"La Psichedelia si amplia nel tempo che cambia..." Giampo Coppa
Giampo Coppa non ha bisogno di presentazioni, è un mitico protagonista della Kustom Kulture internazionale, illustratore, poster-artist, fumettista, sciamano, guru dell'immagine fluttuante e della parola, collezionista di dischi, rocker, organizza a Torino, da quasi 29 anni, lo Psych Out Festival. Anche lui era presente al Basement Party, ovviamente, gli ho chiesto che cosa è la psichedelia. Preparatevi alla risposta... Impellenze permettendo...
Giampo Coppa non ha bisogno di presentazioni, è un mitico protagonista della Kustom Kulture internazionale, illustratore, poster-artist, fumettista, sciamano, guru dell'immagine fluttuante e della parola, collezionista di dischi, rocker, organizza a Torino, da quasi 29 anni, lo Psych Out Festival. Anche lui era presente al Basement Party, ovviamente, gli ho chiesto che cosa è la psichedelia. Preparatevi alla risposta... Impellenze permettendo...
Giampo Coppa e gli Stinky Rats in concerto a Homburg - Saarland, 1986.
Tony Graffio: Ma come? Proprio adesso?
Giampo Coppa: ...Tantissimo...
TG: Ma sei sicuro? Guarda che è arrivato il momento di farti intervistare...
GC: Sarà per l'emozione di trovarmi al cospetto del Grande Tony Graffio...
TG: ...Beh se proprio devi, vai pure... ti aspetto...
Giampo Coppa: Ok, allora vado un attimo in bagno e torno...
Tony Graffio: Meno male che è rimasta qua a farmi compagnia la simpaticissima Vanity Vany, così nell'attesa del ritorno di Giampo le farò qualche domanda supplementare...
Vanessa Cardinali: Ok, e dopo facciamo anche i rigori?
TG: Brava... Perché sei venuta qui al Basement Party?
VC: Perché l'avevo visitato nelle scorse edizioni, mi era piaciuto molto e allora volevo farne parte.
TG: Cosa ti aspetti dal Basement Party?
VC: Tanti artisti, tanto pubblico e tanta birra.
TG: Birra a fiumi?
VC: Possibilmente...
TG: Vedo che hai le idee chiare, mi fa piacere, vedremo alla fine del Festival in che condizioni ti troveremo.
VC: Ok!
TG: Ah, ecco che sta tornando Giampo... (indirizzandomi a Giampo Coppa) Da te che hai vissuto gli eventi più interessanti degli anni '80 e '90 e via di seguito, vorrei scoprire insieme a te qualcosa sulla psichedelia. Da dove incominciamo?
Giampo Coppa: Vuoi che ti dica qualcosa sulla psichedelia in generale? O vuoi che ti parli del mio percorso?
TG: Prima, parliamone un po' in generale...
GC: Questo è un argomento molto vasto... Sarebbe da farci un documentario di 8 ore... (risata)
TG: Va bene, iniziamo, non abbiamo limiti di tempo o di spazio...
GC: Se vogliamo parlare di psichedelia, dobbiamo parlare dei primi anni '60, iniziamo a illustrare un quadro generale della situazione a quell'epoca. Partiamo da Ken Kesey che faceva i suoi viaggi partendo dagli incassi del romanzo dal quale è stato tratto anche un commovente film, parlo di "Qualcuno volò sul nido del cuculo". Con i soldi che gli arrivarono dai diritti del libro e dell'opera teatrale Ken Kesey acquistò un pullmann-scuolabus del 1938, girò per varie basi americane per comprare il materiale in surplus della Seconda Guerra Mondiale, amplificatori, diffusori, luci e materiale da ripresa per realizzare i filmati e tutto quanto gli sarebbe servito per le sue performance. Iniziò a viaggiare per gli Stati Uniti facendo gli acid-test con l'LSD che all'epoca era legale. Da queste esperienze scoprì che avendo fatto una specie di volontariato nei manicomi l'LSD era utilizzata per fare degli esperimenti sui malati di mente e da lì, lui si accorse che i veri pazzi non erano quelli che venivano definiti pazzi, ma quelli che davano questa sostanza ai pazienti ricoverati in quelle strutture per curarli. Anche lui fece da cavia per quella sostanza e si accorse che era una figata. Ken Kesey era un pre-raver che aveva sistemato microfoni dappertutto nel suo bus, perfino nel motore. Poi lavorando nel teatro acquistò anche alcune casse di costumi di scena e vestì un gruppo di pazzi che si erano aggregati a lui, erano i Marry Pranksters. Iniziarono a dipingere il pullmann, chiamato the Further, di mille colori con grafiche psichedeliche e la loro base era una casa nelle campagne di San Francisco. Anche quella casa era tutta amplificata, così come il bosco circostante. Partirono da lì per il loro viaggio per gli Stati Uniti per proporre alla gente i loro acid-test, piazzandosi con il loro coloratissimo bus amplificato e la loro colonna sonora era creata dai Grateful Dead. Preparavano una bevanda chiamata Electric Kool Aid, che poi era succo d'arancia addizionato con acido lisergico e facevano provare questa sostanza allucinogena a chi la voleva ingerire. Erano una banda di pazzi che avevano fatto delle loro vite una performance continua; anche quando si fermavano nelle stazioni di benzina per fare rifornimento erano vestiti da moschettieri o con altri vestiti teatrali, tutti truccati sul volto si lanciavano palle colorate gli uni agli altri. Immagina l'America puritana del 1964/65, anche se aveva già conosciuto il Rock and Roll e altri gruppi di ribelli, capirai facilmente che effetto dovevano fare questi pazzi scatenati. Chiaramente, per tutto il viaggio loro erano in un trip continuo. Il pullmann registrava i suoni e le voci all'interno e all'esterno dell'abitacolo; c'era una pulsantiera che poteva controllare la distribuzione di questi suoni che venivano registrati e rimandati poi in diffusione in un mix di musica, voci e quant'altro si sentiva in questo ambiente, trasformando il bus in un elemento vivente. E la gente vedendolo arrivare non capiva che cosa stava accadendo. Questa situazione nacque durante la "Summer of Love", nel 1966, a seguire questi eventi c'erano anche i "Diggers" che erano degli anarcoidi che non credevano nel denaro e propagavano la cultura del no-money, in modo che tutti potessero vivere e mangiare senza l'utilizzo dei soldi. Per un po' di tempo i Diggers riuscirono nel loro intento e chiaramente il cibo lo recuperavano in situazioni assurde, andando nei mercati nel momento della chiusura, oppure avevano chi glielo forniva ed in alcuni casi addirittura lo rubavano direttamente. Anche i Diggers sono stati un elemento portante dell'inizio della psichedelia, ma ancor più della psichedelia, del movimento Underground. Nel 1966 a San Francisco c'erano i Free-shop, negozi dove ci si poteva servire senza pagare niente. Tutto quello che vedevi lo potevi prendere perché il motto di chi organizzava questi "punti di vendita" era: "E' gratis perché è tuo!" Ci sono stati casi di persone che in questi shop hanno trovato anche pianoforti...
TG: Cose ingombranti...
GC: Beh sì... ma di valore, insomma... Non ti capita facilmente di trovare un pianoforte in regalo.
TG: Magari erano scordati...
GC: Sì, va bene, ma è sempre un pianoforte... Comunque, in quell'epoca c'era un panorama musicale che si impegnava in sperimentazioni sonore e musicali. Erano anni in cui si facevano molte esperienze nuove in tutti i campi: dalla cinematografia, alle sostanze allucinogene, alla grafica, ai poster, alle auto, alle moto. Tutto quello che poteva essere messo in discussione era oggetto di sperimentazione. "L'estate dell'amore" è durata fino al 1968, fino a quando ci si rese conto che il sistema capitalistico stava commercializzando il movimento Underground, al punto che i Diggers, il 6 ottobre del 1967 celebrarono il funerale dell'hippy, proprio perché la situazione stava degenerando in un businness. Tutto ciò accadeva tra la Haight e la Ashbury, un incrocio magico di vie di San Francisco. La nuova onda di pensiero aveva ormai influenzato tutti, dalla grafica all'informazione con le nuove riviste Underground, chiamate anche fanzine o stampa alternativa. S'era ormai aperta una grossa porta al dissenso nei confronti di una società molto inquadrata ed una forte espressione della cosiddetta Controcultura. Io sono nato proprio in quegli anni, nel 1968, e sono cresciuto con la musica che ascoltavano i miei fratelli maggiori, vale a dire il Rock-progressivo italiano; la West-Coast ed altri divi di quel periodo, da David Bowie a Suzi Quatro. Ho iniziato così a crearmi il mio panorama musicale; sentivo anche quello che passavano in radio, ma ormai io ascoltavo quella musica lì. Intanto il tempo passava e agli inizi degli anni '80, quando frequentavo la scuola media, ho scoperto il Punk. Un mio amico mi registrò due cassette, una dei Clash e l'altra dei Sex Pistols, in più era uscito anche "One step beyond" dei Madness che all'interno della copertina aveva le foto-tessere di personaggi che quando li vedevi capivi che erano proprio strani... E ti chiedevi: "Ma che roba è?". Già prima avevo visto un'assaggio della cultura Punk attraverso un programma televisivo della Rai, Odeon, tutto il mondo fa spettacolo, e lì io, come tanti altri ragazzi della mia età, abbiamo conosciuto quel fenomeno musicale e sociale attraverso la tv. Quei ragazzi inglesi un po' mi inquietavano; mi spaventavano anche un po', sembravano dei mostri violenti, cattivi, con quelle loro spille infilate dappertutto...
TG: Si bucavano la pelle, le guance...
GC: Esatto... un po' mi spaventavano ed un po' mi attraevano. Tramite alcune riviste che comprava mia sorella, come Boy Music, e l'Intrepido trovavo sempre questi articoli sul Punk. L'ascolto di questa musica, nel 1981/1982, mi ha ribaltato completamente, anche se ascoltavo già Bowie ed i Led Zeppelin, gli Yes e qualcosa del panorama Glam-Rock. Quando il Punk mi travolse, improvvisamente mi ritrovai dentro e capii che quello era il momento vivere la mia realtà, anche se in UK il Punk era già morto, perché da noi in Italia arriva sempre tutto in ritardo. A Torino, dove vivevo, ma anche nel resto d'Italia, intorno al Punk s'erano venute a creare delle situazioni molto attive. Sottolineo che a quel tempo non c'erano i telefoni cellulari e nemmeno internet, ma soltanto il telefono e le lettere. E basta. Non c'era nemmeno il fax. Quando c'era un concerto Punk tutti facevamo il possibile per andare a vederlo, si creava una catena di contatti con i quali scambiarsi le informazioni riguardanti le notizie che ci interessavano. Ricordo certi concerti a Vanchiglia, un quartiere di Torino dove c'era un centro di aggregazione, ai quali venivano anche ragazzi da Milano e da Bologna. Se andava a bene c'era la possibilità di assistere ad un concerto una volta al mese. Altrimenti, anche una volta ogni due o tre mesi... Il Punk era diventato il mio modo di pensare e di vivere, anche a livello politico, mi ci ero buttato a capofitto.
TG: Durante la tua adolescenza da Punk che cosa pensavi che avresti fatto da adulto? Sentivi che ci sarebbe stato un futuro per te in questa società?
GC: Non pensavo mai a cosa avrei fatto da grande, ma a quello che era da fare al momento. Avevo le mie passioni che coltivavo fin da bambino, come poteva essere il disegno. Da adolescente disegnavo, facevo le grafiche per i volantini del mio gruppo musicale. Avevo formato un gruppo Punk Hardcore con i miei amici: gli Stinky Rats. Avevamo realizzato un mini-LP che si intitolava: Vergognati!
TG: Vergognati di cosa?
GC: Era rivolto all'uomo, perché negli anni '80 c'era una visione un po' negativa del mondo: vivevamo nel pericolo di una guerra nucleare; c'erano le centrali atomiche ed in più, se eri un punk, la polizia ti fermava di continuo, ti provocava e ti attaccava, perché sapevano che eri contro le istituzioni e lo stato. Erano attacchi spontanei, perché anche se tu non facevi niente gli sbirri ti mollavano due ceffoni gratuitamente. Io fortunatamente non ne ho mai presi, ma alcuni miei amici li hanno presi ed hanno anche subito trattamenti non tanto delicati... Il nostro disco conteneva nove brani ed era una co-produzione con Mungo (Marzio), il chitarrista dei Declino. E' lui che ha creduto in noi, perché ha sentito un suono Punk un po' particolare, diverso dal solito, anche perché noi avevamo un chitarrista che ascoltava molta New-Wave e se senti il disco te ne rendi conto. Noi all'inizio ascoltavamo il Punk inglese, ma poi siamo passati all'Hardcore americano. Avendo scoperto il Punk americano si era aperta per noi un'altra visione musicale.
TG: I Black Flag?
GC: Black Flag, Minor Threat, Suicide, The Jams. Vedevamo che la musica americana era più solare le sonorità erano diverse, anche se si cantavano le stesse tematiche. Abbiamo mischiato tutto questo e ne è uscito il suono degli Stinky Rats. Il disco era co-prodotto, oltre che da Mungo, dalla BlueBass, dalla Caos Produzioni di Milano che era portata avanti da Gianmario dei Wretched che era un gruppo storico dell'epoca che portava avanti tematiche contro la guerra nucleare. Insomma, erano un must milanese e andavano forte in quel periodo. Il mio era un po' un percorso al contrario per andare a scoprire i suoni da dove ero partito che venivano dall'Hard-Rock e dalla Psichedelia; ero anche molto appassionato delle macchine degli anni '60: le auto le moto ed i chopper. Pur cantando in un gruppo Punk i capelli mi crescevano ed iniziavo ad ascoltare la musica psichedelica. Con gli Stinky Rats siamo stati in Germania ed in Olanda per un Tour organizzato dai Negazione, grazie a dei contatti che ci avevano passato loro. Abbiamo suonato all'Emma, una casa occupata ad Amsterdam ed in altri centri autogestiti in Germania; abbiamo suonato a Berlino a Kreuzberg quando c'era ancora il muro, in un posto che si chiamava Rachaus (un ex-collegio o un ex-convento di suore). Dopo la tournée ci siamo sciolti. Io ho continuato il mio percorso disegnando ed a metà anni '80 ho potuto approfittare di un revival del Garage, della psichedelia e del Beat; sono nati i primi gruppi, tra i più famosi c'erano i Sick Rose di Torino; i Peter Sellers and the Hollywood Party ed i Silver Surfer di Milano, mi sono buttato a capofitto (Giampo lo pronuncia capoficco) e per un mesetto ho anche cantato in un gruppo che si chiamava Double Deck 5, ma è stata una parentesi molto breve della mia carriera di cantante. Finalmente, in quegli anni ho scoperto la mia vera vena creativa ed ho iniziato a disegnare poster psichedelici; il primo l'ho realizzato proprio per i Double Deck 5.
TG: Come l'hai stampato era una fotocopia?
GC: Sì, chiaramente. Ho disegnato su un foglio di carta in A3 con caratteri storti e poi l'ho fotocopiato. Questo è stato il mio primo poster, poi ho iniziato a documentarmi meglio sulla psichedelia ascoltando la musica degli anni '60 di quel tipo. Di pari passo è arrivata anche la passione per le auto e le moto e quello stile di cose.
TG: Sei anche un progettista?
GC: No, non mi ritengo un progettista, sono un disegnatore/sognatore...
TG: Un customizzatore?
GC: Nemmeno, perché un customizzatore è qualcuno che ha un'officina ed esegue dei lavori di personalizzazione su auto e moto. Tutto quello che ho disegnato io l'ho fatto sui miei mezzi, appoggiandomi a qualcuno che avesse un'officina. La mia moto l'ho realizzata completamente da solo appoggiandomi a Chopworks che è un amico fraterno. In genere, parto da un bozzetto, sia per le auto che per le moto e poi il lavoro viene eseguito dai carrozzieri ai quali mi rivolgo.
TG: Chi ti richiede i tuoi poster?
GC: Ci sono gruppi musicali che mi richiedono poster, copertine di dischi, illustrazioni e grafica.
TG: Tu che cosa ti senti di essere?
CG: Un po' tutto, se potessi definirmi direi di essere un artista poliedrico, perché faccio tante cose, non solo la poster-art... Ho tanti progetti in sospeso che non riesco a realizzare...
TG: Torniamo alla psichedelia... Scusami la sfacciataggine, ma che senso può avere fare un'arte che si ispira a questo stile nel 2020, quasi...
GC: La psichedelia, per carità, è nata negli anni '60, ma la gente la confonde sempre con qualcosa di superato, invece è in continua evoluzione. Ci sono degli ambienti, come quello della musica elettronica che continuano a fare musica su quell'onda, proseguendo con quello spirito innovativo...
TG: Quindi anche gli ambienti Techno fanno parte di quel sogno?
GC: Certi sì, perché nei rave Goa Trance c'è un allestimento ben preciso con teli fatti in una certa maniera ed il light show come si usava fare negli anni '60. Anch'io ancora adesso ogni tanto mi diletto in questi spettacoli con proiettori cinematografici, lavagne luminose e liquidi colorati, olio di semi, acqua... li faccio anche durante lo Psych Out Festival, insieme a tanti altri progetti che ho chiamato Brain Illusions e porto avanti con Riccardo Iconaut, il Dj del festival. Esiste una psichedelia legata agli anni '60, ma il termine è molto più amplio e ancora adesso è qualcosa che ti fa viaggiare e che ti trasporta con la testa in altre dimensioni... C'è della musica Techno che può piacere o non piacere, io devo dire che quella più ipnotica, tenue e ripetitiva mi appassiona. Un altro mio progetto è stato quello degli Amanitas Quasar che aveva tanto di ballerine nude dipinte e scenografie di cartone colorate. Con loro cantavo e suonavo i sintetizzatori monofonici degli anni '70.
TG: Cose ingombranti...
GC: Beh sì... ma di valore, insomma... Non ti capita facilmente di trovare un pianoforte in regalo.
TG: Magari erano scordati...
GC: Sì, va bene, ma è sempre un pianoforte... Comunque, in quell'epoca c'era un panorama musicale che si impegnava in sperimentazioni sonore e musicali. Erano anni in cui si facevano molte esperienze nuove in tutti i campi: dalla cinematografia, alle sostanze allucinogene, alla grafica, ai poster, alle auto, alle moto. Tutto quello che poteva essere messo in discussione era oggetto di sperimentazione. "L'estate dell'amore" è durata fino al 1968, fino a quando ci si rese conto che il sistema capitalistico stava commercializzando il movimento Underground, al punto che i Diggers, il 6 ottobre del 1967 celebrarono il funerale dell'hippy, proprio perché la situazione stava degenerando in un businness. Tutto ciò accadeva tra la Haight e la Ashbury, un incrocio magico di vie di San Francisco. La nuova onda di pensiero aveva ormai influenzato tutti, dalla grafica all'informazione con le nuove riviste Underground, chiamate anche fanzine o stampa alternativa. S'era ormai aperta una grossa porta al dissenso nei confronti di una società molto inquadrata ed una forte espressione della cosiddetta Controcultura. Io sono nato proprio in quegli anni, nel 1968, e sono cresciuto con la musica che ascoltavano i miei fratelli maggiori, vale a dire il Rock-progressivo italiano; la West-Coast ed altri divi di quel periodo, da David Bowie a Suzi Quatro. Ho iniziato così a crearmi il mio panorama musicale; sentivo anche quello che passavano in radio, ma ormai io ascoltavo quella musica lì. Intanto il tempo passava e agli inizi degli anni '80, quando frequentavo la scuola media, ho scoperto il Punk. Un mio amico mi registrò due cassette, una dei Clash e l'altra dei Sex Pistols, in più era uscito anche "One step beyond" dei Madness che all'interno della copertina aveva le foto-tessere di personaggi che quando li vedevi capivi che erano proprio strani... E ti chiedevi: "Ma che roba è?". Già prima avevo visto un'assaggio della cultura Punk attraverso un programma televisivo della Rai, Odeon, tutto il mondo fa spettacolo, e lì io, come tanti altri ragazzi della mia età, abbiamo conosciuto quel fenomeno musicale e sociale attraverso la tv. Quei ragazzi inglesi un po' mi inquietavano; mi spaventavano anche un po', sembravano dei mostri violenti, cattivi, con quelle loro spille infilate dappertutto...
TG: Si bucavano la pelle, le guance...
GC: Esatto... un po' mi spaventavano ed un po' mi attraevano. Tramite alcune riviste che comprava mia sorella, come Boy Music, e l'Intrepido trovavo sempre questi articoli sul Punk. L'ascolto di questa musica, nel 1981/1982, mi ha ribaltato completamente, anche se ascoltavo già Bowie ed i Led Zeppelin, gli Yes e qualcosa del panorama Glam-Rock. Quando il Punk mi travolse, improvvisamente mi ritrovai dentro e capii che quello era il momento vivere la mia realtà, anche se in UK il Punk era già morto, perché da noi in Italia arriva sempre tutto in ritardo. A Torino, dove vivevo, ma anche nel resto d'Italia, intorno al Punk s'erano venute a creare delle situazioni molto attive. Sottolineo che a quel tempo non c'erano i telefoni cellulari e nemmeno internet, ma soltanto il telefono e le lettere. E basta. Non c'era nemmeno il fax. Quando c'era un concerto Punk tutti facevamo il possibile per andare a vederlo, si creava una catena di contatti con i quali scambiarsi le informazioni riguardanti le notizie che ci interessavano. Ricordo certi concerti a Vanchiglia, un quartiere di Torino dove c'era un centro di aggregazione, ai quali venivano anche ragazzi da Milano e da Bologna. Se andava a bene c'era la possibilità di assistere ad un concerto una volta al mese. Altrimenti, anche una volta ogni due o tre mesi... Il Punk era diventato il mio modo di pensare e di vivere, anche a livello politico, mi ci ero buttato a capofitto.
TG: Durante la tua adolescenza da Punk che cosa pensavi che avresti fatto da adulto? Sentivi che ci sarebbe stato un futuro per te in questa società?
GC: Non pensavo mai a cosa avrei fatto da grande, ma a quello che era da fare al momento. Avevo le mie passioni che coltivavo fin da bambino, come poteva essere il disegno. Da adolescente disegnavo, facevo le grafiche per i volantini del mio gruppo musicale. Avevo formato un gruppo Punk Hardcore con i miei amici: gli Stinky Rats. Avevamo realizzato un mini-LP che si intitolava: Vergognati!
Lo Stinky Contingent prima di un concerto a Duisburg, 1986. Si tratta di amici tedeschi che seguirono l'intero tour in Germania ed Olanda.
TG: Vergognati di cosa?
GC: Era rivolto all'uomo, perché negli anni '80 c'era una visione un po' negativa del mondo: vivevamo nel pericolo di una guerra nucleare; c'erano le centrali atomiche ed in più, se eri un punk, la polizia ti fermava di continuo, ti provocava e ti attaccava, perché sapevano che eri contro le istituzioni e lo stato. Erano attacchi spontanei, perché anche se tu non facevi niente gli sbirri ti mollavano due ceffoni gratuitamente. Io fortunatamente non ne ho mai presi, ma alcuni miei amici li hanno presi ed hanno anche subito trattamenti non tanto delicati... Il nostro disco conteneva nove brani ed era una co-produzione con Mungo (Marzio), il chitarrista dei Declino. E' lui che ha creduto in noi, perché ha sentito un suono Punk un po' particolare, diverso dal solito, anche perché noi avevamo un chitarrista che ascoltava molta New-Wave e se senti il disco te ne rendi conto. Noi all'inizio ascoltavamo il Punk inglese, ma poi siamo passati all'Hardcore americano. Avendo scoperto il Punk americano si era aperta per noi un'altra visione musicale.
Giampo Coppa è stato il cantante degli Stinky Rats, questa fotografia è stata ripresa durante il loro unico sensazionale Tour Europeo in Germania e Olanda nel 1986.
TG: I Black Flag?
GC: Black Flag, Minor Threat, Suicide, The Jams. Vedevamo che la musica americana era più solare le sonorità erano diverse, anche se si cantavano le stesse tematiche. Abbiamo mischiato tutto questo e ne è uscito il suono degli Stinky Rats. Il disco era co-prodotto, oltre che da Mungo, dalla BlueBass, dalla Caos Produzioni di Milano che era portata avanti da Gianmario dei Wretched che era un gruppo storico dell'epoca che portava avanti tematiche contro la guerra nucleare. Insomma, erano un must milanese e andavano forte in quel periodo. Il mio era un po' un percorso al contrario per andare a scoprire i suoni da dove ero partito che venivano dall'Hard-Rock e dalla Psichedelia; ero anche molto appassionato delle macchine degli anni '60: le auto le moto ed i chopper. Pur cantando in un gruppo Punk i capelli mi crescevano ed iniziavo ad ascoltare la musica psichedelica. Con gli Stinky Rats siamo stati in Germania ed in Olanda per un Tour organizzato dai Negazione, grazie a dei contatti che ci avevano passato loro. Abbiamo suonato all'Emma, una casa occupata ad Amsterdam ed in altri centri autogestiti in Germania; abbiamo suonato a Berlino a Kreuzberg quando c'era ancora il muro, in un posto che si chiamava Rachaus (un ex-collegio o un ex-convento di suore). Dopo la tournée ci siamo sciolti. Io ho continuato il mio percorso disegnando ed a metà anni '80 ho potuto approfittare di un revival del Garage, della psichedelia e del Beat; sono nati i primi gruppi, tra i più famosi c'erano i Sick Rose di Torino; i Peter Sellers and the Hollywood Party ed i Silver Surfer di Milano, mi sono buttato a capofitto (Giampo lo pronuncia capoficco) e per un mesetto ho anche cantato in un gruppo che si chiamava Double Deck 5, ma è stata una parentesi molto breve della mia carriera di cantante. Finalmente, in quegli anni ho scoperto la mia vera vena creativa ed ho iniziato a disegnare poster psichedelici; il primo l'ho realizzato proprio per i Double Deck 5.
Il Poster d Giampo Coppa per i Double Deck 5 - 1986.
(Colori falsati da TG per esigenze di maggiore leggibilità.)
GC: Sì, chiaramente. Ho disegnato su un foglio di carta in A3 con caratteri storti e poi l'ho fotocopiato. Questo è stato il mio primo poster, poi ho iniziato a documentarmi meglio sulla psichedelia ascoltando la musica degli anni '60 di quel tipo. Di pari passo è arrivata anche la passione per le auto e le moto e quello stile di cose.
TG: Sei anche un progettista?
GC: No, non mi ritengo un progettista, sono un disegnatore/sognatore...
TG: Un customizzatore?
GC: Nemmeno, perché un customizzatore è qualcuno che ha un'officina ed esegue dei lavori di personalizzazione su auto e moto. Tutto quello che ho disegnato io l'ho fatto sui miei mezzi, appoggiandomi a qualcuno che avesse un'officina. La mia moto l'ho realizzata completamente da solo appoggiandomi a Chopworks che è un amico fraterno. In genere, parto da un bozzetto, sia per le auto che per le moto e poi il lavoro viene eseguito dai carrozzieri ai quali mi rivolgo.
TG: Chi ti richiede i tuoi poster?
GC: Ci sono gruppi musicali che mi richiedono poster, copertine di dischi, illustrazioni e grafica.
TG: Tu che cosa ti senti di essere?
CG: Un po' tutto, se potessi definirmi direi di essere un artista poliedrico, perché faccio tante cose, non solo la poster-art... Ho tanti progetti in sospeso che non riesco a realizzare...
TG: Torniamo alla psichedelia... Scusami la sfacciataggine, ma che senso può avere fare un'arte che si ispira a questo stile nel 2020, quasi...
GC: La psichedelia, per carità, è nata negli anni '60, ma la gente la confonde sempre con qualcosa di superato, invece è in continua evoluzione. Ci sono degli ambienti, come quello della musica elettronica che continuano a fare musica su quell'onda, proseguendo con quello spirito innovativo...
TG: Quindi anche gli ambienti Techno fanno parte di quel sogno?
GC: Certi sì, perché nei rave Goa Trance c'è un allestimento ben preciso con teli fatti in una certa maniera ed il light show come si usava fare negli anni '60. Anch'io ancora adesso ogni tanto mi diletto in questi spettacoli con proiettori cinematografici, lavagne luminose e liquidi colorati, olio di semi, acqua... li faccio anche durante lo Psych Out Festival, insieme a tanti altri progetti che ho chiamato Brain Illusions e porto avanti con Riccardo Iconaut, il Dj del festival. Esiste una psichedelia legata agli anni '60, ma il termine è molto più amplio e ancora adesso è qualcosa che ti fa viaggiare e che ti trasporta con la testa in altre dimensioni... C'è della musica Techno che può piacere o non piacere, io devo dire che quella più ipnotica, tenue e ripetitiva mi appassiona. Un altro mio progetto è stato quello degli Amanitas Quasar che aveva tanto di ballerine nude dipinte e scenografie di cartone colorate. Con loro cantavo e suonavo i sintetizzatori monofonici degli anni '70.
Giampo Coppo nel 1992 era negli Amanitas Quasar, una band psichedelica di speedfreaks torinesi.
Sono rimasto con loro per 5 anni, abbiamo avuto i nostri alti e bassi, ogni tanto suoniamo ancora, ma raramente.
TG: Al di là dei suoni, della musica, dei gruppi, di tutte queste esperienze nei concerti, delle performance, quali sono le caratteristiche di un'opera d'arti visive che mi fanno capire che sono al cospetto del frutto della psichedelia? I suoi colori e le sue forme?
GC: Beh sì... Ogni cosa ha più sfumature, generalmente un lettering fatto in una certa maniera, se è un po' deformato e non si capisce tanto bene è psichedelico, perché negli anni '60 i poster si capivano solo se tu eri "fuso"...
TG: Sembravano in movimento, perché già tu eri in aria?
GC: Esatto! In quel caso riuscivi a capirli. Erano deformati perché la realtà non era precisa, ma fluttuante. A volte, però si usano dei poster psichedelici per pubblicizzare un concerto Punk, la grafica può contaminarsi ed espandersi in diverse sfumature...
TG: Entrando un po' più nello specifico, ci sono dei nomi di font tipici della psichedelia?
GC: Ci sono, certo, ma poi ognuno gli dà il nome che preferisce. Io ne avevo trovato uno carino che si chiamava: "Bobby the Hippy". Oppure: "Psychedelic"... Molti però li invento io ispirandomi ai caratteri degli anni '60 ed ai poster di Rick Grffin, Victor Moscoso, Alton Kelly o Stanley Mouse... e tutto il giro dei grafici dell'epoca.
TG: Ho visto che per certe scritte hai inserito anche i glitter o i metal flake...
GC: Sì, li utilizzano perché risplendono, quindi proiettati sui poster danno un po' di brillantezza e luminosità; inoltre aggiungono quell'effetto vedo-non vedo che conferisce dinamismo alla grafica.
Il poster di Giampo Coppa dedicato a Arthur Brown è stato inserito nel libro di interviste stampato in edizione speciale da Tony Graffio: "Musica in Cantina".
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