ogni modo, io ho trovato il bando di concorso
online ed ho partecipato inviando tre opere con le loro relative
descrizioni, poi la poetica generale, una dichiarazione (statement) e basta. Molto semplice, tra l'altro è gratuito.
Consiglio a tutti di provare a partecipare perché è una buona
occasione per avere della visibilità.
TG: Tu che opere hai
mandato al concorso?
CG: Ho mandato un grosso
disegno di 2 metri X 1,5 circa che adesso si può vedere
pubblicizzato un po' dappertutto, quasi fosse diventato il simbolo di
AAF Milano 2016. Cosa che non avrei mai pensato potesse accadere.
Oltre a questo, ho prima inviato e poi portato qua altri due lavori
più piccoli. Uno è costituito da nove monotipi e s'intitola Noir;
il terzo invece sono 4 stampe calcografiche ottenute da puntasecca su
plexiglass. Da poco ho ripreso a lavorare con l'incisione, mi sto
appassionando molto a questa tecnica e ci tenevo molto a fare vedere
questo lavoro al mondo, in qualche modo, e questa di Milano mi
sembrava una giusta occasione.
TG: Parlando un pochino
più di te, quanti anni hai? Che Formazione hai avuto? Da dove vieni?
CG: Ho 37 anni e ho avuto
una formazione un po' ibrida perché ho fatto sia pittura
all'Accademia di Belle Arti di Verona, sia l'Accademia d'Arte
Drammatica a Roma, come attrice. Così, recito in teatro, a volte per
il cinema, ma soprattutto mi considero un'artista visiva. Quello che
vedi è il risultato della mia attività. Mi piace pensare che ci sia
una connessione tra le mie due facce e che anche quando disegno
subentrino delle atmosfere teatrali. Sia nel modo in cui dispongo i
personaggi nello spazio, piuttosto che nelle relazioni che cerco
d'instaurare e nei messaggi che cerco di comunicare che hanno spesso
a che fare con il rapporto, il dialogo, o come cerchiamo d'affrontare
la realtà. E come la realtà cerchi forzatamente e disperatamente
d'affrontare noi, spesso costringendoci a fare delle cose che non
sempre siamo disposti a fare. Mi piace parlare dei riti che
c'imponiamo per sopportare meglio il mondo reale. Ad esempio, nel
grande disegno che avevo inviato a Young Talents c'erano tre paia di
mani che intrecciavano i capelli di due scimmie, come se questi scimpanzé avessero dei capelli. Le mani centrali
univano i capelli delle due scimmie, come a fondere il loro destino. In realtà, per me, questa
operazione unisce uomo e animali come se si cercasse di realizzare
una specie di razza ibrida che sia perfetta perché include in sé
sia la colpa primordiale tipica degli esseri umani, perché sono loro
ad averla inventata; almeno è questo che penso, perché questo
concetto di colpa gli animali non ce
l'hanno. Gli animali sono innocenti e non conoscono le complicazioni degli uomini.
Non è un discorso
religioso, ma un discorso culturale, infatti anche se i miei disegni
possono sembrare fiabeschi, o illustrativi, cercano sempre di stimolare una
riflessione, oserei dire antropologica. Anche se tutto questo è
riferito alla quotidianità ed al nostro modo di vivere ogni giorno
la nostra consapevolezza di esseri umani. Sia da come ci poniamo
nello spazio intorno a noi, sia per come rispondiamo a sollecitazioni
che ci arrivano dall'esterno.
Noir di Cristina Gardumi
TG: Sì è vero, anche a
me sembrano disegni che rappresentano una realtà quasi
cinematografica o comunque di qualcosa che si vuole mettere in
scena a tutti i costi. E' un'azione voluta oppure è un'esigenza che fa
parte del tuo modo d'esprimerti?
CG: Credo che si tratti
di una scelta inconscia che attuo per unire due diverse facce della
mia medaglia che sono io e che vive in due mondi separati, anche se
simili. Quello del sentirmi attrice di uno spettacolo scritto da
altri e quello di esprimermi anche attraverso un'arte visiva che
scaturisce dal mio modo di vedere il mondo. In “Noir” ero alla
ricerca di una narrazione frammentata, di stile cinematografico,
fatto di continui rimandi a qualcosa che è già accaduto, un po'
come quando in un film assistiamo a dei flash-back o
ai correlativi oggettivi, quando si richiama qualcosa attraverso
un'altra cosa. Quando si ricorre al simbolo per ancorare la realtà e
spiegarla meglio. Guardando questi 9 monotipi si può avere l'idea
che siano tutte storie diverse, anche se in realtà credo che la
storia sia una sola e spetta a chi guarda decifrare questa
narrazione. Io stessa quando ho fatto questi lavori non sapevo dove
stavo andando a parare; solo alla fine quando decido di fermarmi e
metto tutto davanti mi sono resa conto di quello che stavo
raccontando.
TG:
Hai mai pensato di fare dei veri fumetti?
CG:
Sì, tanto più che nell'ultimo lavoro, pur utilizzando una tecnica
antica come la puntasecca, ho deciso di contaminarla con qualcosa di
estremamente Pop come il fumetto. Il risultato mi piace. Sto iniziando
a provare a disegnare attraverso delle forme di narrazione più
sequenziali e tradizionale che possono anche prendere la forma di un
fumetto effettivamente pubblicabile. Ci sto lavorando, insomma. A
breve ci sarà un prototipo in arrivo. Vedremo.
Laggiù di Cristina Gardumi - Incisione a puntasecca
TG:
Un accenno alle tecniche che hai utilizzato. Oltre alla puntasecca
su plexiglass hai elaborato qualche soluzione particolare? E perché
hai usato il plexiglass come matrice?
CG:
Sì,ho usato il plexiglass invece del rame o lo zinco per una
questione di costi; ovviamente dal plexiglass puoi poi tirare meno
copie. Io ho voluto andare contro la natura della replicabilità
dell'incisione modificando la matrice dopo la prima stampa. Poi ho
fatto la seconda stampa e ancora ho modificato l'incisione sulla
matrice, continuando così fino ad ottenere quattro stampe diverse
tra loro che compongono un racconto di 4 stampe diverse. Ogni stampa
è ora un pezzo unico. Ho cancellato dei pezzi dalla matrice e l'ho
rielaborata aggiungendo degli elementi, ottenendo così parti diverse
di un'unica storia. Questa cosa a me piace moltissimo.
TG:
Sì, piace anche a me, è una bella idea.
CG:
E' un modo per andare contro una tecnica che prevede la
riproducibilità di un soggetto in grande tiratura. Alla fine di
questo intervento io potrei riprodurre solo l'ultimo fotogramma della
mia breve storia dove compare sia la corda che qualcosa laggiù.
TG:
Quest'opera è un quadrittico? Si dice così?
CG:
E' un tetrattico... Parola orribile, un po' oscena, va beh non lo so,
io la chiamo serie... Mi affascina molto potermi esprimere ad episodi
e poter sviluppare una storia in più momenti, infatti tantissimi
miei lavori sono sviluppati così.
TG:
Senti, ma il tuo vero lavoro qual'è?
CG:
Questo, e il mio falso lavoro è fare l'attrice.
TG:
E si riesce a vivere di questo lavoro?
CG:
Se hai dei genitori generosi, non ricchi, ma comprensivi, sì...(ride)
TG:
In che città vivi?
CG:
A Pisa, dove è anche più facile vivere perché lì tutto costa meno
che a Roma, o a Milano.
TG:
Va bene, seguiremo il tuo consiglio e ci trasferiremo tutti in
Toscana.
CG:
Nessun velato consiglio... Prego.
TG:
Ok grazie. Abbiamo dimenticato qualcosa?
CG:
Non credo. No.
TG:
Come attrice cosa fai?
CG:
Come attrice lavoro tanto in teatro, sono soprattutto spettacoli
sperimentali, di solito, che coniugano parola e corpo. Non è solo
teatro fisico, ma anche teatro di parola. Ho lavorato anche con Luca
Ronconi, anni fa, esperienza che mi ha arricchito molto dal punto di
vista della parola, però non perdo mai l'occasione di lavorare con
altri registi che prediligono il corpo. Non mi riferisco alla danza,
ma il teatro-danza mi interessa molto. In futuro vorrei andare in
questa direzione di contaminazione tra il mio segno grafico e la
performance.
TG:
Il tetrattico si chiama “Laggiù”, vero?
CG:
Sì, lì c'è una riflessione, in realtà, che stavo cercando di
mettere a fuoco sulle distanze e sull'attualità del discorso dei
profughi, o dell'essere profugo e del dover fuggire da un luogo. O
dell'andare da un punto A ad un punto B e a quanto questo spostamento
ti può cambiare.
TG:
I soggetti sono degli orsetti, o dei criceti?
CG:
Boh. E' bello che i miei animali iniziano come qualcosa, cambiano in
corso d'opera e diventano una sintesi animalesca di
criceto-scoiattolo-topo, così. Inizialmente avrebbero dovuto essere
degli scoiattoli, mentre alla fine sono diventati delle cavie da
laboratorio, o qualcosa del genere.
TG:
Tu sei animalista?
CG:
Sì, sono un'animalista convinta, vegana e antispecista.
TG:
Ho capito. A parte questi lavori che sono un po' particolari, di
solito tu che tiratura fai dei tuoi lavori? Ed a che prezzi li vendi?
CG:
Solitamente, dalle incisioni ricavo 15 pezzi, anche perché
utilizzando il plexiglass come cliché non
è che potrei spingermi molto oltre. Le dimensioni delle mie stampe
sono abbastanza ridotte a causa del fatto che dispongo di un torchio
che è quasi un giocattolo. Quando mi doterò di un torchio
professionale vorrei effettuare delle stampe molto più grandi, anche
perché la fase di stampa è per me fondamentale per un incisore,
quindi vorrei continuare ad occuparmi personalmente anche di questa
parte del mio lavoro. Anche perché è un'operazione che mi piace
tantissimo fare che non delegherei a nessun altro. Fintanto che
studiavo in accademia avevo la possibilità di stampare tutti i miei
lavori. Ultimamente, erano 15 anni che non toccavo più un torchio.
Ho ricominciato a stampare solo 3 mesi fa, quindi questo è un
terreno che sto cercando ancora di capire e di scoprire. Per darti un'idea dei miei prezzi, posso dirti che la serie di 4 stampe (pezzi unici) intitolata "Laggiù" la propongo alla vendita a 1150 euro.
TG:
Possiamo dire che sei passata dal disegno all'incisione?
CG:
Non sono passata, sto abbinando le due cose. Continuo a disegnare, ma
ho aggiunto questa varietà alle mie capacità tecniche. A seconda di
quello che voglio comunicare, forse. E' sempre bene avere più armi a
propria disposizione.
TG:
Va bene, grazie. Molto gentile.
CG:
Grazie.
Cristina Gardumi, 37 anni, artista.
Tutti i diritti riservati
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