L'Appartamento Lago dove sono esposte le 20 fotografie d'interni di Luigi Ghirri
Solo 5 giorni per vedere
gratuitamente una ventina di fotografie vintage print a colori di
Luigi Ghirri all'Appartamento Lago di via Brera, 30, al secondo
piano, sopra al Bar Jamaica.
Io sono riuscito a vedere
ieri questa esposizione, non è una mostra, ma un'occasione unica
nell'ambito della settimana milanese del design in cui un'azienda
mette a disposizione del pubblico alcune opere artistiche tratte
dalla propria collezione privata. Ora restano solo 4 giorni scarsi
per cogliere questa generosa opportunità.
Se amate la fotografia d'autore non indugiate ulteriormente, rimandate altri impegni e fiondatevi a visitare questo elegante appartamento.
Se amate la fotografia d'autore non indugiate ulteriormente, rimandate altri impegni e fiondatevi a visitare questo elegante appartamento.
L'Appartamento Lago è
diventato un appuntamento consueto della design-week, sono parecchi
anni ormai che per qualche giorno si aprono le porte ai curiosi in
questo palazzo, come da altre parti, per lasciare dare un'occhiata a
luoghi normalmente non accessibili al pubblico. L'Appartamento Lago
viene definito un format che
si è esteso in Italia e all'estero. E' stata creata una rete di
appartamenti che vengono dati in affitto ad un inquilino che in certe
occasioni apre le porte per ospitare degli eventi e far vedere com'è
possibile vivere il design. Idea che poi s'è estesa a spazi pubblici
e privati come B&B, cafeterie, librerie e negozi arredati con la
produzione del marchio padovano. Si tratta di un'esperienza per poter
provare a vivere circondati da elementi d'arredo di design. Lago è
un brand veneto di design che ha avuto l'idea d'inserire pezzi d'arte
in collaborazione con Jacobacci per valorizzare il contenuto
culturale della sua proposta comunicativa.
Presa d'insieme di alcune stampe di Ghirri esposte in via Brera al numero 30
Ho
incontrato Elena Re, critica d'arte e curatrice di mostre d'arte che
ha seguito l'allestimento delle fotografie di Ghirri e mi ha dato
tutte le indicazioni per poter comprendere meglio l'opera
dell'artista emiliano ed il suo pensiero.
Jacobacci
& Partners è una grande società di consulenza con sede a Torino
che si occupa della registrazione di marchi brevetti e della tutela
della proprietà intellettuale che ha una sua collezione d'arte che
oltre ad arricchire le proprie sedi, viene anche utilizzata per
completare progetti in situazioni particolari. E' in qualche modo una
collezione dinamica che viaggia spesso per allestire eventi come
quello che si svolge in via Brera, 30. Il nucleo esposto comprende 20
fotografie originali che rappresentano interni colti da Luigi Ghirri,
caposcuola della nuova fotografia di paesaggio, in varie situazioni
appartenenti a edifici pubblici e privati. Ghirri ha avuto uno
sguardo non convenzionale sul paesaggio, non guardando tanto
all'eccezionalità del monumento, quanto al sentimento per il luogo
osservato. Durante tutto il suo percorso, iniziato circa nel 1970 e
terminato nel 1992 con la sua morte prematura, Ghirri ha sviluppato
varie ricerche espressive, soffermandosi, ogni tanto, ad approfondire
il discorso degli interni, visti come luoghi dell'interiorità e
spazi d'introspezione. La sua è stata una ricerca aperta sulla quale
lui è spesso ritornato, nel corso del tempo. Le fotografie arrivano
direttamente dall'archivio dell'artista e sono state acquisite da
Jacobacci che le ha messe a disposizione di Lago per cui le opere
compaiono alle pareti di questo appartamento, come se fossero
idealmente di un collezionista che vive in questi spazi. Questo è il
motivo che non fa di quest'esposizione una mostra, ma piuttosto la
presentazione di opere inserite in un contesto abitativo. Le mostre
normalmente si attuano in musei, gallerie, o appositi spazi che
mettono in evidenza le opere, mentre qui accade un po' il contrario,
sono le opere che valorizzano ulteriormente lo spazio domestico, pur
già prestigioso. Le fotografie furono stampate negli anni '80 da
Arrigo Ghi, di Modena, sotto la supervisione di Luigi Ghirri, perché
le stampe fotografiche a colori, generalmente venivano stampate in un
laboratorio specializzato, in questo modo. Diversamente dalla stampa
in bianco e nero che spesso veniva effettuata dallo stesso fotografo.
Le immagini raccontano di vari luoghi che possono essere botteghe
d'artigiani, case d'amici e luoghi non specificati apparentemente
anonimi. Tra questi ci sono anche luoghi noti riconoscibili, come il
Palazzo Te di Mantova, la casa di Ludovico Ariosto a Reggio Emilia ed
altri luoghi non noti che riescono a raccontarci una storia
d'intimità di un interno. I luoghi noti non vengono raccontati con
enfasi, ma al contrario appaiono alla stessa stregua di luoghi
normali e quotidiani che sembrano scoperti per la prima volta dallo
sguardo di chi li osserva. In generale, si tratta sempre di spazi che
appaiono tranquilli e silenziosi, privi di persone, oppure in cui le
persone compaiono di spalle, o un po' evanescenti, come nel caso
della fotografia in cui si vede un visitatore mosso all'interno di
una sala di un museo di Modena. E' il luogo di per sé che
rappresenta quasi il ritratto dell'individuo che gravita in quello
spazio. In un'altro interno ripreso a Campegine, nel Museo Fratelli
Cervi, sono presenti dettagli significativi che ci raccontano parti
della storia di questa famiglia. Una sveglia appoggiata su una
credenza e vecchie fotografie in bianco e nero descrivono un vissuto
esistenziale e ci parlano delle persone, pur non vedendole. Questa è
la magia di Ghirri che riprende le immagini con un obiettivo normale, senza particolari artifici tecnici. L'inquadratura è ciò
che conta. Una finestra sul mondo che include dei particolari e
conferisce importanza anche a ciò che esclude, perché è ciò che
non si vede che talvolta fa scattare l'alchimia dei sentimenti di
quello che si racconta. Ed è per questo che in questo servizio non
vi mostro immagini che ho scelto di descrivervi solo con le parole di
Elena Re e, se volete, con la mia regia. O il mio montaggio, se
preferite.
In
un'altra immagine presa a Ferrara, vediamo l'interno della casa,
probabilmente di un amico, in un'altra vediamo quella che secondo me
è l'unico esempio di zona mista esterno/interno (potrebbe essere
ripresa in un cortile interno in un loggiato, ma dovrei verificare la
cosa), luoghi aulici, luoghi noti, si alternano a luoghi meno noti.
In un'altra immagine capiamo di essere a Boretto (vicino a Viadana),
negli anni 1985/86, all'interno dell'albergo di questo paese.
Un'altra fotografia è stata ripresa a Verrès, in un castello della
Val d'Aosta.
Nel
2003 Jacobacci aveva fatto un altro progetto con le automobili della
Ferrari, che era suo cliente, perché Ghirri aveva fatto un discorso
di lettura dell'identità di Ferrari attraverso le sue fotografie. In
quell'occasione erano state riprese le officine Ferrari, il museo
Ferrari e gli eventi organizzati da Ferrari. In quel caso, 20
fotografie erano state inserite in un libro, come è stato realizzato
un libro anche per quest'altra collezione di 20 fotografie d'interni.
Nel 2003, il libro riguardante Ferrari venne presentato al Cobra
Museum di Amsterdam.
In un
paio di fotografie di Ghirri esposte a Brera, quella di Palazzo Te e
l'ultima del nucleo della collezione, si vedono una porta socchiusa
che sembra dare accesso a l”Interno Italiano”, mentre quella che
sembra aprirsi per guardare al paesaggio esterno è stata scattata
nel 1989 a Boretto, presso la vecchia stazione ferroviaria. Il
percorso fotografico degli interni di Ghirri viene così inserito tra
una porta che sembra averci portato dentro degli edifici, per poi,
alla fine, ridarci la libertà di uscire all'esterno per riprendere
il nostro cammino verso la nostra vita abituale, oppure verso una
nuova destinazione.
Ghirri
utilizzava il medio formato, soprattutto il 6X7 perché secondo lui
il grande formato mostrava troppo i particolari, togliendo parte al
lavoro della mente dell'osservatore ed alla sua fantasia. Anche in
questo caso, non si voleva mostrare troppo, con troppo dettaglio che
poi avrebbe potuto inibire la parte onirica dell'osservatore. Avere
troppo micro-dettaglio in questo tipo di fotografia sarebbe stato
quasi un perfezionismo che avrebbe potuto non fare concentrare sulla
parte importante del suo discorso concettuale. Ghirri non è
interessante per la tecnica, quanto per le atmosfere ed i contenuti
che racchiudono le sue immagini. Le fotografie di Ghirri
rappresentano anche delle citazioni della storia dell'arte che
evocano luci presenti nella pittura fiamminga, come nello scatto
effettuato a Forlì, presso il museo della civiltà contadina.
Luigi
Ghirri era una persona molto curiosa, onnivora di cultura; una volta
quando gli chiesero quali fossero i suoi riferimenti culturali, egli
rispose che non sapeva quali fossero gli elementi ai quali egli si
ispirasse e disse che lui sapeva soltanto che le visioni di Brueghel
erano altrettanto importanti delle canzoni di Bob Dylan, perché
tutto è importante. La curiosità di quest'artista fa sì che noi
guardando le sue fotografie facciamo parte noi stessi del suo mondo,
come se noi fossimo parte della scena che osserviamo. Le esperienze
che Ghirri ci comunica sono comuni a molte persone che possono aver
provato le stesse emozioni di ritrovarsi in una stazione vuota con
una particolare luce in preda ai propri pensieri interiorizzanti. La
semplicità dei soggetti inquadrati ci aiuta a far parte di queste
fotografie, quasi come queste fotografie fossero il nostro stesso
ritratto. A Reggio Emilia, presso la casa di Ludovico Ariosto sono
stati fotografati dei tromp-l'oeil, ovvero altre immagini di paesaggi
bidimensionali che diventa un'immagine di una certa realtà.
Un'immagine nell'immagine finisce per diventare un'altra cosa, ovvero
una dimensione nella quale perdersi. Fotografie che diventano una
specie di specchio da attraversare e che ci portano in un mondo
fantastico un po' sognante. La dimensione contenuta delle stampe ci
aiuta ad interiorizzare i nostri sentimenti, a differenza degli
autori della fotografia contemporanea che si esprimono sempre più
con stampe di grandi dimensioni. Per raccontare una storia profonda
non c'è bisogno d'esprimerla su tanti centimetri quadrati di carta.
Ghirri
aveva chiaro lo scatto che voleva ottenere e da quanto ci viene
riportato da chi l'ha visto (anche Lucio Dalla ebbe modo di accorgersi di questa sua caratteristica) operare, risulta che
egli si muovesse molto velocemente nella fase di ripresa dei soggetti.
Le
fotografie sono state scattate a colori perché Ghirri riteneva che
il mondo a colori dovesse essere rappresentato allo stesso modo. Lo
stato di conservazione è ottimo, ma si percepisce ugualmente una
patina leggermente calda che lascia intendere il passaggio del tempo
che è trascorso da quando lo scatto è stato preso. La superficie
della carta subiva la stesura di uno spray matt per conferire
all'immagine ancora un aspetto più denso ed ovattata.
I
negativi e gli originali invertibili di Ghirri (144.000 pezzi) sono
tutti stati depositati dalla vedova presso la Fototeca della
Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia che li conserva a fini di
catalogazione e di studio e gestisce questo materiale per realizzare
nuovi progetti culturali. Gli eredi Ghirri invece dispongono di un
loro archivio fatto di stampe positive originali.
Una
stampa originale e unica come quelle esposte temporaneamente in via
Brera ha un valore di circa 15.000 euro. TG
Un collezionista ed una critica d'arte free-lance di fronte alle fotografie d'interni di Ghirri
Giorni
e orari d'esposizione al pubblico in via Brera numero 30, piano
secondo: aprile 13,14,15,16 e 17. Dalle ore 10 alle 22.
Si ringrazia la curatrice dell'esposizione: Elena Re
Tutti i diritti riservati
Nessun commento:
Posta un commento