mercoledì 6 settembre 2017

La Platinotipia di Giancarlo Vaiarelli a Phototrace 2017

Che cos'è Phototrace?

E' un evento dedicato alla fotografia intesa come scrittura di segni prodotti dalla luce, ideato da Gabriele Chiesa nel 2012. Phototrace valorizza la fotografia ottico-chimica-meccanica, escludendo ogni compromesso di conversione di natura, traduzione e mediazioni convenzionali (digitali). E' un evento a carattere nazionale e si svolge ogni anno in una città diversa, ospite di un gruppo impegnato per la cultura fotografica. E' una festa di orgoglio argentico (Silverpride), in cui i partecipanti sono insieme animatori, spettatori e protagonisti. La partecipazione all'evento, che solitamente ha luogo nel mese di settembre, avviene per pura gioia di condivisione e festa fotografica. L'adesione a Phototrace è libera, ma alcune attività, per problemi di spazio, sono a numero limitato per cui è necessaria la registrazione presso l'organizzazione della manifestazione. L'edizione di Phototrace di quest'anno si svolge a Cuneo. Tony Graffio ha intervistato Giancarlo Vaiarelli che esporrà le sue bellissime stampe presso lo Spazio Chiodini in via del Passatore, 75.


Una fotografia di Irene Kung stampata al platino Palladio da Giancarlo Vaiarelli
La Scala di Milano fotografata da Irene Kung e stampata al Platino/Palladio da Giancarlo Vaiarelli

La Platinotipia di Giancarlo Vaiarelli

La platinotipia è un'antica tecnica di stampa fotografica non molto utilizzata a causa degli alti costi delle materie prime impiegate, ma il processo chimico che permette di ottenere toni di nero molto intensi e contrasti d'immagine eccezionali è uno dei più puliti che si possa realizzare con la fotografia tradizionale. L'ossalato di potassio, per esempio, è un prodotto naturale che si trova negli spinaci ed è un sale che serve nello sviluppo della platinotipia. Per schiarire l'immagine si utilizzano invece dei bicarbonati che sono del tutto innocui e biodegradabili, gli ossalati ferrici sono dei reagenti che stabilizzano il processo e danno la sensibilità giusta, producendo i contrasti desiderati, sono prodotti con un impatto ambientale abbastanza blando che una volta smaltiti diventano un ossido di tipo rugginoso che non crea particolari problemi. Le soluzioni a base di platino e palladio invece sono riutilizzabili infinite volte, avendo cura di integrare il prodotto consumato che viene steso sulla carta per sensibilizzarla.
L'eco-compatibilità ed i meravigliosi risultati che si posso ottenere con il platino/palladio sono i motivi che hanno spinto Giancarlo Vaiarelli, un ben conosciuto stampatore fine-art, ad abbracciare questa tecnica ben 25 anni fa e a continuare a proporla ai più grandi fotografi internazionali, nonostante i costi del platino e dei metalli più nobili continuino a lievitare.
Giancarlo è di origini romane, è nato il 25 novembre 1957, è stato un ragazzo un po' insofferente nei confronti della disciplina scolastica. Ha seguito una formazione meccanica, ma prima ancora ha iniziato ad avvicinarsi al mondo della fotografia quando un insegnante delle scuole elementari gli ha insegnato a dosare i prodotti chimici ed a mescolarli per ottenere il D76 della Kodak; un rivelatore universale per pellicole in bianco e nero molto popolare, a base di metolo-idrochinone. A dodici anni riceve in regalo la sua prima macchina fotografica, una Kodak Instamatic 56, e da lì la sua passione cresce, fino a spingerlo a lavorare come assistente fotografo da adolescente, come fotografo e stampatore più tardi. A 24 anni, parte per Londra per approfondire le sue conoscenze nel campo della stampa fotografica. Lavora presso alcuni prestigiosi laboratori fotografici londinesi dove entra in contatto con la platinotipia, una disciplina quasi zen che lui definisce il punto d'arrivo della stampa fotografica. E' stato allievo di Dick Arentz. La platinotipia richiede un'adeguata preparazione nel campo della chimica, molto rigore e tantissima esperienza poiché presenta una serie di variabili che includono le condizioni climatiche e l'umidità dell'ambiente in cui si opera. Variabili che rendono anche difficile valutare a priori il costo finale del lavoro che si esegue su commissione. La stessa stampa può essere realizzata con diverse percentuali di platino e di palladio, fino ad avere un prodotto puro al 100% di platino. Oppure può essere ottenuta in forma sodica.
Vaiarelli ha selezionato 3 stampe al platino/palladio da esporre presso lo Spazio Chiodini, nell'ambito di Phototrace 2017. Una stampa è stata tratta da uno scatto di Garth Meyer effettuato in Zimbabwe, nel 1995. Da una ricerca sugli stessi temi trattati del fotografo e filmaker sudafricano era stata organizzata una mostra di stampe al platino/palladio che ha fatto il giro del mondo, mai presentata in Italia, perciò anche se a Cuneo sarà esposta solo un'immagine tratta da quella serie, si tratta pur sempre di un evento particolare che merita di essere visitato da chi ama queste raffinatezze un po' esclusive.
Le altre due stampe di Vaiarelli sono state realizzate un paio d'anni fa partendo dagli scatti digitali di Irene Kung, un'artista svizzera che ama molto l'Italia. Tony Graffio

Tony Graffio intervista Giancarlo Vaiarelli (The Platinotypist)

Tony Graffio: Giancarlo, perché ti occupi quasi esclusivamente di stampa al platino/palladio?

Giancarlo Vaiarelli: La stampa al platino/palladio è una tecnica perfino più pulita della stampa all'argento. Anche le altre tecniche sono belle, mi interessano tutte; alcune le ho provate e sono in grado di eseguirle con buoni risultati, come la stampa al carbone e la gomma bicromatata, però anche quelle sono tecniche in qualche modo sporche.

TG: Ho sentito dire che ultimamente è difficile reperire sul mercato il ferrocianuro di potassio, un sale molto utile nelle antiche tecniche fotografiche, è vero?

GV: No, non è vero. Il ferrocianuro non esiste soltanto in Italia...

TG: Non è un prodotto chimico pericoloso?

GV: No, ma anche se fosse, se ne sono accorti solo adesso? Viene utilizzato dal 1850 e adesso si sono resi conto che può essere pericoloso? Ma quante altre cose possono essere pericolose a questo mondo? Perché vogliono portarci via la fotografia, almeno quella tradizionale, in questo modo? Pensa alle persone che si rovinano le mani utilizzando i detersivi che vengono usati per lavare i piatti... Ci sono talmente tanti prodotti che sono assolutamente nocivi nella cucina di una normale abitazione, però nessuno dice niente. Non si capisce perché solo con la fotografia sia tutto un disastro... Generalmente, chi si occupa di tecniche antiche e utilizza certi prodotti sa a cosa può andare incontro. Bisogna avere un certo giudizio in tutto ciò che si fa. Oggi, la chimica per il trattamento della fotografia argentica è abbastanza blanda, certi composti non sono più potenti come una volta perché sono stati privati di certi elementi. Anche la purezza non è più al 99%, te ne accorgi subito da come si consumano i prodotti. Dopo che hai fissato cinque stampe già inizi ad avere qualche problema.

TG: Volevo sapere se con la stesura dell'emulsione fotosensibile al platino/palladio puoi ottenere una carta da stampe a contrasto variabile?

GV: No, però si possono dare dei contrasti più morbidi o più duri e creare delle frazioni di grado di contrasto, tipo la gradazione 1,20 oppure la 2,37; è un procedimento molto sofisticato, cosa che la carta industriale, anche la Multigrade non ti permette di fare, perché in quel caso i gradi di contrasto variano di mezzo punto. Con il platino/palladio riesci ad intervenire con il contrasto come vuoi e così facendo riesci ad esaltare i dettagli dell'immagine.

TG: Ho capito. E la carta che utilizzi è importante?

GV: Certo, è la base di tutto, insieme alla qualità del platino e del palladio che andrai a stendere sul foglio di carta. Io utilizzo la Arches Platine che è un'ottima carta artigianale francese, 100% cotone. Mi piace molto perché è molto bianca e rende bene i contrasti.  La riesci a gestire bene su tutte le tonalità, a differenza di altre carte che funzionano bene solo su certi toni. Si tratta di un cartoncino fatto a mano, di conseguenza è sempre un po' ruvido. Ovviamente, per i nostri utilizzi più è liscio, meglio è, anche perché in quel caso assorbe meno, non tanto il liquido di stesura, ma la luce. Tutte le carte matt sappiamo che chiudono un pochino la dinamica e restano meno luminose e meno dettagliate. Quando si stampa al platino si cerca sempre un negativo pieno di dettagli e di estensione della gamma dei grigi; cerchiamo insomma di ottenere un'immagine quanto più aperta possibile. Le carte glossy purtroppo non si possono usare perché il platino non resta in superficie, come avviene nel caso dell'argento o di altre tecniche, ma penetra dentro la carta. La gelatina ai sali d'argento resta in superficie, mentre il platino va in profondità, assorbito dalle fibre della carta. Cosa che conferisce stabilità nel tempo all'immagine. Anche Hahnemühle ha una sua produzione di carta legata alla platinotipia, si chiama Hahnemühle Platinum Rag, gli americani impazziscono per questo prodotto, ma io onestamente l'ho provato appena è uscito, ma non mi ha convinto gran che. Forse riproverò questa carta in futuro quando saranno pronti i prossimi batch (partita di carta di circa 50 Kg.).

TG: Quando prepari un foglio al platino/palladio, quante passate dai col pennello?

GV: Nel caso noi dovessimo preparare una stampa al palladio adesso (l'intervista è stata registrata il giorno 13 agosto 2017), con questo clima molto caldo e umido la carta assorbirebbe molto di più del normale e quindi avremmo bisogno di stendere una maggior quantità di prodotto. Quando qualcuno mi chiede quanto costa realizzare una stampa al platino, non so cosa rispondere. Come si fa a stabilire quanto prodotto dovrai usare? Sì, si può determinare un prezzo-base, però poi ci sono molte variabili da tenere presente.

TG: Perché così pochi stampatori si dedicano a questa tecnica? Per i costi?

GV: Sicuramente per i costi, ma anche per le difficoltà di trarre un ottimo risultato. Dipende molto dalle capacità individuali, ma ci sono tanti motivi che inducono qualcuno a fare qualcosa ed altri a non farlo. Ci sono parecchi amatori che si cimentano in questa tecnica e ottengono buoni risultati, ma a livello professionale credo che probabilmente dovremmo essere soltanto due o tre stampatori a produrre questo tipo di immagini (in Italia ndTG). Però, per quei pochi stampatori che ci sono nel mondo, abbiamo anche pochi fotografi che possono realizzare una loro immagine con questa tecnica. Nonostante ci siano un'infinità di fotografi che lavorano anche con i telefoni cellulari.

TG: Per portare un'immagine su una stampa al platino, è meglio partire da un originale ripreso in digitale o in pellicola?

GV: E' meglio farlo da un originale in pellicola. In maniera assoluta.

TG: Perché?

GV: Intanto, perché la fotografia al platino/palladio nasce così e poi perché il supporto argentico trasportato su un acetato o una pellicola trasparente di grande formato rende meglio.

TG: Tu parli di grigi e di bianco e nero?

GV: Anche come dettagli... La profondità dell'immagine, l'accuratezza della definizione, la lettura dei neri...

TG: E' più naturale...

GV: Ma certamente. La fotografia è fondamentalmente quella. Immaginiamoci poi se dovessimo fare una stampa al platino puro al 100%. Perché il platino può essere miscelato al 50% col palladio oppure può essere in forma sodio (Na2), che è una formula molto potente. La formula originale è composta da una soluzione A di ossalato ferrico e acido ossalico; la soluzione B è composta da potassio clorato con due tipi di percentuali di diluizione. La soluzione C è potassio cloroplatinato (platino). La soluzione D è palladio clorato (palladio). E' interessante notare che l'innesco del palladio clorato è dato anche dal cloruro di sodio, il comune sale da cucina. Immagina una platinotipia pura fatta da una lastra di vetro, come si faceva ai tempi in cui è stata concepita questa tecnica, da metà Ottocento, ai primi del Novecento, che risultati poteva dare.

TG: Certo, anche perché quelle lastre erano molto ricche di sali d'argento.

GV: Oltre a quello, bisogna considerare il fatto che il cristallo era completamente neutro e privo di impurità. Il mercurio inserito nel vetro lo rendeva perfettamente trasparente e privo di dominanti cromatiche.

TG: Era molto diverso da certe basi di acetato.

GV: Certo, perché gli acetati, per quanto possano essere purificati, diciamo così, hanno pur sempre una dominante...

TG: Una velatura.

GV: Sì, esatto. Chi preparava l'emulsione sapeva bilanciare bene tutti i prodotti.

TG: Anche oggi, se qualcuno facesse la propria emulsione liquida da stendere su una lastra si otterrebbe un risultato eccezionale?

GV: Certo. Queste però sono condizioni di altissimo artigianato che pochissime persone al mondo potrebbero permettersi di ottenere. Non solo per motivi di costi, ma anche perché fare cose di questo tipo richiede molto tempo, tanta sperimentazione, grande esperienza e capacità fuori dal comune. Riprendere in mano oggi le tecniche del passato non è impossibile, ma per come stanno andando le cose nel mondo attuale, pochi sono disposti a fare certi sacrifici e a perdere il loro tempo dietro a queste cose.

TG: Solitamente, per una mostra di stampe al platino, quante fotografie si espongono?

VG: Ovviamente, non c'è un numero preciso, ma essendo le stampe piuttosto costose e difficili da ottenere, si tende a non esagerare con il numero delle stampe da esporre. Ti posso citare il caso della mostra che ho preparato per Garth Meyer, che ha poi fatto il giro del mondo, in quel caso avevamo esposto 15 opere. Dipende molto dalla borsa di chi organizza la mostra. E' molto costoso dedicarsi solo al platino/palladio. Anche per Irene Kung  dovrò stampare 15 fotografie per la sua prossima mostra, a Roma.

TG: Tu che cosa ne pensi delle elaborazioni digitali in fotografia?

GV: A me danno un po' fastidio, per operare bene ci vuole sempre una certa eleganza, bisogna evitare di stravolgere la realtà. La fotografia può rappresentare qualcosa di reale, ma anche di astratto. L'astratto fa parte dei sogni e può essere trasformato in tutti i modi, ma la fotografia deve avere un suo rigore. Andare oltre, grazie ai mezzi digitali di cui noi oggi disponiamo, per me è un po' troppo. Ci vuole sempre un po' di autocontrollo in tutto quello che si fa. La fotografia ha insegnato molto a tutti, a 360°. I giovani forse questo non lo sanno, altrimenti non si spingerebbero a creare delle strutture di immagini che non hanno senso. E' vero che anche questo può far parte del nostro immaginario, ma è una visione onirica che a me sembra un po' spenta. Se un autore si sforza per riprodurre qualcosa che ha sognato o vuole ottenere un risultato ben preciso, tanto di cappello, ma la maggior parte esprime soltanto una abilità da tastierista, come li chiamo io, o comunque di chi sa e conosce bene il software. Ad ogni modo, capisco che la ricerca vada avanti e che ci siano altri modi per ottenere un certo risultato. Il Classicismo è passato, ce ne faremo una ragione, ma cerchiamo di non abusare di metodi che ti portano a discostarti troppo dalla realtà. Irene Kung, per esempio, pur utilizzando la fotografia digitale ed elaborando i suoi scatti in Photoshop, è riuscita a fare qualcosa di delicato che è comunque classico e rispecchia un gusto riconosciuto in tutto il mondo. Immagini che non sono un suo sogno, ma sono reali, sono diventate un suo sogno, un'interpretazione personale della realtà, senza stravolgere nulla. C'è da dire, che le donne, quando utilizzano il mezzo fotografico, hanno una sensibilità del tutto particolare, per nulla riscontrabile nei fotografi di sesso maschile. Allo stesso modo, penso che i fotografi dei paesi dell'Est abbiano una visione del tutto particolare della realtà ed una sensibilità unica. Anche se fanno fatica ad entrare nella storia della fotografia. La fotografia, industrialmente, artisticamente e commercialmente all'inizio è stata in mano ai francesi, per passare poi agli inglesi ed infine agli americani. Oggi, sono ancora queste tre nazioni che la fanno da padrone in questo campo ed i grossi autori provengono sempre da lì. Gli altri hanno poi perfezionato la fotografia. Alfred Stieglitz è stato un grande personaggio che ha fatto della platinotipia un suo strumento, però non era propriamente americano, francese o inglese... Ci sono anche tanti altri personaggi che hanno fatto cose molto importanti.

TG: Mi sembra di capire che tu dividi il mondo in fotografia e platinotipia, è così?

GV: Beh, anche nelle corse automobilistiche esistono tante categorie dove gareggiare, però la Formula 1 è una soltanto, le altre sono imitazioni. La massima espressione della fotografia, secondo me, è la platinotipia. Non voglio togliere nulla a chi opera con altre tecniche, come la cianotipia o altre più attuali, come la stampa digitale, però non potranno mai arrivare ai risultati che si possono ottenere con la platinotipia.

TG: La tecnica è davvero molto importante?

GV: Certo. Se tu hai qualcosa da dire, ma non lo sai dire, o ne parli con qualcuno che sa scrivere le tue cose, oppure ti devi armare di buona volontà e imparare a scrivere le tue idee da solo. C'è poco da fare. Poi, ci può essere una categoria di scrittori che scrive bene anche le cose degli altri. Questi, in fotografia, in maniera molto volgare, si chiamano: stampatori. Dovremmo trovare un altro nome? Non lo so. Boh...

TG: Per semplificare un po' le cose chiamiamoli stampatori. Lo "stampatore" ha una sua precisa visione delle cose, è un po' come un photo-editor?

GV: Assolutamente. E' un potente photo-editor. Nel 2001, subito dopo il crollo delle Twin Towers a New York, chiusi il mio studio a Milano e mi proposi ad alcune riviste come photo-editor: sai quante fotografie ho visto passare davanti agli occhi nella mia vita? Una cifra incalcolabile. Nonostante questo, ho ricevuto risposte vaghe, come se io non avessi la minima esperienza in questo campo. Ho incontrato gente che mi ha giudicato quando non aveva nemmeno un'idea di cosa sia la fotografia o di come si tiene in mano una macchina fotografica.

TG: Riviste e agenzie sono tutte morte ormai...

GV: Adesso sì, ma allora no. Quali giornali sono rimasti? Anche la Condé Nast è in crisi...

TG: Anche Vogue?

GV: Ma certo! Sono tutti in crisi, anche il Rolling Stone quante copie vende? Adesso ogni informazione è online e basta un telefono cellulare per avere tutto a disposizione.

TG: E la fotografia analogica quanto sopravviverà ancora?

GV: Io credo che verrà tutto sospeso entro una ventina d'anni, quando qualcuno deciderà che non sarà più ragionevole produrre in quel modo e che la chimica non dovrà più esistere. Le multinazionali dell'elettronica hanno lanciato un verbo che sta condizionando tutto il mercato. Si ritiene che il mondo sia ancora fertile per la vendita di macchine, specialmente nei continenti consumisticamente più giovani. Siamo tutti in mano alle decisioni di grosse strutture industriali che tendono a cambiare spesso gli standard dei loro prodotti. Per lo stesso sviluppo che ha avuto il computer 15 o 20 anni fa, il mercato della fotografia ha vissuto un rapido cambiamento di tendenze e prodotti che forse adesso sta un po' rallentando. L'abbandono della chimica, consapevolmente o meno, favorirà quei collezionisti che hanno sempre comprato la fotografia tradizionale o le immagini prodotte con le antiche tecniche.

TG: Oggi c'è maggiore richiesta di fotografia tradizionale da parte dei collezionisti?

GV: Sì, molti ricercano espressamente le vintage print. Fotografie d'autore stampate venticinque, trenta, cinquanta o più anni fa. Naturalmente, se sono state fatte da fotografi famosi è meglio; dipende tutto dalla borsa di chi spende.

TG: Faccio bene a stampare i gumprint che sono monotipi?

GV: Certo che fai bene. Tutte le tecniche manuali che utilizzano formule chimiche vanno sfruttate bene, in modo intelligente.


GV: Non è questo; è che ha reso accessibile a tutti certe possibilità per motivi commerciali, ma anche perché la tecnologia avanza. Tutto deve andare avanti, ovvio...

TG: Quando tu dici che ci sono dei soggetti più adatti alla platinotipia che cosa vuoi dire? Dipende dai contrasti? Dal gamma? O dai contenuti di bianchi e di neri?

GV: Dalla poesia. La padronanza della tecnica va bene, ma alla fine ci sono tre elementi basici dai quali non puoi prescindere: la fotografia è chimica, fisica e meccanica. La fisica può essere tradotta con la poesia; la meccanica, chiaramente, con la padronanza tecnica e la chimica potrebbe essere una condizione di espressione.

TG: Una fotografia brutta non la stamperesti mai in platino/palladio?

GV: (Pausa) Fondamentalmente no! Voglio essere onesto fino in fondo e ti dico che qualche volta mi capita di farlo, ma solo quando il piatto piange... A Roma si dice: "Fare le marchette"... E va bene, chiamiamole marchette...

TG: Tu a un fotografo hai il coraggio, anche se questo ti causa un danno economico, di dire: lascia stare!?

GV: Assolutamente sì!

TG: Fai già una selezione?

GV: Sì, perché no? Non sono io a dirlo, ma la fotografia è fondamentalmente una disciplina per pochi. E' fatta per persone che hanno qualcosa da dire e che hanno una sensibilità oltre la media e capacità tecniche non comuni. La fotografia è fatta per pochi anche perché ha dei costi proibitivi che spesso non sono nemmeno sostenibili. Ci sono progetti che non sono realizzabili, ma nonostante questo non bisogna demordere, ma anzi insistere e trovare tutte le possibilità per poterlo portare a compimento e migliorare gli aspetti culturali ed emotivi dell'essere umano. E' importante che ci sia questa possibilità ed è importante poter dare a chi lo merita il modo d'esprimersi. Ci sono fotografi che producono immagini adatte ad un tipo di tecnica, ma non ad un'altra. Sulla platinotipia è indispensabile praticare una rigida selezione.

TG: Che differenza c'è tra un'immagine al platino e una al palladio? Il palladio è meno nobile del platino? 

GV: Leggermente meno. Da un punto di vista fisico, il platino ha una colorazione metallica brillante; il palladio leggermente meno. I due metalli sono molto confondibili l'uno con l'altro. Da un punto di vista fotografico, il palladio risulta più caldo e meno caro del platino. Il platino risulta più freddo e più caro. Sia il platino che il palladio, come l'oro, sono molto suscettibili agli scambi della Borsa valori. L'aumento del valore dell'oro trascina con sé anche il prezzo di platino e palladio. In questi ultimi due giorni c'è stato un aumento nell'ordine del 22-23%. Quando io devo comprare il platino, devo tener conto anche di queste fluttuazioni. Per cui quando mi chiedono se io non ho un listino delle stampe al platino/palladio, io rispondo che non ce l'ho. Non esiste e non potrà mia esistere. Posso fornire un prezzo base di riferimento, sapendo però che ci posso rimettere, perché il giorno dopo che stampo una immagine si possono verificare degli aumenti, anche ingenti, che in genere sono intorno al 10-15%. Se non di più...

TG: Ammesso che non credo che nessuno getti mai via una stampa al platino, ma nel caso si sbagli completamente qualcosa, cosa si fa?

GV: Anche se una stampa al platino è sbagliata non andrebbe buttata via, a meno che non sia proprio un disastro o un'incidente. Una volta negli USA c'era una ditta che era specializzata nel recupero del platino e del palladio dalle stampe che venivano raccolte a questo scopo, nel caso fossero degli scarti. Era un processo lungo, ma non complicato. Questa attività è cessata, ma oggi con le tecnologie di cui disponiamo, non sarebbe male riproporre questi recuperi, anche per altri materiali, altrimenti rischiamo di buttare tutto negli inceneritori. Il riciclo è importante in tutti i settori.

TG: Tra una stampa al platino al 100% e una al platino/palladio o una al platino in forma sodica (Na2) si vedono le differenze?

GV: Certo. Una stampa al platino puro ha toni più freddi e rimane anche più scintillante, molto dipende anche dagli sviluppi che vengono utilizzati. Ammonio citrato, piuttosto che ossalato...

TG: In base a che cosa decidi di fare una stampa in un determinato modo, con un certo tipo di sviluppo?

GV: C'è poco da scegliere, i matrimoni migliori sono fatti con platino e palladio al 50% trattati con ossalato.

TG: Quando opti per una stampa al platino 100%?

GV: Se il soggetto lo merita, utilizzo il platino puro.

TG: Giancarlo, tu sei un po' matto?

GV: Io sono pazzo, mica matto!

TG: Hai dedicato la tua vita al platino/palladio?

GV: Beh, sì parecchio... è una materia talmente bella... Ho iniziato a interessarmi a questa tecnica meravigliosa nel 1982, i primi esperimenti li ho fatti a partire dal 1985, a Londra, poi sono stato negli USA.

TG: Chi ti ha suggerito di studiare fotografia a Londra?

GV: Chip Gobert, un fotoreporter americano, allora lavorava per la Sipa Press, adesso credo sia un dirigente dell'Associated Press. Ricordo, verso la fine degli anni '70, d'aver parlato anche con Roberto Koch a Roma, per cercare di capire quali potevano essere le piazze migliori per fotografare e quali fossero gli argomenti più importanti. A quei tempi, tra i luoghi più fotografati c'era l'Irlanda del Nord. Io invece ero interessato ad andare in Libano, ma rinunciai a fare quel viaggio perché non avevo garanzie per poter uscire dai guai, qualora si fosse presentato qualche problema. Ai fotografi americani e francesi chiedevo come facessero ad avere stampe in bianco e nero così belle, perché a Roma, i fotoreporter italiani non stampavano altrettanto bene. Capii così che dovevo andare a Londra, perché quella era la patria della stampa fotografica in bianco e nero. Nel giro di dieci giorni sono partito e dopo circa tre mesi ero arrivato al Joe's Basement, un laboratorio premiato dalla Casa Reale. Soltanto dopo un po' che lavoravo da Joe capii che mi trovavo in un posto prestigioso.

TG: Ah, prima non lo sapevi?

GV: No, prima avevo soltanto visto delle stampe che anziché il nome del fotografo riportavano la firma dello stampatore (printed by Roberto at the Joe's Basement). Quando sono andato da KJP, un noto fornitore di materiale fotografico, sono stati loro ad indirizzarmi da Joe e lì conobbi Roberto, anche lui era di Roma.

TG: Sei andato a Londra per imparare a stampare dagli inglesi e lì hai trovato un romano, come te, che ti ha insegnato il lavoro?

GV: E' andata così... Ma c'è stata anche la mano di Joe Andrews, il titolare del laboratorio che era sia un eccellente stampatore che un eccellente fotografo, specializzato in riprese di cavalli e caccia alla volpe. Joe era conosciuto anche in America e aveva sviluppato una tecnica tutta sua per la stampa della carta Kodak Ektalure. Joe non è stato tenero con me e per insegnarmi a stampare qualche volta mi ha assestato anche qualche ceffone. Ha insistito perché aveva capito che in me c'era assolutamente qualcosa di buono. Con Roberto mi sentivo un po' in competizione, anche perché eravamo abbastanza vicini, come età. Joe, ovviamente, era molto più paterno e da me i suoi consigli venivano molto meglio accettati, rispetto a quello che mi diceva Roberto. Joe aveva un'esperienza vastissima in campo fotografico; l'unico in cui ho riscontrato conoscenze tecniche uguali, o superiori alle sue, è stato il mio maestro di platinotipia: Dick Arentz; senza dimenticare che Dick ha appreso l'arte della fotografia da Ansel Adams e Edward Weston.

TG: La platinotipia per te è un'ossessione?

GV: No, non è un'ossessione, ma fin da ragazzo volevo trovare una disciplina che mi rendesse, in un certo qual modo, uno dei primi. Volevo distinguermi. Volevo fare qualcosa di unico ed ho trovato quello che cercavo nella platinotipia.

TG: Esistono dei segreti in platinotipia?

GV: No, direi di no. Per quanto la fotografia possa avere qualcosa di alchemico, diciamo così, da un punto di vista chimico, ci possono essere delle strutture che puoi scoprire che funzionano e possono non essere alla portata o alla conoscenza di tutti, ma alla fine, mica stiamo a fare delle magie...

TG: Dick che carta usa?

GV: Usava la Crane, una carta americana che poi non è stata più prodotta ed effettivamente quella carta permetteva di ottenere delle stampe uniche.

TG: Che cosa insegna un maestro? A guardare le cose o a fare?

GV: A pesarle.

TG: Che cosa vuol dire?

GV: Pesarle vuol dire tutto. Osservarle emotivamente dando alle cose il giusto valore, poi c'è anche l'aspetto meccanico e quello chimico.

TG: Da chi hai imparato a decidere quello che è meglio stampare al platino?

GV: Ho imparato da solo.

TG: Gli altri platinotipisti si comportano come te? Selezionano le immagini dei fotografi e decidono che cosa si può stampare e che cosa no?

GV: Non lo so. Quei pochissimi che ho conosciuto e che stampano anche per altri fanno così. Tieni presente che lo stampatore, rispetto al fotografo riesce ad avere più paragoni perché lo stampatore, solitamente, lavora con più fotografi ed ha più clienti che trattano immagini. Il fotografo, una volta che ha trattato con un cliente che gli ha commissionato un lavoro, che può essere un designer, uno stilista, o qualcuno che fa parte di qualsiasi altra categoria, che altri paragoni ha?

TG: Si seleziona solo per il platino o questa pratica esiste anche in altri casi?

GV: Esiste anche per la stampa all'argento, nel mio caso. Ma capita anche il contrario. In certi casi consiglio di non stampare in digitale, ma di fare una bella stampa all'argento per ottenere risultati più intensi. A volte, la gente però ti guarda in modo un po' strano, quasi a chiederti: "Ma come? Si può fare anche questa cosa?".

TG: Cosa può fare un fotografo per diventare più critico e oggettivo verso se stesso e migliorare la qualità delle proprie immagini?

GV: Il fotografo che vuole avere un bagaglio di esperienze superiori a quelle che gli vengono commissionate dalla sua solita clientela deve confrontarsi con se stesso e creare una propria produzione di immagine da destinare alle mostre.

TG: Nelle esposizioni il fotografo si confronta direttamente con il pubblico.

GV: Certamente, in questo modo offre a se stesso una possibilità in più alla quale attingere, creando condizioni migliori per la scelta definitiva da parte del cliente. Ogni cliente, prima di affidarsi ad un fotografo, s'indirizza su un certo numero di professionisti che possano garantirgli di realizzare il lavoro secondo le proprie esigenze; una volta convinto di chi faccia al caso suo decide chi scegliere. Se un fotografo ha più possibilità di fare vedere chi è, che cosa fa e come sa raccontare la storia di quel determinato cliente, o del suo prodotto, vedrà aumentare le probabilità d'essere selezionato per un lavoro. Ovviamente, per un fotografo è importante cercare di entrare nel giro di chi tratta il genere merceologico che sta andando per la maggiore in quel momento. E' utile sapersi trovare nel momento giusto al posto giusto: questa è una fortuna, o una capacità, che non tutti hanno. Bisogna saper individuare il mercato più redditizio o capire quale sarà la tendenza successiva, per potersi inserire subito in quel settore. Per chi ha, oltre che un certo senso commerciale, le qualità artistiche per distinguersi dal comune modo di fotografare è più semplice avere una propria clientela di riferimento. C'è poi chi non crede a queste strategie e pensa che sia indispensabile soltanto avere buone conoscenze di marketing e buoni rapporti generali. Ad ogni modo, non esistono regole e non c'è un'università che ti permetta di riuscire in questo mestiere.

TG: Come stampatore, hai una tua etica nei confronti dei clienti?

GV: Non nascondo quello che faccio, ma evito di raccontare ad un fotografo quello che fa un suo collega. A volte, capita che qualcuno te lo chieda, in quel caso non gli puoi rispondere di farsi gli affari suoi, ma gli spieghi gentilmente i motivi per i quali non glielo puoi dire. Oltre a non poter fare vedere, non si può raccontare ciò che fanno gli altri e quali clienti gli commissionano i lavori, fino a quando non viene pubblicato un lavoro.

TG: Per il colore cosa consigli?

GV: Ci sono tecniche antiche molto belle, come la gomma bicromatata o il carbone a tre colori. Ci sono tante tecniche antiche che hanno funzionato bene e che funziona ancora, anche ai nostri giorni.

TG: Hai mai fatto esperienze con l'Autochrome? O conosci qualcuno che ne ha fatte?

GV: No. (Pausa) C'è il famoso momento della curiosità in cui ad un punto della tua carriera, o della tua passione, inizi a volerne sapere sempre di più, cimentandoti in più tecniche, però poi devi decidere quello che vuoi fare e soppesare bene che cosa mettere sui piatti della bilancia. Quando arriva il momento delle scelte non puoi far finta di niente. Puoi scegliere una tecnica o alcune tecniche, ma non troppe. Quello che decidi di fare devi farlo nel modo migliore possibile e non si può eccellere in tutto. Questo è il mio modo di vedere le cose, quello che si fa va fatto al meglio. Se vuoi primeggiare in qualche disciplina è così.

TG: C'è una supremazia del monocromo sul colore? Cos'è più importante? La forma? I toni? La pulizia? Il dettaglio?

GV: Sì, un po' tutti questi elementi. Niente in particolare, ma un po' tutto nell'insieme. Che poi è la regola ti tutte le cose: ci vuole equilibrio. E un po' d'incoscienza non guasta mai... Incoscienza intesa come una forma meditativa; quella sostanza che non è materiale, ma è unicamente spirituale.

TG: Mi chiedo se un fotografo che si rivolge a te conosca veramente le possibilità del platino o lo faccia per trarne un prestigio personale?

GV: Entrambe le cose. Coloro che lo fanno per prestigio solitamente sono quelli a cui dico che le loro immagini non vanno bene. Altri invece sono consapevoli di quello che hanno fatto e dei risultati che si possono ottenere con il platino/palladio. Si rendono conto che possono avere qualcosa in più con una tecnica adatta ad esprimere quello che vogliono dire. Questi sono i veri fotografi.

TG: Abbandonerai mai la platinotipia?

GV: No, anzi, vorrei fare solo quello... ma purtroppo non posso.

TG: Quindi continui a stampare anche ai sali d'argento?

GV: Sì, utilizzo anche le ultime tecnologie digitali e va bene così, perché non tutte le immagini sono adatte al platino. Ci sono tante altre belle immagini che possono essere adatte al silverprint o al getto d'inchiostro capaci di trasmettere bene il loro messaggio che vivono di una loro identità ben precisa.

TG: Perché una stampa al platino/palladio va presentata senza vetro?

GV: Perché non serve. Le stampe al platino/palladio non hanno bisogno di protezione e poi vanno fruite così come sono nate, basta un passe-partout intorno e una bella cornice. Vanno sistemate, possibilmente, in una stanza inondata di luce naturale dove, a seconda dell'angolo di incidenza del sole sull'immagine, nell'arco della giornata, vedrai cambiare i toni della della stampa, ma non solo questo. Vedrai anche cambiare la densità e la qualità dei dettagli. La visione di una stampa al platino/palladio è un'esperienza che nessun altro tipo di stampa è in grado di darti, proprio per l'assenza di quegli effetti che non sono riscontrabili nelle altre tecniche. Le stampe al platino vivono subito dopo che sono state fatte e vivranno per centinaia e centinaia di anni.

TG: Per quanto tempo?

GV: Cinquecento o seicento anni, dipende da quanto dura la carta. Abbiamo documenti di carta di circa mille anni. Il platino essendo un metallo inerte tra i più puri vivrà per sempre. Chi investe in una stampa al platino/palladio spende bene i suoi soldi, perché di anno in anno il valore di quell'opera aumenterà sempre più.

TG: Un formato piccolo ha qualcosa in meno rispetto ad un formato grande? O è solo un'idea?

GV: La fotografia nasce piccola. Una volta, già il 13X18 era un formato grande. Gli altri formati erano il 18X24 ed il 24X30 centimetri.

TG: Chi insegue la fotografia più grande del mondo è un esaltato?

GV: No, è gente che fa pubblicità o cartellonistica, ma non fa fotografia. Per carità, ci possono essere bellissime immagini anche in cartellonistica, ma si tratta  di gente che forse vuole esprimersi con il linguaggio che adesso piace ai musei d'arte contemporanea. Oppure sono opere destinate alle pareti delle case gigantesche di personaggi super-facoltosi che hanno paura del vuoto. Però, poverini, anche se sono ricchi, sprecano una parete di 6 metri per 4 per una sola immagine. Sai che noia dopo un mese o dopo due? Io preferirei avere sulla stessa superficie una ventina di immagini, con soggetti diversi, magari realizzate con tecniche diverse. Non è meglio? Dopo un po' che guardi quelle immagini, capisci che le puoi spostare e accostarle in modo diverso. Anche questa è fotografia. Il fruitore della fotografia, inteso come il collezionista, ha anch'egli un ruolo importante e delle possibilità per esprimersi, non soltanto quando apre il portafoglio. Alla sera, prima di andare a dormire che effetto ti fa guardare alcune immagini che ti possono fare sognare meglio? Se hai un sonno tranquillo il giorno dopo ti senti bene, produci meglio e diventi un essere migliore.


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Altre informazioni e immagini su Giancarlo Vaiarelli e la Platinotipia sono disponibili su "Frammenti di Cultura".


CUNEO PHOTOTRACE 2017

programma delle mostre e degli eventi del Festival

Scrivimi – Biblioteca Fotografica” è la mostra tematica annuale dell’Associazione, nella quale si dà spazio contemporaneamente a insegnanti, esperti e allievi. Progetti e fotografi vengono selezionati ogni anno da una commissione interna che applica un sistema di ricerca della qualità, del racconto e dell’emozione. Allestita a Palazzo Samone (via Amedeo Rossi 4), la mostra sarà aperta dal primo al 24 settembre e visitabile, nei giorni di Phototrace, il sabato e la domenica dalle 9,30 alle 19.00
Tracce per memoria sono raccolte ed esposte, così come sono state rinvenute, alcune fotografie d’epoca, scattate tra la fine dell’800 e la metà del ‘900. La particolare esposizione sarà allestita nella sede di Progetto Har (via Saluzzo 28) dal 1° al 30 settembre e sarà aperta, durante Phototrace, sabato e domenica dalle 9.00 alle 19.00.
Pittura e fotografia in un connubio che non svilisce nessuna delle due arti, anzi le esalta sono al centro di “Attraversamenti” Photopaint 2017. La mostra, che vede insieme un fotografo, Ober Bondi, e un pittore, Cesare Botto, sarà allestita a Palazzo Santa Croce di Cuneo (via S. Croce, sale 11-12) dal 9 settembre al 1 ottobre e sarà visitabile sabato e domenica, durante Phototrace, dalle 9,30 alle 19.00; nelle altre date, il venerdì dalle 16.00 alle 19.00 e il sabato e la domenica dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 16.00 alle 19.00.
Sempre a Palazzo Santa Croce (sale 15-16-17), dal 9 settembre al 1 ottobre i protagonisti saranno i “Giovani e Scattanti” , in una mostra che dà spazio a chi da poco ha preso in mano l’obiettivo e il coraggio di fotografare. Perché senza provare, senza cimentarsi, senza confrontarsi, senza sbagliare non si può imparare. Orari Phototrace: sabato e domenica 09.30 – 19.00 e nelle altre date: venerdì 16.00 – 19.00, sabato e domenica 10.30 - 12.30 16.00 – 19.00.
Cambiamo luogo, spostiamoci nel salone della Fondazione Crc di Cuneo (via Roma 17) dove, dal 22 al 24 settembre sarà allestita la mostra “Giorgio Serazzi Fotografie anni '50” , con stampe originali d’epoca selezionate dall’archivio del fotografo cuneese. Orari Phototrace: venerdì dalle 19.30 alle 23.00, sabato e domenica dalle 9.30 alle 19.00.
Dal 21 al 26 settembre Palazzo Samone ospiterà la mostra “Antiche tecniche fotografiche e alternative” a cura del Gruppo Rodolfo Namias. Giovedì 21 settembre, verrà inaugurata alle 18 al piano terra di Palazzo Samone. L’introduzione ai lavori esposti, a cura del presidente del Gruppo Alberto Novo, sarà sabato 23 settembre alle 14. Gli orari Phototrace: sabato e domenica dalle 9,30 alle 19.00 e, nelle altre date, dalle 17.00 alle 19.00.
Gumprint – Scatti nel tempo reinterpretati con una tecnica lito-calcografica sperimentale” a cura di Tony Graffio sarà in Sala Chiodini (via del Passatore 75) a Cuneo, dal 21 sttembre al 26 ottobre. L’introduzione ai lavori esposti da parte dell'autore sarà sabato 23 settembre alle ore 10.15. Orari: sabato e domenica dalle 9 alle 17 e, nelle altre date, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30.
Sempre dal 21 settembre al 26 ottobre sulla scena ci sarà anche la mostra intitolata “Platinotipia” a cura di Giancarlo Vaiarelli. Esposte in Sala Chiodini, le opere saranno introdotte dall’autore sabato 23 settembre alle 10,15. Orari sabato e d omenica: 9 -17 e nelle altre da t e 9.30 - 12.30 e 15.30 - 19.30.
Per chiudere il cerchio “Pezzi da museo”, l’esposizione di vario materiale fotografico e cinematografico d’epoca, nelle Sale di Palazzo Samone e nella Sede di Progetto Har, in concomitanza e negli orari delle mostre in atto.
Venerdì 22 settembre: alle 21, si terrà il concerto di apertura e di benvenuto a Phototrace 2017 a cura del “quHARtetto” dal titolo “Impronte di memoria (Qualcosa di tuo che resta ad aspettarti)”. Musica, fotografia ed estratti letterari nello Spazio incontri 1855-Fondazione Crc, a cui seguirà un rinfresco e un primo sguardo sulla mostra delle fotografie anni ’50 di Giorgio Serazzi.
Sabato 23 settembre: alle ore 9,00 Progetto Har e Gabriele Chiesa presenteranno Phototrace 2017 nella Sala Blu de La Guida (via Bono 5). 
Dalle 10.15 alle 11.45 in Sala Chiodini (via del Passatore 75) ci sarà l’incontro con Tony Graffio, autore di “Gum Print, scatti nel tempo reinterpretati con una tecnica sperimentale lito-calcografica”. Servizio navetta alle 10 da corso Kennedy-Palazzo Università. Dalle 10.15 alle 11.45 Giancarlo Vaiarelli presenterà la sua “Platinotipia”, sempre in Sala Chiodini, raggiungibile in navetta. Dalle 10 alle 13 visita alle mostre e alle bellezze della città storica, da Via Roma al Museo Civico e al Complesso Monumentale di San Francesco. Partenza da Via Saluzzo 28, guidati da un accompagnatrice turistica. Pausa “Pranzo in libertà”: indicazioni utili e dettagliate al Punto Informazioni nella Sede di Progetto Har, in via Saluzzo 28. Alle 14, “Namias presenta se stesso” a cura di Alberto Novo, presidente del Gruppo Rodolfo Namias, al piano terra (sala 8) di Palazzo Samone. Seguirà, alle 14,15, “La buona pratica di laboratorio chimico” sempre a cura di Alberto Novo. Dalle 15.15 alle 17.15, nella sede di Progetto Har, Christian Grappiolo terrà l’incontro “La camera gialla” sulla fotografia stenopeica, in ricordo di Ando Gilardi. Durante il laboratorio si affronteranno teoria e tecnica della scatola e del foro stenopeico, con l'autocostruzione della macchina fotografica. "Perché e come praticare le tecniche alternative oggi” è la tavola rotonda a cui prenderanno parte Luca Sorbo dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, Alberto Novo Presidente del Gruppo Rodolfo Namias e Giorgio Bordin, fotografo, moderatrice Luisa Bondoni, direttrice del Museo della Fotografia di Brescia. Il tutto nella Sala Blu de La Guida dalle 16 alle 17.15. Avanti con la manualità: dalle 17.30 alle 19.30 nella sede di Progetto Har, Loris Lazzaretti insegnerà l’utilizzo pratico delle pellicole di grande formato a positivo diretto “Impossible”, procedendo al loro sviluppo e al lift dell’emulsione: “Banco ottico 8 x 10”. Alle 19.00, a Tetto delle Rondini, in via Tetto dell’Ola 15 - Madonna delle Grazie, si terrà “Stampa fotografica a 1000°” con Roba che Skotta, che propone una rivisitazione della fotoceramica. La nuova sperimentazione sarà a cura di Andrea Scarzello e Carlotta Cartocci, che in contemporanea offriranno, dalle 19.30, un'apericena a tutti i partecipanti. Il luogo è da raggiungere con mezzi propri. Per chi resta in città, “Cena in libertà”: indicazioni utili e dettagliate al punto informazioni nella sede di Progetto Har.
Domenica 24 settembre: alle ore 9.00, “Racconta la Cuneo che vedi”: invito esteso a tutti a fotografare portando il file da stampare nella sede di Progetto Har. Il materiale stampato verrà esposto in una “Mostra Estemporanea” nei pressi della sede di Progetto HAR. Le migliori 5 fotografie verranno votate da una giuria popolare e premiate, alle 19,30, nella sede di Progetto Har. Parallelamente, dalle 9.00 alle 18.00, nelle varie sedi di Phototrace sarà allestito un Mercatino di materiale fotografico usato, libri, cartoline, fotografie. Al via i laboratori: dalle 9.00 alle 11.00, nella Sala Bianca de La Guida e nel cortile adiacente Giorgio Bordin terrà il workshop teorico e pratico “Chi ha detto che l’oro è giallo?” La nuova Crisotipia di Mike Ware - stampa da negativo analogico in grande formato”. Negli stessi spazi seguirà, dalle 11.00 alle 13.00, la “Dimostrazione di Platinotipia” con breve presentazione teorica, di stampa, negativo digitale e negativo analogico a cura di Luigi Menozzi e Gabriella Martino. Dalle 14.30 alle 16.30 nella sede di Progetto Har, Christian Grappiolo terrà la seconda parte del laboratorio: “La Camera Gialla”: taratura della macchina, con prove pratiche di scatto e sviluppo in camera oscura. Valutazione qualità dei negativi su carta. Dalle 14.30 alle 17.00, partendo dalle sede di Progetto Har, sarà possibile visitare le mostre e le bellezze della Cuneo storica, da via Roma al Museo Civico e al Complesso Monumentale di San Francesco, accompagnati da una guida turistica. Dalle 17.00 alle 19.00 nella Sala Bianca de La Guida, Mariano Dallago, nell'incontro “Tra fotografia e design” presenterà l’idea, maturata negli anni, di “Un’altra fotografia”, un modo originale di associare la cultura fotografica ad altri linguaggi di veicolazione delle immagini.
Alle 19,30 PHOTOTRACE 2017 si chiuderà con la premiazione delle fotografie di “Racconta la Cuneo che vedi”. Immancabile la foto di gruppo e i saluti.

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Per maggiori informazioni su Phototrace 2017 e prenotazioni, contattare: info@progettohar.it

1 commento:

  1. Molto interessante, stimolante: da approfondire sicuramente. La stampa è, sicuramente ma non ovviamente, elemento imprescindibile per un lavoro di qualità.

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