sabato 1 ottobre 2016

Una tragica commedia, poesia, pazzia e fotografia. Chi è l'artista secondo Ilia (Alice Imbriani a Malafemme vol. 3)

Le parole hanno una forza ed una magia incredibile e le donne lo sanno perfettamente. Le donne non solo arrivano a capire certe cose meglio degli uomini, ma riescono perfino a vivere certe esperienze che sembrano impossibili o improbabili.
Alcune frasi scritte sui muri più di 50 anni fa conservano un'energia capace di suscitare curiosità e voglia di vivere, al punto che una ragazza dei nostri giorni vuole andare dietro al mistero di chi si nasconde dietro quelle parole scaturite dal dolore e dall'intensità dell'esistenza di un ospite di un manicomio chiuso tanti anni fa. Questa è la storia di Alice Ilia Imbriani un'artista-documentarista che si esprime sia con la pellicola che con il mezzo digitale. In entrambe le tecniche questa fotografa decide di non intervenire in alcun modo per modificare la realtà intorno a sé: né in fase di ripresa, evitando di alterare il risultato finale con filtri o altri aggiuntivi ottici, né in post-produzione, rifiutandosi d'elaborare immagini o colori al pc, per questo dice di praticare la fotografia pura.
Ilia esponeva 7 sue opere a Malafemme, insieme ad una presenza del passato, per mostrarci i vari sentimenti che attraversano l'anima delle persone in momenti particolari. Tony Graffio ha documentato questo dialogo per Voi.

Ilia e una poesia del poeta pazzo del manicomio di Toiano
Ilia ed una poesia del misterioso poeta pazzo

Tony Graffio: Ilia, che cos'è la fotografia per te?

Ilia: E' il mondo come lo vedo io. Io prima di tutto sono una viaggiatrice, quindi non cerco cosa fotografare, sono i soggetti che mi vengono incontro. A volte, trovo delle storie che mi va di documentare associandole ad un mio progetto. Come mi capita con gli autoritratti che mi faccio già da diversi anni. Ho trovato un artista molto interessante; da tempo sono sulle sue tracce e cerco di studiare il suo percorso. Anche se sono passati molti anni da quando ha lasciato le sue tracce, io sono convinta che questo uomo sia ancora vivo e si nasconda da qualche parte.

Tony Graffio: Dove hai incontrato questo artista, o le sue opere?

Ilia: Ho visitato un manicomio abbandonato in Toscana, in questa struttura che è stata chiusa nel 1978, a seguito dell'approvazione della Legge n. 180, ho scoperto delle scritte e dei disegni che mi sono piaciuti molto. Sono datati dal 1950 al 1977. Ho fotografato anche delle poesie che io amo molto. Ho diviso la mostra che stai vedendo in 3 parti: c'è l'Ade, il Limbo e l'Eden che per me è un elemento di buon auspicio. Il titolo che ho dato a questo lavoro è: "Una tragica commedia". Ci sono poche parole, ma questa parola tratta da una sua poesia (lascia) che troviamo scritto alla fine mi fa capire molte cose; questa persona aveva una grande potenza dentro di sé e quello che ha scritto non l'ha scritto a caso. Sono convinta che sia l'opera di un artista che è rimasto chiuso in quella casa di cura chissà per quale motivo.

Tony Graffio: Tu di dove sei Ilia?

Ilia: Sono di un paese vicino a Piacenza, ma abito a Firenze dove sto per laurearmi in fotografia alla LABA. Ho iniziato i miei studi d'arte in Nuova Zelanda dove ho scoperto la fotografia analogica quando avevo 15 anni. In quel periodo un insegnante mi ha trasmesso anche le sue conoscenze di camera oscura. Da allora non ho più smesso di dedicarmi alla fotografia ed alla stampa.

Tony Graffio: Qui hai esposto fotografie digitali?

Ilia: Sì, però non ho eseguito nessuna correzione in post-produzione. I colori sono quelli reali che si potevano percepire sulla scena dove ho effettuato gli scatti fotografici.

Tony Graffio: Ci sono anche i tuoi autoritratti?

Ilia: Sì, ho associato questa poesia ad una mia espressione in cui ho trovato una sensazione simile a quella che voleva esprimere lo sconosciuto autore di questi brani poetici. Non la considero una mostra soltanto mia, ma una mostra in cui io divido i miei lavori con quelli di questo uomo venuto dal passato. E' una mostra nostra in cui entrambi esprimiamo una certa vicinanza. Io non sono mai stata chiusa in un manicomio, mentre lui ha trascorso 27 anni della sua vita in una struttura di quel tipo, però ho cercato ugualmente di rapportarmi a lui. C'è stato un momento in cui io ho scattato un autoritratto molto drammatico e mi sentivo in un limbo perché mia madre stava molto male, era ricoverata in ospedale e  non si sapeva se si sarebbe salvata oppure no. Ho voluto inserire quei sentimenti e confrontarli con quelli del poeta pazzo. Nell'ultima parte che è l'Eden invece troviamo una poesia del paradiso che io trovo molto bella.

Tony Graffio: E quei disegni che hai fotografato cosa rappresentano?

Ilia: Quelli sono i suoi autoritratti, sono sicura che li ha disegnati lui perché compaiono nella stessa stanza dove sono state scritte le poesie e io vedo che il segno che compare è lo stesso. Chi ama l'arte cerca di leggere il segno e qui io vedo che quell'uomo con una linea sola è riuscito a trasmettere una grande espressività in un volto dallo sguardo molto penetrante. Con le dita ha finito il disegno. Io dico che si tratta sempre di lui perché ritengo che quei segni siano il frutto della stessa sensibilità. Certo è possibile che due persone diverse possano comunicare lo stesso pathos, però per me si tratta di un'unica persona. Io ho partecipato a questo evento per far conoscere quell'artista.

Tony Graffio: Sai come si chiama?

Ilia: Sto indagando. Per adesso posso leggerti questa poesia: "Tutto ciò che fu, ciò che è o che sarà un unico sguardo immobile lo abbracciò. O luce che mi hai sedotto ti ho vista tutta nel deserto, dovunque io vada ti porterò sulle onde della vita, nell'anima mia queste rose non appassiranno mai. Nell'anima mia, queste rose non appassiranno mai, nell'anima mia queste rose non appassiranno mai. O luce che mi hai sedotto, un unico sguardo è tutto ciò che fu". Non si tratta di qualcuno che ha scritto un pensierino, ma si tratta di un uomo che sapeva quello che faceva e che ripensava al suo vissuto. Anche la parola "abbattero" (tratta da un'altra poesia) non è un errore, ma un arcaismo per dire abbatterono. Quest'uomo sapeva usare le parole e sapeva anche usare la grafica, vedi quella parola scritta in una dimensione più grande, come per darle più importanza... Nulla è lasciato al caso, specie se si vuol lasciare un segno, non siamo di fronte ad una persona qualsiasi... Per questo io dico che lui è un artista. Sicuramente è un poeta, ma dopo che io ho visto quei due ritratti fatti con le dita io dico che è un artista al 100%. Un artista speciale che io adoro e che mi ha ispirato tantissimo e mi ha anche un po' salvato...

Tony Graffio: Come possiamo chiamarlo?

Ilia: E' un po' riduttivo, ma per me lui è il "Poeta pazzo". Io lo collego alla sensazione che avevo quando ero in quel posto, perché ero andata lì per scavalcare e introdurmi in quello spazio. Non è stato facile, ero con un mio amico, ci abbiamo messo un po' di tempo, così quando è sceso il tramonto ed siamo rimasti al buio, avevo soltanto il flash della fotocamera per fare luce. Ci muovevamo in questi luoghi senza sapere dove eravamo e cosa c'era intorno a noi; io scattavo delle fotografie e solo dopo ho visto apparire queste scritte. Una volta tornata a casa ho realizzato che cosa c'era nelle immagini registrate dalla mia fotocamera. Mentre ero nella casa di cura capivo che c'era un'atmosfera particolare, stavo bene, non avevo paura, ero tranquilla, sapevo che era un luogo di dolore ed avevo rispetto per coloro che erano passati di lì. Perché secondo me ci deve essere rispetto dove c'è dolore. Ad ogni modo, io penso che chi è in grado di scrivere delle cose così belle significa che nonostante il dolore, qualcosa di bello dentro di sé debba ancora averlo. Qui ci dev'essere la capacità di trovare la bellezza guardando in noi stessi ed è per questo che io ho associato a quelle parole una mia immagine di quando mi sono sentita bene. Io non voglio dire d'interpretare la sua poesia con le mie immagini, assolutamente non voglio fare questa operazione. Il mio intento è quello di condividere qualcosa che  ha fatto un amico, facendo una mostra insieme a lui.

Tony Graffio: Cosa ti fa pensare che quest'uomo sia ancora vivo?

Ilia: Non lo so, ma c'è qualcosa che me lo fa credere, quindi sto continuando ad indagare, non voglio dire nulla, ma credo d'essere sulla buona strada.

Tony Graffio: Dovrebbe avere più di 80 anni...

Ilia: Sì, io vorrei farlo conoscere alla gente. Intanto, anche oggi qualcuno ha letto le sue poesie... Questa è già la seconda mostra che faccio insieme a lui.

Tony Graffio: Che cosa ti ha colpito di lui?

Ilia: La sua spontaneità nel segno, le sue parole, il suo modo di vedersi e di rappresentarsi. Sembra che quello che ha fatto doveva proprio essere fatto, non so se mi spiego... Per me questa è un'esperienza molto importante che dovevo assolutamente fare.

Tony Graffio: Ho capito. Se lui è il poeta pazzo, tu chi sei?

Ilia: Io sono la viaggiatrice pazza...

Tony Graffio: C'è una cosa che mi sta a cuore e che vorrei chiederti perché mi sembra che entrambi abbiamo un modo di agire ed una sensibilità comune. Ilia, volevo sapere da te: come si coniuga la documentazione fotografica all'arte fotografica? Dico questo perché so che c'è chi sostiene che la documentazione fotografica sia una cosa e l'arte un'altra. Noi cosa vogliamo rispondere a queste persone così rigide ed assolutiste?

Ilia: Io credo che non è che la documentazione non sia arte; certa documentazione non è arte. Per l'arte ci vuole amore e sensibilità. Se stai documentando con amore, sincerità e spontaneità magari stai facendo arte. Se invece stai solo documentando, non devi per forza star facendo anche arte. Così come capita che molta arte che non vuol essere documentaristica, invece lo è...


Autoritratti del Poeta pazzo - Fotografia di Alice Ilia Imbriani

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