martedì 2 ottobre 2018

Lahar Magazine, una rivista in perenne ebollizione

Lahar di per sé  è una parola che non significa nulla: è un termine scientifico mutuato da una parola polinesiana che indica quando il magna incontra le falde acquifere e mandandole in pressione provoca un'esplosione di vapore acqueo e pietre. Insomma, è una parola che richiama in un colpo solo l'idea di un enorme caos, un po' come potrebbe accadere all'interno di una scatola cranica affollata di tanti concetti e propositi prima dell'eruzione di un nuovo pensiero che dà vita ad un progetto importante.


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Lahar Magazine al Gomma Festival 2018

Nella nostra fattispecie, Lahar Magazine è un unico foglio piegato in 16 parti che una volta aperto occupa lo spazio di uno stampato in formato B2 e su un lato contiene un poster a tutto formato (nell'altro scritti e illustrazioni), anche se non è esattamente un B2, perché il foglio è un po' rifilato (precisazione grafica...). Ha cadenza mensile e si propone con tematiche monografiche. La redazione raccoglie i contributi spontanei di coloro che intendono partecipare perché sentono di aver qualcosa da dire, scrivere, disegnare o fotografare in base all'argomento scelto per quel bimestre. La rivista viene composta, stampata e poi distribuita gratuitamente, ma è anche prevista la formula dell'abbonamento per chi desidera sostenere il progetto.
C'è solo da chiedersi se poi effettivamente qualcuno legga questo foglio che si presenta molto bene e mette insieme idee davvero diverse che esprimono benissimo l'immagine del magma a contatto con l'acqua.
Il budget annuale di Lahar è di circa 5000 euro. Si cerca di sostenere questi costi organizzando eventi beverecci, proprio perché spesso la gente non legge, ma sicuramente apprezza la birra...
La motivazione che spinge, Riccardo Alessandro Didonè, il presidente dell'Associazione che pubblica la rivista, a continuare questa avventura che procede imperterrita ormai da sette anni, anche se in passato con ritmi un po' discontinui, è quella di democratizzare la stampa, fare esprimere tutti e dare un accesso popolare alla lettura in una specie di circolo virtuoso dove chi legge, scrive e legge. Anche per questo i testi degli interventi scritti non sono mai troppo lunghi, ma si attestano sulle 2000-2500 battute.
La democratizzazione della cultura è un concetto formulato da Gramsci tanti anni fa che si può trovare nei suoi quaderni del carcere, dove si teorizzava che la popolazione potesse elevarsi culturalmente insieme condividendo i propri saperi e senza per forza attingere a quelli di un ceto privilegiato o a quelli di una cerchia ristretta di persone.
In redazione ci sono ragazzi dai 18 ai 33 anni; i collaboratori sono stati più di un migliaio. Lahar nasce da un gruppo di ventenni universitari che cercavano di fissare sulla carta le discussioni che accompagnavano la loro crescita umana, sociale e culturale, anziché inserirle su Facebook o su altre reti sociali virtuali. Questo tipo di scelta è stata fatta per dare più autorevolezza ad un prodotto che viene pubblicato su un supporto tangibile, in grado di lasciare traccia di sé nel tempo.
La rivista non è da considerarsi una fanzine in quanto non fa parte di uno specifico contesto culturale, ma abbraccia un pubblico più vasto e popolare, di varie estrazioni sociali e culturali. È vettore di una narrativa spontanea che idealmente appartiene a tutti, anche di diverse generazioni.
Lahar non ha sponsor, ma si auto-mantiene grazie a eventi organizzati al fine di raccogliere fondi. Nel caso venga chiesto alla redazione di presenziare un evento letterario, questa domanda un contributo economico all'organizzatore della manifestazione. Lahar è stata chiamata a tenere dei cicli di lezioni presso l'Accademia di Belle Arti e l'Istituto Bauer di Milano.
La rivista ha iniziato a stampare 4500 copie, per raggiungere picchi di 10000. 
Il costo della stampa influisce sul numero delle copie stampate. TG


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