Morire non è nulla; non vivere è spaventoso." Victor Hugo
Russian Devils Wall of Death. Davide sui rulli.
Un ricordo di quando ero bambino mi ha portato a fare qualche ricerca per vedere se ci fosse ancora qualcuno che in Italia si arrampicasse con la motocicletta sul muro della morte, per fare provare ai miei bambini le stesse emozioni che avevo provato io da piccolo.
Venerdì 11 maggio 2018, siamo stati tra i primi ad arrivare ad Alba per il Chopper Show, abbiamo aspettato che iniziasse il primo spettacolo e siamo rimasti affascinati dall'atmosfera che abbiamo trovato intorno ad uno dei più antichi templi dedicato alla divinità dei motori e dei temerari su due ruote.
Tanti anni prima ero rimasto sbalordito per quello che avevo visto in un Luna Park di qualche luogo sperduto della periferia italiana di cui non ricordo né il nome né il parallelo, se non l'odore di benzina bruciata e la voce dei piloti mentre presentavano il loro spettacolo. Mio fratello era vicino a me, ma questo, come tanti altri ricordi della mia infanzia si confonde con la realtà dei fatti vissuti, come se l'interpretazione di un bambino possa aver trasformato tutto ai limiti del sogno, tanto più che nella mente di mio fratello non c'è traccia di questo episodio.
Sono sicuro d'aver già visto questo spettacolo con l'entusiasmo della mia giovane età, ma non avrei mai creduto che rivivere questa esperienza da adulto mi avrebbe dato delle emozioni ancora più forti di allora.
Jagath Perera e Davide Terenghi ci hanno regalato uno spettacolo bellissimo, a tratti spaventevole; le loro acrobazie ci hanno ammaliato ed entusiasmato.
Il pubblico non solo assiste a ciò che fanno i piloti, ma è parte integrante dello show, tanto che una donna presa dalla folla è stata trasportata come passeggera in questa folle corsa sui muri verticali.
Nell'arena di legno tutti erano felici e sorridenti, anche se qualcuno ha avuto un po' paura. La soddisfazione d'aver fatto parte di questo show a cavallo tra arte circense e stregoneria motoristica è andato ben oltre le mie aspettative.
Posso dire che lo spettacolo visto da bambino offre soprattutto stupore, ma soltanto vissuto da adulto ti fa comprendere la grandezza dell'impresa compiuta da chi ha pilotato le motociclette. TG
Tanti anni prima ero rimasto sbalordito per quello che avevo visto in un Luna Park di qualche luogo sperduto della periferia italiana di cui non ricordo né il nome né il parallelo, se non l'odore di benzina bruciata e la voce dei piloti mentre presentavano il loro spettacolo. Mio fratello era vicino a me, ma questo, come tanti altri ricordi della mia infanzia si confonde con la realtà dei fatti vissuti, come se l'interpretazione di un bambino possa aver trasformato tutto ai limiti del sogno, tanto più che nella mente di mio fratello non c'è traccia di questo episodio.
Sono sicuro d'aver già visto questo spettacolo con l'entusiasmo della mia giovane età, ma non avrei mai creduto che rivivere questa esperienza da adulto mi avrebbe dato delle emozioni ancora più forti di allora.
Jagath Perera e Davide Terenghi ci hanno regalato uno spettacolo bellissimo, a tratti spaventevole; le loro acrobazie ci hanno ammaliato ed entusiasmato.
Il pubblico non solo assiste a ciò che fanno i piloti, ma è parte integrante dello show, tanto che una donna presa dalla folla è stata trasportata come passeggera in questa folle corsa sui muri verticali.
Nell'arena di legno tutti erano felici e sorridenti, anche se qualcuno ha avuto un po' paura. La soddisfazione d'aver fatto parte di questo show a cavallo tra arte circense e stregoneria motoristica è andato ben oltre le mie aspettative.
Posso dire che lo spettacolo visto da bambino offre soprattutto stupore, ma soltanto vissuto da adulto ti fa comprendere la grandezza dell'impresa compiuta da chi ha pilotato le motociclette. TG
Jagath Perera e Davide all'Alba Chopper Show 2018
Intervista a Jagath Perera del Pitt's Todeswand di Monaco e Amburgo
Tony Graffio: Jagath, da dove vieni?
Jagath Perera: Dallo Sri Lanka, ma il nome Perera è di origini portoghesi.
TG: Dove hai imparato a fare le acrobazie sul muro della morte?
JP: In Germania. Per 22 anni ho pilotato la moto sul muro della morte. Ho iniziato questa attività nel 1996 seguendo gli insegnamenti del mio maestro Hugo Dabbert che adesso è il più vecchio pilota del muro della morte. Ha 80 anni. Mi ha insegnato molto bene e adesso io svolgo questa attività professionalmente facendo acrobazie da circa 18 anni.
TG: Dove lavori?
JP: Ho due muri della morte in Germania. Il più grande è all'Oktoberfest a Monaco di Baviera e l'altro viene usato ad Amburgo per alcuni eventi Harley Davidson che si spostano anche da altre parti in Germania.
TG: Come hai deciso di iniziare questa attività molto spettacolare, ma anche molto pericolosa?
JP: Ho iniziato come pilota di motocross in Sri Lanka e poi sono andato in Germania proprio per andare sul muro della morte. Hugo Dabbert mi ha insegnato questa disciplina perché ha visto che io avevo le qualità per farlo. Avevo un ottimo feeling con il muro della morte e mi è andata bene così. (Ridendo)
Jagath Perera
TG: È molto pericoloso?
JP: Per me no... Per me è più pericoloso andare in motocicletta sulle strade aperte al traffico perché sul muro della morte arriva in senso contrario al mio senso di marcia, capisci?
TG: Sì, d'accordo, ma andare allo stesso tempo in due o tre motociclisti sul muro della morte non mi sembra uno scherzo...
JP: Sì, lo spazio è poco, ma noi facciamo questa cosa da molto tempo e sappiamo cosa succede lassù.
TG: Com'è andata la prima volta che ci hai provato?
JP: Non è stato tanto facile, ma in mezz'ora sono riuscito a salire sul muro. Per le acrobazie il discorso è stato diverso; ci ho messo un anno per iniziare e poi, dopo due anni e mezzo di allenamento, ero pronto per lo show davanti al pubblico. Quando sei pronto per le acrobazie devi comunque vendere il tuo show, poi pian piano ti senti a tuo agio e ti senti più libero e infine puoi vendere il tuo show alla gente. Alcuni piloti hanno bisogno di un anno per essere pronti, altri cinque anni, mentre io ho messo a punto il mio spettacolo in due anni e mezzo - tre.
TG: Qual'è la cosa più importante da fare? Non frenare mai?
JP: Una volta sono caduto e sono stato ricoverato in ospedale ad Amburgo. Altre due o tre volte sono andato giù senza riportare gravi conseguenze, solo piccole ferite. È pericoloso ed hai bisogno di fortuna. Se non hai fortuna qualcosa ti capita... è normale.
TG: Cosa mi dici delle motociclette? Hanno qualcosa di speciale?
JP: Anche loro hanno bisogno di fortuna. Le controlliamo al 100%, ma non possiamo sapere se le motociclette sono davvero al 100%. Qualcosa succede sempre.
TG: La tua moto è molto vecchia?
JP: Sì è del 1924. È una Indian Scout originale che utilizzo per il Pitt's Todeswand, un muro della morte costruito nel 1932. Questa moto è sempre sul muro, l'ho fatta 18 anni fa assemblando parti interne nuove ed adesso va piuttosto bene, ma non so per quanto tempo ancora. Non possiamo dire niente di male per quello che riguarda le motociclette; tutte funzionano molto bene.
TG: Perché preferite le moto vecchie?
JP: La tecnica non è molto importante, non ci serve l'ABS o altre cose speciali. Le vecchie motociclette funzionano come i vecchi orologi da polso, non si fermano mai.
TG: Fai questo lavoro per i soldi o perché sei pazzo?
JP: No, lo faccio perché mi piace questo stile di vita. Mi piace il tipo di gravità alla quale sono sottoposto. Ho bisogno di questo calcio nello stomaco.
TG: Sei mai stato sui muri della morte indiani?
JP: No, ogni anno vado in Sri Lanka, ma non sono mai stato in India. So che là ci sono dei grandi muri della morte, ma non ho tempo per andare a vederli. Ho molti contratti qui in Europa; ho circa 20 eventi all'anno da rispettare e poi ho molto lavoro per la manutenzione delle macchine. Sono un uomo molto impegnato.
TG: È vero che il tuo muro della morte è il più vecchio del mondo?
JP: Sì è vero, il muro della morte del 1932 che teniamo a Monaco è il più vecchio al mondo; è tutto originale ed è molto grande. L'altro l'ho comprato 5 anni fa e lo tengo per fare gli eventi itineranti in Germania; sta tutto su un rimorchio e non ha grandi costi di esercizio. Qualche volta andiamo anche in Olanda. È stato costruito nel 1966, internamente c'è il muro di legno, ma fuori è fatto di acciaio e alluminio; mentre quello del 1932 è costruito interamente di legno ed è l'unico esistente al mondo fatto in questo modo.
TG: Quanti muri della morte ci sono nel mondo?
JP: non lo so con precisione, credo una quindicina. In Germania ce n'è ancora un altro, qui in Italia c'è Davide, in Olanda ci sono due muri della morte, in Francia uno... Normalmente non guardo a quello che fanno gli altri, non mi interessa, faccio solo le mie cose.
TG: Quanto tempo si impiega a montare un muro della morte itinerante?
JP: Questo muro qui ad Alba l'abbiamo montato in due giorni e mezzo. Il mio è più piccolo e richiede meno tempo, mentre quello più grande lo monto in 5 giorni con 6 persone.
TG: Qual'è la velocità minima per salire sul muro?
JP: Su questo muro sali a circa 40 Km/h; mentre sul mio muro più piccolo bastano 38 Km/h perché ha una circonferenza leggermente più piccola e più è piccolo il tragitto da percorre minore è la velocità necessaria per salire sul muro. Su un muro più grande hai bisogno di più velocità, ma la gravità che senti è la stessa (3,5G).
Davide e Jaggath ad Alba sul muro della morte. Se la velocità è troppo bassa si cade, ma se è troppo elevata si rischia di perderei sensi a causa della forza di gravità che sposta il sangue verso le estremità del corpo togliendolo al cervello.
TG: Hai mai visto Roustabout con Elvis Presley?
JP: Sì l'ho visto.
TG: C'era anche un film irlandese, Eat the Peach che parlava dei muri della morte.
JP: Ho visto anche quello.
TG: Che cosa ne pensi di quei film?
JP: Sì, sono dei bei film che mostrano gli inizi del muro della morte. Da quei film si capisce che il nostro è un bel lavoro ed è per quello che lo facciamo.
Jagath Perera e Davide Terrenghi ad Alba
Intervista a Davide Terenghi dei Russian Devils
Tony Graffio: Davide per favore raccontami qualcosa del muro della morte.
Davide: Strutture come queste sono uniche; negli USA dove è nata questa specialità acrobatica sono rimasti solo 4 muri della morte, di cui 2 originali e 2 repliche. La nostra è una disciplina artistica che sta scomparendo.
TG: Qual'è la storia del tuo muro, il muro dei Russian Devils?
Davide: A questo muro noi abbiamo lasciato il suo nome originale, non abbiamo cambiato nulla. È stato costruito da una troupe americana in Olanda nel 1937; in seguito è finito in Unione Sovietica per fare dei tour, perché già allora si viaggiava tanto. Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, i sovietici requisiscono tutta la struttura; la rinominano Diavoli Russi e la portano in tour in tutti i paesi della ex-cortina di ferro. Incredibilmente, finisce anche a Cuba; ci sono fotografie che lo mostrano là. Una trentina d'anni fa va anche in Sudafrica dove un signore d'origine olandese lo acquista e poi tramite altri passaggi arriva fino a me.
TG: Esisteva un tradizione dei muri della morte italiana?
Davide: Certamente, ma i muri della morte italiani, francesi e spagnoli erano un po' diversi da quelli tedeschi e olandesi; non avevano pannelli così larghi da permettere al pubblico di appoggiare i gomiti. I muri italiani erano molto più sottili, avevano un telaio di ferro e poi venivano rivestiti da perline di legno. Alla fine degli anni '70 in Italia abbiamo avuto 18 muri della morte.
TG: Tantissimi!
Davide: Sì. Va detto che la tradizione degli artisti italiani in questa specialità non è stata seconda a nessuno. Il fenomeno, iniziato negli anni '20 negli Stati Uniti, si è subito diffuso in tutto il mondo, pur essendoci state affinità culturali e linguistiche che hanno fatto recepire prima la cosa agli inglesi e poi anche agli altri europei.
TG: Un tempo poi esistevano dei circuiti ciclistici su legno i velodromi che poi si sono adattati anche alle gare motociclistiche.
Davide: Tutto è nato da lì. L'ispirazione erano i board track racing, come il Vigorelli di Milano che tutti conosciamo. In America, i contadini più facoltosi che si compravano le motociclette più veloci e volevano replicare sugli sterrati fuori di casa ciò che vedevano fare sulle piste li ha portati a svuotare i loro granai di legno per creare dei piccoli board track da praticare con le motociclette. Poi, la voglia di fare business s'è diffusa e s'è pensato di portare questa idea nei circhi e nei Luna Park di tutto il mondo. È un fenomeno che è esploso subito ed è piaciuto tantissimo, anche perché le motociclette hanno fatto sognare di più delle automobili ed economicamente erano alla portata di una clientela più vasta.
Russian Devils ad Alba. Il rapporto con il pubblico è molto importante.
TG: Quando hai pensato di avventurarti in questa attività?
Davide: Sono passati ormai 10 anni. Ci è voluto un po' di tempo per mettere in piedi questo spettacolo, sai, non è facile... Mi sono sempre piaciuti i circhi, le moto e le giostre è qualcosa che devi avere dentro di te. Il muro della morte è veramente la somma di tutte queste cose.
TG: Che doti ci vogliono per girare su queste "botti"?
Davide: Quando giri in due la prima dote è il rispetto per gli altri. Purtroppo, due anni fa è morto un nostro amico perché un tizio che sta un po' sui coglioni a tutti e pensa solo a se stesso lo ha fatto cadere. Come nella vita prima di tutto ci vuole il rispetto per gli altri e poi la concentrazione; dopo di che ci sono le basi affinché tutto possa andare bene.
TG: Qual'è stato il periodo più bello per il muro della morte?
Davide: In Italia, gli anni sessanta. Negli anni '70 già iniziava ad esserci qualche problema, in quel periodo la TV ha portato via tanto interesse al mondo del Luna Park che pian piano è stato sempre più ghettizzato, allontanandolo dal centro delle città per sistemarlo tra la discarica e il cimitero. Poi, quando la gente ha preferito andare al centro commerciale nel fine settimana, piuttosto che divertirsi, tutto è cambiato.
La Indian Scout di Jagath Perera.
TG: Questa vostra attività dà molta adrenalina?
Davide: Adrenalina è una parola che non mi piace perché ultimamente è stata un po' abusata da alcuni marchi commerciali, però sicuramente fare questa vita ti dà felicità. Chiaramente ti deve piacere viaggiare e fare qualche sacrificio. Per esempio, noi siamo i primi ad arrivare sul posto, siamo venuti qui con i bambini 5 giorni prima quando non c'era ancora nessuno a dormire qui in roulotte. Alcune donne magari non sarebbero disponibili a stare qua con i bambini piccoli; non c'è l'acqua, né la corrente... siamo sulla strada.
TG: I film che parlano del vostro mondo ti piacciono?
Davide: Certo, a questo proposito vorrei segnalare che da poco è stato restaurato: I fidanzati della morte, un film italiano nel quale troviamo vari campioni di motociclismo, oltre a varie scene in cui compaiono i muri della morte, se non sbaglio della famiglia Marro che ha avuto vari protagonisti che hanno fatto grande il nostro mondo.
TG: Cosa mi dici delle donne che sono salite sui muri della morte?
Davide: Le donne sono più importanti degli uomini, perché vengono ricordate maggiormente. Probabilmente, agli inizi, per le donne che non guidavano le moto su strada, imparare ad andare in moto qua dentro (indica il suo muro della morte) poteva essere più semplice che per chi già lo faceva da tempo. Le difficoltà maggiori le trova chi guida la moto da sempre e poi vuole imparare ad andare qua dentro, perché qui cambia tutto, se non cambi approccio con la moto rischi di farti male. Le donne giovani che iniziavano ad andare sul muro della morte venivano da famiglie antichissime di giostrai che dicevano: "Adesso tu impari a fare questa cosa perché dobbiamo mangiare...".
TG: Bisogna iniziare da piccoli?
Davide: No, si può imparare a fare tutto.
TG: Davide quanti anni hai?
Davide: Troppi! Ti posso rispondere come gli inglesi... Old enough. Vuol dire che sono abbastanza grande per dirti cose giuste e per capirci.
Anche Giampo Coppa dei Motorfreakers Monster Family era ad Alba per il Chopper Show. Giampo e Davide si conoscono molto bene.
TG: Ci vuole molto autocontrollo per fare le acrobazie?
Davide: In gergo diciamo che bisogna fare la testa. La cosa fondamentale qui non sono i numeri in più che comunque fanno sempre il loro effetto, ma è molto importante capire sempre dove sei... Capire che sei sopra la porta o dall'altra parte. Quando giriamo non andiamo a caso, ma come i ballerini sappiamo dove uscire, per questo è fondamentale "fare la testa"; dopo di che puoi fare tutti i tuoi numeri. Io faccio anche dei numeri in più che però non faccio durante lo spettacolo perché mi capita ancora di cadere e non è bello farlo davanti al pubblico. Non perché fai brutta figura, ma perché potresti spaventare i bambini...
TG: È vero che Hugo Dabbert a 80 anni sale ancora sul muro della morte?
Davide: No, fino a 78.
TG: Stai Scherzando?
Davide: No. L'ho visto personalmente. Hans Meyers invece ha smesso a 84 anni! Ho avuto la fortuna di vederlo tre volte. Jagath mi diceva che lui rimproverava sempre agli altri di andare troppo veloci, mentre lui sembrava che andasse troppo piano e che la sua Indian stesse per spegnersi da un momento all'altro. Però più vai piano, più i numeri riescono bene e sono belli, ovviamente non troppo piano altrimenti cadi. Non è facile trovare un equilibrio.
TG: Anche tu usi Indian?
Davide: Sì Indian Scout originali; la mia è del 1926, queste moto sono sempre le favorite, le vedi anche nelle fotografie d'epoca.
TG: Che caratteristiche hanno le Indian?
Davide: Hanno un baricentro molto basso, sono rigide e la forcella anteriore ti permette di fare dei bei numeri, come metterci i piedi sopra, eccetera. Ha il gas a sinistra, in modo da lasciarti la mano destra libera. Le marce le butti dentro con i piedi e il motore gira a basso regime, sembra quasi un tagliaerba. Rilascia potenza piano piano. Bene o male si può salire sul muro della morte con tutte le moto, ma le vecchie Indian sono le favorite e sono un po' la ciliegina sulla torta. Tony, ma toglimi una curiosità, Graffio è il tuo vero cognome?
TG: No, però mi dà quel fascino un po' italo-americano che altrimenti mi mancherebbe...
Davide: un po' come in Bronx Tale...
TG: Ti è piaciuto quel film?
Davide: È un bellissimo film di Robert De Niro che racconta della sua vita da giovane. Bellissima la scena quando arrivano i chopper a Brooklyn...
Giampo Coppa: Da quel film ho tratto un insegnamento che mi è piaciuto un casino in cui c'è il ragazzino che è il figlio di Sonny, autista di pullman, che ascolta suo padre che gli dice di non girare con quelli che sono gentaglia. Tony Toupee lo tiene d'occhio; passa un tipo che lo vede inizia a scappare... Gli chiede perché? Il tipo scappava perché aveva un debito di 20 dollari, ma l'altro gli dice di lasciarlo andare, con soli $ 20 se lo era tolto dai coglioni. Quella è una frase che mi è tornata utile una marea di volte!
Davide: Ogni volta che nella vita butto via una frittata faccio un passo avanti.
TG: Ti piace molto il cinema?
Davide: Sì. Ci sono bei film che raccontano del mondo dei motociclisti.
TG: Prima di arrivare al muro della morte che lavoro facevi?
Davide: Ho fatto molti lavori, ma l'ultimo che ho fatto per circa 8 anni è stato il carrellista, il mulettista. Se vengo qui con il muletto faccio più numeri di Fat Greg!
TG: Bellissimo!
Davide: Per la serie: tutto serve.
TG: Torneremo a trovarti.
Davide: Mi sento di consigliare anche un altro film: A day without a Mexican. Mai disperare, sempre sperare.
TG: Come hai fatto ad incontrare Jagath?
Davide: Grazie ad un amico olandese che anche lui ha un muro della morte. Poi, abbiamo approfondito l'amicizia perché è una persona eccezionale, di grande equilibrio, come molte persone che arrivano da quelle parti.
A piedi nudi sul muro della morte insieme a Jagath Perera