"Penso cinematograficamente in quasi tutto quello che faccio." Antoni Pinent
Kaleidoshock 1 Crater Lab
Lo scorso 24 aprile sono stato ad Unzalab per assistere alla presentazione di alcuni filmati sperimentali realizzati in Super8 ed in 16mm, a seguito degli insegnamenti impartiti in un laboratorio effettuato sotto la direzione di Luis Macias e Adriana Bila del Crater Lab di Barcellona.
Lo spazio dove s'è svolta la serata di Kaleidoshock 1
Già lo scorso febbraio Macias era stato a Milano, per far vedere i propri lavori di Cinema Espanso nello spazio autogestito da Macao e per stimolare la creatività dei presenti proponendo loro delle attività pratiche, dopo aver fornito le basi teoriche. Quattro tra i ragazzi che hanno partecipato a quel workshop hanno prodotto molto materiale in Super 8 utilizzando pellicola in bianco e nero Kodak Tri X e montando il loro filmato in camera. E' stato utilizzato anche del 16mm invertibile e b/n ricavato da scarti di repertorio dal quale è stato selezionato ulteriore materiale per la stampa a contatto da alternare a diapositive e filmati in Super 8.
Un paio di ragazzi che hanno partecipato al Workshop di Crater Lab
Durante il primo blocco dei lavori presentati nella serata alla quale ero presente a Unzalab, sono stati proiettati due filmati di giovani sperimentatori; uno durava circa 15 minuti e l'altro circa 9 minuti, le proiezioni sono state interrotte da un momento di buio di 3 minuti che serviva per sostituire la bobina del film. Le immagini sono state accompagnate dai suoni appositamente studiati ed eseguiti dal vivo da Beppe Sordi, un personaggio difficilmente catalogabile che ha già collaborato con alcuni filmaker e cineasti sperimentali, in un paio di precedenti occasioni.
Beppe Sordi durante la sonorizzazione dal vivo della prima parte di Kaleidoshock 1
Molte volte, durante la prima proiezione, il musicista ha improvvisato la colonna sonora prendendo ispirazione dalle immagini che vedeva scorrere sullo schermo.
Luis Macias prima della sua performance
Terminate le prime due proiezioni, c'è stata una pausa di circa 20 minuti per posizionare due proiettori da 16mm per preparare la seconda parte dell'incontro aperto al pubblico e sistemare un nuovo schermo tra gli spettatori ed il performer catalano che avrebbe concluso la serata con una sua esecuzione dal vivo con un film in loop proiettato per un tempo compreso tra i 15 ed i 17 minuti. Il titolo di questo lavoro era qualcosa nell'ordine di questo tipo: “Con las pupilas vacías y los ojos llenos de odio y deseo”.
Ho visto le mani di Macias “modellare” la luce durante il secondo blocco di proiezioni che in quel caso è stata effettuata su uno schermo traslucido. Luis ci ha fatto capire che è possibile intervenire sul girato in molti modi, sia interagendo manualmente che per mezzo di aggiuntivi ottici, prismi, filtri di colore da interporre tra l'obiettivo del proiettore e lo schermo per la retroproiezione; dando così la possibilità al pubblico di osservare l'azione del filmaker che compone la performance artistica minimalista/concettuale che produce ad ogni evento risultati diversi. Anche in questo caso Beppe Sordi ha elaborato una composizione sonora improvvisando al momento.
In molti desiderano ridare vita ai formati cinematografici amatoriali e a passo ridotto come l'8mm il Super8 ed il 16mm a doppia perforazione, ma Luis Macias, paradossalmente, brucia la pellicola con la luce durante le sue performance artistiche e dimostra come ci sia ancora molto da fare e potenzialmente un'infinita possibilità di utilizzo di questi supporti, da molti considerati obsoleti. Assistiamo così come ad un grido di resistenza da parte degli utilizzatori di questi mezzi che chiedono con forza all'industria cinematografica di produrre ancora più emulsioni per gli appassionati e gli sperimentatori di tutto il mondo. Questo è un po' il messaggio che sembra trasmetterci Macias con la sua esibizione.
A differenza di quello che abbiamo già visto lo scorso anno a Unza, durante le proiezioni di Richard Tuohy, questa serata abbiamo assistito a qualcosa di meno ossessivo, ma di ugualmente ipnotico, forse più fruibile e godibile per un più moderato dosaggio dello spettacolo. I lavori dei grandi cineasti sperimentali sono spesso molto intensi e per questo apprezziamo particolarmente la scelta di non affaticare troppo il pubblico con proiezioni di una durata eccessiva, studiando attentamente la scaletta e cosa mostrare, in modo da lasciare un giusto impatto allo spettatore che in ogni occasione ha il suo bel daffare per elaborare nella sua testa immagini, suoni ed emozioni risultanti da queste esperienze. Una serata retrospettiva, o dedicata ad un solo regista, rischia spesso di non procedere nel giusto modo, se non si tengono presenti i tempi di reazione e di ricezione del pubblico, cosa che invece è stata diligentemente considerata dal curatore della serata Antoni Pinent. Alcune proiezioni possono presentarsi in modo troppo forte o troppo ripetitivo o con uno sfarfallio sincopato che rischia di affaticare, o provocare reazioni impreviste nella fisiologia dello spettatore e perfino epilessia, in soggetti particolarmente sensibili (Tony Conrad ha fatto scuola su questi argomenti e per la proiezione dei suoi mitici: The Flicker e The Eye of the Count Flickerstein chiedeva che in sala fosse sempre presente un medico ndTG). Motivi per i quali il programma della serata va calibrato con molta precisione nei tempi, nei ritmi e nella presentazione delle proiezioni. Questo è il lavoro che dovrebbe svolgere il “Film curator”, ove presente. Un giusto lancio dei filmati permette di valorizzare i lavori degli artisti e lascia nel pubblico una sensazione piacevole, oltre che un ricordo duraturo di ciò che si è visto.
Antoni Pinent
Antoni Pinent, Film Curator della serata, e Luis Macias si conoscono dal 2005. Macias è stato inizialmente studente di cinema sperimentale nei corsi di Pinent al Centro Sperimentale di Catalunya, a Barcellona (adesso questo centro purtroppo non esiste più ndTG), poi i due hanno collaborato a vari lavori. Entrambi hanno 41 anni.
Luis Macias
In Europa e nel mondo ormai sono presenti molti laboratori cinematografici indipendenti, la riscossa dell'analogico spinge non solo in campo fotografico, ma anche cinematografico, grazie alle nuove generazioni che vogliono provare a produrre un prodotto audiovisivo con supporti e formati coi quali non hanno avuto modo d'entrare in contatto. Unzalab favorisce la conoscenza di questi mezzi e intesse una rete di rapporti internazionali che lo collegano a realtà molto interessanti e creative, per quello che riguarda l'Expanded Cinema. La performance del 24 aprile scorso è figlia di un evento di 4 giorni durante i quali alcuni giovani cineasti indipendenti hanno avuto modo di entrare in contatto con gli esperti del Crater Lab di Barcellona, al Centro al Autogestito per le Arti e la Cultura: Macao. Il Crater Lab è costituito, oltre che da Macias e da Adriana Bila, dal musicista Alfredo Costa Monteiro. Il Cinema Espanso non pensa solo a fare l'inquadratura ma ad aprire lo schermo a diversi sensi, in modo da portare dal vivo la bobina proiettata in una performance come quelle proposte da Crater Lab o altri centri di ricerca cinematografica sperimentale.
Il formato sul quale sono registrate le immagini è chiuso, ma grazie all'intervento dell'autore è possibile dare vita a questi esperimenti su pellicola, in modo da aprirlo a varie potenzialità, alterandone le velocità di proiezione, componendo musica dal vivo e coinvolgendo i vari i sensi degli spettatori, in modi diversi.
Antoni Pinent, oltre ad essere un cineasta che agisce creativamente elaborando vari progetti produttivi e culturali in campo sperimentale, insegna all'Accademia di Belle Arti del Politecnico di Valencia, al BAU, al Centro Universitario di Belle Arti di Barcellona, al FAC la Biennale di Immagine e Movimento di Buenos Aires, al FAC Fondazione di Arte Contemporanea di Montevideo (anche al Centro Culturale Spagnolo di Montevideo), a Los Angeles. Lavora con la pellicola, non per proiettarla, ma in quanto oggetto artistico.
Al di fuori dei festival di settore, che comunque interessano un pubblico limitato di adepti e addetti ai lavori, le performance che avvengono saltuariamente nei vari club e laboratori di ricerca sono destinate ad una platea piuttosto esigua di appassionati (vedi Kaleidoshock 2). Il Cinema Espanso resta nell'ambito dell'underground, pur esprimendo punte di qualità piuttosto elevate. Il mezzo digitale è in grado di attrarre molta più attenzione e pubblico, ma l'analogico probabilmente riesce ad esprimere idee e soluzioni ancora sorprendenti, ottenute con tecniche manuali, molto più vicine alla sensibilità di chi è abituato a interagire direttamente con ciò che produce, anzi che avere come intermediari software e linguaggi abbastanza standardizzati.
Un fotogramma bruciato durante la performance di Luis Macias
Nel passaggio tecnologico dal cinema analogico al cinema digitale molte ditte si sono riconvertite sbarazzandosi dei macchinari tradizionali che sono stati poi raccolti da chi aveva ancora intenzione di utilizzarli per i propri scopi creativi e sperimentali. S'è costituita così una rete mondiale di laboratori che si scambiano esperienze e servizi, in modo da poter sopperire praticamente alle carenze di chi non ha a disposizione tutto ciò che serve alla produzione, alla duplicazione e alle lavorazioni della pellicola cinematografica. Questo è un fenomeno collaborativo molto bello che è ancora in corso. Se qualcuno sa che una moviola viene smantellata, ad esempio, lo comunica ad altri ai quali può servire questo strumento, mettendo l'informazione in rete.
La professionalità di un prodotto non viene conferita dal formato o dalla tecnica utilizzata, ma da chi decide di realizzare un filmato che può essere di genere, piuttosto che documentaristico o sperimentale. E' possibile essere un buon regista anche se si utilizzano formati minori o tecniche in disuso. Non bisogna pensare che sia il formato a decidere il genere del film. Girare in Super8 non è una condizione sufficiente per realizzare un'opera di Cinematografia Sperimentale, così come utilizzare l'analogico non vuol dire che serva soltanto a fare della sperimentazione, ma potrebbe essere usato sia per un discorso narrativo che documentaristico. Bisogna tener presente che c'è anche chi, come Antoni Pinent, fa della cinematografia sperimentale senza ricorrere all'uso della cinepresa. Un altro paradosso dell'analogico è che in questo momento può essere più dispendioso utilizzare il Super 8 che il 16mm; non sempre il formato più grande è il più costoso, in certi negozi una bobina Super8 costa fino a 45 euro per 3 minuti di girato a 18 fot/sec. O 2'40” se si gira a 24 fot/sec. Unzalab, per ora sviluppa solo il bianco e nero, ma ovviamente, lo sviluppo ha un ulteriore costo. Una bobina di Super 8, tra acquisto e sviluppo arriva facilmente ad un costo di circa 70-80 euro, se si sceglie di portarla in un laboratorio commerciale. E' facilmente comprensibile che per una persona giovane sia più facile pensare di fare un filmato con un telefonino che con una cinepresa, eppure c'è qualcuno che ancora si interessa alla pellicola e perciò sceglie di fare gruppo, magari proponendo anche ad altri servizi, come una cooperativa. I costi della pellicola portano a pensare di fare il montaggio in macchina e questa è una condizione che aiuta a ragionare per immagini ed a gestire il flusso filmico in modo più consapevole, oltre che a guardare ciò che ci circonda in modo diverso, meno banale. Non si tratta di un modo reazionario di pensare e produrre immagini in movimento, ma di arrivare ad utilizzare diversamente un mezzo che serve ai fini espressivi di quello che si vuol dire e non soltanto per motivi estetici. Un problema che oggi spesso si pone per chi realizza un film in 16mm (o in altri formati) e lo porta ad un festival è che non sempre c'è la possibilità di proiettare il proprio lavoro, a causa delle carenze tecniche degli organizzatori, pertanto bisogna poi pensare a riversare il proprio materiale su supporto digitale. In questo caso consiglio di prendere in considerazione la possibilità di rivolgersi a Matteo Ricchetti. TG
Luis Macias e Beppe Sordi alla fine della serata di Kaleidoshock 1
Antoni Pinent: Un po' come l'arte concettuale, anche il Cinema Espanso necessita di una certa preparazione culturale nello spettatore, perché è pur vero che serve sapere cosa c'è dietro a certe idee per poterle meglio recepire, anche se le sensazioni dovrebbero entrare principalmente dai nostri occhi e dalle nostre orecchie.
Luis Macias: Non mi piace parlare molto dei miei lavori però posso dire che particolarmente in questo pezzo che ho rappresentato oggi per la seconda volta mi piace mettermi nella posizione di un musicista che suona uno strumento partendo da pochi elementi. La pellicola non contiene nessuna immagine, si crea quando si brucia con il calore della lampada del proiettore. Si tratta di un errore di proiezione voluto che porta la pellicola vicino alla pellicola per un tempo sufficiente a scaldarla fino al punto di fusione. Si crea così una struttura improvvisata che provoca lampi di luce intermittenti. Ho utilizzato due proiettori da 16mm modificati per regolare la luce e 3 loop di film, uno di questi anelli di pellicola s'è rotto. E' possibile anche modificare la cadenza di proiezione; quando la doppia perforazione della pellicola passa davanti al lettore del sonoro ottico si sente un suono ritmato che viene amplificato dal musicista (La pellicola positiva 16 mm da proiezione è dotata di una sola per perforazione proprio per lasciare lo spazio alle piste audio ndTG). Crater Lab esiste da tre anni, noi riusciamo a portare avanti le nostre attività sperimentali sostenendoci soprattutto grazie ai Workshop che organizziamo spesso per chi è interessato a conoscere e a usare il mezzo cinematografico in modo artigianale. Con la mia performance ho voluto mostrare come si possa costruire distruggendo.
Beppe Sordi: Sono di Milano, da diversi anni mi interesso ai suoni, non ho una formazione da musicista e non mi considero un musicista; sto scoprendo da poco la possibilità di effettuare dei commenti sonori per chi realizza filmati, video o attività teatrali. Spesso mi trovo in situazioni totalmente improvvisate. Durante un periodo della mia vita ho registrato dei suoni, ma adesso non mi avvalgo più di field recording e registrazioni ambientali, intervengo quasi solo dal vivo. Ho un discreto archivio sonoro che mi permette di sonorizzare spettacoli, ma è qualcosa che faccio raramente. Uso il computer per l'editing che normalmente è molto semplice: mi limito a praticare i tagli e a correggere i livelli audio. Lavoro in teatro come datore luci, con alcune compagnie s'è creato un rapporto speciale che mi ha portato ad elaborare soluzioni sonore con le quali riesco ad ottenere suggestioni particolari. Per diletto personale suono vecchi sintetizzatori analogici, non sono un grande fruitore di musica, mi piace ascoltare la radio, soprattutto Rai Radiotre perché alterna la musica al parlato. Il mio genere preferito è la musica africana. Non sono io che propongo i miei commenti sonori, generalmente sono gli altri a chiedermi di improvvisare le sonorizzazioni per qualche evento.
Kaleidoshock 1 è stato organizzato da Unzalab
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