Pinguini colorati
L'autore dei graffiti è Pao, ovvero Paolo Bordino.
Un mio amico di Trieste mi ha raccontato che quando era piccolo, all'acquario di quella città c'era un pinguino del Sudafrica che si chiamava Marco; era stato donato dall'equipaggio della Motonave "Europa" nel 1953 di ritorno dall'Africa. Marco si era ambientato molto bene a Trieste, tanto che ad una certa ora, tutti i giorni, usciva da solo, attraversava la strada e andava a farsi un bagno nel mare. Dopo un po', sempre da solo riattraversava la strada e tornava nella sua vasca all'acquario. Naturalmente, i bambini impazzivano a vedere un pinguino tanto preciso ed indipendente. Era una vera celebrità ed ha vissuto per circa 31 anni.
Noi, a Milano, ci accontentiamo di questa coppia di pinguini che vivono sul portone di via Carnevali, 34.
Latitudine e longitudine: N 45°30'12.945" E 9°10'21.675"
Ora: 7,30
Condizioni meteorologiche: nuvoloso
Fotocamera: Nikon D700
Obiettvi: AF Nikkor 28mm f 2,8 D per la coppia di pinguini; Nikkor Ai 85mm f 2 per i singoli pinguini.
Esposizione: Asa 250; 1/125 sec f 4
Pinguina
Pinguino
Pao, noto street artist milanese nato nel 1977 è l'amico dei pinguini; nel 2000 ha iniziato a proporli un po' in tutte le salse ed in tutti i luoghi, ha perfino trasformato i famosi "panettoni di cemento" in pingui pinguini ed altri personaggi del mondo dei fumetti.
Ripropongo qui la storia di Marco, come l'ho trovata sul forum di Trieste, raccontata da chi si ricorda ancora di lui.
Tutti
i giorni, domeniche comprese, si faceva la sua bella passeggiata
lungo le rive, in compagnia del suo custode preferito (custode
dell’acquario, a dir il vero): Marco davanti, libero e solenne …
spocchioso oserei dire, il custode dietro come un maggiordomo. I
bambini lo accoglievano con strilli e richiami, i grandi lo
guardavano sempre incuriositi e stupiti, qualche turista (pochi,
molto pochi) faceva delle foto e se Marco se ne accorgeva si fermava
e (giuro!) si metteva in posa. Se era di buonumore si lasciava
accarezzare da quelle manine timorose e irruenti al tempo stesso, che
scivolavano giù per le sue piume lisce e nere, e se le carezze
valute non arrivavano, aveva un modo tutto suo per rubarle: fingeva
di zoppicare… Oh! Ne era capace, vi assicuro! Che disgraziato! Si
dice che tutto fosse nato da un incidente: senza volerlo un
guardiano, un giorno, gli pestò una pinna e, immediatamente, lo
prese in braccio per consolarlo e chiedergli scusa. Zampa -zoppia -
coccole: semplice e sicuro, il metodo!
Se decideva poi che di carezze ne aveva ricevute a sufficienza, due beccate alla rinfusa e le mani di colpo sparivano, magari con qualche brevissimo pianto se la beccata andava a segno, a non era mai eccessiva, la beccata, serviva solo a dire “Ora basta che c’ho da fare!”. Io pure ma la presi, sotto gli occhi attenti del nonno, che non bastarono ad evitarmela, e il risolino sotto ai baffi del guardiano. Ma l’amore per Marco non cessò: come un’amante tradita mi portai per anni nel cuore l’affronto, senza versare una lacrima o lasciarmi sfuggire un “Ahia". Come un ammiraglio che passa in rassegna le sue truppe Marco s’incamminava di solito lungo il Molo Audace, percorso non estremamente facile per le sue gambe corte, con quei pietroni disassati dalle mareggiate, ma aveva una meta precisa: andava a farsi il bagno. Si buttava giù dal molo e se ne stava a dondolarsi sul pelo dell’acqua o faceva acrobazie incredibili, godendosi sia il suo elemento naturale, sia le facce degli spettatori che come ebeti lo stavano a guardare. Il ritorno sul molo era per lui impossibile: gli scalini alti non corrispondevano alla misura dei suoi arti inferiori, doveva quindi andare il guardiano a recuperarlo. 1953: la motonave Europa del Lloyd Triestino ritorna dal Sud Africa. A bordo un passeggero decisamente particolare: uno Spheniscus demersus, un pinguino sudafricano neppure particolarmente bello. Dicono fosse stato trovato, solo, abbandonato e sicuramente destinato alla morte, da alcuni marinai e “salvato” portandolo a bordo. Forse i marinai videro semplicemente un accattivante cucciolo e se ne innamorarono. Chissà? Di certo c’è che il pinguino si fece tutti i 50 giorni di viaggio, sopravvivendo chissà come, sicuramente accudito con amore e con tutte le cure possibili, nascosto ai 400 passeggeri ed anche alla maggior parte delle 200 persone dell’equipaggio ufficiali compresi.Era normale, per i marittimi, portarsi a casa dai viaggi degli animali strani (stramba Trieste!), ricordo perfettamente l’invidia che noi, ragazzi del quartiere, provavamo per “Gianni della simia” (Gianni della scimmia), un ragazzino col padre che "navigava". Gianni girava con una bertuccia sulla spalla, quando, di pinguini in giro non se n’erano ancora visti. Sicuramente, i marinai dell'Europa si chiesero come fare per tenere a casa un pinguino. Unica soluzione possibile confessare il “furto” alle autorità. Niente punizioni, niente ramanzine, ma a qualcuno venne l’idea giusta: farne dono all’acquario cittadino. Ne parlò “Il Piccolo”, quotidiano di Trieste, con grande rilievo, ma ancora nessuno conosceva il carattere da star dello Spheniscus demersus in questione, carattere che sarebbe stato determinante nel dargli la notorietà assoluta. Gli costruirono una vasca adeguatamente grande all’interno dell’acquario, che usava volentieri sia per fare le sue bravate da provetto nuotatore, sia per schizzare (con enorme soddisfazione) i visitatori che lo guardavano dai bordi. Come per i suoi bagni in mare, per entrare nella vasca non aveva alcun problema: un bel tuffo “a clanfa” (di quelli che provocano un’inondazione per un raggio di 10 metri…) ed il gioco era fatto. Diverso l’uscirne, ma bastava un suo versaccio roco e sgraziato ed arrivata il “maggiordomo” di turno a tirarlo a secco. Gli diedero un nome, Marco, chissà perché proprio quello? Il nostro amico, sicuramente con un ritardatario imprinting, visse uomo fra gli uomini per 31 anni. Sì, proprio 31 anni, mentre la vita media di un esemplare della sua specie è di 20, 25 anni, ricevendo generazioni di coccole da manine sostituite da altre manine, finendo sui giornali di mezzo mondo grazie ai turisti che se lo vedevano davanti, arrogante come sempre, tra i palazzi austroungarici delle rive. Alla maturità sessuale (era il 1964), gli amici pensarono anche a fargli conoscere le gioie dell’amore e dal Sud Africa arrivò una coppia di Spheniscus demersus, una coppia perché in quella specie i maschi sono perfettamente uguali alle femmine, almeno in apparenza.
Niente
da fare: Max (il maschio) le prendeva di santa ragione, Lily (la
femmina) non veniva degnata neppure di uno sguardo. D’altra parte,
visti con i suoi occhi, quelle bestie erano ben strane! Eppoi, non
sapevano esprimersi, né comportarsi. Meglio turisti, bambini e
foto…
Marco morì da “uomo” com’era vissuto: tra le braccia del suo guardiano preferito, coccolato, ancora avvolto teneramente in una coperta, con sicuramente sopra il suo viso gli occhi pieni d’amore e di lacrime di uno degli amici che lo avevano amato. Dall'autopsia risultò che Marco era una femmina. Nel 1986 il governo del Sud Africa inviò a Trieste una coppia di pinguini, quasi a perdurare la memoria di Marco: Zigo e Zago che hanno messo su famiglia facendo nascere Domino e Pulcinella, ma Marco rimane irripetibile e indimenticabile.
La Vecchia Pescheria di Trieste, qui si trova il Civico Acquario Marino di Trieste
Nota aggiuntiva Pulcinella, nata il 3 marzo 1996 è morta il 26 febbraio 2010 e da quella data il Civico Acquario Marino di Trieste è rimasto privo di questi simpatici animali. |
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