New York, Vivian Maier, autoritratto col vestito a quadretti (1951-1955)
Courtesy The Jeffrey Goldstein Collection
Le
fotografie ritrovate di Vivian Dorothea Maier hanno suscitato un
notevole interesse generale, sia per la sorpresa che in un
personaggio come la Maier si celasse una grande fotografa, sia per lo
stile della sua opera che arriva perfino ad anticipare altri autori
che si sono affermati in passato, mentre lei continuava a condurre
una vita estranea al mondo della carta
stampata e delle gallerie d'arte.
Vivian
Maier era una donna che non ha mai voluto attirare troppa attenzione
su di sé, ma ha sempre avuto una grande curiosità per la vita degli
altri, come se osservando ciò che facevano le altre persone, lei
potesse in qualche modo arricchire la propria esperienza personale e
conoscere meglio il mondo, dandosi un pretesto per stare in mezzo alla
gente. Cosa che forse non sempre lei riusciva a fare in altro modo.
L'infanzia
della piccola Vivian non deve essere stata particolarmente felice,
nata nel Bronx, quartiere popolare di New York, il 1 febbraio 1926 da
madre francese e padre austro-ungarico che ben presto si allontanerà dalla
famiglia.
Nel
1930, Marie Jaussaud e sua figlia Vivian vengono ospitate per qualche
tempo da Jeanne Bertrand, una fotografa francese che molto
probabilmente ha contribuito a far nascere la passione di Vivian per
la fotografia fin dalla tenera età.
Anche
Jeanne Bertrand è un personaggio degno di interesse, ultimamente,
sull'onda della popolarità della Maier, si sta cercando di
conoscerla meglio, sia per la sua attività di fotografa, sia per le
sculture che ha realizzato, ma sfortunatamente lo studio di questa artista, a Torrington CT, è bruciato ben 2 volte, mentre il suo atelier di
scultura è anch'esso andato distrutto in un incendio.
Si
sa, da una fotografia scattata da Vivian Maier nel 1953, che le due
fotografe devono essere rimaste in contatto durante le loro vite ed è
singolare notare come queste due donne siano state legate da uno
strano destino, entrambe hanno avuto umili origini, persero il padre
molto presto ed iniziarono a lavorare in fabbrica, per poi
dedicarsi ad altre attività.
Jeanne Bertrand a 18 anni nel 1902
Jeanne
è stata determinante per Vivian nell'indirizzarla a trovare una forma
d'espressione che l'aiutasse a sopportare meglio una vita
apparentemente insoddisfacente, mentre Vivian ha contribuito a far
conoscere un'artista dimenticata, ma dalla grande personalità.
Ci
sono molti fatti insoliti, coincidenze e situazioni particolari che
hanno portato alla luce il lavoro di Vivian Maier, al punto che ci
sono persone che dubitano persino che una storia del genere possa
essere vera. Per me, è proprio questa favola di una moderna
Cenerentola della fotografia che mi ha affascinato, portandomi a
voler conoscere meglio la persona, e l'opera di chi forse aveva
trasceso perfino la visione dei propri scatti ed aveva finito per
diventare, più che una fotografa, uno strumento in preda alla
propria fotocamera. Si sta parlando molto di Vivian Maier,
soprattutto dopo l'uscita del film di John Maloof, ma tante cose
fanno fatica ad emergere, resta comunque una gran quantità di
fotografie che ci possono raccontare più di ogni altra testimonianza
qual'era la visione del mondo di Vivian.
Locandina del film documentario del 2013 di John Maloof
Nel
1935, Marie Jaussaud torna in Francia con la figlia, per qualche
anno vivono a Saint Julien en Champsaur, un paesino ai piedi delle
Alpi; luogo che verrà mostrato anche nel film: Finding
Vivian Maier, dove
Maloof sarà in grado di registrare delle testimonianze della vita
della famiglia Jaussaud incontrando Sylvain l'ultimo dei cugini di
Vivian.
Non
si sa molto di Vivian, fintanto che nel 1951 torna definitivamente
negli USA, dove inizia a lavorare in fabbrica come operaia, a New
York.
Questo
tipo di vita non si adatta al temperamento di Vivian che preferisce
essere più libera, stare all'aperto o in luoghi più salubri e
ricavare del tempo per la sua passione: la fotografia. Vivian Maier decide così
di trovarsi un lavoro come bambinaia.
Nel
1952 acquista una Rolleiflex 6X6 ed il suo stile inizia a prendere
forma, Vivian si interessa ad un genere fotografico che oggi
chiameremmo Street
photography, scegliendo di focalizzare la sua attenzione sulla gente comune che vive alla periferia della città e su soggetti poco appariscenti che solitamente vengono trascurati dai reporter delle grandi riviste.
Il
1956 è l'anno in cui si sposta a Chicago per prendersi cura dei tre
figli della famiglia Gensburgs, inizia per lei un periodo
particolarmente felice in quanto, oltre ad andare molto d'accordo con
i suoi datori di lavoro ed i bambini, ha anche a disposizione la
comodità di un suo bagno personale che trasforma in camera oscura.
Nel
2007, John Maloof, un agente immobiliare di Chicago, acquistò ad un
asta di oggetti conservati in deposito in qualche magazzino, una
scatola di negativi contenenti delle immagini di Chicago. Prendendo
visione di queste fotografie, John comprese che in realtà non erano
il tipo di immagini di vedute storiche della città che egli stava
cercando, però capì di trovarsi di fronte a qualcosa di speciale.
Decise così di procurarsi tutto quello che riusciva a trovare di chi
aveva scattato queste immagini e ricomprò del materiale anche da
coloro che si erano aggiudicati altri lotti all'asta.
In
quell'anno Vivian Maier era ancora in vita, ma Maloof, pur
cercandola, non riuscì a trovare traccia di lei, anche perché lei
spesso si attribuiva nomi di fantasia e non aveva più avuto contatti
con i suoi familiari.
Vivian
Maier non si legò mai ad alcun uomo, era sola ed aveva difficoltà
economiche che non le permettevano di disporre di uno spazio
sufficiente a conservare con sé tutto il suo archivio e l'infinità
d'oggetti d'ogni tipo che amava collezionare. Negli ultimi anni della
sua vita, sono stati quelli che erano i tre ragazzi che accudiva per
famiglia Gensburgs a pagare la retta della sua stanza in affitto,
proprio per l'affetto che legava queste persone alla loro
ex-bambinaia.
Nell'inverno
del 2008, Vivian Maier scivola su una lastra di ghiaccio durante una
delle sue passeggiate, batte la testa e vede aggravarsi le sue
condizioni di salute.
Viene
ricoverata in un ospizio, ma il 21 aprile 2009 muore prima che John
Maloof possa conoscerla e farsi raccontare direttamente da lei la sua
storia.
John
che proseguiva le ricerche su Vivian anche su internet, un giorno
trova un trafiletto che parla della morte dell'anziana donna e da lì
poi riesce a mettersi in contatto con le persone che hanno conosciuto
la fotografa, decidendo di raccontarne la storia prima in un blog e,
recentemente, in un film documentario molto bello che consiglio
vivamente a tutti di vedere.
Tra
le tante cose strane di questa storia, è strano che siano stati
conservati i negativi che solitamente sono una delle prime cose che
vengono buttate da chi ritrova questo materiale, così come è strano
che siano stati conservati anche i rulli esposti e non sviluppati; è
strano che una persona come John Maloof si sia appassionato a questo
materiale ed abbia avuto la competenza per attribuirgli un valore
artistico, oltre che storico; è strano che qualcuno l'abbia
ascoltato ed è strano che lui stesso abbia avuto la professionalità
per girare come regista e come cinematographer
un
film piuttosto ben fatto e toccante che quest'anno ha vinto il Premio
John Schlesinger al 25° Palm Springs Film Festival. E' strano anche
che in Italia in pochi si siano adoperati per ospitare una mostra di
Vivian Maier. Io stesso, non essendo riuscito a recarmi a Brescia alla
Galleria dell'Incisione nel 2012, ho pensato di recarmi in Svizzera,
a Chiasso, per vedere le stampe di queste immagini esposte alla
Galleria Cons Arc.
La Galleria Cons Arc
La
Mostra
Le
fotografie esposte alla Cons Arc di Daniela e Guido Giudici
provengono dalla collezione Jeffrey Goldstein di Chicago che con più
di 15000 negativi, una trentina di filmati 8mm, un migliaio di stampe
e diverse diapositive a colori è un altro importante collezionista
dell'opera di Vivian Maier.
Arrivando
a Chiasso e parlando con i curatori della mostra, ho capito subito
che le cose non sono come si pensava all'inizio. Quando s'iniziava a
parlare del fenomeno della bambinaia che per circa 40 anni ha
documentato la vita per le strade di New York e Chicago, sembrava che
la Maier fosse una specie di mostro venuto dal nulla, ma in realtà
Vivian è sempre stata una grande appassionata di cinema, di
fotografia ed un'avida lettrice di libri e notizie che riguardavano
il suo tempo. Sono state trovate anche degli scritti di alcune sue recensioni di film
che lasciano pensare che lei le abbia pubblicate su qualche giornale.
Pur scendendo da un'Isotta Fraschini degli anni '20 questa fotografia di Gloria Swanson è stata scattata nel 1965 nei pressi di Chicago.
Stampa ai sali d'argento virata al selenio cm. 30,5X30,5 Tiratura 15 copie Valore 2200 US$
The Jeffrey Goldstein Collection
Daniela e Guido Giudici hanno già organizzato una mostra di Vivian Maier a Chiasso presso lo Spazio Officina; mentre in quella occasione venivano presentate 100 fotografia, scelte su 300 fotografie che fanno parte della Collezione Jeffrey Goldstein, nella piccola galleria Cons Arc hanno esposto 32 fotografie appese alle pareti, più 20 stampe in portfolio.
Le fotografie sono in vendita a prezzi che variano dai 2200 ai 2800 US$.
Si stima che il valore di queste opere dovrebbe crescere a breve, in quanto la presentazione del film ha suscitato nuovo interesse per questa autrice ed un po' in tutta Europa si stanno preparando nuove esposizioni per far vedere e vendere le fotografie di Vivian Maier.
Three boys in car 1955; Three girls on stoop 1968; Young girl sleeping in car 1968
The Jeffrey Goldstein Collection
Anche se è impossibile affermarlo con certezza, sembra che Vivian Maier abbia stampato poco durante la sua vita, fin'ora è stato ritrovato uno scarso numero di fotografie vintage, peraltro di scarsa qualità. Si pensa che queste fotografie le fossero richieste dai bambini che accudiva.
Chicago Family, Transit bus 1965
The Jeffrey Goldstein Collection
Dagli anni anni '80, probabilmente a seguito di una sua condizione economica piuttosto instabile, gran parte dei rulli che Vivian esponeva non venivano più sviluppati, ma soltanto accatastati in scatole che poi sono state ritrovate. Chi è entrato poi in possesso di tutto questo materiale fotografico, ha provveduto a farlo sviluppare, archiviare e selezionarlo per pubblicazioni ed esposizioni.
Fotografare qualcosa che poi non si visiona nemmeno è un comportamento strano che non ha comunque distolto Vivian Maier dal fotografare, proprio come se questo comportamento fosse diventato per lei una vera mania, o uno scopo di vita.
Chicago Two shirts hanging 1967
The Jeffrey Goldstein Collection
Molti altri fotografi sono stati scoperti in tarda età o dopo la morte, vale la pena di ricordare John Ernest Joseph Bellocq (1873 – 1949), un altro americano, d'origine francese che si dedicò a documentare le prostitute di Storyville, il quartiere a luci rosse di New Orleans.
Anche Eugène Atget (1857 - 1927) che non conobbe grande successo in vita, dopo morto venne molto apprezzato a livello mondiale per il valore della sua opera che documenta una Parigi ormai scomparsa.
Potrei continuare una lunga lista di fotografi riscoperti, ognuno di loro ha una interessante storia da raccontare, mi limiterò a citare un altro fenomeno recente, quello di Miroslav Tichy, del quale forse avremo la possibilità di vedere le sue immagini esposte alla Cons Arc, o a Chiasso, grazie ad un collezionista locale. Spero proprio che sarà così perché anche per Tichy non ci sono state molte possibilità di conoscere il suo genio.
Potrei continuare una lunga lista di fotografi riscoperti, ognuno di loro ha una interessante storia da raccontare, mi limiterò a citare un altro fenomeno recente, quello di Miroslav Tichy, del quale forse avremo la possibilità di vedere le sue immagini esposte alla Cons Arc, o a Chiasso, grazie ad un collezionista locale. Spero proprio che sarà così perché anche per Tichy non ci sono state molte possibilità di conoscere il suo genio.
Couple in wind 1967-1968
The Jeffrey Goldstein Collection
La piccola sala della Cons Arc dove sono esposte le foto provenienti dalla Jeffrey Goldstein Collection di Chicago.
Altre fotografe del passato da conoscere sono la polacca Stefania Gurdowa e l'italiana Leonilda Prato, entrambe furono attive all'inizio del XX secolo e rappresentarono un raro esempio di donne che si dedicarono alla fotografia, imprimendo una loro visione femminile ed un modo personale di ritrarre i propri soggetti.
Una fotografia tratta dal portfolio che fa parte della mostra.
Vivian Maier: out of the shadows e Vivian Maier: street photographer, sono i due libri pubblicati rispettivamente dalla Jeffrey Golstein Collection e da John Maloof che presentano l'autrice partendo dalle immagini dei propri archivi.
Vivian Maier è un'autrice importante, pur non avendo ancora avuto accesso nei musei americani di fotografia, la sua opera ha addirittura anticipato il lavoro di altri autori, si pensi per esempio a Cindy Sherman, o ad altri fotografi dei quali ricorda lo stile o gli interessi. Tra questi ultimi mi vengono in mente Helen Lewitt, Walker Evans, Diane Arbus, Henri Cartier-Bresson ma molte altre immagini della Maier riconducono casualmente a fotografie di tanti altri autori molto conosciuti e forse è anche per questo che Vivian Dorothea Maier è riuscita ad uscire dall'anonimato per entrare nella storia della fotografia.
Certo, il fatto che praticamente non esistano sue stampe vintage di qualità e dimensioni importanti, limita l'entusiasmo di molti collezionisti che possono soltanto comprare stampe attuali realizzate da due diversi laboratori, a seconda dell'archivio che possiede i negativi, seguendo lo stile ed i gusti degli anni '50 e '60.
Lo sguardo sulla seconda metà del XX secolo e la testimonianza di quel periodo, visto attraverso gli occhi di una persona qualunque rimangono e ci riportano a fissare nel tempo degli elementi e dei soggetti oggi non più individuabili, regalandoci la visione di una società che ormai sembra lontanissima.
Personalmente, dubito molto del fatto che esistano ben 150.000 negativi impressionati dalla fotografa franco-americana in circa 40 anni perché questo significherebbe scattare 10 rulli di pellicola al giorno. Probabilmente 150.000 sono gli scatti totali che comunque sono un considerevole numero di fotografie. Su una mole di 150.000 negativi, qualcosa di buono sarebbe uscito anche solo per un calcolo delle probabilità, sarà interessante, col tempo veder emergere altre immagini selezionate dagli archivi che gestiscono l'opera di questa autrice. Tony Graffio
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