"Pandemia Rettiliana è una mostruosa sfilata di esseri mutanti, idealmente alieni, ma funzionalmente autoctoni di una società sull'orlo del baratro che proietta al di fuori dei propri confini ciò che in realtà la dilania internamente." TG
Immagini sconsigliate ai minori di anni 14
Bo 130 e Microbo insieme a Dario Arcidiacono (al centro).
So di essere in ritardo per consigliarvi un evento molto particolare che avreste fatto bene a visitare di vostra spontanea iniziativa e che molti artisti sperano di ottenere un po' di promozione e visibilità attraverso fonti di comunicazione di vario tipo che parlino possibilmente bene di loro, ma vi ricordo che questa non è la mia mission. Anche perché Frammenti di Cultura è un sito di documentazione completamente indipendente che non si lascia adulare o comprare da nessuno. Proprio per questo motivo, nel corso del tempo, "graffitiamilano" ha conquistato un minimo di autorevolezza e diffusione, sia tra gli addetti ai lavori della cultura del circuito "mainstream", sia tra chi opera nell'ombra, o fa parte di movimenti artistici più underground, frequenta gli spazi alternativi a quelli del grande business economico dei grandi curatori, critici e storici dell'arte contemporanea.
Tutto questo per dirvi che, nel tentativo di conservare memoria di alcuni eventi, a mio giudizio interessanti, che poi resteranno soltanto nel cuore di chi vi ha preso parte, mi sono preso la briga di salvare qualche immagine e le parole dei protagonisti. Per poi trascriverle in forma digitale su queste pagine sperdute nell'immenso marasma del flusso dei pensieri che intasa il sistema globale d'interconnessione dei computer sui quali operano umani, robot e rettiliani.
Sotto sotto siamo tutti un po' rettiliani ed abbiamo gli stessi gusti dei nostri antenati dal sangue freddo.
E' il giorno dell'inaugurazione di Pandemia Rettiliana al Centro Sociale Leoncavallo, è il 12 aprile 2017. Sono con Lilo che avevo conosciuto in una situazione completamente diversa, mentre adesso è in veste di curatrice dello Spazio Galileo dove è stato organizzato questo evento a cui tenevo molto assistere, la mostra dell'artista maledetto Dario Arcidiacono. TG
Lilo, MFFV e amici.
Tony Graffio: Lilo, che cosa mi puoi dire di questa mostra? E' stata difficile organizzarla?
Lilo: No, per niente. Dario l'abbiamo conosciuto tramite AFA 2016, il festival di grafica e fumetto che si svolge a maggio al Leoncavallo. Io ed il mio compagno, da circa un anno e mezzo, gestiamo le mostre nello Spazio Galileo.
TG: Possiamo dire che sei diventata una "Boss", allora?
Lilo: (Sonora risata) No...
TG: Beh, insomma...
Lilo: In questo spazio abbiamo già fatto un bel po' di mostre. La cosa bella è che è uno spazio che si rende accessibile facilmente, perché qui si fanno delle mostre dove di solito non ce lo si aspetterebbe ed il pubblico cambia frequentemente. Martino ed io critichiamo molto il mondo dell'arte, nonostante organizziamo eventi che hanno a che fare con questo ambiente, eppure riusciamo a mantenerci al di fuori da questo mondo. Il nostro modo di agire è molto diverso dalle dinamiche che si conoscono normalmente e che prevedono che l'artista fornisca il quadro a qualcuno che lo espone dietro ad un compenso, o ad una percentuale. Noi tendiamo a creare una collaborazione con chi espone i suoi lavori e a fornire un'esperienza.
TG: Fammi capire meglio. Fornite un servizio, o mettete a disposizione uno spazio?
Lilo: Vogliamo creare un'esperienza che possa essere utile a tutti. La cosa bella è che noi teniamo aperta la mostra anche durante le serate del Leoncavallo, quindi entrano in questa sala anche le persone che non si aspettano minimamente una mostra in questo luogo che oltre tutto ospita mostre di qualità.
E voi che cosa preferireste?
TG: Quando decidete di mettere in programma una mostra, che cosa privilegiate? L'aspetto culturale o quello artistico?
Lilo: Entrambi sono importanti, ma noi diamo più importanza alla componente artistica. La nostra prima mostra, nel 2015, è stata una commemorazione dei 40 anni del Leoncavallo perché cadeva proprio in quel periodo; chiaro che lì abbiamo privilegiato l'aspetto culturale di quella ricorrenza. Si trattava di fotografie all'interno di un grande foglio di carta che venivano poi dipinte dai ragazzi che prendevano parte a questo evento. Hanno iniziato quest'opera degli artisti emergenti, come Stefania Ruggero, Andrea Fiorino, Dario Maglianico e poi hanno continuato questa performance altri artisti intervenuti alla serata dei 40 anni del Leo. Capita così che qui si verifichino eventi spontanei e mostre più ragionate. L'anno scorso durante il Letterpress Workers, un laboratorio di stampa a caratteri mobili che organizziamo qui, abbiamo presentato Tina Jeler, una designer emergente che ha ideato un font, ma in quel caso c'era alle spalle la struttura di un festival. Il suo font creava dei pattern ed un senso di continuità e di fatto era un modo diverso per allestire la tipografia. Noi organizziamo le mostre per chi ci chiede di esporre.
TG: Ci sarà un minimo di selezione, immagino... Oppure mettete in mostra tutto quello che vi chiedono di esporre?
Lilo: Per ora, non abbiamo dovuto farla.
TG: Ah, ok, erano tutte persone di valore?
Lilo: Sì, oppure che si potevano valorizzare. I curatori si occupano proprio di valorizzare il lavoro altrui.
TG: Ho capito. Ma come si mantiene questo sistema? Vi danno una percentuale sulle vendite?
Lilo: Generalmente, a noi interessa soltanto rientrare con le spese. Ciò vuol dire che se dobbiamo stampare le opere o le cartoline dei comunicati chiediamo un rimborso spese. Si tratta di spese basilari. Tutto il ricavato delle eventuali vendite va all'artista, poi decide lui cosa fare di questi soldi. Noi non chiediamo niente, ma se l'artista vuole lasciare un contributo, noi lo accettiamo.
TG: Con Dario com'è andata? Che cosa gli avete proposto di esporre?
Lilo: Abbiamo voluto organizzare un paio di mostre, questa e quella appena conclusa di Messico, che introducessero l'AFA e la promuovessero. Io avevo in mente un altro tipo di esposizione, ma per non complicare troppo le cose abbiamo deciso di riproporre in forma più completa questa mostra che era già stata esposta alla Biennale di Venezia del 2013 nel padiglione siriano; solo che lì erano esposte meno opere: soltanto 35.
TG: Che tecnica ha usato Dario? Sono inchiostri? Pezzi unici?
Lilo: Sono tutti pezzi unici fatti a pennarello e poi imbustati.
TG: Prezzi?
Lilo: 40 euro con autentica dell'autore.
TG: La mostra dura solo 15 giorni?
Lilo: Sì, fino al 29 aprile, dopo abbiamo altro in programma. Di solito siamo aperti principalmente dal mercoledì sera al giovedì, venerdì e sabato.
TG: Qualcos'altro da dire?
Lilo: Con le serate del Leoncavallo, lo Spazio Galileo è una delle gallerie d'arte più frequentate di Milano. Tutti coloro che vengono qua a ballare, poi passano anche in Galleria. Messico, l'artista della Semina che ha esposto qui recentemente, ha tenuto la sua mostra aperta fino alle 4 del mattino perché continuava ad arrivare gente.
TG: Quante persone saranno passate di qua quella sera? Un migliaio?
Lilo: Sicuramente. E tieni presente che è un pubblico che solitamente non va a vedere le mostre.
TG: Secondo te perché? Non gli piace entrare nelle gallerie d'arte?
Lilo: Non saprei, si tratta di un pubblico giovane; però è anche vero che l'arte contemporanea non è facile. Le gallerie sono degli ambienti un po' aristocratici che attirano solo un pubblico di addetti ai lavori interessati all'arte. Forse per questo non si va a cercare qualcosa che viene visto come separato dalla realtà circostante. Se poi non vai al vernissage, la mostra viene visitata molto difficilmente. Anche l'accesso al mondo dell'arte è visto come qualcosa di élite. Possiamo dire che il pubblico delle persone normali preferiscono vedere le grandi mostre nei musei che però sono scelte dalle istituzioni. Saper dare una garanzia di qualità ad una mostra, in un luogo dove tu non ti aspetteresti mai di trovare qualcosa di valore non è facile, ma ti sorprende. Anche noi abbiamo un pubblico a cui interessano queste cose e sa apprezzarle. Questo ci fa piacere perché altrimenti certe persone non andrebbero a vedere l'arte in spazi canonici. Un po' per scelta, un po' per come stanno andando le cose. Il museo, secondo me, cataloga, uccide l'arte e lascia indietro quello che accade veramente nell'arte contemporanea che deve essere totalmente attuale. La contemporaneità viene presentata in singole mostre in piccole gallerie che effettuano una loro scelta, spesso più dettata dall'esigenza di trovare un mercato, che dal voler far conoscere gli innovatori del nostro presente. A noi invece il mercato non interessa, noi non cerchiamo la gente per venderle qualcosa.
TG: Chiaro. Il caso di Dario però è molto particolare; si tratta di una mostra che è stata addirittura alla Biennale di Venezia e adesso qua. Sembrerebbe un controsenso di chi è già balzato alle luci della ribalta più prestigiosa ed adesso torna in un ambiente alternativo. Come dobbiamo leggere questa operazione?
Lilo: No, non è un controsenso. Perché ritieni sia così? Perché arriva dal mondo dell'arte?
TG: Beh, arriva dal mondo dell'arte riconosciuta dalle istituzioni e poi sceglie di mostrarsi come un esordiente alle prime armi in un ambiente alternativo.
Lilo: Già accettare di esporre qua significa essere al di fuori di quel mondo. Dario, come singolo è lontano dal mondo delle gallerie. Un gallerista non verrebbe qua ad esporre.
I rettiliani stanno rovinando il nostro pianeta. C'è ancora qualcuno che non s'è accorto che le Chem-Trails ci stanno avvelenando?
TG: Spiegamelo meglio.
Lilo: Se un artista accetta di esporre qua lo fa perché riconosce il potenziale di questo luogo e forse non vuole restare così scollegato dal mondo dell'arte, però se vuole ne può anche uscire tranquillamente.
TG: Allora perché un artista dovrebbe esporre in questo spazio?
Lilo: Beh, se uno ha qualcosa da dire, meglio farlo davanti ad un pubblico vasto che ti può apprezzare sinceramente.
TG: Va bene, adesso scusami perché ho visto che Giacomo Spazio sta per andare via e volevo chiedere qualcosa anche a lui.
Lilo: Ok.
Tony Graffio: Giacomo, hai voglia di dirmi qualcosa al volo su Dario Arcidiacono?
Giacomo Spazio: Penso che Dario sia uno dei pittori più pazzeschi che esistano attualmente in circolazione perché sa mischiare realtà e leggenda con un tratto unico, catastrofico e, soprattutto, ironico.
TG: Poi lui è l'ultimo sopravvissuto dell'Ultrapop, mi pare...
Giacomo Spazio: Beh no, c'è anche Sandra Virlinzi che faceva parte di questo quartetto che, oltre a Dario aveva visto Giordano Curreri e Antonio Sorrentino scoprire e rivalutare, non solo il fumetto, ma anche quella parte più truculenta che comprende gli zombie, il gore, la politica ed il non contemplato. Purtroppo, come spesso succede, una volta arrivati ad una forma notevole, prima ancora della rinascita americana di questo genere, sono implosi. Nessuno più li ha sostenuti e sono tornati tutti a lavorare in altri settori.
TG: Hanno cambiato lavoro?
Giacomo Spazio: Sì, adesso fanno altri lavori, ma continuano a farci riflettere.
In alto a destra il quadro ovale che piace a Giacomo Spazio.
TG: Tu apprezzi molto questa forma d'arte?
Giacomo Spazio: Sì io sono un felice seguace di Dario e l'opera che apprezzo di più in questa sua mostra è il lampione che monta la telecamera di sorveglianza a 360°. Quello per me è l'emblema della nostra società, ma anche un esempio che ci fa capire come si diverte lui.
TG: Volevo chiederti una cosa che io non riesco tanto bene a capire e per questo ne parlavo anche con Lilo. Com'è possibile che un artista al quale è stato riconosciuto internazionalmente un certo valore decida di tornare ad essere underground? Come dobbiamo leggere questo passaggio? E' un tornare indietro? O fa parte della carriera di un artista contemporaneo?
Giacomo Spazio: No, è qualcosa da leggere sullo stesso piano. Alla Biennale di Venezia non ha esposto in uno dei padiglioni alla moda, ma nel padiglione siriano nel periodo in cui quel paese si era ritrovato in guerra. Come dice Dario, ironizzando, quello era in qualche modo un padiglione falso. E' probabile che di lì sia passata pochissima gente.
TG: Adesso lo chiederò anche a lui, ma tu hai idea di chi gli ha proposto quella operazione?
Giacomo Spazio: Credo si trattasse di un'open call proposta proprio dagli operatori culturali siriani, ma non ne sono sicuro. Quello che posso dire è di venire qui a vedere la mostra perché ne vale proprio la pena. E non lasciatevi scappare un disegno che costa soltanto 40 euro, praticamente un'inezia per un pezzo unico delle dimensioni di circa un po' più della metà di un foglio A4.
TG: Ottimo consiglio. Grazie. Ciao, a presto.
Giacomo Spazio: Ciao.
E adesso sentiamo l'artista che sta mostrando i suoi lavori a Bo e Microbo.
Tony Graffio: Come prima cosa, ma non credo di chiederti molto di più, vorrei sapere come hai fatto ad esporre alla Biennale di Venezia, nel padiglione siriano? E che cosa questo ha significato per te?
Dario Arcidiacono: Sono stato invitato da Duccio Trombadori che era il curatore del padiglione. Basta. Sono stato ben felice di partecipare a quella Biennale.
TG: Come mai? A causa della guerra era difficile reperire artisti siriani? O ha considerato la tua opera particolarmente significativa, vista la situazione che si era verificata in quei luoghi?
Dario Arcidiacono: Non ho idea di come siano andate le cose con gli artisti siriani. A Duccio Trombadori sono sempre piaciute le mie cose, penso che mi abbia chiamato per questo.
Nel mondo della Pandemia Rettiliana tutto è un deserto e le Twin Tower del World Trade Center sono ancora in piedi.
TG: Ci vedeva qualche attinenza con quello che sta accadendo là? Dovremmo chiederlo a lui?
Dario Arcidiacono: Si forse sì. Bisognerebbe chiederlo a lui. Non me ne ha mai parlato, ma sono sempre cose delicate. Non lo so. Ma in realtà, lui non sapeva che io avrei esposto queste cose. Mi ha lasciato completamente libero, mi ha detto: "Sei invitato a partecipare a padiglione!".
TG: Fai quello che vuoi!
Dario Arcidiacono: No, fai quello che vuoi no, mi ha detto, manda l'immagine entro un certo periodo e l'immagine era Pandemia Rettiliana. Dopo, ho saputo che avrei avuto più spazio a disposizione, quindi per riempire tutta la parete che mi era stata affidata,in pochissimi giorni ho riempito tutte le buste con i miei disegni.
TG: Le hai preparate al momento?
Giacomo Arcidiacono: Le ho disegnate cinque giorni prima dell'allestimento. E' stato allora che mi hanno avvisato che avevo più spazio a disposizione, mentre inizialmente mi avevano dato lo spazio per un unico quadro di cm 50X70.
TG: Sai se ci sono stati molti visitatori nel "tuo padiglione"?
Dario Arcidiacono: Non lo so, sinceramente, io ero presente solo per l'inaugurazione e poi non sono più riuscito a tornare a Venezia. Infatti, molte buste che erano pronte le ho dimenticate e ne mancavano almeno un terzo.
Pandemia Rettiliana su una parete dello Spazio Galileo allo Spazio Pubblico Autogestito del Leoncavallo.
TG: E' stato un problema?
Dario Arcidiacono: Sarei dovuto tornare per montarle, ma per via del lavoro che faccio non sono più riuscito a tornare in Biennale.
TG: Fai il tipografo?
Dario Arcidiacono: Beh sì, faccio l'infografico.
TG: Ultimissima cosa. Non mi devi convincere perché io so che sono tra noi da molto tempo, ma tu ci parli con i rettiliani?
Dario Arcidiacono: Mai incontrato uno, fortunatamente!
TG: Però esistono!
Dario Arcidiacono: Sì, sono tra di noi.
TG: Tu non sei uno di loro, vero?
Dario Arcidiacono: Io non penso...
TG: Tu non pensi, ma a me qualche sospetto mi viene. Va beh, dai non insisto...
Dari Arcidiacono: Sarei ricco allora... perché i rettiliani stanno sempre abbastanza bene...
TG: Potresti essere un infiltrato... Ti vedo reticente, guarda che non ti ho chiesto di farmi dei nomi... Chiudiamo qui, tanto io ti ho capito! Grazie.
Il quadro di Pandemia Rettiliana che avrebbe dovuto essere l'unica opera di Dario Arcidioacono ad essere esposta alla Biennale di Venezia del 2013. Nom Couture.
Dario Arcidiacono lo ritroverete alla seconda edizione di AFA del 5, 6 e 7 maggio 2017; approfittatene perché poi il 19 maggio, come sapete, c'è qualcuno che parla di sganciare qualche caramella al plutonio sulla Corea del Nord, fatto che potrebbe trasformarci tutti in mutanti e far venire allo scoperto i rettiliani rendendo poi le immagini viste in Pandemia Rettiliana reali.
La serata è stata resa ancora più gradevole grazie alle ambientazioni sonore di MFVV, l'acronimo di Music For Fake Videogames. Musica ad effetto improvvisata per l'occasione. Alberto Gasperini, 26 anni, aveva iniziato a fare musica a 8 bit per i videogiochi, ma poi ha optato per comporre musica un po' più elaborata nei Live set.
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