<Da diversi giorni non
dormo perché ho da raccontarvi una storia incredibile> T.G.
Gianni Limonta con le casse che contengono la sua collezione fotografica pronta a prendere il volo per Shanghai dove verrà inaugurato il più grande ed importante museo fotografico del mondo
Non riesco bene a
spiegarmi come sia possibile che sia io il primo a parlare di un caso
di grande rilevanza storica ed al tempo stesso molto particolare,
anche per le circostanze apparentemente casuali che ne hanno favorito la costituzione e la conservazione in un unico lotto di quella che è forse la raccolta più importante attualmente conosciuta che poi diventerà il contenuto del più grande museo di fotografia del mondo.
Tutto ha avuto inizio dalla passione per le macchine da ripresa cine-fotografica ed il collezionismo che Gianni Limonta ha condotto per 50 anni, parallelamente alla propria attività professionale di fotografo ad ampio raggio.
Tutto ha avuto inizio dalla passione per le macchine da ripresa cine-fotografica ed il collezionismo che Gianni Limonta ha condotto per 50 anni, parallelamente alla propria attività professionale di fotografo ad ampio raggio.
Dopo aver letto poco più
che un trafiletto su un quotidiano di Bergamo che sembrava voler
riportare una notizia di stretto ambito locale, ho capito
immediatamente che dovevo saperne di più e contattare il diretto
interessato per fissare subito un appuntamento.
<Nella mia collezione la storia della fotografia> G. L.
Questa frase pronunciata da Gianni Limonta ed utilizzata il 28 dicembre del 2006 come titolo ad un'intervista pubblicata dall'Eco di Bergamo potrebbe sembrare un'affermazione buttata lì per impressionare i lettori, ma è la pura verità. La collezione Limonta è di un'importanza fondamentale a livello mondiale, per la storia della fotografia. Forse solo la fotocamera di Niépce può avere un valore storico e collezionistico superiore a ciò che aveva collezionato il fotografo bergamasco che tuttavia aveva ben più di 100 fotocamere in legno per Dagherrotipia, Talbotipia, Ferrotipia, Ambrotipia eccetera. "Misteriosamente", in Italia nessun ente pubblico o istituzione ha saputo, o voluto, prendere in considerazione questo inestimabile tesoro culturale ed investire su di esso. Si sarebbe potuto costruire un polo fotografico per richiamare un pubblico di studenti, appassionati, storici, ricercatori, collezionisti o semplici turisti e ricavane una miniera di soldi, tra biglietti d'ingresso, gadget, pubblicazioni ed indotto, ma come al solito tutti piangono e nessuno destina dei fondi per la cultura che possano dare un ritorno non soltanto di prestigio, ma anche economico. Nell'articolo di 10 anni fa, Limonta già esprimeva il desiderio per la realizzazione del più importante museo della fotografia del mondo. Il suo sogno si avvererà grazie all'intelligenza ed alla competenza di un ricco industriale cinese.
Recupero il numero di
telefono del negozio dove era esposta la collezione di fotocamere
storiche, nella speranza di trovare ancora qualcosa da vedere e da
fotografare, oltre che il collezionista che m'illustrasse esattamente pezzi ed aneddoti relativi al loro ritrovamento.
La prima telefonata va a
vuoto, ma non mi do per vinto e più tardi riprovo a chiamare un numero di telefono individuato su internet.
03525... Compongo
l'intero numero ed attendo. Finalmente mi risponde una voce maschile,
spero di aver in linea il titolare e lo saluto. Mi presento ed
inizio a chiedere alcune cose a Gianni che mi fa capire d'essere
molto cauto nel rivelare informazioni a chi non conosce, vado subito
al dunque: <Posso venire a trovarti domani?>. La risposta è
affermativa, ma non mi viene data nessun'altra risposta alle domande
che avevo posto.
Al telefono non ottengo nulla, nemmeno un numero di cellulare a cui potermi aggrappare in caso di necessità. Sento che è un po' rischioso andare a trovare una persona che forse non è tanto
ansiosa d'incontrarmi e che s'è rifiutata di darmi un riferimento
più sicuro per poterla reperire anche al di fuori degli orari
d'apertura del negozio. Che cosa mi conviene fare? E' lunedì 4
gennaio, molti non hanno neppure riaperto per prolungare le vacanze dell'Epifania, è un ponte festivo abbastanza lungo. Non riesco a pensare ad altro, devo trovare Gianni Limonta e parlargli di persona.
Decido di rischiare,
do un'occhiata agli orari dei treni del giorno dopo e nonostante avrò terminato di lavorare
dopo le 24, alle 6 e 30 del mattino di martedì mi fiondo alla Stazione di Porta Garibaldi per prendere il treno che mi
lascerà poi a circa un chilometro da via dello Statuto.
Arrivo a Bergamo
piuttosto presto, fa molto freddo, la temperatura è di circa zero
gradi e cadono delle micro-gocce ghiacciate: non si capisce se siano pioggia o fiocchi di neve. Ho tempo per camminare e pensare a che
cosa fare nel caso non trovassi il mio uomo. Vedo da un manifesto
lungo la strada che la mostra di Malevič
resterà aperta fino al 17 gennaio e mi ricordo che mi era stata
consigliata da Giulio Giorello. Nel caso mi andasse male col
collezionista vorrà dire che visiterò il GAMEC.
Sono appena arrivato davanti all'ingresso del fotostudiogianni, a Bergamo, ma riconosco il titolare impegnato a chiacchierare con due amici. Nonostante la luce scarsa dell'aurora, non posso fare a meno di notare la scritta bianca su sfondo rosso: "Compro e vendo macchine fotografiche antiche /vecchie"
Verso
le 8,30 sono già in via dello Statuto al 16; fuori dal “Foto Studio
Gianni” vedo tre uomini che parlano, uno di loro ha i capelli
bianchi e non sembra sentire il freddo, sotto un cardigan con i bottoni slacciati, intuisco
che costui debba essere il proprietario del negozio e lo saluto come
se fossimo già amici perché capisco che un uomo di questo tipo
va preso un po' di petto per non farmi schiacciare dalla sua
personalità. Gianni, senza avermi mai visto prima, capisce al volo
chi sono, contraccambia il mio saluto e mi fa segno d'attendere un
attimo. Vado in un bar a fianco al Fotostudio e dopo qualche minuto
che mi trovo lì, entra Gianni e mi apostrofa con una
battuta spiritosa, tipico atteggiamento di chi è molto sicuro di sé
e vuole mettere alla prova il suo interlocutore. Sto al gioco e mi
rendo conto che Gianni è comunque una persona autentica e spontanea.
La cosa mi piace ed in breve entriamo già in argomento parlando di
quello che forse è l'unico museo della fotografia di un certo
livello in Italia. A questo proposito Gianni spara di getto la sua
sentenza.
<Se tu pensi che il
più grande museo della fotografia in Italia è quello di Brescia
capisci tante cose> G.L.
Devo ancora capire bene
con chi ho a che fare, non so se Gianni è solo uno sbruffone o ha
dei pezzi veramente notevoli da farmi vedere. In quest'ultimo caso,
mi troverei di fronte a qualcosa molto più importante di quello che
mi sarei aspettato. Possibile che se fosse così nessuno, prima di me, abbia colto l'entità ed il valore di questa notizia?
Come ha fatto questo fotografo di Bergamo a tenere nascosti i suoi tesori a tutti per 50 anni?
Gianni mi dice che quando
ha portato Vincent (anche se non capisco ancora chi sia questo
Vincent, faccio finta di sapere di chi mi stia parlando) a Brescia,
dopo poco che i due erano entrati nel Museo Nazionale della Fotografia
il cinese gli ha detto: <Andiamo, andiamo!>. Forse si aspettavano
qualcosa di meglio? Ricordo che la Fotomitragliatrice Zeiss Ikon è
un pezzo unico al mondo che da solo potrebbe valere milioni di euro. Sembra
che ne abbiano prodotti pochissimi pezzi in modo artigianale e che un
operaio bresciano, che lavorava a Dresda, alla fine della guerra, sia
riuscito a trafugarla per portarsela a casa.
A questo punto, forse è
meglio mettere un po' d'ordine in questa storia e dire che Gianni
Limonta nasce il 6 agosto 1944, suo padre era a capo della sezione
Rogge e Fognature del Comune di Bergamo, ma nel 1958 viene a mancare.
Essendo un uomo stimato da tutti, il Sindaco che conosceva la
situazione familiare della famiglia Limonta, chiede ad una ditta
esterna che lavorava per il Comune d'assumere il giovanissimo Gianni
che s'affaccia così nel mondo del
lavoro con uno stipendio di tutto rispetto, per svolgere una mansione
piuttosto semplice (Dice di aver ricevuto 35000 lire al mese per
rispondere al telefono).
Pochi mesi dopo, però,
un siciliano che abitava vicino a dove risiedeva la famiglia Limonta
propone al ragazzo di andare a lavorare presso la sua ditta. Subito
Gianni s'informa per sapere che cosa avrebbe dovuto fare. Quando gli
viene detto che la proposta era per un posto da fotografo, Gianni non capisce
più niente ed accetta, senza nemmeno preoccuparsi dello stipendio.
Inizia a lavorare in un laboratorio fotografico, la Color Service,
non parla di questa sua scelta a nessuno, né alla propria madre e
neppure ai suoi 5 fratelli.
A fine mese però, quando
viene pagato, Gianni si ritrova in tasca solo 13000 lire, meno della
metà di quanto guadagnava prima. Una volta consegnati i soldi in
casa, la madre capisce che c'è qualcosa che non va e dopo aver ascoltato le
giustificazioni del figlio, gli intima d'andarsene di casa. Dopo due anni
la Color Service costruisce il laboratorio di sviluppo e stampa a
colori più grande d'Italia e Gianni diventa capo reparto. A 20 anni,
ancora minorenne, apre un negozio in via dello Statuto a
Bergamo, luogo dove egli svolge parte della sua attività. Lo
scorso novembre 2015 Gianni Limonta ha festeggiato il 50° anno da
piccolo imprenditore e fotografo indipendente. O come dice lui: 50
anni di marciapiede. Fino a due anni fa questa piccola impresa
impiegava, oltre a Gianni, 8 dipendenti. Gianni ha sempre svolto
commissioni industriali, lavorando per multinazionali americane e
francesi, oltre che italiane. In più, egli si prendeva alcuni mesi
all'anno per viaggiare per il mondo, fare riprese fotografiche e
portare a compimento i suoi progetti che hanno dato origine a decine
di libri fotografici pubblicati da Mondadori.
Limonta inizia a
collezionare macchine fotografiche, grazie al cognato che circa 50
anni fa, quando il negozio aveva appena aperto, gli regalò una
fotocamera folding 6X9 del 1915. Questa fotocamera a soffietto non era di grande valore, ma ebbe il
pregio di solleticare la voglia di conoscere del giovane fotografo e
di possedere altri apparecchi fotografici, ancora più vecchi.
Gianni col passare del tempo diventa sempre più esperto e fino a qualche anno fa, quando
ancora Christie's batteva le rarità fotografiche, si recava almeno
una volta al mese a Londra per comprare ciò che gli mancava, non
solo frequentava le aste inglesi, capitava anche che egli si recasse
a Parigi, o a New York per gli stessi motivi.
Gianni ha visitato tutto
il mondo per fotografare luoghi sperduti da cui trarre le immagini
per le sue numerose pubblicazioni editoriali. Contrariamente a quello
che si possa pensare dice di non voler apparire troppo e di evitare
la pubblicità, è anche un po' riluttante a voler riconoscere il
proprio successo professionale ed economico.
Limonta riconosce che la
propria fortuna a livello collezionistico sia stata proprio d'aver
iniziato tanti anni fa quando ancora era possibile trovare pezzi rari
ed a buon prezzo, se non regalati. Per certe acquisizioni, non si puo'
nemmeno dire che ci sia stato un controvalore economico, per alcune
macchine fotografiche era sufficiente offrire ai proprietari due
“rotolini di film” e l'affare era fatto.
Gomz Sport - Cnopm (1936) - La prima fotocamera reflex 24X36 era russa
Adesso, per iniziare una
collezione bisogna essere milionari, nell'epoca di internet in giro non ci
sono più clienti sprovveduti, mentre nell'epoca d'oro del collezionismo fotografico c'erano solo
i libri e le aste. I non addetti ai lavori nemmeno s'immaginavano che
cosa avevano tra le mani.
A Gianni, nella vita
sembra che sia andato tutto bene: partito da una famiglia di umili
origini, grazie ad un indole particolarmente combattiva ed
intraprendente si fa largo nel mondo, è simpatico, di successo,
piace alle donne e adesso vive in una casa del 1500 che era
diventata troppo caotica per il fatto che c'erano fotocamere di
grandissimo pregio ovunque, anche nel pollaio (Ovviamente, non
buttate lì, ma conservate e protette con la massima cura. Avevo
promesso di non svelare questo dettaglio, ma non ho potuto fare a
meno di rivelarlo perché questo è uno degli aspetti assurdi di
questa strana storia).
Prima d'entrare in
negozio, in vetrina vedo già una gran quantità di materiale
interessante, ci sono un paio di fotocamere stereoscopiche di legno
di fine '800 che mi fanno capire che sono capitato nel posto giusto.
Chiedendo conferma al padrone di casa sull'utilizzo
e l'origine dei pezzi vengo immediatamente sbeffeggiato: <Che
domande mi fai? Certo che sono stereo, se non lo sai sei proprio
ignorante...>. Gianni è fatto così, è un tipo genuino e molto
espressivo, ti dice quello che pensa e difficilmente potrebbe
raccontarti una cosa per un'altra.
Gioia Proiettore Ducati sonoro 16mm sonoro a valvole di colore verde acido
Ducati Gioia anni '50
Appena entrato in
negozio, la prima cosa che vedo è un proiettore cinematografico
sonoro 16mm degli anni '50 della Ducati di un colore verde acido: un
pezzo da 90, come lo definisce Gianni. Mi giro e vedo una bella
reflex biottica fatta a Milano, la vorrei anch'io...
Ma se la vai a prendere,
ammesso di trovarla, ti può costare sicuramente oltre i 2000 euro
perché è un pezzo da battitura d'asta. Quello che determina il
prezzo, come sempre, sono il grado di rarità e lo stato di
conservazione. Per esempio, una Leica IIIC può costare 3-400 euro, ma
se ne si dovesse trovarne una (esageriamo) imballata, in un cassetto,
diventerebbe automaticamente un piccolo tesoro. Sempre in tema Leica, ho recentemente saputo che è in Italia che si trova il più
grande collezionista al mondo di questa marca, con tutti i pezzi in
suo possesso rigorosamente ancora vergini.
Adesso, vi voglio
riportare quanto mi ha detto Gianni Limonta nell'intervista che mi ha
rilasciato in esclusiva, portandomi nel suo ufficio. Tony Graffio
Fairchild Aircraft K17c 1951
Tony Graffio: Gianni
parlami dei tuoi pezzi più belli, quali sono? E soprattutto, sono
ancora tuoi? Sono fisicamente in tuo possesso, oppure li hai venduti? Sai dove si trovano o sono stati
dimenticati da qualche parte?
Gianni Limonta: (Ride)
No, non li ho più io, guarda questa fotografia, vedi dove sono? Sono
dentro ad una serie di cassoni di legno, imballati e pronti a partire
per Shanghai. Otto tonnellate di merce, per un volume che puoi
facilmente giudicare tu, ma guarda che dietro a questi cassoni ce ne
sono altrettanti... Potrei farti un lungo elenco soltanto dei pezzi
unici, ti basti sapere che ho la macchina fotografica di Vittorio
Emanuele III di Savoia, anche se non era niente di speciale, una Zeiss
comunissima...
TG: E come facciamo a
sapere che era proprio la sua?
GL: Perché ce l'ho io
con le fotografie sue, di sua moglie eccetera eccetera... (Nel
frattempo mi mostra un mazzo di fotografie dei suoi pezzi dove ad
occhio e croce ci saranno alcune centinaia di fotocamere). Ho una
macchina fotografica aerea agli infrarossi che pesa 33 Kg della quale
esistono solo due esemplari al mondo. Uno è di proprietà del
Governo degli USA e l'altro ce l'ho io, beh, insomma, era il mio...
Una fotocamera speciale che hanno usato durante la Guerra di Corea.
Poi, avevo le prime cineprese sonore al mondo, le Orafon, costruite da
un ingegnere bergamasco. (Mi mostra la fotografia). Questa l'ho
venduta, le altre le ho regalate, re-ga-la-te (lo dice scandendo bene
le sillabe) al Museo del Cinema di Torino. Le ho date a Marco
Antonetto...
Microcine Orafon 16mm con magazzino da 60 m (1952)
La prima cinepresa sonora capace d'effettuare anche riprese audio professionali era italiana. Costruita ufficialmente in circa 100 esemplari, di cui 48 che furono venduti negli USA, dall'ingegner Remuzzi di Bergamo. La Orafon permetteva di effettuare la ripresa con una o due pellicole per registrare l'audio direttamente in macchina su colonna ottica a densità variabile, oppure in fase di doppiaggio (in questo caso si utilizzavano 2 pellicole, una per l'immagine, l'altra per la pista audio separata). Era una cinepresa molto costosa, in versione sonora il prezzo era di 946000 Lire. Esisteva anche una versione muta ad un prezzo di 162000 Lire Gianni Limonta aveva due di queste cineprese a passo ridotto , acquistate dalle nipoti dell'ingegnere che le ha progettate, una Orafon l'ha donata al Museo del Cinema di Torino.
TG: Allora le hanno
volute... Tanti dicono che anche regalare le cose di valore e le opere d'arte non è facile e se
proponi una collezione a qualche istituzione, ti senti ridere in
faccia.
GL: Nel caso di Marco
Antonetto no, ci conosciamo bene, sai chi è vero? E' un industriale
che ha prodotto anche il famoso digestivo Antonetto ed inoltre è
stato direttore del Museo del Cinema di Torino. Una l'ho
regalata a loro perché ne avevo altre. Sempre restando in campo
cinematografico, ho questa Robot particolarissima (mi mostra un'altra
fotografia) fatta costruire su richiesta della Pirelli con un
magazzino che può caricare pellicola cinematografica e riprendere
filmati a 24 fotogrammi al secondo. Si tratta di una fotocamera
trasformata in cinepresa.
TG: Credo che esista qualche altra Robot per riprese cinematografiche, ma con il motore elettrico, mentre la tua cinepresa con motore a molla potrebbe essere un
prototipo. Così per tanti anni sei andato a caccia di fotocamere in giro per il mondo?
GL: Sì, ma la maggior
parte le ho trovate proprio qui, a Bergamo, me le portavano i clienti. (mi
mostra un'altra fotografia) Questa Debrie è un'altra rarità, l'ho
presa a Londra.
TG: Vuoi dirmi che non era poi così difficile trovare dei pezzi rari qui a Bergamo?
GL: Voglio raccontarti questa storia. Finita la guerra, c'era un ex-militare tedesco, non chiedermi in che arma avesse servito, o dove avesse combattuto, non te lo so dire, era un nazista e diceva di chiamarsi Schmidt. Si era fermato qui a Bergamo per ragioni sue e aveva iniziato a lavorare come fotoriparatore. Quando l'ho conosciuto io aveva già una certa età, era molto bravo ed io gli passavo parecchio lavoro. Un giorno, avendo saputo che io avevo iniziato a collezionare macchine fotografiche Schmidt viene da me. E' una cosa particolare, ti prego di credermi. Mi porta delle macchine fotografiche avvolte in un giornale e mi dice - <Sono macchine fotografiche. Te le regalo.> Sai che cos'erano?
TG: Contax?
GL: Ma vaff... (Pausa) Vedi che tu non te ne intendi? Erano 3 Leica con il caricatore da 250 fotogrammi da 20 milioni di lire l'una! (Pausa) Mi ha regalato 60 milioni di lire. Perché me le ha regalate? Perché non sapeva il loro valore, ecco perché.
TG: Non è possibile che non sapesse d'avere dei pezzi tanto preziosi. Ce ne sono pochissimi in giro.
GL: Me le ha regalate tutte e tre. Ho fatto l'indifferente e gli ho detto: ah grazie. Adesso valgono dai 15 ai 20000 euro, l'una.
TG: 40 anni fa ti hanno fatto questo regalo? Ed hai infilato anche queste nel lotto che hai venduto?
GL: Sì, sì.
TG: Ma alla fine questo Vincent quanto ti ha dato di tutta la tua collezione?
GL: Non mi ricordo...
TG: Forse l'ex-nazista voleva sdebitarsi per il fatto che tu gli passavi tutto quel lavoro che lo aveva fatto vivere...
GL: Tu non hai capito niente. La gente non si rendeva conto. Tutti quelli che mi portavano le macchine di legno e mi dicevano: che cosa me ne faccio? Non ci sono più le lastre, non si può più usare. Solo adesso che vanno a vedere su Google sanno tutto meglio di me, anche la vecchietta di 80 anni quando viene a portarmi la Comet. Io ho avuto la fortuna d'arrivare a 3000 pezzi, non perché fossi milionario, ma perché la gente non capiva niente. Il tedesco non sapeva che le sue Leica valevano una fortuna, non lo sapeva, come tutti gli altri. Io in realtà ho 4000 macchine, ma 1000 me le tengo. Adesso anche se tu fossi miliardario, dove vai a prendere certe macchine? E' impossibile.
TG: Vuoi dirmi che non era poi così difficile trovare dei pezzi rari qui a Bergamo?
GL: Voglio raccontarti questa storia. Finita la guerra, c'era un ex-militare tedesco, non chiedermi in che arma avesse servito, o dove avesse combattuto, non te lo so dire, era un nazista e diceva di chiamarsi Schmidt. Si era fermato qui a Bergamo per ragioni sue e aveva iniziato a lavorare come fotoriparatore. Quando l'ho conosciuto io aveva già una certa età, era molto bravo ed io gli passavo parecchio lavoro. Un giorno, avendo saputo che io avevo iniziato a collezionare macchine fotografiche Schmidt viene da me. E' una cosa particolare, ti prego di credermi. Mi porta delle macchine fotografiche avvolte in un giornale e mi dice - <Sono macchine fotografiche. Te le regalo.> Sai che cos'erano?
TG: Contax?
GL: Ma vaff... (Pausa) Vedi che tu non te ne intendi? Erano 3 Leica con il caricatore da 250 fotogrammi da 20 milioni di lire l'una! (Pausa) Mi ha regalato 60 milioni di lire. Perché me le ha regalate? Perché non sapeva il loro valore, ecco perché.
TG: Non è possibile che non sapesse d'avere dei pezzi tanto preziosi. Ce ne sono pochissimi in giro.
GL: Me le ha regalate tutte e tre. Ho fatto l'indifferente e gli ho detto: ah grazie. Adesso valgono dai 15 ai 20000 euro, l'una.
TG: 40 anni fa ti hanno fatto questo regalo? Ed hai infilato anche queste nel lotto che hai venduto?
GL: Sì, sì.
Mars 1893 Detective Camera in mogano con lastre a caduta per effettuare più scatti.
La targhetta Guy De Coral & Co. si riferisce al produttore dell'obiettivo.
TG: Ma alla fine questo Vincent quanto ti ha dato di tutta la tua collezione?
GL: Non mi ricordo...
TG: Forse l'ex-nazista voleva sdebitarsi per il fatto che tu gli passavi tutto quel lavoro che lo aveva fatto vivere...
Lamberti Garbagnati 18X24 1900
GL: Tu non hai capito niente. La gente non si rendeva conto. Tutti quelli che mi portavano le macchine di legno e mi dicevano: che cosa me ne faccio? Non ci sono più le lastre, non si può più usare. Solo adesso che vanno a vedere su Google sanno tutto meglio di me, anche la vecchietta di 80 anni quando viene a portarmi la Comet. Io ho avuto la fortuna d'arrivare a 3000 pezzi, non perché fossi milionario, ma perché la gente non capiva niente. Il tedesco non sapeva che le sue Leica valevano una fortuna, non lo sapeva, come tutti gli altri. Io in realtà ho 4000 macchine, ma 1000 me le tengo. Adesso anche se tu fossi miliardario, dove vai a prendere certe macchine? E' impossibile.
TG: Hai avuto praticamente
tutto, o c'era qualcosa che cercavi perché ti mancava?
GL: Figurati, ce n'erano
di macchine che avrei voluto avere... Le cifre però erano già
diventate astronomiche, fuori dalla mia portata.
TG: Che cosa ti
appassionava di più?
GL: Questa è una domanda
ovvia. Cercavo le fotocamere di legno, le primissime insomma, quelle
con cui è stata fatta la storia della fotografia. Le fotocamere
artigianali, non quelle industriali. Sai che dopo il 1915 la Eastman
Kodak ha iniziato a costruire le folding a livello industriale. Io
cercavo i pezzi unici, anche da studio, la Garbagnati, la Lamberti,
eccetera, quelle sono le macchine più ricercate, anche perché non
ne esistono due esemplari uguali. Questa è la cosa che più mi ha
impressionato.
TG: Parlando d'artigiani
dei nostri giorni, Gibellini sai chi è? Lo conosci?
GL: Certo.
TG: Cosa pensi di lui? Ti
sembra che faccia dei bei lavori?
GL: Certo, guarda che le
macchine fotografiche italiane, incredibilmente, perché ce ne sono
poche, sono sempre state le più richieste al mondo. In Italia, molti
collezionisti raccolgono solo macchine italiane perché sono
pregiatissime e valgono moltissimo, proprio perché ce n'erano poche
ed erano fatte benissimo.
TG: Quindi tu hai
acquistato i tuoi pezzi principalmente in Italia?
GL: Sì, in Italia. Pezzi
di un certo valore magari li ho trovati all'estero, ma come quantità,
principalmente in Italia.
Visore stereo Taxiphote 1915
TG: Sei mai stato a
Bièvre?
GL: No. So come vanno le
cose lì, ma non ci sono mai stato.
TG: Come mai ti è venuta
quest'idea di vendere?
GL: Per problemi di
spazio, per ragioni d'età e per il fatto che non ho eredi. Non è
che posso dire ho venti macchine regalo tutto a mio nipote o ad un
amico o al primo che passa. Cosa ne fai di tutta quella roba lì?
Intanto ci vuole uno spazio enorme e adatto, per conservare il tutto
al meglio. Io tenevo quasi tutto in casa mia in sistemi anti-polvere,
anti-umidità e anti-tutto, ti faccio vedere...
I documenti che autorizzano l'esportazione della Collezione Limonta sono stati approvati da Emanuela Daffra direttrice dei Servizi Educativi e dell'Ufficio Esportazione dei Beni Culturali della Sopraintendenza di Brera
(Sotto la borsa gialla Nikon)
TG: L'idea di fare un
museo ti ha mai sfiorato?
GL: Fare un museo per me
era impossibile.
TG: Hai contattato le
istituzioni per proporre qualcosa del genere?
GL: Sì, le ho
contattate, ma non c'è stato niente da fare.
TG: Chi hai contattato?
GL: Il Comune, il
Presidente della Provincia, l'Università e tutti i grossi
industriali della zona.
TG: Ti avrebbero pagato
qualcosa, o non volevano la tua collezione nemmeno in regalo?
GL: Neanche in regalo.
TG: Perché per loro
sarebbe diventato un costo?
GL: Bravissimo!
TG: Gianni, scusami se
insisto...
GL: Insisti, non c'è
problema!
TG: Quando hai iniziato a
fare questa proposta?
GL: Due anni fa. (Chiama
un suo dipendente per averne conferma perché talvolta ha dei dubbi
sulle date).
TG: Come hai fatto a
trovare un compratore? Hai fatto un annuncio? Nell'ambiente ti
conoscevano?
GL: Noooo!
TG: E allora come ti è
arrivata questa proposta da Shanghai?
GL: Per combinazione. Una
sera ero insieme ad un carissimo amico che ringrazio ancora adesso.
Si tratta di un grosso dirigente di un'azienda chimica italiana che
ha contatti con la Cina ed ha un dipendente cinese che cura gli
interessi in Cina. Eravamo a casa mia ed era presente anche questo
cinese. Parlavamo del più e del meno, poi a tavola capita anche di
bere un po' e di dire delle grandi cavolate... Così, ti giuro, come
se fosse una battuta, mi è capitato di dire: tu che conosci tanti
industriali cinesi, non conosci qualcuno che vuole la mia collezione?
Mi ha chiesto quanto volevo ed io ho buttato lì una cifra. Dopo due
mesi ricevo una telefonata... (Batte le mani per farmi capire che ha
concluso in un attimo).
TG: E la tua cifra andava
bene?
GL: Non ho sentito....
(Fa l'indiano)
TG: Non c'è stata
nemmeno un po' di trattativa?
GL: Assolutamente no,
nemmeno un centesimo di euro.
TG: Quindi gli avevi
fatto una buona offerta?
GL: Non ho sentito...
Continuo a fare
supposizioni per qualche minuto, Gianni gentilmente, ma in maniera
irremovibile, rimane totalmente evasivo. La mia idea è che egli ne
abbia tratto un buon guadagno, ma non posso affermare questa cosa con
certezza, anche se la sua espressione è piuttosto soddisfatta.
TG: Ti dispiace
distaccarti dalle tue macchine fotografiche?
GL: Certo!
TG: Son pur sempre 8
tonnellate della tua vita che se ne vanno: 3000 pezzi, o no?
GL: Sì, è vero, un bel
pezzo della mia vita! Macchine d'oro, di platino, edizioni speciali,
Leica, di tutto!
TG: 3000 pezzi in un
blocco unico?
GL: Certo! (Abbassa la
voce e mi fa un segno per avvicinarmi a lui) E senza nemmeno che il
compratore le vedesse... Incredibile!
TG: Senza vederle?
GL: Ma questo non dirlo
perché non ci crederà nessuno... Sai che quando lo dico ai
miei amici non ci credono nemmeno loro?
TG: Almeno questo
compratore l'hai conosciuto?
GL: Dopo! (Pausa) Non le
ha viste nemmeno in fotografia!
Lo guardo con aria molto
interrogativa. Con me avevo un testimone che rimane altrettanto
esterrefatto... Gianni deve aver intuito il nostro stato d'animo
perché dopo aggiunge altre spiegazioni.
GL: C'è un motivo...
TG: Spero bene perché in
effetti questa è una storia già abbastanza strana, anche senza
dover aggiungere questi particolari.
GL: Allora, te lo spiego
brevissimamente (intanto continua a sfogliare il mazzo delle
fotografie che ormai sono il feticcio della sua collezione), ti
faccio rivedere la fotografia del container... E' giusto, altrimenti cosa puoi capire?
TG: E' in queste casse
tutta la tua collezione?
GL: Sei file di queste
casse riempiono 12 container.
TG: Partirà tutto via
nave?
GL: No, il carico viaggerà
per via aerea, per evitare l'umidità, la salsedine ed altri agenti
di disturbo per i materiali con cui sono state costruite le
fotocamere.
TG: Adesso dimmi per
favore, com'è possibile vendere tutto senza che il compratore
controlli la merce?
GL: Va bene. Queste
macchine fotografiche le ho vendute lo scorso 24/25 agosto, circa 4
mesi fa, anche questa è una bella storia, ma in realtà questo lotto
l'avevo già venduto un anno e mezzo prima ad una donna che dicono sia
una delle 5 o 10 persone più potenti della Cina. Lei le ha viste, è
stata a casa mia, le sono piaciute e le ha volute. Prima di tornare
in Cina mi ha chiesto di preparare tutto per la spedizione, ed io che
cosa ho fatto? Le ho imballate e le ho fatte portare dallo
spedizioniere. Passano i mesi ed io non so più niente di questa
donna che chiameremo Cristina, perché come sai, i cinesi si danno un
nome occidentale quando hanno rapporti commerciali con l'Occidente. Lei aveva preso proprio un nome italiano. Due mesi e non ricevo
risposta, tre mesi e non ricevo risposta, non so più niente di
questa donna. Ad un'ultima email inviatale per sapere quando spedire i
container, ho avuto indicazioni per le quali mi sarebbe arrivata una
risposta, a breve. Ricevo un'email dove c'era scritto che Cristina non
voleva più la mia collezione per motivi di salute. Questa donna era
gravemente malata. Cristina poi mi ha scritto personalmente una
lettera commovente spiegandomi la sua situazione ed anche altre
cose (che TG ha promesso di non divulgare). Passano i mesi, ma non mi
sono sentito di spostare il carico dal capannone del corriere e tutto
rimane ad Osio. Per un'altra combinazione, lo stesso cinese che ha a che fare con l'industria chimica del mio caro amico è a cena con
alcuni industriali. Oltre a lui, sono presenti la
Cristina e accanto a lei un altro industriale cinese che chiameremo
Vincent. Quella sera, parlando di varie cose che li riguardavano, parlano della mia collezione e Vincent afferma di voler
comprare tutto il mio materiale. Il cinese che fa da intermediario lo
mette in contatto con me ed io riesco a vendere la mia collezione
senza nemmeno fargli vedere quello che comprava. Naturalmente,
Cristina sapeva cosa aveva precedentemente visionato e ne aveva
parlato con Vincent, lui s'era fidato della sua amica e di me.
TG: Questo Vincent ha
proceduto all'acquisto per se stesso? O per creare un museo?
GL: Vincent ha detto di
essere in debito col Comune di Shanghai, per questo motivo ha
intenzione di ampliare il museo già esistente in quella città.
TG: Era un progetto già
in corso, oppure è stata un'idea di Vincent?
GL: No, questa è stata
un'idea di Vincent, anche se non è ancora ben chiaro come verrà
messa in pratica.
TG: Che cosa potrebbe
accadere a Shanghai secondo te?
GL: A Shanghai sono in
dubbio sul da farsi, o meglio, Vincent deve decidere perché è lui il
proprietario della collezione ed è lui che darà i soldi per il
museo. Io penso che la strada più percorribile sarà
quella dell'ampliamento del museo, anche perché si tratta di una
struttura abbastanza nuova e ricca di tecnologia, luci, atmosfere
eccetera, ma con un contenuto storico fotografico che non è il
massimo. Cosa di cui sono consapevoli loro stessi. Adesso che è
stata fatta questa acquisizione però, non è detto che non si faccia
qualcosa di diverso. In ogni caso si prevede d'ampliare tutto con una
scuola di fotografia, una scuola di cinematografia, una scuola di
grafica, una sala convegni, una sala di proiezione, una sala per le
mostre... Ma potrebbero perfino decidere di ricostruire tutto ex-novo.
TG: Diventerebbe un luogo
di grande rilevanza internazionale...
GL: Certo! E' questo che
mi ha soddisfatto di aver fatto questa scelta e mi ha convinto a distaccarmi dalle
mie cose. Sono contento che sia andata così.
TG: In più, tu avrai una
bella carica all'interno di questo progetto...
GL: Sarò il presidente
onorario e la collezione conserverà il mio nome...
TG: E' una bella storia.
GL: Sì, anche per
Cristina le cose sembra che stiano andando bene, dopo che è stata ospite a casa mia è rimasta in Europa per farsi curare.
TG: Gianni, se puoi dirmelo, mi piacerebbe sapere quando avverrà la spedizione, è già stata definita una data?
GL: No, non ancora, dovrebbero partire presto, ma che i container restino qui un mese, un anno, o due per me non ha importanza, cerca di capire, quando sarà pronto il museo se ne riparlerà.
TG: Non si rovinano le macchine a stare ferme in deposito?
GL: No, tutto è conservato in un ambiente stupendo in un capannone a Osio, qui vicino.
TG: Tua moglie sarà stata felice quando gli hai liberato la casa da tutto il tuo materiale, vero?
GL: Sì, hai ragione, (cambia un po' espressione ed ha un sorriso un po' amaro) se vuoi te lo faccio dire da lei... avevo roba dappertutto, anche in garage.
TG: E' una cosa normale, tutti usano il garage come magazzino.
GL: Sarà anche normale... Ma vallo a dire a mia moglie.
TG: Invece, di te come fotografo che cosa possiamo dire? Ti sei specializzato in qualcosa? Che cosa ti piace fotografare?
GL: Io penso d'essere uno dei pochi fotografi al mondo che possono essere definiti polivalenti. Sono un polifotografo.
TG: Polifotografo? Dalla fotografia aerea, alla subacquea? Io ho lavorato per un documentarista che faceva il parasub...
GL: Io non ho solo questo studio eh! Io ho anche un altro spazio di 350 mq. Ho un limbo fisso di gesso come penso ce ne siano pochi in Italia di m 7 X 3,5. Ho lavorato a livello industriale, di reportage...
TG: Ed hai viaggiato nel mondo per passione?
GL: Sì e logicamente univo l'utile al dilettevole facendo fotografie stupende nei luoghi più belli. Ho iniziato subito a viaggiare, fin da quando avevo 21 anni, poi facendo viaggi più lunghi e stando via più tempo, ho abbinato lo svago al lavoro. Minimo stavo in viaggio un mese o due all'anno. Ho fotografato tutto, come hai visto nel mio libro dalla Libia alla Siria. Solo in quei paesi, ci sono tornato almeno 20 volte per fare un buon lavoro.
TG: Stai continuando a lavorare adesso?
GL: Sì, molto meno, anzi molto, ma molto meno, non io: tutti. Perché il digitale ha distrutto tutto.
TG: Ha tolto professionalità?
GL: Indubbiamente, ma principalmente il digitale ha ucciso il mercato, adesso tutti sono fotografi e per lavorare basta calare le mutande... Io grazie a Dio, alla mia età, questo non lo faccio: se non mi dai quello che ti chiedo, vai da un'altra parte. Sai, una volta lavorava chi era bravo, adesso lavora chi costa poco. Questa è una cruda verità. Io ho perso molti lavori industriali di ditte grosse, pur essendo tutt'ora amico dei proprietari anche se l'ultima volta mi hanno chiamato, non era per fare il servizio fotografico, ma per allestire una piccola sala di posa da far utilizzare al primo impiegato che capita. Questo è capitato anche alla B.B. la più grande industria del mondo. Lasciamo perdere quello che io fatturavo con loro, adesso io ho allestito per loro (ride), una beffa vero? Uno studio tutto loro, a mio danno. Non importa se mancano le luci, se è tutto storto, o se ci sono altri problemi, tanto con Photoshop poi correggono quasi tutto. Sai benissimo, tu che vieni da Milano, che moltissimi fotografi e addirittura gli studi hanno chiuso... Ma non gli ultimi arrivati, anche studi molto importanti e di una certa levatura sono rimasti senza lavoro. Uno studio serio poi dev'essere grande per lavorare, ma senza lavoro non riesce a sostenersi e neppure a pareggiare le spese. La moda non c'è più, l'industria non lavora.
Poi, saranno successe tante cose ad influenzare il mercato, l'arrivo dei russi e dei cinesi che hanno comprato tutto, ma fondamentalmente la colpa è del digitale. Ti faccio un esempio, io ero molto, ma molto amico di Trussardi, oltre ad essere un mio cliente, noi abbiamo fatto dei libri insieme, avevamo un ottimo rapporto. Dopo che Nicola è mancato s'è occupato dell'azienda il figlio. Una sera eravamo a cena insieme e gli chiedo come mai da un po' di tempo non mi chiamavano più. Sai che cosa mi ha risposto Francesco, il figlio di Nicola, adesso scomparso anche lui?
TG: ...
GL: - <La colpa è tua Gianni>. Ho pensato d'aver sbagliato qualcosa, però è strano perché loro, da bergamaschi, me l'avrebbero detto in faccia... - <Ti ricordi quando hai regalato la fotocamera digitale alla mamma?>. Ah, da lì ho capito. Dodici o tredici anni fa avevo regalato una delle più belle reflex in circolazione a Maria Luisa Gavazzeni. Lascia perdere che le ditte invece di 100 adesso spendono 10, la causa principale del disastro del settore fotografico è stato l'avvento della tecnologia digitale. Tutte le fotografie digitali dei più grandi fotografi del mondo sono artefatte. Guarda il Calendario Pirelli, ogni immagine è ritoccata, elaborata, modificata, quello che ti dico te lo posso assicurare con matematica e assoluta sicurezza. Figurati che conosco anche il budget e tutto quello che spendono.
TG: In linea di massima potrei anche essere d'accordo con te su questi argomenti, ma a livello di qualità e definizione, il digitale fa paura, non trovi? Pensa anche alla stampa tipografica di 50 anni fa e a come vengono stampate le riviste oggi... E' vero che non le compra più nessuno, ma le immagini a colori sono stupende, non credi?
GL: Sì, è vero, adesso la qualità è molto alta, escluso il bianco e nero però. Scusa l'immodestia, io faccio il fotografo, ma tra il bianco e nero analogico e quello digitale, puoi chiudermi anche tutti e due gli occhi ed io li so distinguere. Nel colore è diverso.
TG: Beh, la grana aiuta molto a capire che cosa è stato fotografato con la pellicola...
GL: Sì, vero, ma non è solo la grana.
TG: Mi sembra di capire che per il bianco e nero preferisci la pellicola...
GL: Io in bianco e nero continuo ad usare solo la pellicola, certo. I miei lavori personali sono tutti fotografati con la pellicola, anche a colori. Per i lavori su commissione, se non li fai in digitale ti cacciano.
TG: Sinceramente, la qualità del digitale stupisce anche me, ma per il bianco e nero sono d'accordo, è meglio la pellicola.
GL: Certo, negli ultimi anni ci sono stati grandi progressi, ma è un'immagine diversa. Io ho un bell'archivio e se devo ristampare un vecchio negativo di 20 o 30 anni fa, ti confesso che lo faccio digitalizzare per ristamparlo con una stampante a getto d'inchiostro; almeno posso correggere graffi ed altri problemi di vecchiaia, ma l'immagine è diversa, non c'è niente da fare.
TG: Cosa pensi del fatto che molti fotografi si stiano convertendo in stampatori?
GL: No, ci sono tanti fotografi perché col digitale sono tutti fotografi ed ogni giorno ne nascono come i funghi... Per forza, adesso è facile!
TG: Io volevo arrivare a dire che tu sei nato come stampatore per diventare fotografo...
GL: E' vero, io ho iniziato come stampatore 57 anni fa, facevo anche lo sviluppo, e mi piaceva. Qua sotto lo studio avevo un grosso laboratorio che stampava in B/N per Sian, Pepi Merisio, Montanesi e tanti altri. Per la Mondadori e l'Electa, stampavo io personalmente, insieme alle stampatrici. Alla fine ho smesso perché preferivo uscire per andare a fotografare. Ho sempre continuato a dare le indicazioni ai miei dipendenti.
TG: Tu hai fatto la gavetta, o hai frequentato qualche scuola?
GL: Io sono autodidatta, ma figurati che adesso i cinesi vogliono che io allestisca il loro museo, una volta pronto, con luci e tutto il resto. Deve essere immerso nel buio con delle luci sagomate sui soggetti.
TG: Nella tua collezione ci sono tante cineprese...
GL: Non tantissime però...
TG: Sei appassionato anche di cinema?
GL: Mmm (resta indeciso a lungo), no sempre e solo della macchina fotografica.
TG: Allora i pezzi che hai recuperato erano delle occasioni?
GL: Sì, certo, se capita le prendo, fanno anche quelle parte della storia della fotografia, anche se sono due rami completamente diversi. Chiaro che se mi capita una cinepresa o un proiettore dell'800 lo prendo. Lo compro eccome!
TG: Qual'è l'ultimo libro di viaggi che hai pubblicato?
GL: L'Egitto, tre anni fa, poi ho smesso di farli perché il mio finanziatore era l'ingegner Pesenti di Italcementi che recentemente ha venduto l'attività ai concorrenti tedeschi, quindi fine della storia.
TG: Qual'è il posto più bello che hai visto, e che hai fotografato?
GL: Tutto il mondo è bello, però quello che mi è rimasto nel cuore è proprio l'Egitto. Ultimamente ci sono rimasto 8 mesi.
TG: La macchina fotografica che non hai voluto vendere?
GL: Le mie 2 prime fotocamere. Una Durst 24X36 che ad esagerare può valere 100 euro e l'altra è stata la mia prima macchina professionale: una Rolleiflex biottica grandangolare, una macchina eccezionale che, se la vendessi, potrei ricavare 4-5, o anche 6000 euro. Ma non la darei via nemmeno se mi sparassero. A casa mia adesso trovi solo queste due fotocamere.
TG: Magari tornerò a trovarti in futuro, Gianni.
GL: Quando vuoi, Tony.
TG: Anche perché sono convinto che adesso che hai chiuso con le fotocamere sei a rischio d'incominciare qualche nuova collezione... Magari di qualcosa che occupi meno spazio... O no?
GL: Guarda che è già da un anno e mezzo che colleziono.
TG: Cosa?
GL: Tutto quello che mi capita, guarda il mio nuovo acquisto, si tratta di una chicca unica al mondo!
TG: Questo che cos'è un microscopio antico?
GL: Un micro-proiettore, una chicca incredibile in uno stato di conservazione eccezionale. L'ho trovato in Inghilterra.
TG: Allora vuoi proprio ricominciare?
GL: Solo ieri (4 gennaio 2015 ndTG) s'è saputo della mia vendita, ma già mi stanno arrivando delle email che mi propongono degli acquisti, voglio leggerti questa lettera che mi hanno spedito dalla Puglia: "La contatto perché è riuscito a vendere la sua collezione all'estero, per questo motivo desidero informarla di essere in possesso di una pregevole collezione di strumenti del pre-cinema e della fotografia risalenti alla fine del 1800-inizi '900. Nello specifico trattasi di 2 esemplari unici di lanterne magiche triple, di cui una battuta da Christie's; un praxinoscope; un megaletoscopio; un panteoscopio e tanto altro..."
TG: Ti hanno gettato l'amo e tu che cosa farai?
GL: Ho detto a Marco, un mio collaboratore, di rispondere a questa persona per farmi mandare delle fotografie. Senza vedere la merce, lo sai anche tu, non si può fare niente...
N.B. Le immagini pubblicate, concesse da Gianni Limonta, mostrano fotocamere, cineprese e proiettori della Collezione Limonta
You can find a brief of this story on ORPHO
"Quando proverete ad offrire gratis tutta la vostra collezione ad un Comune o ad un qualsiasi ente pubblico e vi rideranno in faccia, capirete che il mio acquirente cinese è un benefattore." Gianni Limonta
Questa storia ha un seguito:
TG: Gianni, se puoi dirmelo, mi piacerebbe sapere quando avverrà la spedizione, è già stata definita una data?
GL: No, non ancora, dovrebbero partire presto, ma che i container restino qui un mese, un anno, o due per me non ha importanza, cerca di capire, quando sarà pronto il museo se ne riparlerà.
TG: Non si rovinano le macchine a stare ferme in deposito?
GL: No, tutto è conservato in un ambiente stupendo in un capannone a Osio, qui vicino.
TG: Tua moglie sarà stata felice quando gli hai liberato la casa da tutto il tuo materiale, vero?
GL: Sì, hai ragione, (cambia un po' espressione ed ha un sorriso un po' amaro) se vuoi te lo faccio dire da lei... avevo roba dappertutto, anche in garage.
TG: E' una cosa normale, tutti usano il garage come magazzino.
GL: Sarà anche normale... Ma vallo a dire a mia moglie.
TG: Invece, di te come fotografo che cosa possiamo dire? Ti sei specializzato in qualcosa? Che cosa ti piace fotografare?
GL: Io penso d'essere uno dei pochi fotografi al mondo che possono essere definiti polivalenti. Sono un polifotografo.
TG: Polifotografo? Dalla fotografia aerea, alla subacquea? Io ho lavorato per un documentarista che faceva il parasub...
GL: Io non ho solo questo studio eh! Io ho anche un altro spazio di 350 mq. Ho un limbo fisso di gesso come penso ce ne siano pochi in Italia di m 7 X 3,5. Ho lavorato a livello industriale, di reportage...
TG: Ed hai viaggiato nel mondo per passione?
GL: Sì e logicamente univo l'utile al dilettevole facendo fotografie stupende nei luoghi più belli. Ho iniziato subito a viaggiare, fin da quando avevo 21 anni, poi facendo viaggi più lunghi e stando via più tempo, ho abbinato lo svago al lavoro. Minimo stavo in viaggio un mese o due all'anno. Ho fotografato tutto, come hai visto nel mio libro dalla Libia alla Siria. Solo in quei paesi, ci sono tornato almeno 20 volte per fare un buon lavoro.
TG: Stai continuando a lavorare adesso?
GL: Sì, molto meno, anzi molto, ma molto meno, non io: tutti. Perché il digitale ha distrutto tutto.
TG: Ha tolto professionalità?
GL: Indubbiamente, ma principalmente il digitale ha ucciso il mercato, adesso tutti sono fotografi e per lavorare basta calare le mutande... Io grazie a Dio, alla mia età, questo non lo faccio: se non mi dai quello che ti chiedo, vai da un'altra parte. Sai, una volta lavorava chi era bravo, adesso lavora chi costa poco. Questa è una cruda verità. Io ho perso molti lavori industriali di ditte grosse, pur essendo tutt'ora amico dei proprietari anche se l'ultima volta mi hanno chiamato, non era per fare il servizio fotografico, ma per allestire una piccola sala di posa da far utilizzare al primo impiegato che capita. Questo è capitato anche alla B.B. la più grande industria del mondo. Lasciamo perdere quello che io fatturavo con loro, adesso io ho allestito per loro (ride), una beffa vero? Uno studio tutto loro, a mio danno. Non importa se mancano le luci, se è tutto storto, o se ci sono altri problemi, tanto con Photoshop poi correggono quasi tutto. Sai benissimo, tu che vieni da Milano, che moltissimi fotografi e addirittura gli studi hanno chiuso... Ma non gli ultimi arrivati, anche studi molto importanti e di una certa levatura sono rimasti senza lavoro. Uno studio serio poi dev'essere grande per lavorare, ma senza lavoro non riesce a sostenersi e neppure a pareggiare le spese. La moda non c'è più, l'industria non lavora.
Poi, saranno successe tante cose ad influenzare il mercato, l'arrivo dei russi e dei cinesi che hanno comprato tutto, ma fondamentalmente la colpa è del digitale. Ti faccio un esempio, io ero molto, ma molto amico di Trussardi, oltre ad essere un mio cliente, noi abbiamo fatto dei libri insieme, avevamo un ottimo rapporto. Dopo che Nicola è mancato s'è occupato dell'azienda il figlio. Una sera eravamo a cena insieme e gli chiedo come mai da un po' di tempo non mi chiamavano più. Sai che cosa mi ha risposto Francesco, il figlio di Nicola, adesso scomparso anche lui?
TG: ...
GL: - <La colpa è tua Gianni>. Ho pensato d'aver sbagliato qualcosa, però è strano perché loro, da bergamaschi, me l'avrebbero detto in faccia... - <Ti ricordi quando hai regalato la fotocamera digitale alla mamma?>. Ah, da lì ho capito. Dodici o tredici anni fa avevo regalato una delle più belle reflex in circolazione a Maria Luisa Gavazzeni. Lascia perdere che le ditte invece di 100 adesso spendono 10, la causa principale del disastro del settore fotografico è stato l'avvento della tecnologia digitale. Tutte le fotografie digitali dei più grandi fotografi del mondo sono artefatte. Guarda il Calendario Pirelli, ogni immagine è ritoccata, elaborata, modificata, quello che ti dico te lo posso assicurare con matematica e assoluta sicurezza. Figurati che conosco anche il budget e tutto quello che spendono.
TG: In linea di massima potrei anche essere d'accordo con te su questi argomenti, ma a livello di qualità e definizione, il digitale fa paura, non trovi? Pensa anche alla stampa tipografica di 50 anni fa e a come vengono stampate le riviste oggi... E' vero che non le compra più nessuno, ma le immagini a colori sono stupende, non credi?
GL: Sì, è vero, adesso la qualità è molto alta, escluso il bianco e nero però. Scusa l'immodestia, io faccio il fotografo, ma tra il bianco e nero analogico e quello digitale, puoi chiudermi anche tutti e due gli occhi ed io li so distinguere. Nel colore è diverso.
TG: Beh, la grana aiuta molto a capire che cosa è stato fotografato con la pellicola...
GL: Sì, vero, ma non è solo la grana.
TG: Mi sembra di capire che per il bianco e nero preferisci la pellicola...
GL: Io in bianco e nero continuo ad usare solo la pellicola, certo. I miei lavori personali sono tutti fotografati con la pellicola, anche a colori. Per i lavori su commissione, se non li fai in digitale ti cacciano.
TG: Sinceramente, la qualità del digitale stupisce anche me, ma per il bianco e nero sono d'accordo, è meglio la pellicola.
GL: Certo, negli ultimi anni ci sono stati grandi progressi, ma è un'immagine diversa. Io ho un bell'archivio e se devo ristampare un vecchio negativo di 20 o 30 anni fa, ti confesso che lo faccio digitalizzare per ristamparlo con una stampante a getto d'inchiostro; almeno posso correggere graffi ed altri problemi di vecchiaia, ma l'immagine è diversa, non c'è niente da fare.
TG: Cosa pensi del fatto che molti fotografi si stiano convertendo in stampatori?
GL: No, ci sono tanti fotografi perché col digitale sono tutti fotografi ed ogni giorno ne nascono come i funghi... Per forza, adesso è facile!
TG: Io volevo arrivare a dire che tu sei nato come stampatore per diventare fotografo...
GL: E' vero, io ho iniziato come stampatore 57 anni fa, facevo anche lo sviluppo, e mi piaceva. Qua sotto lo studio avevo un grosso laboratorio che stampava in B/N per Sian, Pepi Merisio, Montanesi e tanti altri. Per la Mondadori e l'Electa, stampavo io personalmente, insieme alle stampatrici. Alla fine ho smesso perché preferivo uscire per andare a fotografare. Ho sempre continuato a dare le indicazioni ai miei dipendenti.
TG: Tu hai fatto la gavetta, o hai frequentato qualche scuola?
GL: Io sono autodidatta, ma figurati che adesso i cinesi vogliono che io allestisca il loro museo, una volta pronto, con luci e tutto il resto. Deve essere immerso nel buio con delle luci sagomate sui soggetti.
Ercules TLC 1900 circa
TG: Nella tua collezione ci sono tante cineprese...
GL: Non tantissime però...
TG: Sei appassionato anche di cinema?
GL: Mmm (resta indeciso a lungo), no sempre e solo della macchina fotografica.
TG: Allora i pezzi che hai recuperato erano delle occasioni?
GL: Sì, certo, se capita le prendo, fanno anche quelle parte della storia della fotografia, anche se sono due rami completamente diversi. Chiaro che se mi capita una cinepresa o un proiettore dell'800 lo prendo. Lo compro eccome!
TG: Qual'è l'ultimo libro di viaggi che hai pubblicato?
GL: L'Egitto, tre anni fa, poi ho smesso di farli perché il mio finanziatore era l'ingegner Pesenti di Italcementi che recentemente ha venduto l'attività ai concorrenti tedeschi, quindi fine della storia.
TG: Qual'è il posto più bello che hai visto, e che hai fotografato?
GL: Tutto il mondo è bello, però quello che mi è rimasto nel cuore è proprio l'Egitto. Ultimamente ci sono rimasto 8 mesi.
TG: La macchina fotografica che non hai voluto vendere?
GL: Le mie 2 prime fotocamere. Una Durst 24X36 che ad esagerare può valere 100 euro e l'altra è stata la mia prima macchina professionale: una Rolleiflex biottica grandangolare, una macchina eccezionale che, se la vendessi, potrei ricavare 4-5, o anche 6000 euro. Ma non la darei via nemmeno se mi sparassero. A casa mia adesso trovi solo queste due fotocamere.
TG: Magari tornerò a trovarti in futuro, Gianni.
GL: Quando vuoi, Tony.
TG: Anche perché sono convinto che adesso che hai chiuso con le fotocamere sei a rischio d'incominciare qualche nuova collezione... Magari di qualcosa che occupi meno spazio... O no?
GL: Guarda che è già da un anno e mezzo che colleziono.
TG: Cosa?
GL: Tutto quello che mi capita, guarda il mio nuovo acquisto, si tratta di una chicca unica al mondo!
Gianni Limonta e la sua ultima "chicca", il Precision Micro-Projector Fkatters & Garnett di Manchester, un microscopio-proiettore degli anni '20 del XX secolo.
TG: Questo che cos'è un microscopio antico?
GL: Un micro-proiettore, una chicca incredibile in uno stato di conservazione eccezionale. L'ho trovato in Inghilterra.
TG: Allora vuoi proprio ricominciare?
GL: Solo ieri (4 gennaio 2015 ndTG) s'è saputo della mia vendita, ma già mi stanno arrivando delle email che mi propongono degli acquisti, voglio leggerti questa lettera che mi hanno spedito dalla Puglia: "La contatto perché è riuscito a vendere la sua collezione all'estero, per questo motivo desidero informarla di essere in possesso di una pregevole collezione di strumenti del pre-cinema e della fotografia risalenti alla fine del 1800-inizi '900. Nello specifico trattasi di 2 esemplari unici di lanterne magiche triple, di cui una battuta da Christie's; un praxinoscope; un megaletoscopio; un panteoscopio e tanto altro..."
TG: Ti hanno gettato l'amo e tu che cosa farai?
GL: Ho detto a Marco, un mio collaboratore, di rispondere a questa persona per farmi mandare delle fotografie. Senza vedere la merce, lo sai anche tu, non si può fare niente...
Bell & Howell Filmo 75
Lancart XYZ (1935)
Ticka (1905)
Parte della Collezione Limonta
N.B. Le immagini pubblicate, concesse da Gianni Limonta, mostrano fotocamere, cineprese e proiettori della Collezione Limonta
You can find a brief of this story on ORPHO
"Quando proverete ad offrire gratis tutta la vostra collezione ad un Comune o ad un qualsiasi ente pubblico e vi rideranno in faccia, capirete che il mio acquirente cinese è un benefattore." Gianni Limonta
Questa storia ha un seguito:
Comprare o no una Fairchild Aircraft K17C? Risponde Gianni Limonta che ci racconta anche della sua nuova passione e delle manie dei collezionisti
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