Autoritratto di Florence Henri riflessa in uno specchio in una sua tipica composizione della fine degli anni '20. A volte lo specchio era mascherato e non si capiva se l'immagine era reale o virtuale. In questo caso lo specchio è evidente.
Alcune delle immagine di Florence Henri esposte al Miart dalla Galleria Martini & Ronchetti hanno un grande valore storico perché sono le prime fotografie scattate al suo ritorno dal Bauhaus di Dessau dove lei era andata da pittrice in visita ad amici artisti.
Florence Henri porta con sé alcuni arredi, tra cui le sedie disegnate nel 1928 da Marcel Breuer e da subito introduce la sua esperienza di pittrice nel medium fotografico. Per lei la fotografia non è riproduzione della realtà, ma creazione della realtà. Fin dalle sue prime fotografie viene introdotto lo specchio che diventa un elemento costante che ha l'intento di mettere in dubbio la percezione dello spettatore, ricreando uno spazio nuovo.
Giovanni Battista Martini
ha una galleria d'arte a Genova e si occupa dell'archivio di Florence
Henri che è stata una grande fotografa del '900. Florence Henri
nacque nel 1893 a New York da padre francese e madre tedesca, ha
avuto un percorso molto interessante e articolato. Ha incominciato
come musicista ed è stata allieva di Ferruccio Busoni, negli anni
'10 del secolo scorso nel periodo della Prima Guerra Mondiale, a
Berlino. A seguito di una delusione professionale riferita alla
musica, s'è trovata a fare la pianista per l'accompagnamento
musicale dei film muti, in questa stessa città, anche a causa di
sopraggiunte difficoltà finanziarie. Suo padre era un dirigente di
un'importante compagnia petrolifera; la madre muore quando lei aveva
3 anni, mentre il padre morirà quando Florence era solo
un'adolescente. Non potrà accedere al lascito economico paterno per
problemi legati al periodo di guerra e sarà questo il motivo che la
spinse a suonare nei cinema. Decide poi di dedicarsi alla pittura, è
stata allieva di Alexander Archypenko, di Fernand Léger all'Académie
Moderne di Parigi, dove si trasferisce dal 1924. Nel frattempo, ha
una serie di conoscenze straordinarie nel campo dell'avanguardia
europea, russa e italiana. Nel 1927 soggiorna a Dessau al Bauhaus,
dove va a visitare i suoi amici che in quel momento erano gli
insegnanti come Moholy-Nagy, Hinnerk Scheper ed altri, decidendo qui
d'iniziare a utilizzare la pratica della fotografia, che porterà
avanti con una interruzione durante la Seconda Guerra Mondiale, fino
agli anni '50. Nel 1929, si trova nuovamente in difficoltà
finanziarie per il crollo della Borsa di Wall Street e decide
d'aprire uno studio professionale come fotografa, cosa che le
consentirà di vivere di questo lavoro.
La parte più importante
del suo lavoro di fotografa si trova in circa 20 anni di carriera,
dal 1927, alla fine degli anni '40, anche se continuerà a fare altri
lavori interessanti, come tutta una serie di ritratti negli anni '50.
Poi riprenderà a dipingere fino alla morte che sopraggiungerà nel
1982. TG
Al Miart 2016, le
fotografie di Florence Henri (galleria Martini & Ronchetti,
Genova) in dialogo con i lavori di Haris Epaminonda (galleria
Massimo Minini, Brescia).
"Un artista senza il lavoro di un un bravo gallerista che investe su di lui, difficilmente passerà alla storia." T.G.
Un quadro di Florence Henri
Tony
Graffio intervista Giovanni Battista Martini
Tony Graffio: Buongiorno Gianni, mi fa molto piacere aver trovato
qui al Miart un'artista le cui opere per un certo periodo di tempo
erano un po' sparite dalla circolazione, potresti raccontarmi che
tipo di fotografia d'avanguardia produceva Florence Henri?
Giovanni Battista Martini: Certo, sostanzialmente la sua era
fotografia di ricerca, fin da quando lei ha incominciato ad occuparsi
di questa disciplina ed è straordinario come sia riuscita a portare
nella fotografia tutto il suo bagaglio culturale, passando per le
sperimentazioni che aveva già affrontato in pittura. Per esempio:
lei nel 1927 trova delle soluzioni pittoriche/artistiche che sono
estremamente d'avanguardia per quegli anni, molto vicine al
costruttivismo con l'esperienza del cubismo, linguaggio che lei
riesce a portare nella fotografia, usando elementi particolari come
gli specchi che frammentano e riflettono lo spazio. Utilizza anche
delle sovrapposizioni d'immagini ed elementi da disporre tra
l'obiettivo ed il soggetto che sta fotografando, con la conseguente
creazione di piani di profondità molto particolari. Nelle sue
immagini utilizza anche il fotomontaggio e la solarizzazione e
l'effetto bassorilievo e si dimostra veramente una grande
sperimentatrice, pur senza perdere la poesia ed una dimensione
estetica e compositiva sempre presente ed attenta. Questo riguarda il
suo lavoro fino alla metà degli anni '30. Dopo questo periodo ci
sarà una svolta, in cui torna ad interessarsi alla pittura. Se
all'inizio il tutto suo lavoro sperimentale avviene in studio grazie
alla luce artificiale, anche per mezzo del fotomontaggio, ma questo è
un altro discorso, a partire dalla metà degli anni '30 in poi,
Florence Henri utilizzerà soprattutto la luce naturale. Da quel
momento dedicherà molta più attenzione al paesaggio portando
all'esterno i suoi modelli e nuovamente si propone questa profondità
dei piani che verrà utilizzata in seguito anche dal cinema degli
anni '50 e '60. Vedendo certi ritratti eseguiti da Florence Henri
negli anni '30 potremmo confonderne lo stile con un epoca più
moderna, collocandoli direttamente negli anni '50 o dopo, proprio per
questa suo linguaggio che andava al di là del momento storico in cui
viveva questa fotografa. C'è anche un episodio che ci ricorda la sua
competenza visiva che la vede chiamata nel 1956 sul set de “Il
ragazzo sul delfino”, film di Jean Negolesco con l'interpretazione
di Sophia Loren, come consulente per la fotografia.
TG: Lei era molto conosciuta negli anni '30 e 40, dopo è un po'
scomparsa. Come mai?
GBM: Sì, in quegli anni lei era proprio al centro di questi ambienti
e di questi movimenti artistici, come ben sintetizza il titolo della sua mostra al Jeu de Paume: “Specchio delle avanguardie” indagando la
sua attività tra gli anni '20 e gli anni '30.
In seguito, il suo distacco dall'ambiente parigino, il sovrano disinteresse per gli aspetti commerciali del suo lavoro hanno fatto sì che il suo lavoro perdesse visibilità. E' un destino che la accomuna a molti artisti che pure hanno avuto ruoli chiave nelle svolte del linguaggio visivo.
I processi storici dell'arte sono molto severi in questo senso, evidentemente quando altri movimenti e situazioni prendono il sopravvento è poi necessaria una rilettura storica di certi eventi per ricollocare nel giusto posto, col giusto peso certi artisti. Questo è quanto è accaduto a lei, per fortuna, Florence Henri ha potuto vedere l'inizio del processo di rivalutazione del suo lavoro quando era ancora in vita.
In seguito, il suo distacco dall'ambiente parigino, il sovrano disinteresse per gli aspetti commerciali del suo lavoro hanno fatto sì che il suo lavoro perdesse visibilità. E' un destino che la accomuna a molti artisti che pure hanno avuto ruoli chiave nelle svolte del linguaggio visivo.
I processi storici dell'arte sono molto severi in questo senso, evidentemente quando altri movimenti e situazioni prendono il sopravvento è poi necessaria una rilettura storica di certi eventi per ricollocare nel giusto posto, col giusto peso certi artisti. Questo è quanto è accaduto a lei, per fortuna, Florence Henri ha potuto vedere l'inizio del processo di rivalutazione del suo lavoro quando era ancora in vita.
Un paio di opere di Florence Henri esposte al Miart. Le stampe sono silver print originali degli anni '70 firmate dall'artista, come spiegato nell'intervista da Giovanni Battista Martini
TG: Ed a questa rivalutazione avete partecipato anche voi della
Galleria Martini e Ronchetti, vero?
GBM: Noi, parlo di me e del mio socio che ormai non c'è più da
molti anni, abbiamo avuto con lei un sodalizio straordinario dal
1973, fino alla sua morte nel 1982. Insieme a lei siamo
riusciti a ricostruire un percorso di vita anche critico, se vogliamo, che ci ha portati a fare due importanti donazioni del suo lavoro. Una
al Centro Pompidou di Parigi e l'altra a Parma allo CSAC, il Centro
Studi della Comunicazione e Archivio della Comunicazione dell'Università, all'interno di un'abazia
molto bella dove sono stati collocati tutti i materiali delle
donazioni. A seguito di queste donazioni ci sono state state le mostre nelle rispettive istituzioni e nel maggio dello scorso anno il pubblico italiano l'ha potuta vedere a Roma alle Terme di Diocleziano.
Florence Henri Miroir des avant-gardes Ed. Photosyntèses & Jeu de Paume
Florence Henri - Villa Aurelienne Ed. Electa
TG: Torniamo ancora indietro nel tempo, voi avevate circa vent'anni e
volevate entrare in contatto con l'artista, come avete fatto a
trovarla?
GBM: Sì, io avevo 23 anni e 26 il mio socio. Nel 1971 avevamo fatto
la prima mostra di Man Ray, nel 1972 ne abbiamo fatto un'altra insieme a lui. Ad un certo punto, quello stesso anno, in una
bancarella dell'usato abbiamo acquistato una rivista futurista del 1935 che si
chiamava “Stile Futurista”, tra queste pagine abbiamo visto alcune immagini di Florence Henri che ci hanno
lasciato sbalorditi per la loro modernità. Da lì abbiamo iniziato a
cercarla. Abbiamo scritto ad artisti che avevano vissuto quell'epoca,
eravamo in contatto con Luigi Veronesi, di cui avevamo fatto una
mostra, sapevamo che lui era stato al Bauhaus e che era stato in
contatto con Moholy-Nagy. Abbiamo scritto anche allo storico di
architettura moderna e contemporanea Alberto Sartoris per chiedere
notizie di una artista della quale conoscevamo solo il nome ed alcune
immagini.
Nudo di donna con giacinti - Fotografia di Florence Henri
TG: Scusami Gianni, ma voi così giovani dirigevate una galleria
d'arte e portavate avanti tutte queste iniziative?
GBM: Sì, la galleria l'abbiamo aperta nel 1969, all'epoca io ero
studente d'architettura, l'iniziativa d'aprire questa attività è
stata del mio amico Alberto Ronchetti, al quale poco tempo dopo mi
sono associato. Io, in quel periodo praticavo la fotografia dalla
quale traevo un piccolo guadagno per mantenermi agli studi.
TG: Che genere di fotografie realizzavi?
GBM: Soprattutto fotografia pubblicitaria, ma di livello non alto,
avevo una buona fotocamera e la mia piccola camera oscura che mi
permettevano di realizzare qualche piccolo lavoro.
TG: Nell'epoca di internet siamo abituati a contattare le persone,
anche dall'altra parte del mondo, in maniera semplice e veloce. Se si
ha fortuna, si trova un sito web, un indirizzo, o addirittura un
numero di telefono e si chiama la persona con la quale si vuole
parlare, ma in quegli anni è stato davvero difficile entrare in
contatto con Florence Henri?
GBM: E' stato molto difficile. Si scriveva alle persone che si
conoscevano, nel nostro caso il contatto con Veronesi è stato molto
prezioso, lui viveva a Milano ed era un grande artista che aveva
sperimentato la fotografia astratta negli anni '30, dopo aver
conosciuto Moholy-Nagy e gli altri. Sì, certamente, è stato
difficile contattare Florence Henri; non ricordo più da chi abbiamo
avuto l'indicazione di scrivere ad Alberto Sartoris che è stato
l'ultimo nostro "informatore" che ci ha permesso di raggiungere
Florence Henri. Ricordo che Sartoris ci aveva scritto di non avere
più contatti con lei, ma che pensava che lei fosse ancora viva e di
provare a sentire a Parigi il fotografo tedesco Willy Maywald che tra
l'altro era un grandissimo fotografo di ritratto che aveva
documentato a Parigi tutto il mondo dell'arte, dalla fine degli anni
'30, agli anni '60. Ha fotografato da Picasso a Beuys, passando da
Simone de Beauvoir, Cocteau, Chagall, Braques, le gemelle Kessler.
Aveva un archivio straordinario. Era l'estate del 1973; decidiamo di
prendere un treno e andiamo a Parigi. Arrivati in rue de la Grande
Chaumière, bussiamo alla porta dello studio di Willy Maywald, lui ci
apre e noi gli chiediamo se avesse delle opere di Florence Henri,
perché il nostro intento era quello di trovare dei suoi lavori per
poter poi organizzare una mostra. Lui ci risponde che purtroppo non
aveva più opere di questa fotografa, ma che proprio in quel momento
stava per uscire per recarsi da lei perché proprio quel giorno era
il 28 giugno, data del suo ottantesimo compleanno. Maywald ci invitò
ad andare con lui da lei e così è stato che abbiamo trovato
Florence.
Giovanni Battista Martini (a sinistra) insieme a Marco Franciolli (a destra) direttore del Museo d'arte della Svizzera italiana LAC di Lugano, al Miart 2016
TG: Siete stati davvero fortunati.
GBM: Beh, sì, un'occasione unica. Non ti dico la gioia di questa
cosa. Lei aveva lasciato Parigi da 10 anni e si era trasferita negli
anni '60 a Bellival un piccolo paese ai bordi della foresta di
Compiègne, in Piccardia, per tutta una serie di sue delusioni avute
dalla vita: sentimentali eccetera. In questo posto lei continuava a
dipingere nel suo atelier. Era una casa acquistata da una sua amica,
Jeanne Taffoireau, che l'ha molto aiutata in quegli anni difficili.
Entrambe condividevano un'amicizia con lo scrittore Pierre Minet al
quale Florence è stata legata per molti anni. Pierre Minet decise
però di terminare la relazione con Florence per sposare una donna
americana. Come ti dicevo, Alberto
Ronchetti ed io arriviamo da Florence Henri con Maywald, nel forno
troviamo un ottimo pollo arrosto che Jeanne stava cucinando, ci
fermiamo a Bellival e trascorriamo così la prima giornata con la
Henri. In seguito a questo incontro è poi nato il lavoro la
collaborazione ed un rapporto con Florence che man mano s'è
consolidato. Le festività di Natale e Pasqua le passavamo con lei ed
ogni estate passavamo almeno un mese in sua compagnia; affittavamo
questa casa di fianco alla sua, in Piccardia, iniziando a lavorare
sull'archivio, per ricostruire le date, leggere i documenti,
visionare le fotografie ed organizzare le esposizioni. La prima sua
mostra l'abbiamo fatta a Genova nel 1974, poi in quel periodo avevamo
anche una galleria a New York perciò abbiamo portato la mostra anche
in America. Sempre col nostro apporto, in seguito ci sono state altre
mostre di Florence a Torino, da Martano, a Roma alla Pan, in questa
famosa galleria libreria di Carla Roessler Barbato che poi ha chiuso.
Poi, nel 1978, c'è stata la mostra a Parigi al Museo d'Arte Moderna de la
Ville de Paris, e tre anni dopo al Centro Pompidou la mostra della nostra donazione.
TG: Com'è avvenuta questa cosa?
GBM: Dai negativi originali sono state stampate le fotografie sotto la sua supervisione, lei le ha firmate e poi noi abbiamo fatto la donazione. Poiché allora nessuno conosceva più Florence Henri volevamo che rimanesse una documentazione importante del suo lavoro in due importanti istituzioni e che i suoi lavori fossero a disposizione del pubblico.
TG: E' stata un'operazione puramente culturale?
GBM: Per quanto riguarda le due donazioni assolutamente, lo scopo era di far conoscere il suo lavoro e collocare la sua figura tra gli innovatori della fotografia moderna. Contemporaneamente da alcuni negativi sono state tirate copie in nove esemplari destinate al collezionismo.
GBM: Per quanto riguarda le due donazioni assolutamente, lo scopo era di far conoscere il suo lavoro e collocare la sua figura tra gli innovatori della fotografia moderna. Contemporaneamente da alcuni negativi sono state tirate copie in nove esemplari destinate al collezionismo.
TG: E non avete trovato delle difficoltà? So che è brutto dirlo, ma
in Italia è anche difficile regalare le opere, è così?
GBM: In Italia, in un primo momento, abbiamo avuto qualche difficoltà burocratica. A Parigi la mostra inizialmente era prevista al Pompidou, ma Suzanne Pagé, direttrice del Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris amava moltissimo il lavoro di Henri e chiese di poter fare una mostra nel suo museo nel 1978. Henri la visitò nel giorno di chiusura, lontana dalla folla. La mostra della donazione al Pompidou venne così posticipata di tre anni.
TG: Florence Henri vi ha donato il suo archivio storico?
GBM: Henri ci ha affidato l’archivio con atto notarile, e ci occupiamo anche delle richieste di pubblicazione editoriale.
TG: E' un archivio consistente?
GBM: No, non è un archivio molto consistente, però è un archivio
importante dal punto di vista storico e artistico.
TG: Florence Henri non aveva parenti?
GBM: No, aveva un fratello che è morto prima di lei in America
Latina, dove si era trasferito.
TG: E' stato difficile rinnovare l'interesse verso questa artista
dopo tutti questi anni? Bisogna sempre lavorare a lungo termine per
portare un artista nei musei?
GBM: Certo, dal punto di vista culturale adesso s'è rinnovato questo
interesse, non è stato semplice, ma l'artista era valida e le sue
opere sono arrivate dove meritavano di stare.
TG: Beh, non vorrei sottolinearlo ulteriormente, ma è stato
soprattutto un merito vostro...
GBM: E' l'artista che ha fatto il suo lavoro... Noi abbiamo
fatto il possibile per veicolarlo e trasmetterlo al pubblico, tramite
le istituzioni, possibilmente. Attraverso mostre cataloghi e pubblicazioni. Certo, si tratta di tanti anni di lavoro in questa
direzione.
TG: Adesso, si riesce a raccogliere qualche frutto, o ancora no?
GBM: Siamo felici che il suo lavoro stia ottenendo riconoscimenti significativi: Ci sono diverse pubblicazioni e libri importanti, come il catalogo della mostra del Jeu de Paume che è stato tradotto negli USA da Aperture che è
un'importante Fondazione. In lingua italiana la recente pubblicazione di Electa Photo ha apportato contributi critici importanti alla conoscenza della fotografia.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi libri e cataloghi che parlano di Florence Henri
TG: Su queste pubblicazioni avrete dei diritti...
GBM: Poca cosa perché dietro c'è un grande lavoro di
redazione e di curatela.
Un altro ritratto scattato da Florence Henri
TG: Possiamo dire che nei confronti di Florence avete avuto anche dei
motivi affettivi che vi hanno portato a promuoverla in modo più
caparbio che altri artisti?
GBM: Sicuramente, perché noi abbiamo vissuto con lei gli ultimi 10
anni della sua vita, abbiamo avuto un'esperienza di lavoro in comune
e poi lei è stata un'artista che a me personalmente ha cambiato il
modo di vedere l'arte, ma in modo profondo, come già aveva iniziato
a cambiarmelo Man Ray. Credo sia perché lei aveva una dimensione molto
critica verso il suo stesso lavoro. Io non l'ho mai sentita vantarsi
per una cosa che aveva fatto, o per un certo risultato. Lei ha
distrutto molti suoi lavori perché non era più soddisfatta del
risultato ottenuto. Con il suo studio fotografico a Parigi il suo è
stato uno degli studi di riferimento della moda di quegli anni e lei
questa parte del suo lavoro lo ha distrutto completamente, perché lo
riteneva un lavoro alimentare (commerciale nd TG). Di tutto questo non
è rimasto un negativo o una stampa, io sono riuscito a trovare delle
sue immagini di moda solo perché erano state pubblicate
da riviste di quell'epoca. Questo è un fatto che inquadra
precisamente il suo modo di vedere.
TG: Un'artista intransigente.
GBM: Certo, intransigente e che non ha mai concesso nulla al mercato
per il mercato. Non era il prestigio che ricercava, ma il riconoscimento del valore artistico del suo lavoro. Dopo
aver conosciuto lei, abbiamo incontrato un suo amico, un altro
artista che si esprimeva con la fotografia. César Domela. Questo
incontro è avvenuto all'inaugurazione della mostra della Henri al
Museo d'Arte Moderna a Parigi, nel 1978, evento che lei,
naturalmente, non ha presenziato. Anche Domela, dopo il lavoro da noi
svolto per la Henri, ha deciso di darci i suoi fotomontaggi
realizzati in quell'epoca a Berlino (tra il 1928 ed il 1931). Tra
questi c'erano anche fotomontaggi pubblicitari eseguiti per clienti
come la Osram o fotografie di ricerca legate al suo lavoro di
scultore/pittore. Lui è uno degli artisti che ha portato la terza
dimensione nel quadro, attraverso l'inserimento di oggetti e da lì è
nato il suo dissidio artistico con Mondrian che era molto rigoroso
sul concetto di spazio ortogonale e non ammetteva linee diagonali, o
tanto meno linee curve, nelle sue opere. Abbiamo curato diverse
mostre anche per Domela per promuovere il suo lavoro, come abbiamo
fatto per la Henri.
Florence Henri Electa Photo
TG: Certo, questi autori appartenevano ad avanguardie già 80 anni
fa, ma capita spesso che la fotografia dopo circa mezzo secolo da
strumento di comunicazione diventi documentazione e arte?
GBM: Certa fotografia è arte fin dal momento in cui è stata fatta.
E' l'intenzione di chi realizza una fotografia che conta molto e poi,
naturalmente, il risultato di come riesce a farla. C'è chi fa una
fotografia come documentazione ed ha una particolare capacità
d'inquadratura, ma il suo lavoro rimane fotografia di documento. C'è
chi invece, come l'artista, o come chi ha una particolare sensibilità
ed una certa visione delle cose riesce a fare delle fotografie
diverse. Fin dalle prime
fotografie, Henri usa il medium fotografico con funzione creativa e
non riproduttiva.
Florence Henri, artist photographer of the avant gard SFMOMA
TG: Bisogna però sempre fare un grosso lavoro per ricordare che
questi artisti esistono e non vanno dimenticati.
GBM: Sì, certo, anche perché la fotografia è stata considerata
fino a pochissimo tempo fa soltanto una pratica artigianale. Anche se
già negli anni '20 c'erano queste mostre straordinarie di “Film und
Photo”, per esempio, o “Das Lichtbild”, mostre dove veniva
presentata la produzione fotografica fatta dagli artisti di ricerca
ed avanguardia. Moholy-Nagy in un libro pubblicato nel 1924, Pittura,
Fotografia, Film, mette sullo stesso piano di linguaggio le tre
pratiche espressive. Si era ben capito che la fotografia portava in
sé, oltre al discorso di tecnica moderna, molto di più di quanto
non le veniva dato di credito. La nostra è una galleria che tratta
tutte le arti ed ha voluto portare la fotografia al pari di scultura,
pittura, architettura o musica. Questo è sempre stato il nostro
intento, indagare sulla ricerca interdisciplinare dei
linguaggi. Vogliamo capire cosa fa l'artista, anche attraverso
diversi medium per vedere poi cosa è riuscito a raccontare ed a
esprimere.
Il catalogo pubblicato dal MEF
TG: Un'ultima domanda: chi non ha avuto occasione di visitare il
vostro stand al Miart, dove potrà vedere esposte le opere originali
di Florence Henri?
GBM: Fino alla fine di giugno c'è un'altra bella occasione, a
Torino, in questo nuovo museo aperto da un anno con un programma
straordinariamente interessante. Si tratta del MEF, Museo Ettore
Fico, che tra l'altro dispone di uno spazio architettonico molto
bello, progettato e realizzato da un giovane architetto.
Andrea Busto dirige il museo che ospita anche incontri, rassegne appuntamenti didattici per le scuole. Per la prima volta in Italia, a Torino è possibile osservare tutto il percorso artistico di Florence Henri, dalla pittura, alla fotografia ed in ultimo la ripresa della pittura che sarà la forma espressiva che l'artista abbraccerà, fino alla sua morte.
Note conclusive
Cercando notizie relative a Florence Henri su internet per mettere a confronto le informazioni avute da Giovanni Battista Martini, ho trovato vari siti che parlano della presunta promiscuità sessuale dell'artista esaltandone la modernità ed il coraggio delle proprie scelte anticonformiste. A questo proposito, mi è stato detto da chi ha conosciuto l'artista personalmente ed è stato al suo fianco anche nel momento della morte che chi ha scritto tali cose ha espresso gravi inesattezze. Florence Henri conobbe Pierre Minet a Parigi nel 1936 e si trasferì a vivere con lui in rue St. Romain, Margarete Schall morì nel 1939 a Dessau dove viveva da anni. Altra grave inesattezza, Florence morì a Compiègne (Giovanni Battista Martini era presente) e non "in un piccolo paese fuori Parigi” come recita il testo di questo documento "fantasioso".
Andrea Busto dirige il museo che ospita anche incontri, rassegne appuntamenti didattici per le scuole. Per la prima volta in Italia, a Torino è possibile osservare tutto il percorso artistico di Florence Henri, dalla pittura, alla fotografia ed in ultimo la ripresa della pittura che sarà la forma espressiva che l'artista abbraccerà, fino alla sua morte.
Note conclusive
Cercando notizie relative a Florence Henri su internet per mettere a confronto le informazioni avute da Giovanni Battista Martini, ho trovato vari siti che parlano della presunta promiscuità sessuale dell'artista esaltandone la modernità ed il coraggio delle proprie scelte anticonformiste. A questo proposito, mi è stato detto da chi ha conosciuto l'artista personalmente ed è stato al suo fianco anche nel momento della morte che chi ha scritto tali cose ha espresso gravi inesattezze. Florence Henri conobbe Pierre Minet a Parigi nel 1936 e si trasferì a vivere con lui in rue St. Romain, Margarete Schall morì nel 1939 a Dessau dove viveva da anni. Altra grave inesattezza, Florence morì a Compiègne (Giovanni Battista Martini era presente) e non "in un piccolo paese fuori Parigi” come recita il testo di questo documento "fantasioso".
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