"A un certo punto non fu più la biologia a dominare il destino dell'uomo, ma il prodotto del suo cervello: la cultura." James Clerk Maxwell
Giuseppe Spagnulo era un portatore di sole in quanto illuminava la comunità artistica internazionale; utilizzava il fuoco per creare le sue opere che ad un primo sguardo ci sembrano estremamente semplici, se non addirittura minimaliste, ma in realtà prevedono un lavoro titanico per la loro realizzazione e contengono mondi interi. Spagnulo era un uomo che sapeva modellare l'immagine e le figure sulle superfici delle sue sculture, come fa la Terra nel suo insieme, da quando esiste, continuando perennemente a rinnovarsi e a modificarsi. La materia e l'energia si fondono nelle suo opere lasciando trapelare una forza che raramente capita di vedere nei lavori degli uomini.
Pino Spagnulo è morto a Milano a causa di una polmonite, un anno fa, era il 15 giugno 2016.
Frammenti di Cultura, per commemorarne la memoria, lo scorso 29 giugno 2016 ha partecipato ad un incontro con la famiglia e gli amici di questo grande artista, nel suo studio alle porte di Milano. E' stato un pomeriggio caldissimo ed assolato che ha reso ancor più difficile esprimere dei pensieri o ricercare un filo conduttore tra le parole che ho ascoltato, ma s'è trattato d'una esperienza coinvolgente ed indimenticabile, per la presenza di diversi artisti, uomini di cultura e persone che hanno saputo rendere perfettamente, e con spontaneità, l'idea di chi fosse Pino Spagnulo e del valore della sua opera.
Frammenti di Cultura, per commemorarne la memoria, lo scorso 29 giugno 2016 ha partecipato ad un incontro con la famiglia e gli amici di questo grande artista, nel suo studio alle porte di Milano. E' stato un pomeriggio caldissimo ed assolato che ha reso ancor più difficile esprimere dei pensieri o ricercare un filo conduttore tra le parole che ho ascoltato, ma s'è trattato d'una esperienza coinvolgente ed indimenticabile, per la presenza di diversi artisti, uomini di cultura e persone che hanno saputo rendere perfettamente, e con spontaneità, l'idea di chi fosse Pino Spagnulo e del valore della sua opera.
"Abbiamo deciso di riunirci qui oggi con gli amici di mio padre, artisti e galleristi, tutte persone che lo hanno accompagnato nel suo percorso artistico in tutti questi anni. Pino Spagnulo ha avuto una carriera lunga, piena di successi e belle occasioni. Sono tutti amici veri e siamo contenti che siano passati da questo spazio in cui lui lavorava e dove oggi ci sono le opere che lo rappresentano perfettamente e che lasciano trapelare il respiro solido del suo lavoro. Il babbo era divertentissimo, da piccolo andavo con lui in posti meravigliosi a conoscere artisti uno più matto dell'altro: erano esperienze bellissime. Crescendo ho apprezzato anche le sue qualità intellettuali; per me è stato un arricchimento continuo che mi induce a cercare di portare avanti le cose fatte da mio padre. Al di là del suo lavoro, si faceva ben volere da tutti per la sua ironia, la sua disponibilità e la sua capacità di aggregare le persone dando un'altra idea della realtà che non fosse quella conosciuta dai più, ma che riuscisse a fare un passo in là, che poi è il compito dell'arte." Il figlio Andrea
"Mi piaceva la positività che aveva in ogni cosa, dall'andare a pesca al tagliare il ferro, allo scherzare a tavola. Era un uomo molto luminoso, molto solare, pur avendo una personalità complessissima. Lo conoscevo dal 1960." Giuliano Scabia, drammaturgo.
Giuliano Scabia
"Mi piaceva la positività che aveva in ogni cosa, dall'andare a pesca al tagliare il ferro, allo scherzare a tavola. Era un uomo molto luminoso, molto solare, pur avendo una personalità complessissima. Lo conoscevo dal 1960." Giuliano Scabia, drammaturgo.
La nipotina
"Noi abbiamo sempre a che fare con la materia e con la con la forza, intesa come energia. Il campo in cui ha lavorato questo scultore che usava le proprie mani per plasmare la terra è molto vicino a quell'impronta cosmica di cui ha parlato Scabia nella sua commemorazione di Pino Spagnulo." Pietro Ravasi
Tommaso Trini
"Non mi sento in grado di dire qualcosa su un amico, ma ricordo con affetto quando feci insieme a lui la grande esposizione di Brisighella (Ra) circa 20 anni fa. Per realizzare la mostra di Pino dovemmo chiedere al comune tutte le topografie sotterranee per capire esattamente dove posizionare le sue sculture senza provocare crolli in una città ricca di cave di gesso." Pietro Bellasi
Pino Pinelli e Umberto Mariani
"Insieme a Pino Pinelli, stavamo dicendo che Spagnulo era uno dei più grandi scultori al mondo. Milano ha la fortuna di ospitare altri due scultori straordinari, uno Hidetoshi Nagasawa e l'altro è Mauro Staccioli, ma a livello istituzionale questi artisti non vengono valorizzati. Io penso che gli assessori alla cultura passino il loro tempo a masturbarsi anziché usare il cervello per fare il loro lavoro. Ho conosciuto Spagnulo circa cinquantacinque anni fa, avevamo la stessa età, perché entrambi siamo nati nel 1936. Non ci frequentavamo molto, ma se c'era una sua mostra io mi precipitavo a vederla perché ero sicuro di ricavarne delle emozioni fortissime. Se uno scultore è in grado di fare questo significa che è un grande artista. Una volta ci siamo incontrati in Sardegna perché Edoardo Manzoni, quando era titolare della Galleria La Polena, di Genova, si era inventato di stabilire sull'isola un museo di scultura all'aperto, nella città di Tortolì: entrambi avevamo realizzato là delle nostre sculture. Quell'estate, era il '97 o il '98, ci siamo frequentati per questo motivo." Umberto Mariani
"L'ultima volta che ho parlato a lungo con lui è stato durante una cerimonia simile a questa, in occasione della scomparsa di una nostra cara amica, Nini Mulas. Lui era molto rattristato perché era molto legato a Nini. Nonostante questo, aveva tanta voglia di lavorare e mi parlava della sua intenzione di fare una scultura che si ispirasse a Jacopone da Todi e così mi interrogava, come a chiedere che cosa ne pensassi, in quanto letterato. Gli dissi che era una bellissima idea sapendo che, da scultore, lui aveva intenzione di fare una scultura di fuoco, in quanto Jacopone da Todi cantava il fuoco dello spirito. Per questo non c'erano parole di altri che avrebbero potuto aiutarlo, avrebbe dovuto inventare tutto lui. Dopo di allora, credo fosse capitato due anni fa, non ci siamo più visti. Ho pubblicato un libro che è uscito a fine maggio, intitolato: Mezzo secolo di arte intera. In quel libro ci sono cinquanta anni delle mie scelte che vanno dagli inizi di Pistoletto per arrivare fino a Pino Spagnulo, con la grande mostra che fece a Palazzo Reale nel 1993, a Milano; per finire con gli ultimi due testi su Anselmo e Zorio. Benché io abbia iniziato a scrivere per Zorio nel lontano 1967. Alcuni artisti come Boetti o Pistoletto hanno tre testi perché io sono legato a quella generazione e ci tengo moltissimo a parlarne. Ultimamente, non avevo sentito Pino, così ho pensato che doveva essere in giro per il mondo a esporre le sue opere. Solo due o tre giorni fa ho saputo della sua morte. So benissimo come lavorava, l'ho intervistato e sono stato qui più volte, ma nonostante questo non mi spiegavo come un uomo solo potesse dominare la materia in quel modo. Il ferro sembrava diventare burro, o grasso, nelle sue mani. Pino era in grado di smaterializzare la materia pesante; trattava il ferro come se fosse stato argilla Era unico per questo. Le stelle quando si consumano esplodono ed allora rimane solo il ferro e nient'altro, ma l'esplosione permette alle stelle di creare le nebulose che sono il materiale più raro dell'Universo, perché là c'è la vita. Spagnulo morendo è esploso come una supernova. Non so se fosse il più grande artista italiano, sicuramente era il più grande scultore, anche se oggi non è importante affermare questo. Ciò che conta è che ognuno sia in grado di dare il massimo di se stesso. Verrà capito solo tra qualche anno e io dovrò scrivere ancora di lui." Tommaso Trini
"Insieme abbiamo fatto la Grande Daphne. Io ho sbagliato l'inclinazione della scultura, di sotto, lui è arrivato in fonderia ed ha lanciato un porco ... Dicendomi: Hai fatto la vasca da bagno invece che la barca!" Me lo ricordo come se fosse ieri. Da lì è nata un'amicizia che poi è durata 35 anni." Walter Vaghi della Fonderia 3V di Origgio
Walter Vaghi
"Ci siamo conosciuti nel giugno del 1966 alla Biennale di Venezia, lui presentava i suoi lavori alla Biennale dei Giovani. Ad agosto dello stesso anno ci siamo sposati. Abbiamo vissuto insieme 50 anni, tutti i giorni della nostra vita. E' come avere avuto due gambe ed adesso averne solo una. Mi consola sapere che tutto quello che ha fatto resterà per sempre." Clara Dalla Chiara
Clara dalla Chiara
"Ho migliaia di ricordi di Pino, ma in questo momento non saprei quale scegliere. L'emozione di trovarmi qui adesso è talmente forte che mi svuota il cervello. L'ho conosciuto nel 1980 in occasione di mostre che venivano presentate al PAC di Milano e a Torino. Quando venne a Modena, la mia città, a vedere lo spazio della Palazzina dei Giardini, dove era stato invitato da Castagnoli a presentare una mostra personale, quella sera ero tra gli amici che hanno cenato con lui e così abbiamo fraternizzato immediatamente. Con Pino ho preparato un catalogo per una mostra in cui io ho scritto alcune poesie che volevano tenere insieme quella che era la poetica di Pino nella sua dimensione pantagruelica, pachidermica, capace di esprimere la forza implacabile del destino. Una dimensione che aspira al divino e perciò epica, lirica, tragica e comica nello stesso tempo." Mario Bertoni, poeta e studioso d'arte.
"Sono un collega, ho lavorato molto vicino a Pino, addirittura in questo studio che mi ha lasciato bellissimi ricordi, ma oggi voglio assaporare soltanto la presenza di questi grandi frammenti del suo lavoro. Anche i suoi elementi completi, senza Pino, ritornano ad essere dei frammenti, momenti della sua ricerca, momenti della sua vita. Oggi vedo meglio il suo lavoro, forse perché scomparendo l'uomo rimane soltanto l'artista e rimane un messaggio di grande incisività nel mondo della cultura visiva
di oggi. Aveva la forza del grande direttore d'orchestra che non esita di fronte alla necessità di un gesto imperioso di tagliare il tempo, di chiudere. Per questo il suo lavoro mi sembra rivelatore, in questo senso, in un panorama dove si cerca tutti di contribuire ad un linguaggio molto difficile che è quello della scultura. Un linguaggio che per sua stessa vocazione vorrebbe dire molto, vorrebbe fare moltissimo e diventare presenza importante, ma dal momento in cui è arrivato il digitale pare che tutto questo diventi sempre meno probabile. Come avvertiva Martini: 'Scultura lingua morta' (?) Da quando, nel 1929, scrisse in un pamphlet questa cosa, ad oggi, quell'interrogativo rimane tale, ma con tante belle risposte. Una delle risposte incisive, che lasciano e lasceranno alle nuove generazioni un segno, è proprio il contributo dato da Pino Spagnulo, un grandissimo artista. Nel suo caso non c'è una linea di confine tra l'uomo e l'artista. La delimitazione viene data dalla corporeità che può danneggiare l'uomo con ferite, malattie o perfino farlo morire, ma la voce dell'artista sta nel suo lavoro, non sta nella sua bocca vivente, ma nella sua bocca eterna e Pino lascerà nel futuro la sua voce. Oltretutto lui cantava benissimo, cantava il Don Giovanni di Mozart con Nino Castagnoli. Il suo lavoro infatti ha l'enfasi e la sottolineatura drammatica che sta all'interno della musica lirica e del melodramma. A Pino interessava molto intervenire sull'inerzia della cosiddetta massa che nel caso suo era sia terra che acciaio. I suoi interventi erano atti a rendere più leggera questa materia. Il vero messaggio che lui vorrebbe lasciare, lo so perché ne abbiamo parlato tante volte, era la levità di questa gravità. Un giorno, eravamo in Sardegna da lui, gli dissi: 'facciamo un incontro-scontro, io lavoro col bianco e tu col nero, io lavoro col leggero e tu col pesante e poi facciamo una mostra con 4 pezzi miei e 4 pezzi tuoi, magari costruendo un ring per il pugilato in una bella galleria mettendo le nostre sculture negli angoli del ring." A lui questa idea piacque molto che restò, come questo studio, nel suo potenziale di un artista che lascia molte cose, compreso quel non-fatto che, conoscendo Pino, è bello che rimanga interrotto, come una musica che non risolve sulla tonica, ma magari ti lascia sospeso sul terzo grado. Paolo Icaro
"Spagnulo è qui tra noi." Marco Gastini
"Sono un gallerista bavarese, ho aperto nel 1977 e durante il primo anno ho organizzato una mostra per Pino. Si può dire che ho incominciato con lui e poi abbiamo fatto molte mostre insieme. Nei musei e nelle case più importanti: a Monaco di Baviera, a Stoccarda, a Amburgo, a Duisburg, a Dortmund, a Bielefeld. Per me Pino è stato un grande amico, l'ho conosciuto nel 1974 ad Arcore e poi a Merate, dove aveva un altro studio, quando Federico e Andrea erano bambini. Ho delle vecchie fotografie con lui e le sua famiglia. Ho mangiato con lui, ho cantato con lui, ho visitato suo padre con lui a Grottaglie. Una volta ho viaggiato con la mia automobile in Puglia; il padre di Pino era un grande ceramista. Due anni fa abbiamo preparato una grande scultura per una collezione privata a Monaco, si trattava di 4 metri cubi per 36 tonnellate di peso. Abbiamo fatto molte cose insieme e per me è stata una grande sorpresa che lui sia morto così improvvisamente. L'ho conosciuto quando ero ancora studente di storia dell'arte all'Università di Monaco, ero molto interessato all'arte contemporanea. Allora mi interessavo molto all'arte dell'Europa dell'Est, ho conosciuto Roman Opalka, credo nel 1972, ed abbiamo parlato dell'Italia, di Marco Gastini e Nannucci e mi ha detto di visitare Nicola Carrino, a Roma. Da lì, un artista ha proposto di visitarne un altro e così ho conosciuto molti artisti in Italia. Gastini si può dire che fosse il migliore amico di Pino, hanno fatto molte mostre insieme, credo sia stato lui a presentarmi Spagnulo. O forse il contrario, non mi ricordo più. Sono stato in questo studio una quindicina di volte. Adesso, a differenza di un tempo c'è una pittura terribile che a me non piace, ma è una moda, io sono per l'arte concreta. La mia galleria esiste da quarant'anni, ho visto di tutto. Vedrò se preparare una mostra con le opere di Pino, devo parlarne con la famiglia, di solito presentavo una sua mostra a Monaco ogni quattro anni. Abbiamo fatto una decina di mostre in tutti questi anni. La vita continua." Walter Storm gallerista tedesco
"Conosco Pino, direi da sempre, quando arrivai a Milano nella seconda metà degli anni '60 non ci frequentavamo molto, ma ci conoscevamo perché andavamo in giro a vedere le mostre d'arte e le varie inaugurazioni. Il suo, indubbiamente, è sempre stato un lavoro importantissimo. E' l'espressione maggiore, direi unica, della potenza nella scultura moderna e contemporanea degli ultimi 45 anni. Ha qualcosa che appartiene agli dei. Per me, che sono etneo, è come entrare nella bocca dell'amata Etna: questa è la sensazione che mi prende davanti ai suoi lavori. Amo la sua scultura in modo inaudito, perché totale. Ciao Pino, ti saluto." Pino Pinelli
"E' difficile dire come fosse mio padre, ma ciò che non scorderò mai sono le sue mani, perché dentro quelle mani c'era tutta l'energia che gli ha permesso di guidare la sua vita e di costruire il proprio lavoro. Le sue non erano mani qualsiasi, ma le mani di chi riesce a modificare la materia ed al tempo stesso ad abbracciarmi quando ero bambino. Aveva questa capacità straordinaria di fare molte cose, come se le estremità del suo corpo, una parte periferica dell'essere umano, fossero la sua anima. Con le mani dava vita alla terra, al ferro, spezzava il pane, ma riusciva anche a trasmettere tenerezza." Il figlio Federico
Le opere di Pino Spagnulo, il suo studio, i suoi amici:
Paolo Icaro
Marco Gastini
Tommaso Trini, 80 anni, è stato docente ordinario di Storia dell'Arte dell'Accademia di Belle Arti di Brera.
Mario Bertoni
"Sono un collega, ho lavorato molto vicino a Pino, addirittura in questo studio che mi ha lasciato bellissimi ricordi, ma oggi voglio assaporare soltanto la presenza di questi grandi frammenti del suo lavoro. Anche i suoi elementi completi, senza Pino, ritornano ad essere dei frammenti, momenti della sua ricerca, momenti della sua vita. Oggi vedo meglio il suo lavoro, forse perché scomparendo l'uomo rimane soltanto l'artista e rimane un messaggio di grande incisività nel mondo della cultura visiva
di oggi. Aveva la forza del grande direttore d'orchestra che non esita di fronte alla necessità di un gesto imperioso di tagliare il tempo, di chiudere. Per questo il suo lavoro mi sembra rivelatore, in questo senso, in un panorama dove si cerca tutti di contribuire ad un linguaggio molto difficile che è quello della scultura. Un linguaggio che per sua stessa vocazione vorrebbe dire molto, vorrebbe fare moltissimo e diventare presenza importante, ma dal momento in cui è arrivato il digitale pare che tutto questo diventi sempre meno probabile. Come avvertiva Martini: 'Scultura lingua morta' (?) Da quando, nel 1929, scrisse in un pamphlet questa cosa, ad oggi, quell'interrogativo rimane tale, ma con tante belle risposte. Una delle risposte incisive, che lasciano e lasceranno alle nuove generazioni un segno, è proprio il contributo dato da Pino Spagnulo, un grandissimo artista. Nel suo caso non c'è una linea di confine tra l'uomo e l'artista. La delimitazione viene data dalla corporeità che può danneggiare l'uomo con ferite, malattie o perfino farlo morire, ma la voce dell'artista sta nel suo lavoro, non sta nella sua bocca vivente, ma nella sua bocca eterna e Pino lascerà nel futuro la sua voce. Oltretutto lui cantava benissimo, cantava il Don Giovanni di Mozart con Nino Castagnoli. Il suo lavoro infatti ha l'enfasi e la sottolineatura drammatica che sta all'interno della musica lirica e del melodramma. A Pino interessava molto intervenire sull'inerzia della cosiddetta massa che nel caso suo era sia terra che acciaio. I suoi interventi erano atti a rendere più leggera questa materia. Il vero messaggio che lui vorrebbe lasciare, lo so perché ne abbiamo parlato tante volte, era la levità di questa gravità. Un giorno, eravamo in Sardegna da lui, gli dissi: 'facciamo un incontro-scontro, io lavoro col bianco e tu col nero, io lavoro col leggero e tu col pesante e poi facciamo una mostra con 4 pezzi miei e 4 pezzi tuoi, magari costruendo un ring per il pugilato in una bella galleria mettendo le nostre sculture negli angoli del ring." A lui questa idea piacque molto che restò, come questo studio, nel suo potenziale di un artista che lascia molte cose, compreso quel non-fatto che, conoscendo Pino, è bello che rimanga interrotto, come una musica che non risolve sulla tonica, ma magari ti lascia sospeso sul terzo grado. Paolo Icaro
"Spagnulo è qui tra noi." Marco Gastini
"Sono un gallerista bavarese, ho aperto nel 1977 e durante il primo anno ho organizzato una mostra per Pino. Si può dire che ho incominciato con lui e poi abbiamo fatto molte mostre insieme. Nei musei e nelle case più importanti: a Monaco di Baviera, a Stoccarda, a Amburgo, a Duisburg, a Dortmund, a Bielefeld. Per me Pino è stato un grande amico, l'ho conosciuto nel 1974 ad Arcore e poi a Merate, dove aveva un altro studio, quando Federico e Andrea erano bambini. Ho delle vecchie fotografie con lui e le sua famiglia. Ho mangiato con lui, ho cantato con lui, ho visitato suo padre con lui a Grottaglie. Una volta ho viaggiato con la mia automobile in Puglia; il padre di Pino era un grande ceramista. Due anni fa abbiamo preparato una grande scultura per una collezione privata a Monaco, si trattava di 4 metri cubi per 36 tonnellate di peso. Abbiamo fatto molte cose insieme e per me è stata una grande sorpresa che lui sia morto così improvvisamente. L'ho conosciuto quando ero ancora studente di storia dell'arte all'Università di Monaco, ero molto interessato all'arte contemporanea. Allora mi interessavo molto all'arte dell'Europa dell'Est, ho conosciuto Roman Opalka, credo nel 1972, ed abbiamo parlato dell'Italia, di Marco Gastini e Nannucci e mi ha detto di visitare Nicola Carrino, a Roma. Da lì, un artista ha proposto di visitarne un altro e così ho conosciuto molti artisti in Italia. Gastini si può dire che fosse il migliore amico di Pino, hanno fatto molte mostre insieme, credo sia stato lui a presentarmi Spagnulo. O forse il contrario, non mi ricordo più. Sono stato in questo studio una quindicina di volte. Adesso, a differenza di un tempo c'è una pittura terribile che a me non piace, ma è una moda, io sono per l'arte concreta. La mia galleria esiste da quarant'anni, ho visto di tutto. Vedrò se preparare una mostra con le opere di Pino, devo parlarne con la famiglia, di solito presentavo una sua mostra a Monaco ogni quattro anni. Abbiamo fatto una decina di mostre in tutti questi anni. La vita continua." Walter Storm gallerista tedesco
Walter Storm
"Conosco Pino, direi da sempre, quando arrivai a Milano nella seconda metà degli anni '60 non ci frequentavamo molto, ma ci conoscevamo perché andavamo in giro a vedere le mostre d'arte e le varie inaugurazioni. Il suo, indubbiamente, è sempre stato un lavoro importantissimo. E' l'espressione maggiore, direi unica, della potenza nella scultura moderna e contemporanea degli ultimi 45 anni. Ha qualcosa che appartiene agli dei. Per me, che sono etneo, è come entrare nella bocca dell'amata Etna: questa è la sensazione che mi prende davanti ai suoi lavori. Amo la sua scultura in modo inaudito, perché totale. Ciao Pino, ti saluto." Pino Pinelli
Pino Pinelli
"E' difficile dire come fosse mio padre, ma ciò che non scorderò mai sono le sue mani, perché dentro quelle mani c'era tutta l'energia che gli ha permesso di guidare la sua vita e di costruire il proprio lavoro. Le sue non erano mani qualsiasi, ma le mani di chi riesce a modificare la materia ed al tempo stesso ad abbracciarmi quando ero bambino. Aveva questa capacità straordinaria di fare molte cose, come se le estremità del suo corpo, una parte periferica dell'essere umano, fossero la sua anima. Con le mani dava vita alla terra, al ferro, spezzava il pane, ma riusciva anche a trasmettere tenerezza." Il figlio Federico
Le opere di Pino Spagnulo, il suo studio, i suoi amici:
Paolo Icaro
Marco Gastini
Tommaso Trini, 80 anni, è stato docente ordinario di Storia dell'Arte dell'Accademia di Belle Arti di Brera.
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Un Grande!!! PUNTO!!!
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