sabato 18 marzo 2017

Settimio Benedusi, il suo mare e la sua visione fotografica. (L'Orizzonte non esiste)

Settimio Benedusi
Settimio Benedusi nello stand di Still alla MIA Photo Fair 2017

Tony Graffio: Settimio Benedusi, buongiorno. Ho visto che quest'anno proponi qualcosa di diverso dal tuo genere di fotografia, me ne vuoi parlare?

Settimio Benedusi: Ciao Tony. Sì, si tratta di qualcosa di diverso, ma coerente con quello che faccio da quarant'anni a questa parte e che comunque ha a che fare con il posto da dove sono partito, perché quello che vedi nelle fotografie che sto esponendo nello stand di Still è il mare della mia città, Imperia, il Mar Ligure. E' una sorta di desiderio di tornare alle origini per dare stabilità alla mia storia, togliendo tutto il superfluo e lasciando solo l'essenziale.

TG: Ti conosciamo soprattutto come fotografo di moda, adesso ti allontani un po' da quel mondo?

SB: Sì, per circa sette anni ho lavorato con Sport Illustrated e le più belle donne del mondo in costume da bagno sui mari di tutto il mondo. Però, anche in quei momenti io stavo fotografando il mare. So che è difficile da comprendere, ma per me era veramente così. Per me si trattava di fotografare le persone al mare. Adesso, ho tolto le persone, ho tolto tutto ed ho lasciato solo il mare. Ho scelto di fotografare ossessivamente sempre lo stesso tratto di mare per trasformarlo da paesaggio ad una specie di texture che è diventata un mio linguaggio. Ho inserito fino a 12 fotografie in una medesima cornice, ma sarei potuto andare avanti all'infinito.

TG: Esatto, volevo proprio chiederti che cosa significa questo modo di presentare tante fotografie insieme. Vuoi far capire che si tratta dello stesso posto con un cielo diverso?

SB: Più che altro voglio trasformarlo. Trasformare una fotografia di paesaggio come la prima immagine di questa serie in qualcos'altro. E' come trasformare un paesaggio in un alfabeto per far coincidere qualcosa che è sotto gli occhi di tutti con qualcosa che è dentro la mia testa. Nella mia immaginazione, nel mio progetto. Quello che all'inizio è soltanto mare e cielo, alla fine si avvicina, senza mai esserlo completamente, a quello che ho nella mia testa. Questo lavoro si intitola: "L'Orizzonte non esiste" perché ho fatto qualcosa che non esiste. Basta spostarsi avanti di un metro per cambiare la linea dell'Orizzonte. In qualche maniera, ho tentato di fotografare l'infotografabile.

TG: Ho capito. Anche a te, come a Fabio Castelli, volevo fare una domanda difficilissima: puoi a spiegarmi che cos'è la fotografia d'arte? In modo comprensibile a tutti?

SB: Ah guarda, potrei risponderti subitissimo in due parole dicendoti che non lo so. Però, se posso provare ad arrampicarmi sui vetri, anche per dare a me per primo una risposta, direi che penso che sia usare un mezzo che è la macchina fotografica; così come altri usano, il pennello, la cinepresa o altri mezzi, per raccontare le cose più intime, personali e vere che fanno parte della tua vita. Nel mio lavoro commerciale racconto delle verità con la stessa intensità, con la differenza che lì sono i clienti a chiedermi di raccontare quelle cose. Qui invece il cliente sono io, quindi racconto qualcosa di mio.

TG: Che senti di più?

SB: Sicuramente. Io non vedo una grande dicotomia tra questo lavoro che presento al MIA e quello che faccio per Sport Illustrated. Si tratta comunque di aspetti di me, della mia personalità, di quello che sono e di quello che faccio. Queste fotografie però parlano sicuramente di me.

TG: La fotografia è un mondo un po' particolare, perché se dici: "Faccio arte e mi esprimo con la fotografia", subito trovi qualcuno che ti dice: "Allora sei un fotografo...", mentre ci sono altri autori che riescono a proporsi come artisti pur utilizzando il mezzo fotografico. Perché?

SB: In effetti, forse è una questione di lana caprina, però nella mia testa c'è un'enorme distinzione tra artisti che usano la fotografia, vedi Vanessa Beecroft ed altri. Cosa che è sempre più di moda. E fotografi che fanno i fotografi. Sono cose molto diverse. Io faccio fotografie da quando avevo 12 anni, so fare quello e quella tecnica mi appartiene totalmente: io sono un fotografo.

TG: Come hai iniziato con la fotografia? E' stato facile o difficile?

SB: La prima volta che ho preso la macchina fotografica in mano per fotografare, sviluppare e stampare in camera oscura è capitato tanto tempo fa. Per prima cosa ho deciso d'imparare questa professione; ho fatto l'assistente e tutta la trafila necessaria di chi vuol vivere di questo mestiere andando a bottega da altri fotografi. Mi sento di citare Paolo Gandola come mio maestro. E' stato un grande fotografo di Still Life che mi ha insegnato ad usare il banco ottico in studio, ma ho lavorato con moltissimi altri bravi professionisti. Per diventare un fotografo di successo, anche nel 2017, la ricetta è sempre la stessa. Bisogna creare una propria visione personale, intima, vera, originale. Fare il fotografo vuol dire questo: avere un punto di vista originale sul mondo.

TG: In che modo uno stampatore Fine Art ti può aiutare nel presentare la tua personale visione agli altri?

SB: In questo caso, il lavoro di Giancarlo Vaiarelli è stato fondamentale, anche perché la tecnica di queste fotografie è incredibile. Sono state scattate con un Iphone, perché volevo coniugare il massimo della contemporaneità con il massimo della classicità. Il risultato che ricercavo l'ho ottenuto scattando in digitale e facendo fare un'internegativo di grande formato da Giancarlo che poi l'ha stampato a contatto su carta tradizionale. S'è trattato di una lavorazione molto difficile che tuttavia è riuscita bene a dare l'impressione d'aver realizzato le fotografie col banco ottico, come se si trattassero di scatti fatti come una volta. Invece sono il massimo della contemporaneità.

TG: Sei soddisfatto perché hai ottenuto quello che volevi?

SB: Assolutamente sì.

TG: Grazie.

Settimio Benedusi MIA
Settimio Benedusi - L'Orizzonte non esiste


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