mercoledì 21 dicembre 2016

Considerazioni sulla ripresa cinematografica e i movimenti di macchina. Corsi e ricorsi storici di un mestiere ormai antico.

Avere un registratore a portata di mano è sempre una bella cosa. Ho pensato di pubblicare l'estratto di un dialogo che ho avuto tempo fa con Matteo Ricchetti perché qui viene espresso un concetto forse un po' controcorrente, ma estremamente attuale e veritiero che può far riflettere molti giovani registi, videomaker, o aspiranti tali. TG

Tony Graffio: Cosa ne pensi dei carrellini e dei movimenti di macchina che sempre più spesso vengo fatti con gli slider o con altri mezzi economici e alla portata di tutti che fino a qualche anno fa non esistevano? Sentiamo un ragionamento da regista.

Matteo Ricchetti: Da regista, ma anche più banalmente da osservatore. Io credo che le mode ci sono e ci sono sempre state. Ti ricordi? Negli anni '90 andava moltissimo la camera a mano, i movimenti tutti a schiaffo e un po' tremolanti. Poi, sono arrivati gli stabilizzatori, la steadicam, i gimbal e via discorrendo; fino al punto che adesso se non hai lo "sliderino" che ti fa fare quel piccolo movimento del tutto inutile non sei nessuno. Inutile perché, se stai facendo un'intervista che senso ha spostare il punto di vista dell'inquadratura di 20 o 30 centimetri? Molti dicono per muovere la ripresa. Vedi, questa è una moda. 
Siamo d'accordo sul fatto che le carrellate siano bellissime, fin dai tempi di "Cabiria" dove sono stati utilizzati per la prima volta in modo complesso, o prima ancora, nel 1911 ne "l'Inferno" girato alla Milano Film con mezzi e strumenti che hanno ispirato il cinema di Hollywood. Stupendi anche i movimenti di macchina in "Shining" e tantissimi altri film che hanno fatto la storia del cinema, ma mettere in movimento la telecamera a tutti i costi, solo perché è diventata una moda io trovo che sia una scelta insostenibile e fastidiosa.

TG: Beh, una volta era anche un'esigenza per vedere meglio quello che c'era intorno ai soggetti inquadrati...

MR: Esatto! tra l'altro, un conto era quando lavoravi in Standard Definition con la qualità d'immagine che non era così accurata e c'era proprio l'esigenza di tenere delle inquadrature piuttosto strette per fare entrare le informazioni dentro la camera, ma adesso con l'HD, o addirittura con i 4K hai talmente tante informazioni visive che ti puoi allontanare dal soggetto e lasciare che sia lo spettatore a esplorare il fotogramma, senza per forza dovere essere tu a imporgli un piano più ravvicinato. Cerchiamo di sfruttare i mezzi per la grammatica che ci consentono di esprimere, non solo perché è diventata una moda. Ragionamento difficile da spiegare ad un ipotetico cliente che poi ti contesta che il tuo concorrente ti fa il lavoro con tutti i carrellini del mondo. Io mi sono auto-costruito uno stabilizzatore con i giroscopi più di quattro anni fa, forse il giorno dopo che è uscito sul mercato Movi, però lo uso solo se serve. Se non serve, non vado a muovere la camera inutilmente. Stesso discorso per il drone... Mi piace fare le riprese aeree in questo modo, ma se tu guardi adesso tutto e tutti girano con questi mezzi che continuano ad andare avanti ed indietro. Fai una ripresa dall'alto per avere l'equivalente di una ripresa fatta con l'elicottero che ti costava 2'000'000 di lire solo per far volare un'ora l'elicottero. Bello? Sì, ma non tutto deve essere fatto con questa impostazione... Dall'alto. La grammatica della ripresa televisiva e cinematografica è fondamentale e bisogna conoscerla bene, altrimenti si fanno delle porcherie. Piuttosto che fare un lavoro fatto male, preferisco astenermi da fare qualsiasi cosa. Se poi mi impongono l'uso sconsiderato di certi strumenti la cosa avrà il suo impatto, anche negativo, sulla storia che stiamo raccontando. È diventato difficile lavorare bene perché tutti pensano di sapere tutto di ripresa e di regia; forse anche per questo motivo io mi diletto nel recuperare materiale tecnico vintage e cercare di farlo funzionare, ridando vita ad apparecchiature che per me sono state importanti.

TG: Materiale così c'è n'è tantissimo.

MR: Sì. E c'è stato un distacco temporale tra il mio occhio che guarda che è diventato anche più intollerante, per certe cose, anche se questa intolleranza ce l'ho sul tempo presente.

TG: Che cosa vuoi dire?

MR: Hai visto casa mia: non c'è un televisore.

TG: È un modo per purificarti un po' la mente e le idee. Ti capisco, anch'io non amo guardare la tv.

MR: Mi piace guardare il materiale girato in passo ridotto dai dilettanti. Lo guardo e rivedo le loro ingenuità; anche quelle dei professionisti, anche se nel loro caso non sono ingenuità. E apprezzo quei lavori. Quando sei troppo sul pezzo, forse c'è anche un conflitto tra quello che fai e quello che vedi.

TG: Diciamo che fare questo lavoro per troppo tempo e per troppi anni (più di 30), ti consuma un pochino. Non solo la vista, ma anche la mente. 

MR: Vero. Ti consuma e non ti fa di vedere che siamo già nel ricorso storico in cui ritorna ciò che facevi 30 anni fa e ritieni sia superato, perché ti sei formato, diventa di moda ed è nuovamente necessario operare in quel modo. Non ho voglia di rivivere queste esperienze. Allora, preferisco dedicarmi al collodio, mi diverto di più così. E cercare d'inventare il modo di guadagnare qualcosa con le tecniche antiche che non ho mai utilizzato. Mandatemi un file ed io vi farò una stampa al collodio. Mettiamola così...


Matteo Ricchetti regista
Matteo Ricchetti nel salotto di casa sua.
Fotografato con Leica CL a mano libera. Obiettivo Voigtlander Color Skopar 35mm f 2,5 e pellicola Fujifilm Fujicolor C200. 200 Iso, 1/8 sec. f 4.


Matteo Ricchetti
Un tintype realizzato da Matteo Ricchetti con tecnica mista digitale/analogica.


Nessun commento:

Posta un commento