Ieri, alla Galleria Cons Arc di Chiasso, serata inaugurale di un'inedita mostra che ci presenta il grafico svizzero Max Huber nelle vesti di un giovane fotografo che ancora non aveva preso una direzione artistica ben precisa.
Le immagini fotografiche di Huber testimoniano di un suo percorso conoscitivo, sperimentale e di ricerca, non solo in senso metaforico, ma anche fatto di viaggi in Europa e nel mondo, alla ricerca di esempi da seguire e d'ispirazione.
In Italia, purtroppo, esiste una rimozione del lavoro fatto dai grafici storici in una stagione, in cui i rapporti tra i grafici italiani e svizzeri, fin dal dopoguerra, è stata importantissima. Anche se adesso, in pochi si ricordano di queste tappe, Max Huber è stato protagonista di questa stagione, al pari di Franco Grignani, Albe Steiner, Erberto Carboni e altri.
Essendoci stata una modifica del messaggio pubblicitario, aziendale ed editoriale che ha in qualche modo tolto ai personaggi in vista le commissioni dei lavori; ancora oggi esiste una certa reticenza, a livello culturale, a riconoscere quanto è stato fatto da chi ha rivoluzionato questo linguaggio. Già da tempo, c'è la tendenza ad omogeneizzare le campagne pubblicitarie, senza far più ricorso alla personalità di un artista esterno che riesca a dare un senso di riconoscibilità ai messaggi visivi, come senza dubbio Max Huber era riuscito a fare, quando, per esempio, lavorava per La Rinascente.
Situazioni accadute anche a Italo Lupi e ad altri, come Giancarlo Iliprandi che, pur essendo dei mastri del design, si stanno perdendo perché il loro esempio non era gradito agli uffici marketing che hanno un po' annacquato tutto, provocando come risultato dei grandi compromessi in cui oggi il progetto grafico risulta essere un lavoro d'équipe, in cui non è più riconoscibile una personalità individuale. Al punto che adesso sta quasi scomparendo la figura dell'art-director e del grafico.
Nel caso di Max Huber, già celebrato come art-director, adesso, grazie allo sforzo fatto dalla vedova, si sta riscoprendo anche un suo passato fotografico che era stato dimenticato. A Chiasso nel 2005 era stato inaugurato un museo dedicato al suo nome ed al suo lavoro artistico: il museo M.A.X. che vive adesso un po' stentatamente perché anche tra gli svizzeri ed i ticinesi s'è leggermente appannata la memoria storica. Nonostante questo, è evidente che in Svizzera si cerchi di conoscere meglio ciò che è stato fatto dagli artisti nati in questo paese e di riscoprire ciò che è stato fatto a livello fotografico, grazie anche alla mostra presentata ieri sera che resterà in programma fino al 24 gennaio 2016.
In Italia è difficilmente pensabile di portare questa mostra che diventa così un'occasione unica per vedere delle fotografie, stampate dai negativi originali, dallo studio Farenheit.
In Italia, Huber non è molto considerato anche a livello artistico, un po' perché è passato del tempo, ma anche perché egli ha lavorato essenzialmente nel settore grafico e pubblicitario senza lasciare una firma evidente del proprio lavoro. Questa era una cosa nota soprattutto nella cerchia degli addetti ai lavori, ma non è mai stata una realtà supportata dalla critica, esigenza e pratica venuta a crearsi oggi nel mondo dell'arte, mentre per la grafica, non esisteva una critica che si occupasse di questa forma di creatività.
Per il cinema, la pittura, la scultura e l'architettura esiste un lavoro critico molto importante attorno a delle figure che vengono promosse al fine di farne conoscere l'attività e valorizzarne le opere, cosa che come abbiamo detto, non avveniva per la grafica ed il design.
Tokio, da negativo 35mm 1965
Aoi Kono, vedova dell'artista svizzero, figlia di Kono Takashi è lei stessa un'artista grafica
Ho parlato con Aoi Kono, designer che ha compiuto i propri studi a Stoccolma, che mi ha detto che la prima mostra organizzata dalla Cons Arc 25 anni fa era stata allestita proprio con le fotografie di Max Huber, così adesso, per la celebrazione di questo lungo periodo d'attività culturale, si è pensato di recuperare altre fotografie dell'artista svizzero da far conoscere al pubblico. Si tratta della prima mostra fotografica dalla morte del maestro svizzero, avvenuta 23 anni fa, in Ticino.
Max Huber ha studiato fotografia da giovane, ma poi ha deciso di dedicarsi alla grafica; ha intrapreso un viaggio in Giappone per conoscere Kono Takashi, conobbe anche la figlia che sposò poi a Morbio Superiore, nel 1962.
Pur smettendo di scattare fotografie, Huber introdusse l'uso delle immagini fotografiche nel suo lavoro grafico.
Fotografia Moderna, atelier itinerante per foto-tessere - Italia, 1940
Milano, Piazza Duomo, 1945
Piume, una fotografia sperimentale di Max Huber dalla quale l'autore, in seguito, trarrà un'immagine pubblicitaria
Pubblicità per Latticello Glaxo con fotografia e grafica di Max Huber
Sperimentazioni fotografiche come fotogrammi sui quali venivano appoggiati bicchieri ed altri oggetti
Tutte le stampe sono state realizzate nel novembre del 2015 su carta baritata ai sali d'argento Ilfobrom FB Warmtone con trattamento Fine Art da Gianni Romano per Conservatorio della Fotografia. Non esiste una numerazione, ma riportano un timbro Aoi max Huber Novazzano Ch e firma Aoi Huber che ne certifica l'autenticità.
Il prezzo delle stampe è di 900 CHF ed è inteso escluso cornice, Iva 8% e consegna.
Italia 1945
L'influenza della cultura giapponese
Una copertina con grafica realizzata da Kono Takashi per una rivista giapponese nel 1936
Guido, Daniela Giudici e Aoi Huber, vedova dell'artista scomparso nel 1992, introducono il pubblico alla serata che presenta le fotografie ed i fotogrammi realizzati dal 1940 al 1965 da Max Huber
Ho parlato con Guido Giudici che mi ha detto che la Cons Arc aveva
organizzato altre due mostre con Max Huber, la prima agli inizi degli
anni 1980, insieme a Claudio e Daniela Adorni quando insieme aprirono la
Galleria Fotografia Oltre, in via Bossi, sempre a Chiasso. Poi nel 1990
fu rifatta la stessa mostra, in occasione dell'apertura dell'attuale
Cons Arc. Per questa terza mostra, sono state scelte fotografie diverse;
in genere si fanno vedere fotografie legate alla grafica, perché Max
Huber è conosciuto in quanto grafico. Si tratta di una selezione
inconsueta per un grafico perché, tra le varie fotografie esposte, 4
sono state scattate in Svizzera e presentano soggetti un po' idilliaci
relativi a panorami montani, campi fioriti e covoni di fieno, però si
tratta del modo di vedere di una persona che ha viaggiato parecchio, nel
Sud dell'Italia, in Europa ed in Giappone. Le fotografie sono state
stampate dai negativi in possesso a Aoi Kono, mentre il M.A.X. museo non
ha mai messo sufficientemente in risalto Max Huber fotografo. Sono
presenti 6 stampe vintage che sono servite da esempio per poter dare
delle indicazioni allo stampatore Gianni Romano. Ho parlato anche con
Cesare Colombo che ha conosciuto personalmente Huber negli anni 1970 e
ha lavorato per Aoi che gli richiedeva degli still-life fotografici. Mi
ha raccontato cose interessantissime, come il fatto che Max Huber non
pensava molto alla fotografia e questo ha fatto sì che molti suoi
negativi siano andati perduti. Insomma, mi sono fatto l'idea che Huber
fosse un personaggio sicuramente geniale, ma anche alquanto distratto;
tra i vari episodi che si narrano di lui troviamo un aneddoto
significativo che lo vede in visita allo studio grafico di Antonio
Boggeri a Milano nel 1940. Egli lascia il suo biglietto da visita al suo
interlocutore: sono alcune volute intrecciate a spirale. Boggeri lo
guarda per qualche istante prima di accorgersi che non è stampato ma è
disegnato a mano. Qualche giorno più tardi assumerà Huber e la spirale
diventerà pannello di presentazione dello Studio Boggeri. Tony Graffio
Cesare Colombo ci parla di Max Huber che ha conosciuto personalmente
Fotografia & Grafica
Il piccolo gruppo di immagini che Cons Arc ha deciso di riproporre in modern print - e le altre che in mostra le circondano - possono offrirci un’immediata sintesi del talento visivo di Max Huber. Ma forse riescono anche a parlarci del suo carattere, del suo ambiente, del suo tempo. Quando Max approda a Milano nel 1940 ha già sperimentato le più complesse tecnologie fotografiche con maestri svizzeri che oggi riconosciamo come storici autori: Emil Schulthess, Hans Finsler e Werner Bischof. Sarà tuttavia Antonio Boggeri (1900-1989) ad accoglierlo nel suo studio milanese - tra i presagi della seconda guerra mondiale - intuendo la sua doppia capacità creativa: gli esperimenti attraverso le immagini ottiche a fianco della genialità tipografica e compositiva nella produzione di messaggi pubblicitari. Boggeri, oltre ad essere un pioniere dell’art direction, è pure un raffinato fotografo, e sono già noti - lungo tutti gli Anni 30 - anche i suoi contributi critici, tesi ad affermare un modernismo in polemica con l’accademico linguaggio prevalente negli autori italiani. Max Huber non usa però subito con frequenza la sua fotocamera 6x6. Resterà un curioso neofita capace di seguire con parallela fantasia le avanguardie europee lungo la sua professione di grafico e di artista «astratto». Mentre in comune coi colleghi amici che troverà subito in Italia (come Luigi Veronesi, Franco Grignani o Albe Steiner) sarà l’uso del fotogramma: le immagini off camera offerte da oggetti posati sulla carta sensibile ed esposti pochi attimi alla luce. A sessant’anni di distanza, vi riconosciamo le forme di semplici strumenti tecnici, di vetri, frutti, piume: una specie di libero addestramento alle visioni (ed alle allusioni) che si affiancheranno alla dirompente aggressività tipografica e cromatica dei suoi manifesti, delle sue copertine, dei suoi annunci. Ma negli anni italiani del dopoguerra, al suo ritorno a Milano, troveremo più frequenti anche le riprese con la camera reflex, la classica Rollei. Qui si giocherà anche la sua scoperta del paesaggio italiano, l’atmosfera della metropoli tra la Fiera Campionaria e il richiamo dei giornali appesi davanti all’edicola, o infine le insegne luminose dei locali, che risplendono attraverso l’esposizione multipla del negativo (il logo del Rabarbaro Zucca allude forse ai drink condivisi con gli amici Achille e Piergiacomo Castiglioni, complici in mille notissimi allestimenti per Rai o Montecatini? …Chissà).
Il piccolo gruppo di immagini che Cons Arc ha deciso di riproporre in modern print - e le altre che in mostra le circondano - possono offrirci un’immediata sintesi del talento visivo di Max Huber. Ma forse riescono anche a parlarci del suo carattere, del suo ambiente, del suo tempo. Quando Max approda a Milano nel 1940 ha già sperimentato le più complesse tecnologie fotografiche con maestri svizzeri che oggi riconosciamo come storici autori: Emil Schulthess, Hans Finsler e Werner Bischof. Sarà tuttavia Antonio Boggeri (1900-1989) ad accoglierlo nel suo studio milanese - tra i presagi della seconda guerra mondiale - intuendo la sua doppia capacità creativa: gli esperimenti attraverso le immagini ottiche a fianco della genialità tipografica e compositiva nella produzione di messaggi pubblicitari. Boggeri, oltre ad essere un pioniere dell’art direction, è pure un raffinato fotografo, e sono già noti - lungo tutti gli Anni 30 - anche i suoi contributi critici, tesi ad affermare un modernismo in polemica con l’accademico linguaggio prevalente negli autori italiani. Max Huber non usa però subito con frequenza la sua fotocamera 6x6. Resterà un curioso neofita capace di seguire con parallela fantasia le avanguardie europee lungo la sua professione di grafico e di artista «astratto». Mentre in comune coi colleghi amici che troverà subito in Italia (come Luigi Veronesi, Franco Grignani o Albe Steiner) sarà l’uso del fotogramma: le immagini off camera offerte da oggetti posati sulla carta sensibile ed esposti pochi attimi alla luce. A sessant’anni di distanza, vi riconosciamo le forme di semplici strumenti tecnici, di vetri, frutti, piume: una specie di libero addestramento alle visioni (ed alle allusioni) che si affiancheranno alla dirompente aggressività tipografica e cromatica dei suoi manifesti, delle sue copertine, dei suoi annunci. Ma negli anni italiani del dopoguerra, al suo ritorno a Milano, troveremo più frequenti anche le riprese con la camera reflex, la classica Rollei. Qui si giocherà anche la sua scoperta del paesaggio italiano, l’atmosfera della metropoli tra la Fiera Campionaria e il richiamo dei giornali appesi davanti all’edicola, o infine le insegne luminose dei locali, che risplendono attraverso l’esposizione multipla del negativo (il logo del Rabarbaro Zucca allude forse ai drink condivisi con gli amici Achille e Piergiacomo Castiglioni, complici in mille notissimi allestimenti per Rai o Montecatini? …Chissà).
Max Huber ha disegnato i loghi della Rinascente e dell'Esselunga di Caprotti
Isolata
e memorabile resta la fotografia più nota di Max, che oggi ci appare
quasi un ironico contrappunto alla polverizzazione
di immagini
digitali che stiamo vivendo. Fotografia
Moderna era un felliniano
atelier itinerante nei luna-park italiani, destinato alle
fototessere, ai ritratti singoli o in gruppo.
Ci si ripropone qui, al
contrario dell’insegna, un paese adorabilmente arretrato.
Ripartiremo però da questa
ironica inquadratura, specchio
dei nostri ingenui stupori tecnici, per inoltrarci con Max Huber
verso altri mondi, verso
visioni di linguaggio opposto. Max ha sposato nel 1962 Aoi Kono,
figlia
del famoso maestro tra i grafici giapponesi Takashi Kono. E
durante le sue frequenti trasferte a Tokyo a metà degli anni 60 egli
avvicina un oceano di segni,
disegni,
segnali grafici pieni di ideogrammi indecifrabili. Anche
se in apparenza l’umiltà documentale lo nega, Max ritrova qui i
ritmi astratti che di continuo lo appassionano nella grafica
editoriale. Una vera originale, intensa musica visiva (quasi
l’ascolto dei prediletti brani di jazz…) che costituirà, lungo
tutto il suo percorso professionale, il tratto artistico più
riconoscibile.
Tuttavia
Max Huber non produce mai personalmente le fotografie che affiancano
e sostengono mirabilmente i
suoi piani cromatici, la danza
dei suoi caratteri ingranditi, le asimmetrie diagonali, le
sovrastampe più coraggiose, le sintesi comunicative più immediate
(ma contemporaneamente più complesse). Alla Rinascente Max,
affiancandosi nei messaggi ad un art
director svizzera
autorevole come Lora Lamm, crea il suo marchio famoso. Ma guida
inoltre, nella sala di posa, le attente riprese di un altro amico
svizzero giunto in Italia, Serge Libis.
E sui fondali immacolati
di Aldo e Marirosa Ballo li aiuta a inquadrare le creazioni del
design italiano… Tra gli anni 60 e 70 nel loro più entusiasmante
sviluppo.
Le
immagini fotografiche che Cons Arc
oggi raccoglie, non sono probabilmente
che
una parte di quelle scattate da Max Huber. Molte sono andate perdute.
Qui ci restano gli affascinanti
enigmi di una personale passione e in un certo senso di una cultura
onnivora. Vi ritroviamo una eclettica
luce ancor viva, l’eco puntuale della fantasia e anche della
leggerezza di Max. Sono
tasselli lontani che ancora ci parlano del suo stile che ci aiutano
oggi a comprendere meglio la sua geniale personalità.
Cesare
Colombo, novembre 2015
Alcuni libri da collezione che riportano l'opera grafica e pittorica di Max Huber
Fotografia e grafica, lo stile di Milano dettato da un artista svizzero che s'è ispirato ai lavori di un grafico giapponese
Altro esempio di grafica abbinata alla fotografia
Max Huber era appassionato di Jazz, venerdì 20 novembre 2015 il Jazz Duo Alfredo Ferrario e Sandro Di Pisa hanno allietato, dal vivo, il pubblico presente alla Cons Arc.
Aoi Kono guarda Cesare Colombo mentre parla di Max
Chi era Max Huber
Max
Huber nasce a Baar (Svizzera) nel 1919 dove frequenta le scuole
elementari e medie.
Nel
1935, dopo il ginnasio, si iscrive alla Kunstgewerbeschule di Zurigo,
nel corso preparatorio segue l’insegnamento di Ernst Gubler, Heiri
Müller, Walter Roshardt e
Alfred Willimann. Conosce Werner Bischof, Carlo Vivarelli, Hans Falk
e Hans Finsler.
Apprendista
grafico nello studio Althaus a Zurigo conosce Emil Schulthess e
Gérard Miedinger. Nel 1939 è collaboratore di Emil
Schulthess nello stabilimento grafico Conzett & Huber e incontra
per la prima volta Max Bill e Hans Neuburg.
Nel
1940
viene chiamato da Antonio Boggeri a Milano per dirigere la sezione
grafica dello «Studio
Boggeri». Conosce Bruno Munari,
Muratore, Albini, Palanti,
Pintori, Carboni, Steinberg, Banfi, Belgioioso, Peressutti, Bruno
Stefani, Luigi Veronesi, Rogers,
Albe Steiner. Frequenta corsi
all’Accademia
di Brera,
dipinge e esegue fotografie sperimentali.
Torna
a Zurigo nel 1941 e lavora con Shulthess alla rivista Du collaborando
con Werner Bischof. Diventa
direttore grafico all’Artemis Verlage e frequenta corsi serali alla
Kunstgewerbeschule con Roshardt e Willimann. Espone
con Max Bill, Leo Leuppi, Hansegger, Lohse, Hintereiter, Hans Arp,
Sophie Taeuber-Arp e
Verena Löwensberg nelle mostre
di Allianz, Vereinigung moderner
Schweizer Künstler.
Nell’ottobre
1945, dopo la guerra, ritorna a lavorare per lo Studio Boggeri a
Milano.
Con
Albe Steiner realizza il progetto grafico per la Triennale di Milano
nel 1947 e insieme conoscono Giulio Einaudi, Elio Vittorini, Franco
Fortini.
Giulio
Einaudi lo incarica di realizzare tutta la grafica della casa editrice.
Progetta la prima immagine
coordinata per la società Braendli. Nello
stesso anno organizza con Max Bill
e Lanfranco Bombelli Tiravanti
la mostra «Arte astratta e concreta».
Nel
1948, conosce Ferdinando Ballo e Roberto Leydi con i quali esegue
programmi per concerti e varie grafiche per il jazz.
Nello
stesso anno inizia la collaborazione con i tre fratelli Castiglioni
con i quali negli anni successivi collaborerà come grafico per
allestimenti di mostre e progettazioni di manifesti.
Con loro curerà la grafica degli allestimenti RAI, ENI e
Montecatini.
Insegna
alla Scuola Rinascita.
Nel
1950 l’architetto Carlo Pagani gli chiede di studiare il nuovo
marchio e logo per la Rinascente e ne diventa direttore artistico per
la pubblicità.
Partecipa
ed è membro del Movimento Arte Concreta con Mombelli, Dorfles,
Mazzon, Monnet, Munari, Soldati e Veronesi.
Nel
1954 vince il premio Compasso d’Oro per il disegno di un tessuto.
Dal
1959 al 1962 è docente di grafica con Heinz Waibl alla Scuola
Umanitaria a Milano e negli anni ‘70 alla Scuola Politecnica
di Design, sempre a Milano.
Dal
1960 inizia una stretta collaborazione con le grafiche Nava e disegna
per loro una vasta serie di stampati.
Nel
1960 espone i suoi lavori grafici a Tokyo con Bruno Munari e altri
designer. Conosce designer e architetti giapponesi come Hara,
Yamashiro, Kono, Katsumie, Yanagi, Sugiura, Mukai, Krenzo Tange
Hosoya,Katayama, Tanaka e altri.
Si
trasferisce in Ticino con Aoi Kono ma lavora a Milano e a casa
rimanendo in stretto contatto con gli amici milanesi.
Espone
nel 1961 e
1962 alle
mostre dell’Alliance Graphique
Internationale a Milano e Amsterdam,
nel 1964 alla Dokumenta di
Kassel e nel 1965
alla Matsuya Design Gallery a
Tokyo. Partecipa
alla Biennale International
d’affiche a Varsavia negli anni 1966, 1968, 1970 e alla Biennale
des Arts Graphiques a Brno. Nel 1968 vince il primo premio insieme
agli architetti Achille,
Pier
Giacomo Castiglioni e Luciano Damiani.
Collabora
con Fritz Keller e Urs Bachmann per
l’allestimento della mostra «Magie des Papiers»
al Kunstgewerbemuseum di Zurigo, per il progetto della mostra «Swiss
Design» e più avanti per la mostra «Aspetti della Svizzera»
organizzata da Pro Helvetia.
Torna
in Giappone per lavorare alla Expo di Osaka del 1970 per il
padiglione OECD.
Dal
1978 al 1984 insegna grafica al CSIA, Centro scolastico industrie
artistiche
di Lugano.
Nel
dicembre del 1982, la galleria Fotografia Oltre espone per la prima
volta le fotografie di Max Huber.
Il
Comune di Chiasso gli dedica una retrospettiva alla Sala Diego
Chiesa dal
15 giugno al 29 luglio 1990.
In
contemporanea la galleria Cons Arc
espone una serie di fotografie
di Max Huber in occasione dell’inaugurazione del nuovo spazio
aperto a Chiasso. Max muore a Mendrisio, Svizzera, il
16 novembre
del 1992.
Nel
novembre del 2005 Aoi Huber Kono inaugura il M.A.X. Museo a Chiasso.
Serata d'inaugurazione della mostra di Max Huber alla Cons Arc di Chiasso, per festeggiare i 25 anni della galleria
Mostra aperta fino al 13 febbraio 2016
Orari apertura: dal martedì al venerdì 9-12 e 14-18,30. Sabato dalle 9 alle 12. D
Domenica, lunedì e festivi chiuso.
Chiusura di fine anno: dal 24 dicembre 2015, al 6 gennaio 2016
Galleria CONS ARC via Gruetli, 1 CH-6830 Chiasso. Telefono: 0041(0)9168379
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