Ho rincontrato l’amico e gallerista italo-americano Joe Iannuzzi alla mostra, attualmente riproposta in forma aggiornata, su 4 grandi artisti dei favolosi anni '60, da Marconi.
Valerio Adami - L'uovo rotto (1964) Acrilico su tela cm 200X300
Tony Graffio: Caro Joe, vorrei sapere che impressioni riporti dalla visita alla bellissima mostra alla Fondazione Marconi che espone opere di Adami, Del Pezzo, Schifani e Tadini. Mostra che rimarrà aperta fino al 23 aprile e che consiglio vivamente a tutti gli appassionati d'arte di non perdere, anche per non dover attendere altro mezzo secolo, prima di rivederla...
Joe Iannuzzi: Tony, ti dico che mi ha fatto
tornare in mente quando ero giovane e vivevo qui a Milano, sai io
quella mostra la vidi 50 anni fa. Fu davvero una bellissima serata: a
quel tempo lavoravo in un garage/officina di autoriparazioni e per l'occasione andai a vedere la mostra con una Lamborghini Miura
nuovissima, logicamente non era mia, ma di un cliente, neppure
lavorando tutta una vita come meccanico me la sarei potuta comprare.
Comunque fu un successo: mi feci notare con quel bolide, conobbi
anche una ragazza molto interessata… Forse più alla macchina che a
me, insomma ho dei bellissimi ricordi.
Lucio Del Pezzo - Domestica (1961) Tecnica mista Cm 100X81X10
TG: Per quanto riguarda le opere
esposte e gli artisti che cosa mi sai dire?
JI: Beh, questi artisti oggi sono
tutti molto noti, allora però non era così. Milano era un centro
dell’arte e non solo italiana ma anche europeo, c’era davvero un
fermento culturale ed economico: ci si sentiva protagonisti dello
sviluppo e della crescita economica del paese, tutto era possibile.
Di Valerio Adami vedi le opere del suo ciclo chiamato “le
unghiette” (ne intravedi le forme) con dichiarato riferimento al
mondo dei fumetti e alla pubblicità del tempo, probabilmente il suo
vero inizio a livello di riconoscibilità, notevoli anche le opere di
Emilio Tadini: personaggi onirici e metafisici, che in seguito
negli anni diventeranno personaggi quasi usciti dalle“favole”, di
Schifano qui trovi i pezzi veri, per quanto riguarda Del Pezzo
diciamo una sorta di “Nouveau Réalisme all’italiana".
TG: Secondo te, che significato
ha oggi allestire una mostra con molte opere di quella fatta 50 anni
fa?
JI: Sicuramente evocativo di
quel periodo storico, quasi museale e di alto valore. Rivivi inoltre
quel momento di sviluppo socio-economico della metà degli anni 60.
Oggi come sai tutto ciò non può più avvenire. Con questa mostra si
può capire come artisti, un tempo esordienti, oggi siano diventati
riconosciuti da tutti con un loro posto nella storia. In Italia, anche
a livello commerciale, le opere degli artisti storicizzati interessano
di più ai collezionisti rispetto agli artisti emergenti.
TG: Perché?
JI: E’ come puntare sulle Blue
Chip rispetto alle azioni di giovani aziende che non sai che fine
faranno. Ritengo che in Italia ormai l’arte contemporanea interessi
solo agli addetti al settore ed ai collezionisti; alle persone normali
interessa altro: il calcio, la tv, altre forme d’arte come il
cinema. L’arte è per pochi e se non è per pochi allora vuol dire
che non è arte.
TG: Ma la Pop Art allora non era
per il popolo: per molti!
JI: Certo Tony, ma eravamo negli
anni sessanta. Oggi tutto è cambiato. Schifano probabilmente
anticipò di poco gli americani, questo è quello che penso. Poi
certamente, a parte le opere “giuste” di Mario, il resto meglio
lasciar stare per molti motivi. Sai come è se poi un artista finisce
a fare contratti con mercanti sbagliati, archivi e fondazioni varie,
insomma poi vengono fuori casini.
TG: Se dovessi dare un
suggerimento, su quale di questi quattro artisti punteresti?
JI: Sono tutti validi e con
importanti presenze museali, personalmente a me piacciono molto le
opere di Valerio Adami con questa sua “nuova figurazione”. Poi, c’è quadro e quadro, sicuramente quelli esposti da Marconi sono
molto apprezzabili. Fu anche carina l’idea di creare cinquanta anni
fa, come invito alla mostra, una scatola contenente quattro immagini
dei quadri riprodotte su cartoncino tagliato a puzzle. Un’idea
innovativa di comunicazione, anche questa piaciuta e ripresa dagli americani.
Mario Schifano - Bisogna farsi un'ottica (1965) Smalto e grafite su tela cm 300X160
TG: Ecco parlando di
comunicazione, che rapporto ha oggi l’arte visiva con i media: tv,
radio, web, riviste, eccetera?
JI: Tutti questi mezzi sono
fondamentali per diffondere il messaggio artistico, alcuni come la televisione, danno notizie quando c’è un record price o qualcosa che coinvolge
molti: per esempio la prossima realizzazione dell’installazione di
Christo “The Floating Piers”, molti telegiornali ne parlano,
oltre a riviste del settore e generaliste, è apparso anche su Vogue.
Puoi capire che è diventato qualcosa di non solo artistico ma di
costume: coinvolge la società. Il Web oggi possiamo definirlo quasi
come una memoria storica di ciò che è successo, oltre ai libri
naturalmente. La forza del web sta anche nel fatto che è gratuito e
raggiungibile da tutti in qualsiasi momento. Per questo apprezzo
molto il tuo lavoro, pur non essendo il tuo un blog specifico
sull'arte, tu riesci a raccontare molto spesso attraverso
interviste ad artisti, fotografi, uomini di cultura, ed altri personaggi di riferimento, la
storia passata e quella di oggi. Tieni conto che se non vi fosse
traccia sul web tramite scritti e immagini di un determinato fatto,
di una certa persona e di quello che ha fatto, probabilmente
arrivando all'estremo ti direi: quel fatto non è mai accaduto,
quella persona non è mai esistita!
Inoltre, come sai anche le aste ormai
sono quasi tutte trasmesse in streaming, capisci oggi l’informazione
è immediata: puoi sapere tutto e subito, cosa che quando io ero
giovane era inimmaginabile.
TG: Da quello che dici si
potrebbe pensare che oggi per gli artisti sia più facile
farsi conoscere dal pubblico?
JI: Si, e allo stesso tempo no.
Essere visibile in mostre marginali o in luoghi non deputati alle
esposizioni artistiche ha poco valore in senso assoluto. Come
partecipare ad una fiera d’arte marginale o essere ad ArtBasel: c’è
una bella differenza! Ti parlo del termine “impact factor” che
viene utilizzato nelle pubblicazioni scientifiche, qui è la stessa
cosa il fattore d’impatto è ben diverso!
Emilio Tadini - Le vacanze inquiete (1965) Acrilici su tele cm 65X81
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