"Il digitale è troppo reale, mentre l'analogico è surreale e magico. Se questa magia viene a mancare risulta assente un contenuto importantissimo che coinvolge le emozioni dello spettatore." Giorgio Bertone
Giorgio Bertone
Tony Graffio: Giorgio Bertone, puoi farmi un raffronto tra immagine analogica e digitale visto con l'occhio tecnico di un osservatore molto preparato, abituato a veder scorrere immagini di tutti i tipi da 40 anni a questa parte?
Giorgio Bertone: Quello che ho da dire sulle immagini che adesso visioniamo è che sono praticamente immagini digitali. Dal 2010 tutte le trasmissioni televisive della Rai sono state fatte in forma digitale e non più analogica. Ponti radio (la monitoria di servizio è ancora digitale, così come qualche PCM di riserva), trasmettitori e quant'altro, ovviamente anche i ricevitori televisivi sono digitali. Il nostro mondo di fruitori è falsato da queste immagini che ormai ci allietano, o ci disturbano, da più anni. Il nostro occhio mano a mano s'è abituato a questo tipo di prodotto e non abbiamo più il confronto con le immagini del passato, anche se ci sono degli stratagemmi per vedere vecchie trasmissioni televisive; come guardare il Canale 54 (Rai Storia), dove compaiono vecchie immagini che sono spesso rimpicciolite perché nel dramma della conversione tra il formato 4/3 ed il 16/9, ad ogni conversione abbiamo una perdita di qualità per un degrado dovuto a questi passaggi. Ne approfitto per dire che secondo me il vero formato televisivo è proprio il 4/3 che distingueva la televisione dal cinema. Il 4/3 pieno è, dal punto di vista di chi guarda la televisione da casa è sicuramente più gradevole e confortevole del 16/9. A parte questa considerazione, c'è anche stato un continuo decadimento della qualità, anche se ci viene proposto come un miglioramento. Parliamo di HD, di Full HD e adesso addirittura di 4K. La prima cosa che emerge è che la definizione, raggiunge certi valori solo a livello teorico, mentre noi sappiamo benissimo che tutti i segnali sono compressi, se non super-compressi, per cui circola una falsa idea sulla qualità effettiva.
TG: Tu però ci stai parlando di una realtà televisiva in cui bisogna passare per la trasmissione di un segnale che viene compresso. Visionare un 4K, sia anche pur compresso da codec di registrazione, dà comunque una bella soddisfazione quando lo si visiona su un monitor capace di risolverne la definizione.
GB: I sistemi di trasmissione intesi come trasmettitori, ponti radio e fibre ottiche digitali, per poter inviare a casa dell'utente il segnale tv lo incapsulano in un canale o più canali e quindi, a seconda della quantità di informazioni presenti, comprimono il segnale in modo più o meno marcato, cosa che ci fa vedere in modo più o meno dettagliato, più o meno definito o con una certa colorimetria, gradevole o meno, le immagini sul nostro teleschermo. Al di là di questi fatti, diciamo che le immagini digitali, ma soprattutto le immagini che si trasmettono da quando siamo passati dal segnale video composito al segnale video separato in luminanza/crominanza, sicuramente avranno una maggior definizione ed una maggior luminosità. Cosa questa che non sempre è gradita all'occhio, perché più un'immagine diventa luminosa, più il nostro sistema visivo e di conseguenza il nostra corteccia cerebrale, devono decodificare un messaggio con maggiore fatica. Quelli che apparentemente siamo convinti che siano dei vantaggi, in realtà non lo sono così tanto. Per avere un'idea di cosa intendo con affaticamento, si pensi a quello che capita con l'ascolto di un impianto stereo di qualità che ci sembra valido, ma dopo poco tempo si sente il bisogno di spegnere tutto e tornare al silenzio.
TG: Intendi dire che maggiori informazioni e maggiore luminosità fanno lavorare maggiormente il nostro cervello?
GB: Sì, facciamo più fatica. Il sistema occhio-retina-nervo ottico-corteccia cerebrale è maggiormente impegnato per trasformare l'immagine in pensieri e sensazioni. L'immagine in bianco e nero del passato invece, rispetto ai sistemi digitali, ma anche rispetto a quella analogica a colori aveva una dinamica maggiore, questo non significa però che fosse migliore, perché una compressione della dinamica, ovvero un'immagine più opaca, secondo me è più gradita di un'immagine troppo brillante. Adesso, abbiamo delle immagini eccessivamente brillanti.
TG: Ti ringrazio di queste tue osservazioni, ma vorrei affrontare questi argomenti uno alla volta, nel senso che tu sei nato con la tv analogica in bianco e nero. Per chi viene dall'epoca in cui non c'era il digitale ha un certo modo di vedere le cose ed un certo gusto. Bisognerebbe sentire degli osservatori più giovani che cosa ne pensano di queste tue valutazioni e che cosa hanno da dire al riguardo; ma adesso andiamo per ordine: parliamo del formato. Perché il 4/3 dovrebbe essere più gradevole del 16/9?
GB: Anche se a volte a casa disponiamo di grandi schermi, di solito la televisione viene vista in un ambiente domestico dove eccedere con le dimensioni è deleterio. Quando la televisione è nata si trattava di dover adattare l'obiettivo al sistema di ripresa Orthicon, piuttosto che al Plumbicon. La superficie circolare sensibile riusciva a sfruttare al meglio sia il sistema ottico che il tubo da ripresa.
TG: I tubi sensibili erano dei cilindri con un sensore rotondo, per motivi tecnici.
GB: Il 4/3 si adattava meglio a questa superficie circolare che un formato panoramico che avrebbe fatto perdere molta parte del sensore e gran parte dell'area utilizzabile dagli obiettivi.
TG: E' chiaro il formato "quadrato" si adatta meglio a stare in una circonferenza piuttosto che qualcosa che non avrebbe permesso di sfruttare pienamente la parte centrale dell'ottica e del sensore, che sono anche le parti migliori, con meno distorsioni e con l'incidenza perpendicolare della luce.
GB: L'ideale sarebbe stato ideare un formato rotondo, ma avere un cinescopio rotondo...
TG: Avrebbe fatto ridere...
GB: Inizialmente, il cinescopio era rotondo, all'epoca delle prime sperimentazioni, ma poi ovviamente è stato modificato adattandolo ai 4/3.
TG: La nostra visione però si estende molto sul piano orizzontale...
GB: Io sono convinto, a meno che io sia deforme rispetto al resto dell'umanità, che la nostra visione è più 4/3 che 16/9, in più trovo che l'immagine del tubo catodico abbia una profondità maggiore e una velocità di scansione molto superiore agli LCD (vedasi panoramiche veloci o titolazioni non omogenee ndGB).
TG: Ti piace il 4/3 perché tu hai passato una vita davanti agli schermi a tubo catodico di quel formato... Forse per quello!
GB: Non lo so, comunque preferisco l'immagine in 4/3. L'immagine in bianco e nero aveva una definizione che era sicuramente superiore a qualsiasi sistema a colori, perché il colore viene inserito sacrificando la definizione massima che avevano una volta i televisori in bianco e nero. Su questo non c'è da discutere.Tra il 1970 ed il 1975 abbiamo avuto la massima qualità del segnale tv in bianco e nero.
TG: Erano i Plumbicon?
GB: Non era solo per via dei Plumbicon, ma anche per i cinescopi. A livello di sistemi di ripresa e di tutto il resto si era raggiunta la massima qualità ed era praticamente impossibile andare oltre. Andando a visionare le trasmissioni fatte bene, in quel periodo si può soltanto rimanere incantati davanti ad un tale livello di qualità e bellezza dell'immagine. Adesso, viene davvero da chiedersi se negli anni seguenti siamo andati avanti o indietro? Parliamo di bianco e nero a 625 linee, ma teniamo presente che per la registrazione su nastro eravamo arrivati ai 10 MHz. Nel passaggio alla tv a colori con i sistemi di registrazione da 1 Pollice e poi a 3/4 di Pollice o a 1/2 Pollice la massima definizione è passata a 5 o 5,5 MHz, per cui era diventata la metà, o meno della metà di prima, rispetto al B/N. Già questi dati la dicono lunga. In più, il tipo di ripresa ed il linguaggio televisivo di quell'epoca erano sicuramente molto più raffinati di quelli di adesso. Infatti, ai nostri giorni si tende molto di più a stare sempre su campi di ripresa piuttosto larghi. Con l'alta definizione si pensa che sia sempre tutto a fuoco e che si veda tutto e di più, per tanto non c'è più bisogno di fare tutti quei dettagli che si facevano prima. Per non parlare delle carrellate, le panoramiche, le zoomate o i giochi che permettevano di mettere a fuoco e fuori fuoco il soggetto. Si utilizzava un linguaggio cinematografico che si è quasi totalmente perso o che viene ignorato, sia in fase di ripresa che in fase di edizione.
TG: I programmi televisivi vengono pensati e realizzati molto più in fretta, le immagini sono meno curate, si fanno meno prove o addirittura non se ne fanno più; c'è meno personale e via di seguito. I motivi non potrebbero essere questi?
GB: Sicuramente anche questi motivi influenzano la qualità, anche se il mezzo televisivo di oggi è mediamente buono, mentre una volta si curava molto di più ciò che si faceva. Oggi, anche senza curarlo, il prodotto televisivo è mediamente buono perché il sistema digitale ti dà quello per cui è concepita la tecnologia interna del sistema, ma non è possibile né peggiorare, né migliorare il prodotto. Con la tecnologia analogica invece, era possibile peggiorare il prodotto, oppure ottimizzarlo, in quanto c'erano dei sistemi di taratura che permettevano di ottenere il massimo. Certo che se un tecnico non era in grado d'intervenire per ottenere il massimo si avevano immagini mediocri. Oggi le immagini che escono da uno studio televisivo non sono né mediocri, né eccellenti, ma raggiungono sempre uno standard medio che può andare bene per qualsiasi circostanza.
TG: Tu mi stai dicendo che una volta in Rai c'erano tecnici molto abili che intervenivano nella messa a punto, nella taratura e nell'allineamento della telecamera e dei tubi, in modo da ottenere il meglio dal mezzo tecnico? Scusa, ma le telecamere in bianco e nero non erano monotubo?
GB: Certo, ma avevano tutte le regolazioni da fare: dal Gamma, piuttosto che al bianco o al nero, oppure bisognava sistemare i sincronismi...
TG: Poi i tubi si scaldavano, si raffreddavano, dovevano andare in temperatura e avevano un loro range ottimale all'interno del quale lavoravano meglio. Vero?
GB: Infatti, le telecamere andavano accese parecchio tempo prima di usarle, perché poi avevano bisogno di una certa stabilità termica per dare i risultati migliori. Se i tubi erano tarati bene e messi a posto bene si ottenevano immagini che adesso ci sogniamo. Una volta tutto era giocato sull'impostazione delle luci, mentre oggi le telecamere funzionano bene anche senza luce o addirittura dando troppa luce si rischia di peggiorare la situazione, perché sono già concepite per lavorare in certe condizioni (a basse luci). Uscendo da quei parametri standard si può solo peggiorare. Migliorare la qualità delle riprese penso che sia impossibile. In Rai abbiamo la fortuna di vedere su più monitor l'immagine che arriva da un ponte da Roma, o la messa in onda di due o tre canali, l'immagine digitale, piuttosto che il ponte analogico, ove non sia ancora stato sostituito con quello digitale e l'occhio, in questa ricchezza di proposte visive, viene attratto dall'immagine retrò, perché confrontandola con quella messa in onda ai nostri giorni, ci si rende conto che quel tipo di immagine ci dà delle sensazioni emotive, oltre che visive, migliori. Che sia bianco e nero, registrato su BVU, su Pollice o su Betacam. E mi spingo oltre affermando che la stessa immagine vista in SD digitale può dare informazioni a livello emotivo migliori dell'HD, proprio per un minor affaticamento del nostro sistema di ricezione e decodifica dei nostri impulsi cerebrali.
TG: Secondo te, un'immagine troppo dettagliata e troppo precisa richiede una maggiore elaborazione mentale da parte del nostro cervello?
GB: L'immagine digitale è troppo definita e ci fa vedere dei dettagli particolari che sono difetti che l'analogico maschera. Nell'analogico va in primo piano il racconto che ci comunica il film o il prodotto audiovisivo che stiamo guardando. La persona acquista la sua importanza e tutto quello che c'è dietro viene oscurato dal sistema che non è in grado di farti vedere tutti i dettagli. Se noi li facciamo vedere, quei dettagli rischiano di diventare difetti, mentre se li mascheriamo un po' rischiano di diventare dei pregi.
TG: Tu ritieni che un'immagine più imprecisa sia assimilabile più facilmente dal nostro cervello e per certi versi sia anche più gradevole?
GB: Diciamo di sì, nel senso che se io faccio una ripresa in cui vedo dei mozziconi di sigaretta o dei cavi elettrici sotto un tavolo, dettagli che l'analogico non sarebbe in grado di farmi vedere, ma semplicemente mi darebbero un'impressione sfuggevole, perché in secondo piano, invece il digitale me li mostrerebbe precisamente trasformandoli in difetti fastidiosi che mi distolgono l'attenzione dall'immagine che il regista, piuttosto che l'operatore o il giornalista vogliono che io veda.
TG: Però un Luchino Visconti che prepara un set alla perfezione potrebbe farmi riprendere una situazione anche in HD o in 4K senza problemi.
GB: Non te lo so dire, prima di tutto perché Luchino Visconti non c'è più e poi credo che sarebbe una prova che metterebbe in discussione anche la nostra formazione visiva e quei ricordi che vengono comparati con l'immagine moderna. Se noi vediamo qualcosa che ci suscita un ricordo passato, automaticamente il nostro sistema nervoso e la nostra mente vanno a fare riferimenti anche di tipo nostalgico e premiano la visione di ciò che ci fa rivivere emozioni piacevoli della nostra giovinezza. Si tratta di un discorso complesso e delicato.
TG: Quindi noi non vediamo quello che vediamo, ma quello che ci ricordiamo?
GB: Certo, ma soprattutto, noi vediamo quello che il nostro sistema visivo e cerebrale ci fanno vedere. Non è detto che quello che noi vediamo in questo modo sia la realtà, perché la realtà è un'altra cosa. La realtà è diversa, a secondo della specie alla quale apparteniamo. Un cane vive in una realtà diversa da un uomo, da un cavallo, da una scimmia e così via. Non è detto che la realtà che vediamo noi sia quella giusta, anzi, sicuramente non lo è, però siccome siamo esseri, così detti umani, pensanti, possiamo fare paragoni e sicuramente abbiamo ricordi che privilegiano situazioni visive in modo diverso.
TG: Per un ragazzino vedere un filmato girato col telefonino potrebbe essere come per te vedere una vecchia puntata di Rischiatutto?
GB: Secondo me no, perché un ragazzino bisogna educarlo e fargli vedere la differenza, qualsiasi persona deve capire quali sono i riferimenti ed i parametri per interpretare ciò che vede.
TG: E' un discorso difficile anche perché si stanno perdendo i riferimenti col passato, non è facile vedere passare certe immagini sui vecchi televisori o utilizzare registratori obsoleti.
GB: Certamente, poi internet o youtube non fanno altro che peggiorare la situazione, pertanto c'è disinformazione su quello che è il canone della ripresa o dell'estetica di un certo tipo d'immagine e molto dipende anche dalla sensibilità di chi guarda.
TG: Il bianco e nero è meglio del colore?
GB: Secondo me sì. Perché il B/N entra più specificatamente nella storia che qualcuno ci vuole raccontare, mentre il colore ci distrae e ci porta a non essere così concentrati.
TG: I dettagli e le troppe informazioni, colore compreso ci distolgono dall'autenticità della storia?
GB: Sì, quando il nostro cervello è portato a divagare non si concentra su quello che è il riferimento che in quel momento ci sta passando davanti. La fotografia in B/N ha un impatto molto più forte di quella a colori. Nella fotografia a colori lo sguardo va sul vestito, piuttosto che sul fiore o su altri dettagli che poco hanno a che vedere col soggetto.
TG: Da un tecnico con solide basi come le tue non è che io possa accettare tanto facilmente un discorso che verte sulle sensazioni, le emozioni, i ricordi e via discorrendo. Io da te vorrei anche delle motivazioni oggettive, supportate da argomentazioni concrete che mi facciano capire perché l'immagine analogica televisiva in B/N sia meglio di quella digitale a colori, magari in HD, puoi riuscire a farlo?
GB: Prima di tutto io non sono stato solo un tecnico, ma ho fatto anche il montatore per una decina d'anni, per cui ho avuto la possibilità di lavorare sia sui 2 pollici che sul pollice e in Betacam; questi sono gli standard che si sono succeduti, ma addirittura ho fatto anche un corso per l'utilizzo della pellicola poiché fino alla metà degli anni '80 la pellicola era ancora impiegata dal reparto Cinematografico della Rai. Inoltre, ho lavorato col telecinema. Tutte queste esperienze mi hanno permesso di avere una visione non soltanto "tecnica", ma di avere quel bagaglio, diciamo artistico, che mi permette di valutare l'immagine televisiva da un punto di vista abbastanza ampio.
TG: Secondo te, l'attuale diaspora televisiva e la progressiva perdita d'interesse nel mezzo televisivo da parte del pubblico a casa, potrebbe essere dovuta anche dal fatto che la TV non è più televisione, ma qualcosa di diverso che ha a che fare quasi più col computer e col mezzo digitale che con l'emozione della trasmissione in diretta e lo spettacolo di varietà? O la prosa ed un certo tipo di prodotto classico?
GB: Penso di sì, soprattutto per il fatto che la tv è seguita sempre da un pubblico più vecchio che mal gradisce la programmazione e il tipo di programmazione che si fa adesso. Lo studio televisivo adesso è un put-pourri di colori che vanno dal rosso, al viola al granata e cose che sono addirittura aberranti. La tv adesso ricorre ad espedienti che stanno al fenomeno da baraccone che trovavi una volta sulle piazze nei giorni di festa e cose di questo tipo. Si tratta di trovate che se anche al momento possono colpire lo spettatore, alla lunga stancano anche chi non è dentro questi ambienti.
TG: Esiste una ricetta per uscire da queste costrizioni tecniche e fisiologiche?
GB: Bisognerebbe iniziare con eliminare la pubblicità che per certi versi oggi è interrotta dal palinsesto televisivo. E' impensabile che la durata degli spot televisivi che ci vengono propinati superino il tempo della durata del film. Quando guardare la televisione, anziché un impegno diventa un fastidio vuol dire che qualcosa sta andando per il verso sbagliato. Io ricerco i vecchi programmi tv e, avendo la fortuna di lavorare in Rai e la possibilità di avere il ritorno di tutte le registrazioni che arrivano dalla cineteca per essere convertite o da inviare a Roma, o i filmati che ci richiedono le varie produzioni, riesco ancora a visionare e fare un raffronto tra quello che si produceva nei decenni scorsi e quello che viene prodotto adesso. Quando vedo i vecchi programmi, non solo mi sento a mio agio, ma provo piacere, a differenza di quando vedo l'attuale programmazione televisiva che mi fa dispetto e mi allontana dalla fruizione di questo tipo di media.
TG: Questa tua repulsione per i programmi attuali dipende anche dai ritmi e dai contenuti delle trasmissioni o è solo una questione estetica?
GB: Dipende dai ritmi fino ad un certo punto. Soprattutto, dipende dai contenuti. E poi, ovviamente, anche il fattore estetico ha la sua importanza. L'insieme di questi fattori, anziché avvicinare, nel mio caso allontana dalla televisione. Probabilmente, ci sono tanti altri cittadini o fruitori del mezzo televisivo che si sentono disturbati dai contenuti.
TG: Hai mai guardato quello che trasmette Sky?
GB: Di Sky non ne voglio nemmeno sentire parlare, perché quando qua abbiamo i loro canali a disposizione, per le nostre produzioni che ne fanno richiesta per la visione, li ignoriamo completamente perché sono al di fuori della nostra concezione di fare televisione.
TG: Non mi hai ancora dato una motivazione convincente per la quale il B/N analogico è il miglior tipo di segnale televisivo da guardare, a parte la banda passante.
GB: Probabilmente, analizzandola con uno strumento di misura è migliore l'immagine digitale, perché ha una larghezza di banda ed un contenuto enormemente superiore all'analogico. Il problema è che i televisori di adesso che non sono più tv, ma computer, non sono cinescopi fatti di valvole e tubi elettronici che ti fanno vedere il contenuto con una scansione a 625 linee Pal per mezzo di un pennello elettronico che scorre su e giù, ma si avvicinano di più ad uno strumento di misura come l'oscilloscopio. Peccato che lo strumento di misura serva proprio a fare le misure e non a guardare i programmi della tv. Lo strumento di misura, o il digitale, va benissimo per monitorare le operazioni chirurgiche, per andare a vedere i fenomeni fisici dentro l'atomo e scandagliare le cose più piccole, sicuramente con grande precisione, ma noi in tv non facciamo questo tipo di operazioni. La visione di un programma televisivo deve dare soddisfazione, non frustrazione. Inoltre, segnalo un'altra problematica nella ricezione del segnale digitale che si manifesta con fuori sincrono audio e video dovuti al fatto che il segnale attraversa più sistemi complessi che alterano il trasferimento dei dati. Questo insieme di difetti, per come era la concezione del segnale Broadcast televisivo 30 anni fa, sarebbero stati dichiarati intrasmettibili ed avrebbero reso inaccettabile una simile modalità di trasmissione.
TG: Possiamo dire che il digitale non ci fa sognare? E' questo il suo difetto?
GB: Sì, il digitale è uno strumento di misura troppo preciso che reprime la nostra fantasia. Inoltre, la colorimetria digitale non è per niente reale. L'analogico ha possibilità infinite, mentre il digitale ha possibilità finite, o è così oppure no. Nell'analogico ci sono scale intermedie che permettono di passare attraverso tutte le sfumature dei toni di colore, sistema che il digitale non può avere. Il digitale funziona con passaggi a gradini che possono essere più o meno fitti, più o meno precisi, ma sono sempre gradini. L'analogico non è fatto a gradini, è fatto in modo sinusoidale, rettilineo, curvo ed ha quelle varianti che il digitale, per sua natura, non ha. O è rosso o è bianco; o è 0 o è 1, ma tutti i valori intermedi non sono precisi.
TG: Il sistema analogico si avvicina ad una rappresentazione della realtà e ne è simile, mentre il digitale la ricostruisce in modo completamente diverso.
GB: Non solo è simile, ma sicuramente appare meno reale del digitale e questo ci aiuta a viaggiare con il nostro pensiero in una dimensione onirica. Quando abbiamo qualcosa di troppo preciso, forse il nostro cervello la rifiuta perché la considera troppo reale e perciò falsa. La dimensione onirica non sembra reale, ma forse lo è di più della realtà che conosciamo.
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