Sono passate circa nove settimane dalla pubblicazione delle ultime fotografie e per di più oggi ho pensato di presentare delle immagini che esulano dal territorio che avevo previsto di documentare, ma in questo tempo sono accadute delle cose che hanno un po' cambiato il mio modo di procedere, per cui cercherò di fare un po' il punto della situazione, esprimendo la mia opinione sulla fotografia digitale. Ma prima i graffiti.
Giapponesina
Samurai
Il progetto di documentare i graffiti di Milano è un progetto molto ampio che ho iniziato, un po' perché era una cosa che mi ripromettevo di fare da tempo, in quanto mi affascina molto la quarta dimensione e il suo trascorrere, osservando tutto ciò che si muove al suo interno che finisce poi per trasformarsi in qualcosa d'altro, o scomparire. Inoltre volevo partire da un mondo che non conoscevo, per avere lo spunto per parlare di cose che forse conosco meglio, o che comunque suscitano in me molte riflessioni che rimbombano nella mente,anche se non so fino a che punto possano essere interessanti anche per altre persone. Inizialmente, avrei dovuto avere dei collaboratori che mi avrebbero aiutato a battere le varie zone della città, alla ricerca di moderni affreschi all'aperto da valutare nel loro richiamo estetico, ma come spesso accade, le idee più ostiche è meglio portarle avanti da soli, con i propri mezzi, contando soltanto sulle proprie forze, tempo e volontà.
Ho pensato pertanto di prendere la cosa con più calma e, a differenza di come procedevo prima, non pianificherò più delle vere uscite con un obiettivo preciso, ma avanzerò in maniera più casuale, a seconda di dove mi trovo. Devo dire che anche le avverse condizioni atmosferiche degli ultimi mesi mi hanno un po' scoraggiato da continuare ad ogni costo a compiere il mio compito di documentazione; in più, il poco riscontro di partecipazione ottenuto fino ad adesso sulla rete, non è certo stato un incoraggiamento a proseguire un'attività che pensavo d'aver affrontato in modo serio ed interessante.
Ultimo fattore, non meno importante dei primi due, nel frattempo ho anche venduto la mia reflex digitale perché, essendo uscita di produzione, ho pensato di aggiornare il mio corredo fotografico e così ho fatto un'operazione alquanto controversa che neppure io ho compreso pienamente.
Oggi, presento solo un paio di immagini catturate appena fuori dai confini di Milano.
Avendo deciso di essere sempre accompagnato da una fotocamera meno impegnativa, e più leggera ed essendomi recato a San Donato Milanese per incontrare una persona che mi ha venduto un'ottica usata, ho trovato alcuni soggetti interessanti su un muro molto colorato che delimita il parco Enrico Mattei, in prossimità del capolinea della Metropolitana Milanese, A San Donato.
Luogo: San Donato Milanese, via Caviaga
Latitudine e Longitudine: N 45°25'41.885 E 9°15'28.537
Altitudine: m.100
Ora: 12.59 (ora legale)
Tempo: variabile
Fotocamera: Pentax K-01
Obiettivo: Super Takumar 28mm f 3,5 (focale corrispondente nel formato 24x36: 42mm)
Esposizione a 400 EI: 1/200 sec. f 8
Cosa ho capito della fotografia digitale
Prima parte
Quando i primi apparecchi digitali sono comparsi sul mercato, li guardavo con molto distacco e pessimismo; non capivo cosa potesse esserci d'interessante in una tecnologia che non permetteva d'ottenere immagini di qualità, che produceva apparecchi di una bruttezza disarmante e per di più costruiti con materiali scadenti.
Negli anni '80, perfino la stupenda Nikon F3 era guardata con sospetto, per via della sua dipendenza dalle batterie e per l'innovativa scelta d'offrire l'esposizione a priorità di diaframmi in una ammiraglia dalla quale si pretendeva l'affidabilità assoluta.
Il fatto d'andare progressivamente verso una rivoluzione che prevedesse addirittura la messa a fuoco automatica, era invece una tappa che consideravo molto utile, specialmente per alcuni campi della fotografia d'azione. Così, ho accettato abbastanza speranzoso il fatto di cambiare apparecchio fotografico e ottiche per poter fruire di una rapida e precisa messa a fuoco. Questa operazione l'ho però affrontata con parecchie perplessità, soprattutto dopo aver avuto in mano la nuova attrezzatura ed avendo cercato di procedere in maniera analoga a come effettuavo i miei scatti con la Nikon F2.
La Nikon F100 è una macchina ben fatta, ma io non l'ho mai amata molto in quanto aveva nuovi comandi che attentavano alle mie abitudini e, ancor peggio, questi nuovi tasti e sensori non mi permettevano di esporre, mettere a fuoco e inquadrare foto migliori.
Tutto era ottimizzato all'ottenimento di immagini in rapida sequenza, in tempi brevi ed al consumo di considerevole quantità di pellicola, come se tutta l'operazione di scattare fotografie venisse ricondotta ad un tiro a segno nel quale, dopo aver scattato 2 o 3 rullini di pellicola da 36 e più fotogrammi, qualcosa di buono avremmo pur dovuto trovare nel magazzino della nostra macchina fotografica. Credo che la fotografia digitale sia nata per fronteggiare i costi della pellicola che veniva macinata a raffica da winder e motori, più che per una reale esigenza dell'epoca di ottenere immagini in tempi veloci che potessero essere trasmesse via telematica da una parte all'altra del mondo.
La F 100 proprio non mi piaceva, non riuscivo ad inquadrare i miei scatti come volevo perché i sensori per la messa a fuoco erano pochi e posizionati tutti al centro del fotogramma, come se non potesse esserci nulla di interessante ai margini del campo inquadrato. Alla fine, mi rendevo conto che impiegavo più tempo a scattare una foto con la F100 che con la F2 e, oltretutto, l'inquadratura era difficoltosa dovendo bloccare esposizione ed autofocus per poi re-inquadrare il tutto. Un mezzo disastro; per non parlare delle costose nuove ottiche di plastica che in mano non davano più la sensazione d'agire su uno strumento solido e professionale, ma soltanto su una specie di giocattolo rumoroso che aveva una striminzita e tremolante ghiera di messa a fuoco, se proprio si desiderava operare "come una volta". Sono riuscito a tenermi alla larga dagli apparecchi digitali per molti anni, se non per "giocare" con delle compatte da usare come taccuino degli appunti e come strumento indispensabile per effettuare comodamente macrofotografie di piccoli oggetti da vendere all'asta su internet.
Non prendevo minimamente in considerazione delle reflex digitali che avevano adottato, dopo circa 90 anni, un formato diverso dal classico 24mm X 36mm...
Mi sono affacciato al mondo delle reflex soltanto quando Nikon ha compreso che era il momento di produrre qualcosa di serio a prezzi non esorbitanti e così, nel 2009, ho acquistato una D700 che ho apprezzato ogni giorno un po' di più. Non mi ritengo un esperto di fotografia digitale, so che devo imparare ancora molte cose, ma comprendo che il mondo della fotografia è ormai diviso in chi ha iniziato a registrare immagini fisse su pellicola e chi ha iniziato a prendere in mano, come primo apparecchio, uno strumento totalmente elettronico, più simile ad un computer che ad una scatola di legno.
Riconosco che gli strumenti digitali siano molto pratici ed oggi riescano perfino ad offrire immagini di qualità molto buona, ma hanno dei limiti intrinseci che sono difficili da digerire. Lo scoglio maggiore che ho incontrato, è che anche una macchina molto valida non nasce perfetta e richiede tempo per la sua messa a punto e per apprendere come utilizzarla al meglio. Io ero abbastanza soddisfatto della mia D700, ma avevo riscontrato un difetto non indifferente. Il sistema esposimetrico aveva grosse lacune nel trovare la giusta esposizione. E questo non era un difetto di poco conto. Contattati i guru di casa Nikon, ovviamente il responso, per loro, non poteva che essere che io ero un incapace, peccato che grazie a persone che come me s'erano lamentate di qualcosa che non andava nel verso giusto, Nikon decidesse poi di aggiornare il firmware dell'apparecchio e di, finalmente, dare la possibilità d'effettuare esposizioni come dovevano essere fatte.
La tecnologia cambia velocemente e risulta impossibile progettare un prodotto che non richieda miglioramenti successivi, ma in un mercato difficile come quello dei prodotti che utilizzano le ultime tecnologie, inclusi sistemi informatici e processori elettronici, risulta veramente difficile anche mettere a punto un buon prodotto perché quasi ogni cosa viene ritirata dal commercio prima che possa dare il meglio di sé.
Tutto deve essere consumato in fretta e cambiato per poter acquistare qualcosa di nuovo e che ci prometta soluzioni migliori, fatte più di numeri che di sostanza. A me sembra che i prodotti validi siano sempre più quelli che decidono di tener conto del proprio passato, anzi che quelli che se ne distaccano in ogni forma e filosofia. Hanno tentato di darci formati diversi, ma piano, piano stiamo tornando a quelli classici, continuano a proporci obiettivi di plastica e così io ho deciso di utilizzare lenti di 50 anni fa come i Super Takumar che sembrano piovuti da un altro pianeta, più che dal passato.
Mi sono reso conto che la messa a fuoco automatica è molto utile, ma che ne posso fare tranquillamente a meno e che c'è molta più soddisfazione a decidere cosa inquadrare, come esporlo e dove posizionare il fuoco che scattare a raffica perché tanto quello che non ti piace (quasi tutto alla fine) lo butti. TG
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