Dopo che Stefano Bacci mi aveva consegnato il suo racconto su: Nostra Signora dei migranti, ho voluto metterlo alla prova con un'idea un po' diversa e gli ho dato indicazioni piuttosto difficili da seguire. Ecco quali erano le mie richieste in una email che gli avevo spedito lo scorso 9 gennaio.
"Mi piacciono molto i racconti difficili da collocare nel tempo e nello spazio, ma che fanno riferimento a realtà possibili molto vicine alle nostre.
Non so perché, forse adesso m'è venuta un'ispirazione, mi piacerebbe che in un prossimo racconto (visto che adesso ci hai fatto viaggiare nel passato) ci facessi visitare il futuro.
Anche perché ultimamente ci stanno raccontando molte sottili verità: un giorno ci dicono che il nostro universo potrebbe essere una Matrix creata da un software di un sofisticatissimo computer, poi contrordine, forse stiamo vivendo in un ologramma...
Insomma che la vita sia tutta un'illusione l'abbiamo sempre sospettato, ma adesso è tempo che tu mi racconti il tuo punto di vista, tenendo conto delle mie condizioni.
Il prossimo compito che ti affiderei è di parlare di un mondo distopico in cui la sovrappopolazione nella parte più evoluta del mondo non permette alle popolazioni di accedere all'energia che fa funzionare ogni cosa ed a cui non si può rinunciare. Tutto dipende dall'elettricità, ma le risorse sono terminate: non c'è più petrolio, gas, l'acqua è pochissima, non si riescono ad utilizzare energie alternative come il vento o il sole perché è tutto costruito e sovrapposto. Ci sono 50 miliardi di persone in Europa e tutte necessitano di computer, mezzi di trasporto, luce,calore e robot. Come sopravviveremo?
Ah dimenticavo, il resto del pianeta è contaminato da guerre nucleari e non è abitabile.
A te la risposta.
Ciao, grazie, vedi tu se hai voglia di cimentarti in questo difficile compito."
Bacci, per qualche tempo s'era dimenticato della cosa, ma quando l'ho incontrato per chiedergli a che punto era con il nuovo racconto, mi ha confessato di non aver fatto caso alla mia email. Per farsi perdonare per la sua piccola dimenticanza, ecco cosa ha scritto in soli 40 minuti. TG
Anarchy in the New World
"In un certo senso l'uomo è un microcosmo dell'universo, quindi, ciò che l'uomo è, è un indizio per l'universo. Noi siamo racchiusi nell'universo". David Bohm
La straordinaria fuga del Tenente Klein
"Non può essere, non può essere, cazzo. Ho fatto l'addestramento, posso resistere 85 ore senz'acqua. Perché c'è quest'allarme rosso nel mio display? E le radiazioni, poi? Livello 92, un nonnulla. Certo, accopperebbero un elefante del secolo scorso, ma io sono un fottuto Quarta Generazione e nelle radiazioni Liv 92 ci sguazzo come un rospo in uno stagno."
Così pensava il Tenente Anton Klein avanzando a fatica in mezzo ad uno scenario desolante e devastato, che il peggior day-after in confronto è una cartolina toscana aperta su ameni scorci con pievi e cipressi e colline color terra di Siena bruciata.
"E' la batteria, ecco cos'è... la batteria". E' sotto il livello di guardia e segnala avvisi a casaccio. L'idratazione è ok. Le radiazioni nei limiti. Devo smetterla di essere paranoico, se voglio salvare le palle da questa missione. Devo fidarmi delle mie sensazioni, non del pannello di controllo delle funzioni vita/armamento/radiazioni." Tutta colpa della rete elettrica, pensò, che ormai riforniva il 10% della popolazione col 97% della sua intera capacità di distribuzione, dopo che la forbice sociale fra ricchi e poveri si era dilatata fino al punto di non ritorno e i primi si erano asserragliati nelle loro oasi dorate e inaccessibili all'esercito di zecche e reietti tagliati fuori dall'ultimo banchetto.
Con in testa soltanto l'obbiettivo della missione, Klein dovette tuttavia sbarazzarsi di un paio di gruppi di miliziani territoriali che gestivano in armi questo o quel pezzo di arido nulla riarso dentro cui doveva transitare. La sua superiorità militare era schiacciante, per lo più si trattava di gang di pezzenti di seconda o terza generazione, ruderi deformi fiaccati dalle radiazioni e troppo male in arnese per fermarlo; tuttavia una sola distrazione sarebbe stata di troppo, in quei frangenti da "Mors tua, vita mea".
In qualche modo arrivò al varco che lui e i suoi commilitoni dovevano provare a forzare, per poi penetrare nella città protetta e saccheggiare il saccheggiabile. Uranio, soprattutto, per sopperire almeno in parte e per più tempo possibile alla mancanza di energia elettrica. Ma con un po' di fortuna anche Niblonio, Arcadio e Sarinite, che erano quanto di più moderno in fatto di energie non fossili e non nucleari del XXII secolo. Se poi fosse rimasto in saccoccia anche qualche Nuovo Doblone... Beh, si sa: pecunia non olet. "Annusate un doblone: non puzza mai di merda", diceva sempre il Colonnello Dacosta alle reclute. "Poi, annusate il coglione a cui lo avete strappato. Ecco, lui sì; lui puzza, perché se l'è fatta sotto! Ma lui resta lì, vivo o morto. Meglio morto. Altrimenti potrebbe volervi ritrovare, prima o poi".
Arrivò al punto di incontro con 6 minuti di ritardo, e quel che vide lo raggelò. Non uno dei 50 compagni di quella missione era rimasto vivo. Morti orribili. Lente. Sadiche. L'orrore in quegli occhi, almeno in quelli che erano ancora dentro le orbite.
"Una spiata, un infame, un cazzo di traditore, un Giuda dei 30 dobloni, ecco chi è stato".
Ma non c'era più tempo di pensare. La pattuglia lealista si era già dispiegata intorno a lui. Aprì il fuoco un attimo dopo che Klein si era tuffato sotto i pezzi più grossi di un Wind-Jeep precipitato.
"Cristo, Klein, sei al capolinea...". Ora l'idratazione scarseggiava davvero. Aveva fatto affidamento su un facile saccheggio di scorte d'acqua, ma anche quel passaggio così banale era saltato. Le radiazioni erano ancora nel range e l'armamento pressoché carico, ma questa volta davanti non aveva qualche armata Brancaleone di straccioni con un piede nella fossa, ma l'élite dei lealisti. Armati, schermati, nutriti e ben pagati. A fine turno, la caserma dentro la zona verde, dove niente manca mai. E tre giorni di libera uscita se lo avessero accoppato.
Klein era un duro, ma tremava e rischiava il panico, cioè la morte. Si sforzò di gestire la situazione con lucidità, ma i battiti forsennati del suo cuore bastavano a rimandarlo sull'orlo del baratro.
"Non ho scampo, non ho scampo, cazzo! Vendere cara la pelle. Sennò? Sennò? L'App di Thomas, l'app di Thomas. Provala, stronzo, tanto sei morto. Sei già carne per i Dagger. Niente più niente al mondo. Non vedrai mai più Julia. Sei fottuto, vecchio Klein. Lancia l'App. Non morire con questo rimpianto".
Thomas, il genio schizzato del suo gruppo e la sua Applicazione salta-dimensioni. Tutta da verificare, come del resto ognuno delle sue stramaledette diavolerie post-cibernetiche. I protocolli K: il salto intra-dimensionale. Fantascienza o roba da apprendisti stregoni. Chi aveva fatto il test non era mai tornato indietro. Pazienza. Erano prigionieri dell'etnia degli Slummer, sarebbero morti comunque. "Per forza non c'è più-si esaltava Thomas-ormai è di là!". E con il dito indice della mano destra faceva un gesto circolare come ad indicare un altrove, uno scavalcamento non reversibile. "L'hai solo disintegrato, stronzo". "E' nel tuo accendino. Salutalo quando ti appicci la prossima sigaretta del cazzo". "L'hai squagliato, genio!". I suoi compagni lo sfottevano, ma Klein la sua app la aveva installata nel pannello, proprio pensando ad una estrema ratio come quella, dove la merda era ormai più su del collo. Non si sa mai.
"Arrenditi, Klein, sei spacciato. Non ti facciamo niente, voglio solo sentirti chiamare mamma. Chissà come sarai carino!" diceva il caposquadriglia. E gli altri si sganasciavano. Uno non rise più, perché un colpo di Klein lo centrò in mezzo alla fronte. Gli altri iniziarono a stringere l'accerchiamento. Non c'era più tempo per battute e altre stronzate. "Prendetelo vivo". Klein si disinteressò del loro cauto avanzare. Aveva sparato un unico colpo a segno, giusto per indurli a procedere con la massima, lenta prudenza e dargli il tempo di lanciare quella cazzo di applicazione. "Cristo, come minchia era la sequenza del Boot...?" Percorso non corretto. Riprovare?! Uno, due, tre tentativi. "Ciao, Klein, piccioncino. Vieni che papà ti prepara la merendina". Erano lì, e già gli intimavano di alzare le mani. L'ultimo click. Fece solo in tempo a leggere "Running!" sul display del pannello principale e un attimo dopo nulla fu più come prima.
Paolo cliccava forte sulla tastiera, assorto e compiaciuto. "Evvai! Obbiettivo Klein finalmente sei mio. Da domani passo allo step successivo, ma questo era il più tosto". "Che dici, amore?". Disse la voce dall'altra stanza. "Niente, Julia, niente. Parlavo fra me e me. Cose di game". "Dai, piantala, che sto uscendo dalla vasca...". Restava solo da spuntare con la "V" verde il quadratino dopo la scritta: "Collect target Klein?" Premette e restò perplesso. Lo schermo esplose di un blu mai visto, poi fu come se la superficie del display iniziasse a deformarsi, quasi come ad assumere le sembianze di un volto. Non "quasi". Era un volto. Era... era Klein! Pensò ad un effetto 3D, pensò che il suo PC non ne poteva affatto supportare di simili, pensò che Klein aveva lo sguardo terrorizzato, ma molto più veridico di quello dell'icona del game; pensò al coltello che brandiva; spalancò la bocca; colse un movimento fulmineo; cercò l'aria e non la trovo; cercò il suo collo con le mani e se le sentì infradiciare; guardò le mani e se le vide rosse; sentì spegnersi tutto tranne il suo terrore; si sentì risucchiare verso l'interno del display del suo PC. Si intravide in un ultimo barlume di orribile consapevolezza sotto forma di icona di Klein nel game, a terra, la gola squarciata e i Lealisti che sghignazzano, maledicendo il rapido epilogo di quello scontro privo di tutte le sublimi torture che si erano prefigurati. Infine, si ritrovò nel deposito degli eroi non ancora sbloccati di un player ignoto, ma di livello molto inferiore al suo.
"Ma insomma... devi farmi aspettare ancora molto?". Cantilenava Julia con una voce che era più di una promessa di facile resa.
Klein rimase come sospeso a mezz'aria, ma infine rapidamente realizzò. Ringraziò quel folle visionario di Thomas e il suo genio. Sospirò. Si passò una mano fra i capelli, così diversi da quelli che aveva avuto fino ad un minuto prima. Aprì bocca e udì una voce ignota che sapeva ora essere la sua. Quella voce diceva: "Eccomi, Julia. Arrivo. Ho una voglia matta di giocare con te..."
Stefano Bacci
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