mercoledì 20 aprile 2016

Andrea Branzi: la società del XXI secolo ha creato dei problemi che non hanno soluzioni

"Il vuoto ti modella più della tua vita." T.G.

Prima di recarmi al Palazzo della Triennale di Milano, per visitare la mostra Neo-Preistoria - 100 verbi, sono andato a trovare Andrea Branzi, per farmi spiegare direttamente da uno dei due curatori di questa esposizione il significato di quello che mi attende. Non solo a breve termine. Le risposte sono state molto sincere e piuttosto inquietanti. Tuttavia, certi concetti qualcuno deve pure esprimerli. Il problema è che i mezzi di comunicazione convenzionali non sono disponibili a parlare di certe cose, sia per non turbare le vite dei cittadini che già sono alle prese con problematiche tutt'altro che semplici, sia perché, come sto scrivendo da tempo, la comunicazione di massa e l'informazione non sono più molto attendibili. A volte, quando ci si trova faccia a faccia con un uomo saggio emergono verità affascinanti e si riescono ad approfondire argomenti che poche persone vogliono affrontare. T. G.

Andrea Branzi designer
Andrea Branzi, 77 anni, architetto e designer 

Tony Graffio intervista Andrea Branzi

Tony Graffio: E' stato difficile curare questa mostra insieme ad un uomo di una cultura diversa dalla sua?

Andrea Branzi: Kenya Hara è un grande intellettuale giapponese oltre che un bravissimo designer, che proprio attraverso un lungo confronto stimolante ci ha permesso di costruire un percorso molto interessante, dall'età della pietra all'età dell'intelligenza artificiale.

TG: Che cosa possiamo vedere in questa mostra?

AB: La mostra descrive l'evoluzione dell'uomo dalle selci alle tecnologie più avanzate, come le stampanti 3D. Tutta la mostra è concentrata sul XXI secolo. Ci sono strumentazioni molto avanzate che permettono di riprodurre in maniera materiale gli ologrammi che ci fanno vedere il funzionamento del cuore in azione mentre pompa il sangue nelle vene. Ci sono sia delle novità tecnologiche, che delle presenze tecniche antichissime, il cui funzionamento è in parte legato ad una necessità pratica ed in parte collegato alla capacità di conservare una componente simbolica, un po' misterica, perché le pietre antichissime restano abbastanza misteriose per noi uomini contemporanei. Questi oggetti sono stati in grado di attraversare un lunghissimo periodo della storia dell'uomo, quindi è una mostra la cui formula è nuova e che propone in qualche modo un ideale viaggio nel tempo. Gli estremi di questa linea temporale hanno in comune il fatto che in entrambe le situazioni non c'è uno scenario certo di riferimento. Sono invenzioni molecolari che hanno un andamento ellittico.

TG: Maestro, che cosa unisce il passato alla modernità nella mostra da lei curata per la XXI Triennale: Neo Preistoria - 100 verbi?

AB: Il filo narrativo di questa mostra è accompagnato da 100 verbi che corrispondono alle spinte creative nate dalle necessità che hanno accompagnato l'uomo dall'epoca, come si suol dire, delle caverne, e delle pietre, dell'uso utilitario di ciò che si trovava in natura, fino alle tecnologie attuali. La chiave del termine neo-primitivo deriva dal fatto che il tema generale su cui questa mostra internazionale si basa è design after design, cioè di un design che oggi ha perduto il progetto di se stesso, cioè procede un po' come avveniva nella preistoria secondo modalità multiformi, ovvero senza avere un'idea complessiva di cià che si sarebbe realizzato. Questa è un po' la chiave di lettura di questa mostra organizzata insieme a Kenya Hara. E' una mostra che non può dirsi tradizionale di design, dove si presentano normalmente le nuove tecnologie, propone degli scenari del futuro. E' piuttosto una mostra concentrata sul presente che già oggi è qualcosa di sconosciuto. Noi siamo entrati nel XXI secolo, senza in realtà averlo indagato, come se fossimo eredi naturali del secolo scorso, invece le differenze sono enormi, non solo dal punto di vista tecnologico diretto di tutte le tecnologie immateriali, ma il fatto è che ancora una volta, stiamo procedendo verso un futuro che non ci è chiaro. In questo senso c'è un percorso ellittico che torna su se stesso. Diciamo che questa mostra ha una sua originalità per il fatto che è dedicata più alle necessità dell'uomo, sia quello primitivo che quello attuale, e che si concentra in fondo su un'idea di umanesimo e antropologia, dove si raccolgono 100 oggetti, dai più remoti, a quelli antichi, a quelli recenti, per esempio, della duplicazione degli organi umani. Però, tutto questo non ci aiuta a capire in che direzione stiamo andando. Presenta delle invenzioni puntuali di cui non sappiamo esattamente qual'è lo scenario di riferimento. In questo senso, è una mostra che riflette sul presente e anche sulle difficoltà del presente, sull'esistenza del fatto che ci sono oggi dei problemi, sia sociali che progettuali che non hanno soluzione. Il secolo scorso ci ha insegnato che per ogni problema esisteva la sua soluzione perfettamente calzante, oggi sappiamo invece che ci sono dei nuovi problemi verso i quali noi non sappiamo quale può essere la soluzione.

TG: Perché non c'è soluzione a certi problemi?

AB: C'è anche una mostra più piccola che riguarda la metropoli multietnica che può spiegare questa situazione. Con le migrazioni e gli spostamenti delle popolazioni succedono molte cose imprevedibili, per esempio, a Milano, c'è la presenza di più di 50 gruppi etnici. Più queste popolazioni vengono giustamente accolte, ospitate e rispettate, più perdono il nocciolo della loro identità. E poi, c'è la presenza della pressione dei prodotti internazionali, quelli della globalizzazione, che a loro volta hanno un'influenza di omologazione e quindi qual'è la soluzione? In questo momento non c'è!

TG: Ci sarà un'appiattimento generale dei prodotti?

AB: I prodotti sono già appiattiti ed in ogni modo hanno una diffusione mondiale. Diciamo che per la salvaguardia delle etnie il problema non si sa come risolverlo, perché più vengono protette ed ospitate, più queste etnie si disperdono e si sfrangiano. Dal secolo scorso, decine e decine di minoranze etniche di grande tradizione sono scomparse. Basti pensare a tutte le tribù autoctone nordamericane che sono sparite per motivi politici. Il Vietnam era un luogo dove c'era un grande numero di minoranze che si sono dissolte, e così fino ad arrivare nel Tibet ed in altri luoghi. Questo avviene poi non solo a seguito della pressione merceologica, ma anche degli scambi culturali provocati dal turismo di massa che in qualche modo profana i luoghi di nascita e d'identità di queste minoranze. E' un problema molto grave su cui infatti c'è anche un dibattito politico, però effettivamente, più si ospitano queste persone, più si proteggono, più si dà accoglienza, più queste tendono a sfrangiarsi ed a perdere la loro identità.

TG: Anche da un punto di vista di arti visive e creatività?

AB: Certamente. E noi insieme a loro.

TG: Avremo una situazione confusa in cui ci si influenzerà vicendevolmente.

AB: Eh certo! Il che potrebbe anche essere un vantaggio, però quelle minoranze che hanno una cultura molto ricca, una religione complessa ed una tradizione importante tenderanno a svanire. Qual'è la soluzione? La soluzione in questo momento non c'è, o meglio, esiste il problema, ma non si sa come risolverlo. Questa è una novità del XXI secolo con la quale dovremo confrontarci presto.

Per vedere la mostra: "Neo-Preistoria - 100 Verbi"


Dove? Al Palazzo della Triennale in viale Alemagna, 6 Milano


Quando? Dal 2 aprile al 12 settembre 2016


Perché? Per capire dove stiamo andando


Orari? Dal martedì alla domenica dalle 10,00 alle 20,30


Quanto costa? 15 euro

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