martedì 14 gennaio 2014

Santo Domingo

Sotto la Stazione Centrale di Milano ci sono varie cose conosciute e meno conosciute; una volta da bambino ho camminato nei sotterranei insieme ai miei familiari e ad alcuni facchini che ci portavano i bagagli e ci hanno condotto per una scorciatoia che ci ha fatto uscire al livello stradale, direttamente dov'erano parcheggiati i taxi. Mi feci l'idea che sotto i binari doveva esistere una città grandissima e misteriosa dove c'erano montacarichi cigolanti, corridoi che sembravano stanze di torture e macchinine elettriche di tipo sperimentale, stranamente moderne, ma al tempo stesso dal design molto retrò, di cui potevano disporre su Mongo, ma che sul pianeta Terra, per qualche strana ragione, erano utilizzate solo dalle F.S. In realtà, ogni bambino ne avrebbe voluta una tutta sua per poter scorrazzare ovunque in una città in cui il traffico non era ancora un problema primario ed i parcheggi si trovavano facilmente un po' dappertutto.
Mi sembra che anche il re d'Italia avesse un binario riservato da dove partiva il suo treno personale, ma forse adesso è tutto stratificato nella memoria collettiva, perché se una cosa non la si vede s'inizia anche a dubitare che esista.
Ciò di cui non si può dubitare l'esistenza invece, fu un binario sotterraneo, il binario 21, dal quale i nazi-fascisti, durante la seconda guerra mondiale organizzavano le deportazioni degli ebrei verso i campi di sterminio.
Non so gran che di questo locale, ormai chiuso, che si chiama Santo Domingo, se non che non era proprio ben frequentato, c'erano spesso risse, troppa gente esagitata che amava ballare e fare colpo sulle ballerine per le quali poi si sfidavano all'ultimo sangue con il pugnale in mano. Forse cucinavano un buon pesce, visto che erano fianco a fianco di magazzini che vendevano il pesce all'ingrosso, però potrebbe essere soltanto una visione romantica di un mondo che sta scomparendo e pian, piano ci sta lasciando solo saracinesche abbassate, il ricordo del passato e qualche muro colorato.

Stazione Centrale Milano
Donde te sientes in tu casa

Fotocamera: Rollei 35S
Luogo: via G. B. Sammartini
Geo appunto: N 45°29'46.066" E 9°12'45.624"



Due parole sulla Rollei 35
(ovvero, perché ho preferito questa fotocamera a Minox GT e Olympus XA)

Di questi gioiellini si sa già tutto, però ci tengo anch'io a dare le mie impressioni su un apparecchio utile e prezioso, capace di impressionare pellicola in maniera superba, la cui qualità costruttiva e ottica non fa rimpiangere il fatto di non avere tra le mani una fotocamera 35mm più grande.
Tanti anni fa ero riuscito a convincere un caro amico a vendermi la sua Rollei 35 cromata, Made in Germany, che montava un'ottica Tessar f 3,5; avendo già posseduto una Minox 35GT ero alla ricerca di una fotocamera con prestazioni analoghe, ma dall'affidabilità e dalla robustezza superiori. La Minox 35 GT era in grado di produrre fotografie a colori strepitose, ma aveva dei punti deboli che mi avevano indotto a decidere di non far più effettuare riparazioni su di essa poiché il pulsante di scatto era sicuramente un punto debole di questo modello di apparecchio fotografico, in più avevo in qualche modo capito che nonostante il fotoriparatore dal quale mi servivo e che continuo a frequentare a distanza di più di 30 anni (penso che dovrei fargli un'intervista da pubblicare su queste pagine prima che chiuda definitivamente la sua attività), sia un mago della meccanica di precisione, continuare ad intervenire su meccanismi di plastica non era una grande idea. Oltre al pulsante di scatto, ricordo d'aver avuto problemi anche con l'esposimetro, così nonostante la sua linea più moderna, i materiali utilizzati più leggeri, le dimensioni leggermente più contenute rispetto alla piccola Rollei e lo strano coperchio che ricordava un vecchio ponte levatoio, avevo pensato di tornare alla meccanica, al metallo ed ai grammi in più della Rollei. In un primo momento avevo privilegiato la Minox, forse anche per il marchio che evocava su di me più fascino ed un'innovazione tecnica assente sull'altro marchio tedesco. La Minox però aveva un'elettronica non molto affidabile, è vero che l'automatismo a priorità di diaframmi era un gran comodità per scattare di nascosto tenendo la fotocamera in mano senza destare sospetti, ma la stessa cosa si poteva fare con buoni risultati anche con la Rollei preinpostando tempi e diaframmi. Ci voleva maggior attenzione ma certamente era meglio essere consapevoli di che tempo d'esposizione usare, perché il display dei tempi sulla Minox non era proprio precisissimo e poteva capitare d'essere convinti di scattare a 1/30 di secondo, ma di rischiare il mosso perché in realtà si scattava ad 1/20, o meno.
Riconobbi il mio errore e mi convertii alla Rollei, ma in un primo tempo non fui molto più fortunato. Per me che ero abituato al Color Minotar f 2,8, passare ad un ottica di uno stop più chiusa non fu un'esperienza molto gradita; inoltre, dopo aver fatto sviluppare il primo rullino, mi accorsi che la spaziatura tra i fotogrammi era molto approssimativa, al punto d'avere addirittura alcuni fotogrammi sovrapposti. Purtroppo, quando si acquista un apparecchio che non è in uso abituale di qualcuno, qualche sorpresa può capitare. Riprovai ad esporre un altro film, ma anche questa volta il risultato fu deludente. Ero talmente deluso che non pensai neppure a far sistemare il difetto, anche perché operare su questi apparecchi "supercondensati" risulta abbastanza complicato e costoso, non ricordo esattamente in che modo, ma credo che rivendetti la Rollei, oppure la scambiai con qualcuno, ovviamente specificandogli il difetto. All'epoca la macchinetta di Braunschweig era comunque ricercata e non feci fatica a trovare chi la volle per sé.
Dopo queste esperienze, utilizzai anche la famosa Olympus "Uovo", la XA, che aveva il grosso vantaggio d'avere il telemetro incorporato, ma non stravidi mai per questa macchina fotografica, era un'onesto strumento al mio servizio, ma l'ottica era di qualità differente rispetto a Zeiss e Minox. E poi avevo la sensazione che l'uovo davanti all'obiettivo non fosse esattamente piatto come le altre 2 fotocamere. 
La macchina migliore da tenere in tasca era sicuramente la Minox, tanto che a volte, per la sua leggerezza, la tenevo nel taschino della camicia senza averne alcun fastidio, tranne che per le richieste di coloro che mi chiedevano una sigaretta pensando che nel rigonfio sul petto nascondessi un pacchetto di bionde. In quei casi, per convincere il mio interlocutore che non fumavo dovevo mostrare la camera obscura di plastica in miniatura, perché si sa che un fumatore in astinenza non gradisce rifiuti e ha anche poco senso dell'umorismo.
Dopo un po' rivendetti anche l'Olympus, o forse la regalai.
Per un po' di anni non pensai più a questo genere di apparecchi tascabili, ma nel 2000 trovai una Rollei 35S nera un po' malconcia ad un mercatino e decisi d'acquistarla perché il prezzo era molto buono. 
Onde evitare problemi, la portai subito a revisionare da Gigi e la mia Rollei tornò quasi come nuova, anche se c'era ancora qualche traccia di un paio d'ammaccature.
Il mio apparecchio è stato costruito a Singapore nello stabilimento Rollei, monta un obiettivo Sonnar 40mm f 2,8 che mi rende molto felice. Sulla questione del "Made in Germany" o  del "Made in Singapore" io ho la mia opinione che è la seguente: il miglior modello di Rollei 35 è la S. La costruzione delle Rollei era molto accurata, sia che venisse fatta in Europa, sia che venisse fatta in Asia, il vantaggio di disporre di un'ottica Zeiss abbastanza luminosa, di qualità eccelsa come il Sonnar f 2,8 è facilmente intuibile, tutto il resto è relativo.
Mi piace la disposizione dei comandi perché sono facilmente visibili e manovrabili, può sembrare un po' strana la disposizione della leva di carica ed il sistema d'apertura del fondello, ma io trovo che questo progetto di Heinz Waaske sia tuttora insuperabile e di una genialità impressionante. Il caricamento del rullino risulta molto semplice ed il pressapellicola funziona alla perfezione. 
Se proprio si vogliono trovare dei piccoli difetti a questo esempio di design e funzionalità germanica, potrei dire che la messa a fuoco va fatta con attenzione, ovviamente bisogna ricorrere alla distanza iperfocale a causa della mancanza di un telemetro, ma cosa, abbastanza importante, bisogna far attenzione a prendere come indicazione la ghiera in metri, se si è abituati a far uso del sistema metrico-decimale che nel caso della mia fotocamera è nella parte bassa dell'obiettivo. Esiste anche una ghiera con una scala in piedi e se si è un po' di fretta o sopra pensiero è facile confondersi.
L'esposimetro incorporato è un Gossen che utilizza una pila non più in produzione, volendo ci si può arrangiare montando una Px 675 con degli adattatori, al posto della Px 625, sono possibili altre soluzioni, ma o ritengo che la cosa migliore sia quella di fornirsi di un Gossen Digisix, un esposimetro digitale esterno che sicuramente è in grado di misurare luce incidente e riflessa con maggior precisione rispetto a ciò che viene fornito con la Rollei.

Digisix Gossen
Digisix Gossen

Avere sempre con sé questa fotocamera è un'ottima idea, anche perché se si venisse rapiti da astronavi aliene si avrebbe la certezza che le macchine ad otturatore meccanico funzionerebbero, consentendoci poi di riportare a casa degli scatti importantissimi, mentre quelle dotate di tecnologie elettroniche o digitali potrebbero bloccarsi e lasciar credere a tutti che siamo soltanto dei visionari. Tony Graffio

La Rollei 35S un po' ammaccata di Tony Graffio
La mia Rollei 35S


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