lunedì 22 ottobre 2018

Altri chiarimenti sul cine-scanner di Matteo Ricchetti e sulla sua attuale evoluzione (Scan35)

Tony Graffio: Matteo, qui nel tuo rifugio/laboratorio sui monti a ridosso di Genova ti sei un po' isolato dal mondo, forse per vivere in tranquillità e sperimentare varie soluzioni tecnologiche che difficilmente vengono prese in considerazione da individui singoli. In passato hai pensato e sviluppato uno scanner cinematografico del quale ci hai già raccontato le impressionanti qualità; che cosa è accaduto in questo periodo di tempo in cui non ci siamo visti? Ci sono stati degli sviluppi? È un'attività che vuoi rendere redditizia e proporti commercialmente al pubblico, oppure è soltanto una sfida con te stesso?

Matteo Ricchetti: Il progetto è nato come un'evoluzione dei telecinema che ho realizzato in passato, fin dagli anni '80 e '90, che si basavano su proiettori cinematografici modificati, sincronizzati con le telecamere e a queste accoppiati. Poiché dispongo di molto materiale d'archivio, sia familiare che professionale, nei formati 16mm e, in piccola parte, in Super8 e avevo a disposizione più spazio e più tempo da dedicare alla realizzazione di qualcosa di nuovo, da quando mi sono trasferito in montagna ho iniziato a lavorare ad un primo scanner multiformato che avesse caratteristiche qualitativamente superiori a quelle macchine che realizzavo in passato. Negli anni '80 e '90 il mondo dei riversamenti cinematografici era diviso tra chi disponeva di grandi telecinema, come il Rank Cintel o il Bosch e quelli un po' più artigianali prodotti da Fumeo e Furman, due ditte italiane. La Furman era una ditta in mano a Nicolucci; un imprenditore di Milano che proveniva dal settore medicale che aveva prodotto anche delle telecamere a colori, che di fatto sono state le uniche telecamere a colori prodotte in Italia, già negli anni '70, tra l'altro... La ditta allora si chiamava NTV e quelle telecamere erano state utilizzate da Canale 5 e molte TV private; poi ovviamente la tecnologia giapponese ha prevalso. Tornando a noi, ho cercato di sfruttare la tecnologia a nostra disposizione, a livello di sensori allo stato solido, per provare a fare qualcosa che si allontanasse dal solito sistema di proiezione  ad avanzamento a griffa. In rete ho osservato quello che già esisteva e sono rimasto affascinato dagli scanner a moto continuo, realizzati soltanto da due o tre ditte al mondo, tra cui cito la Laser Graphic che secondo me produce i modelli più interessanti. Ho deciso di ispirarmi a questo tipo di tecnologia, o di metodica, per provare a rifare qualcosa del genere con i miei mezzi; non limitandomi a copiare qualcosa di pre-esistente, ma partendo da zero. Questa, in sintesi assoluta, è stata la mia idea di partenza.


Telecinema 35mm autocostruito
Scan35, l'ultima meraviglia cinematografica progettata e costruita da Matteo Ricchetti, regista televisivo appassionato di cinema.

TG: Matteo, prima di continuare nella tuo racconto, puoi spiegarci i vantaggi del moto continuo nel telecinema?

MR: I vantaggi sono parecchi. Il primo e più significativo sta nel fatto che la pellicola non viene sottoposta a nessun tipo di stress. Questo vuol dire che si possono riversare pellicole d'archivio molto vecchie e  particolarmente fragili, o in condizioni di sindrome acetica, in cui la pellicola si contrae, diventa più piccola e per questo non più proiettabile. Il proiettore con la sua griffa tenderebbe a bucare la pellicola, mentre con uno scanner continuo, non essendoci i rulli dentati del trascinamento può passare tranquillamente sotto l'obiettivo della telecamera ed essere riprodotta senza problemi. Lo stesso discorso riguarda le giunte che spesso venivano fatte in moviola. Un ulteriore vantaggio riguarda la maggior qualità. Poiché eliminando tutto il gruppo di proiezione composto da griffa, pressori e tutte queste parti che avevano un senso quando si proiettavano i film, perché l'immagine doveva stare lì ferma  e stabile sullo schermo per 1/50 di secondo, e avanzare altrettanto velocemente. Senza queste parti meccaniche è possibile avvicinarsi di molto col gruppo ottica-sensore al fotogramma, fare una macro-fotografia molto precisa, senza creare compromessi che spesso prevedevano la modifica dei proiettori che, considerate le loro dimensioni, sono sempre troppo ingombranti. Cosa che fa sì che bisogna poi utilizzare lenti addizionali e altre soluzioni che peggiorano la qualità ottica. La macchina di acquisizione si riduce così di dimensioni e diventa di una semplicità estrema e tutto quello che riguarda il trattamento per la colour correction, bilanciamento del bianco e riduzione del rumore, inteso come il restauro della pellicola, viene fatto con un software digitale. Questi sono i principali vantaggi di una tecnologia nuova che si distingue da ciò che si faceva un tempo.

TG: I software ci permettono di correggere per mezzo di algoritmi e interventi digitali quello che un tempo si faceva fisicamente e meccanicamente sul film?

MR: In parte sì. Questo è un punto a cui tengo molto, anche perché questo tipo di scanner è l'unico che riesce ad avere una stabilità d'immagine assoluta. Anche gli scanner più che professionali, che magari hanno volumi di produzione di 20-30 pezzi all'anno, hanno sempre un problema di stabilità nel moto continuo, pertanto tutti si sono inventati delle correzioni software per stabilizzare il fotogramma. Laser Graphic chiama questo procedimento stabilizzazione ottica, anche se non c'è niente di ottico, perché questa è una lavorazione digitale. Si tratta di selezionare una zona della perforazione e con algoritmi simili a quelli utilizzati in fase di ripresa sopperire a questo problema. Io invece ho voluto portare al massimo la stabilità, già in fase di acquisizione. Nel Super8, dove il fotogramma è molto piccolo è particolarmente importante effettuare un'acquisizione precisa e stabile, lì ho sviluppato autonomamente una lettura del fotogramma tramite un sistema a raggi laser che in un certo particolare modo (ovviamente non viene spiegato per difendere il suo brevetto ndTG) mi consenta di ottenere una stabilità assoluta. Poi, in fase di restauro digitale si può intervenire ulteriormente, ma più per togliere quelle fluttuazioni dalla camera in fase di ripresa fatte da un cineamatore che per stabilizzare il fotogramma. La prima macchina che ho prodotto era uno scanner multiformato che lavora sui formati 8mm; Super8; 9,5mm; 16mm; Super16 e volendo anche sul 17,5mm che è un formato molto raro, però esistono filmati girati anche su questo tipo di pellicola. Realizzata la mia prima macchina, con la quale ho effettuato i primi riversamenti, ovviamente mi è venuta voglia di perfezionarla e intervenire con ulteriori modifiche; da lì è nato un secondo scanner che, in modo un po' spiritoso, ho chiamato Scan-Otto,  dove sono riuscito ad eliminare anche il capstan di trascinamento. Prima non l'ho specificato, ma il trascinamento della pellicola avveniva grazie ad un capstan di gomma, un po' come avviene nei registratori a  bobine audio e video magnetici. Nello Scan-8 è la bobina raccoglitrice, dove il motore è controllato attraverso un software a tenere la velocità di trascinamento esattamente sincronizzata a quella della telecamera di acquisizione. Bisognerebbe anche far riferimento a questa come ad un sensore di acquisizione, perché la telecamera prevede un trattamento del segnale che ormai non c'è più. Il mio sistema acquisisce i fotogrammi Raw e da lì poi ne consegue che tutte le operazioni di trattamento dell'immagine vengano fatte in post-produzione. Lo Scan-8, che lavora solo in 8mm e Super8 a luce flash con un gruppo di led (producono un lampo di luce nell'ordine di un tempo  che è una frazione di qualche microsecondo), è pertanto ancora più delicato del precedente scanner, infatti non c'è più nessun elemento meccanico che interferisca con la pellicola. Per congelare il movimento, l'impulso luminoso deve essere intensissimo, brevissimo e ripetersi alla frequenza della scansione.

TG: Il flash è comandato da un software?

MR: No, perché sarebbe in ritardo, pertanto ho scelto di agire via hardware. La difficoltà è proprio questa, basterebbero microscopiche variazioni di tempo per rendere instabile il fotogramma.

TG: Immagino che non sia stato facile ottenere un simile risultato.

MR: No, non è stato facile arrivare a queste soluzioni. Come in tutte le cose c'è stata parecchia ricerca e ci vogliono competenze trasversali che vadano dall'elettronica, alla meccanica, all'informatica, all'ottica per poter fare queste cose. La macchina di per sé non è particolarmente complicata e non è difficile da far funzionare, però riuscire a perfezionarla e calibrarla fino allo stato dell'arte è stato un percorso lungo e laborioso. Diciamo che dall'idea al primo prototipo sono passate più o meno tre settimane, ma che dal primo prototipo decentemente funzionante a quello attuale ci sono stati più di 6 mesi di continui perfezionamenti, spostamenti, adattamenti.

TG: Messa a punto...

MR: Sì, diciamo così.

TG: La prima macchina, il prototipo 0 per intenderci, lo hai realizzato circa 4 anni fa?

MR: 3 anni fa. Tu eri venuto a vederlo circa un anno dopo quando stavo effettuando le prime prove definitive del modello perfezionato, non del prototipo. Quella macchina la uso tutt'ora, ma adesso dispongo anche di uno scanner 35 che ho costruito a parte e questa è un po' la novità più recente. Spesso questi scanner sono multiformato e accettano pellicole che vanno dall'8mm al 35 mm. Costruire uno scanner che lavora con le pellicole da 8 a 16mm o da 16 a 35mm può avere senso, ma progettare una macchina che accolga tutti i formati vorrebbe poi dire dar vita a qualcosa di molto ingombrante e pesante. Una macchina di quel tipo avrebbe qualche problema nella gestione dei formati estremi, ovviamente una pellicola da 8 mm necessita di una trazione molto più morbida rispetto ai formati maggiori. Non volevo avere a che fare con questo tipo di complicazioni, pertanto ho preferito costruirmi uno scanner solo per il 35mm.

TG: E poi, le macchine per i formati minori le avevi già.

MR: Esatto. La macchina per il 35mm  ricalca in tutto e per tutto lo scanner per il 16mm,  mi riferisco alla costruzione della parte meccanica.

TG: Stai parlando del primo prototipo che hai realizzato anche per l'8mm?

MR: Sì, adesso lo chiamo 16mm, perché su quello scanner ho lasciato montata la guida per il 16mm, avendo quella per l'8mm e il Super8 montata sull'altra macchina. Il 35mm, come quello per il 16, è uno scanner verticale, mentre quello per 8mm e Super8 è orizzontale. Non c'è un particolare motivo per scegliere una formula o l'altra, molto dipende da che pezzi trovo nel mio laboratorio. Nel caso dello scanner più piccolo avevo a disposizione un pezzo di alluminio molto spesso e così ho deciso di costruire una macchina orizzontale. Le mie macchine sono costruite con materiale di recupero, per il resto costruisco quello che mi serve al tornio o a mano. Lo scanner 35mm l'ho costruito abbastanza velocemente ed in un paio di settimane sono riuscito ad ottenere un livello di precisione abbastanza soddisfacente, grazie anche alle esperienze che avevo fatto in precedenza sulle macchine più piccole. Anche il 35mm ha tutti i motori servo-assistiti; non è stata un'impresa particolarmente complicata perché ho riadattato il software che avevo già studiato per gli altri scanner. I risultati che ho ottenuto da questa macchina sono assolutamente ottimi. Mi è capitato di fare una scansione per una cineteca che mi ha portato un film piuttosto raro di cui esistono pochissime copie. Film che uscirà a breve in Bluray per il mercato degli Stati Uniti.

TG: Bene! Puoi dirci il titolo di questo film?

MR: No, mi spiace. Si tratta di un'operazione di collezionismo pertanto preferisco non dirlo, comunque i diritti sono stati acquistati. Quello che posso dire è che è un film di Marco Ferreri.

TG: Nel 2015 hai pensato, progettato e prodotto lo Scan 0; nel 2016 hai prodotto lo Scan 8 e nel 2018 lo Scan 35.

MR: Giusto.

TG: Coloro che hanno letto delle tue imprese tecnologiche su questo blog chiedevano di poterti spedire il loro materiale filmato per riversarlo in digitale, ma tu in questi due anni circa, invece di sviluppare un'attività commerciale hai proseguito nella ricerca, nell'evoluzione e nel miglioramento dei tuoi scanner e per portare a compimento altri progetti. Non era il caso di iniziare a far rendere anche a livello economico le tue idee e tutto il lavoro che hai svolto, il tempo ed il denaro investito in questi progetti, anche per ricompensarti di tutte le difficoltà che hai affrontato?

MR: Questo è un po' il mio limite. Appena raggiungo un risultato ho voglia di rimettermi subito in gioco e provare a fare qualcos'altro. Finisco così per tralasciare un aspetto importante del progetto, che poi è anche uno dei motivi che mi ha spinto a costruire queste macchine. Cioè di utilizzarle per offrire un servizio di riversamento di cui credo ci sia ancora bisogno.

TG: Sono in pochi a fornire questo servizio?

MR: Sì, ci sono poche ditte che forniscono questo servizio e spesso si dedicano ad un mercato di alto livello, perché chi investe almeno 150'000 euro per un Laser Graphic non fa la scansione del filmino amatoriale a 3 o a 5 euro al minuto. Più facile trovare qualche non professionista che si occupa di riprendere con la telecamera il telo dove vengono proiettati i filmini. Io, proprio perché ho molto materiale di famiglia e sono cresciuto tra cineprese e proiettori, vorrei situarmi in uno spazio che si occupa di salvare e restaurare i filmati di chi vuole conservare i ricordi di famiglia. Ho cercato di ipotizzare un prezzo alla portata di tutti, offrendo in cambio scansioni altamente professionali che includono la correzione colore, interventi di pulizia e rimozione di graffi o altre imperfezioni sulla pellicola. Effettivamente, grazie anche a quanto hai riportato tu su Frammenti di Cultura, sono iniziati ad arrivarmi dei filmini da scansionare, da parte dei filmaker più audaci che hanno voluto provare il mio servizio. Mi sono così arrivate un po' di bobine e devo dire che una volta che ho fornito loro i file su vari tipi di supporto, tutti i miei interlocutori che spesso mi contattano anche dall'estero, sono rimasti molto soddisfatti. Si è capito che apprezzano il mio lavoro anche perché hanno continuato a mandarmi materiale... Anche il tuo amico regista è stato molto contento del risultato. È tuttavia vero che sono un po' distratto e mi perdo un po' nella parte commerciale per dedicarmi quasi completamente alla tecnica.

TG: Come pratichi il restauro digitale dei film?

MR: Il restauro digitale dei filmati amatoriali per me è una parte molto importante del lavoro perché consente di ottenere dai piccoli formati: 8mm; 9,5mm; Super8 e 16mm, una grande qualità, davanti alla quale in molti restano stupiti. Bisogna certamente partire da una buona scansione, ma quella è solo una parte del lavoro che conta per il 50%. L'altro 50% del risultato dipende da tutti quegli algoritmi (anche questi studiati e introdotti da Matteo Ricchetti NdTG) che consentono di togliere la grana; aumentare la risoluzione lavorando su un gruppo di frame e togliere le sporcature che un tempo venivano eliminate meccanicamente con lavaggi e stampa sotto liquido. È vero che ci sono anche parecchi filmaker che desiderano ottenere da un filmato proprio quell'atmosfera del passato suggerita dai graffi e dalla polvere sull'emulsione, ma è molto importante fornire un'immagine pulita. Quel tipo di estetica sporca dipende in realtà dai limiti dello strumento utilizzato. Ad alcuni può piacere, ma ad altri dà fastidio, soprattutto per un recupero di immagini che non nascono per essere denotate o connotate in un certo modo. Al tempo del Super8 non c'erano molte alternative per filmare a costi contenuti, si usava quel mezzo per forza di cose. Adesso, poter mostrare quelle immagini con una qualità superiore alla quale si era abituati vederle proiettate è abbastanza impressionante. Diciamo che la qualità di un Kodachrome Super8 girato bene, dopo il mio intervento di scansione e pulizia effettuato con il sovra-campionamento digitale, diventa simile a quella del 16mm. Un altro aspetto interessante è che in tal modo da fotogrammi molto piccoli si possono ottenere anche fotografie. Queste piccole bobine spesso contengono qualche migliaia di fotogrammi dai quali si possono ricavare immagini totalmente inedite da stampar fino al 10x15 cm, o anche i formati superiori, se l'immagine di partenza è davvero buona. Oltre ai soliti servizi, in più mi piacerebbe offrire anche questa possibilità.

TG: Stampare fotografie dai filmini in Super8?

MR: Sì, perché no? Sono lì, pertanto si possono stampare. Non si tratta di un'invenzione, ma credo che in pochi ci abbiano pensato.

TG: In effetti, è interessante. Matteo volevo farti una domanda che potrebbe sembrare un po' provocatoria, ma mi interessa molto la tua risposta. Quando tu elabori l'immagine con dei software, praticamente la ricrei.
Il tuo è un intervento più di restauro o di ricostruzione? Non è che arrivi a qualcosa di nuovo che poco ha a che vedere con l'originale su pellicola?

MR: La tua osservazione è giustissima; infatti a quelli che un tempo venivano definiti: "cineamatori evoluti" dalle riviste degli anni '70 che sfogliavo da bambino, oggi li chiameremmo: "filmaker"; io faccio sempre una premessa spiegando che quelle che vedono come esempi del mio lavoro su Vimeo, sono immagini che hanno subito un pesante trattamento digitale di pulizia.

TG: Ancor più se poi il girato ha una cadenza di 18 fotogrammi/secondo che va riportata a 25.

MR: Certo, su quel materiale cerco di fare un'operazione poco intrusiva. Non intervengo con l'interpolazione dei frame, che a me non piace, ma preferisco replicare un fotogramma duplicato ogni 5. La mia proposta è quella di conservare sia la scansione diretta fatta con lo scanner che legge il fullframe completo di perforazione, oltre il normale fotogramma, cosa non fattibile con i proiettori. Questo dà la possibilità poi di agganciarsi all'immagine come si vuole, fare del tracking o altro. Propongo anche di tenere la versione restaurata, dove sicuramente c'è una componente elettronica artificiosa. Detto tra noi, questo è poi quello che fa qualsiasi fotocamera o videocamera digitale di ultima generazione. Le sensibilità stratosferiche di 25'000 Iso ed oltre sono ottenute proprio attraverso elaborazione elettroniche che nulla hanno a che vedere con il soggetto originale. I sensori oggi, anche i fullframe, raramente riescono a superare i 1600 Iso di sensibilità. Oltre quella soglia è tutto un lavoro di elaborazione elettronica atta a togliere i rumori di fondo. La gente è convinta che un sensore sia straordinario rispetto ad un altro che offre meno prestazioni, ma non è così. Ragazzi, sappiate che è tutta elaborazione! L'elaborazione riesce ad avere l'impronta dei difetti di quel sensore e sottrarla. Come faccio io ad ottenere una risoluzione così elevata che oggettivamente è assente sul fotogramma di partenza? Anche la stessa Kodak ti dice che difficilmente si riesce ad andare oltre le 500-600 linee per mm. Perché io riprendo una mira ottica e riesco ad arrivare fino a 800-900 linee per mm?

TG: Le ricostruisci?

MR: Non esattamente... Accorpo più fotogrammi. Lavoro su 5 fotogrammi che a differenza di fotogrammi tratti da una videocamera digitale hanno tutti gli stessi pixel, o meglio photosite fissi, inchiodati sul sensore. La grana della pellicola invece è mobile e il singolo alogenuro d'argento fotosensibile in un fotogramma è in una posizione, mentre nel fotogramma dopo è lievemente spostato.

TG: Tutto è aleatorio.

MR: Tutto è aleatorio ed è proprio quello che piace ad alcuni: vedere la grana in movimento. La grana che si muove ad un primo approccio può piacere, ma consente anche, grazie agli algoritmi che ho sviluppato, d'integrare più fotogrammi e ricostruire un super-fotogramma che attinga altri punti da quelli vicini e rinforzi la risoluzione. In un fotogramma posso usare tutte le righe pari, in un altro quelle un po' spostate e così riesco ad ottenere un risultato eccezionale dal Super8. Se l'immagine del Super8 diventa pari a quella del 16mm, il 16mm diventa pari ad un 35mm ed assolutamente indistinguibile da questo formato. Per un amico bielorusso che mi ha conosciuto contattandomi su Facebook ho fatto una scansione di un cortometraggio che ha girato in Super8. Lui aveva fatto sviluppare il suo film negli USA dalla Pro8, aveva fatto fare una scansione con il Laser Graphic e mi ha mandato i file via web che è il sistema più comodo. Ho fatto per lui il trattamento di pulizia, ma poi mi sono fatto mandare per posta anche i negativi, in modo da poter confrontare il risultato ottenuti dal mio scanner e quello dei laboratori americani. In questo modo ho potuto constatare che le mie scansioni sono assolutamente equiparabili a quelle del Laser Graphic. La cosa interessante è stata che i risultati ottenuti hanno così colpito la ditta americana che nell'ambito di un concorso per Super8 il filmato di questo giovane filmaker ha vinto. Il merito di questo risultato direi che è anche dovuto alla qualità dell'immagine. La Pro8 di Los Angeles che nasce sulle ceneri della Super8 Sound, una ditta che già negli anni '80 e '90 aveva portato al massimo la qualità del Super8. Erano loro che a Burbank modificavano le cineprese e le fornivano a quei filmaker che sceglievano il passo ridotto come formato per esprimere la loro arte. Sono stati anche tra i primi ad attrezzare un telecinema Rank Cintel per il Super8. In seguito questa ditta è stata rilevata da un ex-dipendente che ha dato vita alla Pro8 che per prima ha utilizzato la Kodak Vision nei caricatori di plastica del Super8. Compravano la pellicola da 35mm, la tagliavano, la ri-perforavano e la inserivano nelle cartucce del Super8. Operazione che poi la stessa Kodak ha provveduto a fare direttamente nei suoi laboratori, una volta accortasi che da tale commercio si poteva trarre un guadagno. Sono stato molto contento che questi signori che hanno maturato una grandissima esperienza con il trattamento e la scansione del Super8 abbiano riconosciuto in questo modo la qualità del mio lavoro. È stata una piacevole conferma, anche se io chiaramente mi ero già accorto di ciò che sono in grado di fare le mie apparecchiature.

TG: Per quello che riguarda lo sviluppo chimico della pellicola hai qualche progetto?

MR: Per ora è soltanto un'idea sulla carta. Negli anni '90 avevo installato una sviluppatrice continua per lo sviluppo e la stampa del B/N 16mm. Era il momento in cui credevo che il formato 16mm avesse ancora una ragione d'esistere, sia perché l'alta definizione era ancora da venire, sia perché io ed alcuni miei amici filmaker avevamo la necessità di sviluppare i nostri film a basso costo. Questa sviluppatrice è ferma ormai da 15 anni, ma è ancora in mio possesso.

TG: Davvero? C'è ancora?

MR: Certo. È in un magazzino a Genova.

TG: Che sviluppatrice è?

MR: Si tratta di un prototipo studiato e realizzato da due genovesi appassionati di questo formato.

TG: Chi sono?

MR: A dire la verità, non conosco il nome del progettista, che era una persona di una certa età già negli anni '70, quando è stata costruita la sviluppatrice. Conosco però Benedetto Savioli, colui che ha contribuito a realizzare questo progetto. Si tratta di un regista che ha realizzato le prime sigle per la tv in stop-motion. So che ha collaborato anche con lo studio di Bruno Bozzetto ed altri. La sviluppatrice era stata studiata per trattare le emulsioni invertibili 16mm, evitando così di spedire ogni volta il materiale a Milano. Non so esattamente che cosa sia accaduto, credo che la sviluppatrice sia stata provata e che ne abbiano verificato la funzionalità, ma purtroppo oltre a quei test, non ha mai lavorato per l'invertibile. Ad ogni modo, ci sono stati dei problemi e io quando ho saputo che la sviluppatrice giaceva inutilizzata dal mio amico, ho pensato di rilevarla per riadattarla al bianco e nero, sia per le emulsioni invertibili che a quelle negative. In realtà questa sviluppatrice sarebbe anche adatta a sviluppare il negativo colore... L'idea di rimettere in funzione questa macchina c'è... ma devo fare attenzione a non lanciarmi contemporaneamente in troppi progetti, per cui non so dirti con che tempi potrei tornare ad occuparmi anche dello sviluppo.

TG: Devi un po' trovare l'equilibrio tra le tante idee e la concretezza di quei progetti che ti possono effettivamente procurare un riscontro economico. Anche perché tu vivi facendo un altro lavoro...

MR: Sì, fondamentalmente, il mio lavoro è quello del regista televisivo che è quello che mi permette di mantenermi e di avere un po' di tempo a disposizione per le mie ricerche sperimentali, attività che mi affascina molto e nella quale vorrei occuparmi sempre di più.

TG: Non so se ne vuoi parlare, ma sono un po' affascinato dall'idea che una singola persona con del materiale di recupero... Dei rottami insomma... e qualche idea geniale sia stata in grado di arrivare ad un prodotto equivalente a quello ottenuto da una ditta all'avanguardia dotata di macchine costosissime che lavora per Hollywood. Togliendo le tue ore di lavoro che sono impagabili, quanto può esserti costato fabbricare lo Scan35?

MR: Togliendo le ore di lavoro, molto poco. Potrei dire che mi è costato niente. Nel senso che molti materiali li ho accumulati in circa 20 anni di questo tipo di attività. Molti pezzi mi sono stati donati e provengono da varie attrezzature professionali che sono state smantellate. I rulli dello scanner le ho prese da una moviola 35mm inutilizzata. Si tratta di una comodità non indifferente, perché così non ho dovuto lavorare al tornio come sulle altre che avevo già fatto In questo modo ho risparmiato due giorni di lavoro. A livello di materiale, il costo per la costruzione di uno scanner sarebbe intorno a qualche centinaia di euro. Per il 16mm e il 35 si può già trovare qualcosa di interessante intorno ai 30'000 euro, parlo della Black Magic che è l'unica macchina di questo tipo a basso costo. Gli altri scanner in commercio sono molto più costosi. Ovviamente, al mio lavoro va aggiunta una telecamera a UHD, ma questa già l'avevo. Anch'io per il mio scanner utilizzo una telecamera Black Magic, però nulla mi vieterebbe di utilizzar anche altre macchine per la lettura del fotogramma. Il mio sistema è compatibile a tutte le telecamere; le Black Magic vanno particolarmente bene perché hanno un sensore da 2/3 di pollice, una latitudine di posa enorme e, uniche nel loro genere, registrano in raw, cosa che mi permette di avere il massimo nel campo dell'HD.

TG: Sei già pronto a registrare in 4K?

MR: In realtà sì, anche se preferirei non farlo perché per il Super8 ed il 16mm non serve assolutamente a niente.

TG: Però quando esce una novità tutti la chiedono, o meglio, la esigono...

MR: Ho fatto delle prove e posso garantire che scansionare in 4K certi formati è inutile e non porta a nessun miglioramento qualitativo, però ho capito che anch'io dovrò adeguarmi alle richieste della clientela e offrire questo servizio, anche se questo farà perdere tempo e consumare più spazio per la conservazione dei file. In 4K non si fa altro che scansionare qualcosa che ha la dimensione della grana dell'emulsione. Già 2K sono il limite di scansione per il Super8, in più bisogna dire che anche le ottiche macro più sofisticate che possiamo utilizzare a questo scopo non riescono a risolvere la definizione del 4K. Il riversamento in 4K è un'operazione puramente commerciale dettata più che altro da motivi di marketing; anche se non mi interessa però la farò, al solo scopo di poter dire che non ha nessun senso, per questo tipo di formati. Sul negativo 35mm è invece un'operazione che ha senso, anche se questo non è un settore nel quale interessa confrontarmi con la concorrenza. A Roma lavorano bene gli ArriLaser e anche la Cineteca di Bologna è attrezzata piuttosto bene per questi formati professionali. Probabilmente, chi ha un budget per il 35mm si servirà comunque di laboratori di un certo tipo. 

TG: Tu però sei in grado di offrire un servizio nuovo, altamente professionale, alla portata di tutti.

MR: Sì, il costo è accessibile a tutti. Io ho voluto collocarmi in un segmento medio di mercato perché, non dico di svolgere una funzione filantropica, ma sicuramente di passione, per tutti coloro che non sanno a chi rivolgersi per avere un risultato più che soddisfacente ad un prezzo onesto. Per me è un piacere quando qualcuno mi spedisce un Super8 anni '70 da visionare e scansionare. Resto appagato già dal sapere di riuscire a salvare un filmato che altrimenti, molto probabilmente andrebbe perso e non potrebbe essere fruito altrimenti. Vedi che anche tu non sai più dove sono andati a finire i tuoi Super8... I più lungimiranti li hanno tenuti, altri hanno fatto fare brutti riversamenti negli anni '90 e poi hanno buttato gli originali.

Un paio di esempi di scansioni effettuate con lo Scan35 di Matteo Ricchetti:  





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