Istvan
Mizerak (1942-1998)
Esistono
fotografi sconosciuti, fotografi da scoprire, fotografi da
rivalutare e fotografi da conoscere meglio.
L'Ungheria
ha sempre dato i natali a fotografi, cineoperatori e registi con una
visione molto particolare della realtà, capace di imporre
un'estetica che ha avuto modo d'essere apprezzata ad ogni livello,
facendo scuola sia in Europa che in America.
Istvan
Mizerak è stato un serio professionista che ha operato con impegno e
dedizione in un paese che durante l'occupazione sovietica non ha
avuto grandi scambi culturali con l'occidente. Solo adesso, abbiamo
modo di conoscere un autore, a distanza di circa 40 anni da quando
furono scattate, e stampate le sue immagini private che con una
straordinaria naturalezza raccontano la vita quotidiana di quel
periodo, in Ungheria.
Fin da
bambino, Mizerak si sente attratto dalla fotografia e per questo, a
undici anni, baratta la collanina d'oro ricevuta in dono dai genitori
in occasione del suo battesimo con la macchina fotografica di un
compagno di classe. Da quel momento, da solo, inizia ad apprendere le
regole della tecnica fotografica ed ad appassionarsi sempre più a
questo linguaggio per immagini.
Lo scorso
aprile, a Milano, ho incontrato le due figlie del fotografo ungherese
che hanno dato vita ad una fondazione che ha lo scopo di far
conoscere l'opera di Istvan Mizerak al di fuori dei confini
dell'Ungheria e di rivalutarne la figura artistica anche nel loro
paese d'origine.
Istvan
Mizerak ha lavorato come fotoreporter, dal 1968, per l'agenzia di
stampa ungherese, la MTI, ma al tempo stesso portava avanti una
ricerca creativa personale che esulava dai temi promossi dal regime
politico che gestiva il potere nel suo paese. Ha partecipato a molti
concorsi fotografici e fu proprio grazie ad un piazzamento al secondo
posto, in una di queste competizioni nazionali che ebbe modo di
mettersi in evidenza ed iniziare la sua attività professionale alle
dipendenze dell'acciaieria di Ozd, come fotografo di protocollo,
ovvero di colui che doveva documentare per immagini i vari eventi
della vita comunista all'interno dell'attività produttiva della
fabbrica.
Se è vero
che durante il periodo del cosiddetto socialismo reale esisteva la
tendenza a rendere eroiche le figure degli operai che si trovavano a
lavorare in fonderia in condizioni estremamente dure e disagevoli; si
pensi solo al calore estremo dell'ambiente in cui gli uomini si
muovevano, Mizerak ha cercato di dare un volto umano a queste
persone, mostrandone gli aspetti quotidiani più normali,
sottolineando l'orgoglio di uomini che si trovavano a svolgere un
lavoro di squadra non facile.
Il valore
che si attribuisce alle immagine di Mizerak sta nell'aver colto
momenti universali al di fuori del loro tempo: il sorriso per la
gioia di ciò che si è fatto, o la sofferenza presente negli occhi
di persone semplici non va oltre la rappresentazione di una parte
umana di un lavoro veramente pesante svolto in condizioni avverse,
anche per il fatto che l'acciaio fonde a 1830 gradi e tutto
l'ambiente in cui ci si muove è incandescente.
“Le
fotografie conservano tempi e luoghi: condensano tutte le sfumature
dei momenti in cui vengono catturate. Tuttavia, come un barattolo non
può dire di più del proprio contenuto che l'immagine della sua
etichetta, la fotografia non rivela il suo significato ad un rapido
sguardo: dovete dedicarle tempo per decifrarla, perché sveli il suo
significato profondo.
Le
fotografie di Istvan Mizerak non sono semolici impressioni di un
periodo storico di un paese o di una città, ma sono l'estratto di
un'epoca determinata con le sue atmosfere e sentimenti.” Kàroly
Kincses storico della fotografia, fondatore del Museo della
Fotografia Ungherese
Istvan
Mizerak non era soltanto un fotoreporter, ma un artista che ha
viaggiato nei paesi del blocco comunista; conosceva tutte le lingue
slave ed era uno dei pochi fotogiornalisti che, oltre ad illustrare i
suoi articoli con le immagini fotografiche, scriveva di suo pugno i
testi scritti che venivano pubblicati dai vari giornali dei
quell'epoca.
Ha avuto una
vita intensa; ha avuto al suo fianco una ragazza giapponese che per
un certo periodo ha vissuto con lui in Ungheria, ma questa relazione
non fu vista di buon occhio dal partito socialista ungherese che ha
accusato questa donna di spionaggio, fino a riuscire a cacciarla dal
paese e Mizerak, a quel punto, è stato anche punito dal partito.
Mizerak si
rendeva conto che oltre la cortina di ferro c'era un'altra vita e
capiva bene cosa avrebbe potuto diventare lavorando in un sistema
sociale diverso da quello in cui egli viveva e lavorava, ma lui pur
sentendosi molto legato alla sua terra, non ha voluto eccedere nel
compiacere il sistema politico del suo tempo, accontentandosi di fare
ciò che faceva, senza enfasi e senza diventare una figura preminente
della cultura magiara di quel periodo.
La
fotografia non era vista come un lavoro intellettuale, ma quasi di
tipo fisico e per questo, sembra che il regime non ostacolasse
l'opera estetica/artistica di Mizerak che comunque rimase sullo
sfondo di quello che era la sua occupazione principale in campo
giornalistico/propagandistico.
L'opera
proposta adesso da Zsazsi e Gabriella Mizerak non rappresenta una vera
cultura underground, come noi potremmo pensare, anzi ciò che noi ora
possiamo vedere è difficilmente definibile perché fa parte di una
ricerca fotografica personale dell'artista che ufficialmente non
esisteva. Si tratta di una specie di ritrovamento che arricchisce la
storia di un periodo in cui le immagini prodotte dovevano essere
approvate da un sistema di promozione ideologico che controllava
ogni cosa in maniera molto attenta.
Dopo gli
anni 1990, c'è stato un certo interesse per capire effettivamente
come stavano le cose dietro la cortina di ferro e l'opera di Mizerak
sembra interpretare a meraviglia proprio il compito di descrivere la
vera vita quotidiana in un paese del blocco sovietico, durante
l'epoca dell'occupazione militare e politica dei paesi dell'Est
Europa. Molte “riscoperte” effettuate prima della presentazione
delle ricerche fotografiche di Mizerak, non erano altro che la
riesumazione delle immagini ufficiali del partito e perciò non
devono essere considerate altro che delle immagini manipolate, sia
come rappresentazioni fotografiche che come estetica del realismo da
un'ideologia totalitaria.
Le eredi di
Istvan Mizerak, invece, ripresentano l'opera personale del padre come
la visione genuina di un uomo che, indipendentemente da quello che
era la volontà politica dell'epoca, operava in maniera autonoma e
sincera.
Zsazsi e Gabriella Mizerak stanno cercando di proporre ai vari musei occidentali, ed in
particolare in Italia, una mostra che possa raccontare l'opera del
padre e dell'Ungheria in modo diverso da quella nazione che poteva
mostrare al mondo soltanto un suo aspetto ufficiale preconfezionato.
Nella storia
della fotografia ungherese ci sono stati grandi personaggi che hanno
contribuito con la loro opera ad arricchire la diffusione di
quest'arte in tutto il mondo e che sono stati dei pionieri del
reportage di guerra.
Szathmáry
Pap Károly
(1812-1887) è da considerarsi il primo fotoreporter di guerra, in
quanto egli documentò fotograficamente la guerra di Crimea
(1853-1856) portandosi al seguito sul fronte della battaglia un
vagone ferroviario appositamente attrezzato per lo sviluppo delle
lastre all collodio umido.
Szathmáry
portò la sua opera all'Esposizione Universale di Parigi del 1855.
Tra
i più importanti fotografi ungheresi potremmo ricordare anche Robert
Capa, André
Kertész, László
Moholy-Nagy
e tantissimi altri.
Il
ruolo dell'Ungheria nella fotografia è paragonabile a quello che ha
fatto il genio italiano in altri campi artistici, come la pittura nel
rinascimento o la musica, nello stesso periodo storico.
L'archivio
di Istvan Mizerak è andato parzialmente distrutto durante un
incendio, quando il fotografo ungherese era ancora in vita, questo
artista era molto avanti per l'epoca, oltre alle fotografie di una
grande sensibilità ed ironia, egli realizzava fotomontaggi,
solarizzazioni, proiezioni audiovisive in multivisione e sperimentava
nuovi linguaggi, fin dagli inizi degli anni 1970. Realizzò anche dei
documentari filmati in 35mm.
Nonostante
la sua grande creatività, Mizerak si sentiva anche abbastanza
frustrato per non essere riconosciuto come avrebbe voluto essere, a
causa della sua non appartenenza al partito socialista ungherese, ma
si trattava di una scelta personale che lo portava a volersi tenere
lontano da un'ideologia politica nella quale egli non si riconosceva.
Mizerak
ha utilizzato tanto Hasselblad, Mamiya per il medio formato e Canon
per il piccolo formato.
Le
sue immagini sono molto espressive e raccontano in maniera molto
chiara la storia del suo paese, attualmente Kàroly Kincses sta
ancora selezionando del materiale dall'archivio Mizerak per
presentare la storia di questo importante artista in un libro che è
molto atteso in Ungheria. Tony Graffio
Commento
ad alcune immagini di Istvan Mizerak
A
Milano, sono state esposte 15 fotografie che precedentemente facevano
parte di una mostra retrospettiva, sull'artista ungherese, presentate
al Museo Nazionale Ungherese di Budapest nel 2011.
Le
fotografie sono state scattate tra il 1968 ed il 1981.
Qui
sono riunite alcune descrizioni delle immagini che mi sono parse più
significative.
Mizerak
aveva una grande passione per la fotografia fin dall'età di 11 anni,
ma fino alla fine degli anni '60 restò un fotoamatore, in quanto
egli non aveva ancora avuto modo l'occasione di trasformare questa
sua abilità artistica in un lavoro remunerato. Istvan era anche un
bravo ballerino di tip-tap, aveva una bella voce e la passione per il
teatro, ambiente che frequentò con assiduità nella prima fase della
sua vita e dal quale trasse anche i suoi primi guadagni in qualità
di attore.
In
questa immagine, attrici e ballerine si stanno preparando ad entrare
in scena.
Durante
il periodo comunista, in Ungheria era vietato pregare, ma le chiese
erano aperte e tutti coloro che frequentavano i luoghi di culto
venivano schedati e spiati. Questa immagine è stata scattata in
Polonia.
Un'immagine
drammatica ed allo stesso tempo ironica. Durante la fase di sgombro
della propria casa invasa dalle acque di un fiume, un uomo sembra non
avere altro pensiero che quello di salvare una pianta in un vaso,
quale uno dei suoi beni più preziosi.
Un
bambino rom molto magro si disseta ad una fontana, notiamo che
indossa una vecchia camicia dei pionieri comunisti che probabilmente
gli dev'essere stata consegnata da molto tempo e fa parte di uno dei
pochi capi d'abbigliamento in suo possesso.
Il
vecchio ritratto di un parente, morto durante la prima guerra
mondiale, è contornato da tutta una serie di immagini più recenti
intorno al suo volto: la vita per questa famiglia è andata avanti:
c'è chi s'è sposato, chi è nato, chi continua ad aspettare il suo
ritorno, ma il giovane soldato partito per la guerra un giorno
prima di compiere i suoi 18 anni, fa sempre parte della famiglia del
fotografo e non verrà mai dimenticato.
Anche
a distanza di 100 anni, nonostante la carta della fotografia stia
rovinandosi, questo ragazzo è sempre la figura centrale intorno alla
quale la famiglia cresce e s'ingrandisce.
In
Ungheria d'estate fa molto caldo, un tempo, ad intervalli regolari
un'autobotte avanzava per le strade delle città spruzzando acqua per
rinfrescare i ragazzini che attendevano con gioia questo momento.
Sullo
sfondo si vedono i genitori di questi bambini che osservano la scena
seduti in un bar.
Istvan
Mizerak produsse moltissime fotografie per l'industria del ferro e
dell'acciao, lasciandosi anche affascinare dalla realtà di questo
ambiente molto duro. Ne sono scaturite immagini poetiche che tuttavia
non concedono nulla all'esaltazione di una falsa mitologia
proletaria, ma rispecchiano la realtà delle condizioni in cui si
lavorava.
La
bambina di 5 anni ripresa nella fotografia istantanea scattata con
una Hasselblad 6X6 è una nipotina del fotografo che s'accinge ad
afferrare la maniglia di un portone gigantesco della chiesa di Ozd.
Istvan ha colto un momento molto dinamico e divertente, oltretutto la
bambina aveva le mutande bucate. Si tratta di un'immagine che ha
partecipato a molti concorsi vincendo molti premi. Il movimento dei
capelli, la gonna sollevata, il corpo allineato in verticale, la luce
è giusta: è impossibile non apprezzare questa fotografia.
Un'altra
fotografia scattata in Polonia e molto ironica dove una donna grassa
adagiata su una panchina viene ripresa davanti ai manifesti di uno
spettacolo che narra della balena di Melville.
La
culla dell'umanità (1977)
Ho
tenuto per ultima quest'immagine molto simbolica che è anche la mia
preferita, di questa serie di scatti, e descrive l'intera vita delle
persone che vivano in una città industriale ed erano accompagnati
dalla nascita alla morte dall'incombente presenza delle acciaierie e
dalla fatica di guadagnarsi da vivere.
Si
tratta di un fotomontaggio originale, molto ben fatto dall'autore, in
cui la culla abbandonata in un tratto di un fiume si fonde alla
perfezione con il paesaggio quasi infernale in cui domina la
fabbrica, luogo primario dell'esistenza di coloro che sono nati in
questa parte dell'Ungheria settentrionale.
Alcuni
fotomontaggi sono stati rifatti, ma non hanno portato agli stessi
risultati ottenuti da Mizerak, pertanto non vengono riproposti in
alcuna forma al pubblico.
La culla dell'umanità - Istvan Mizerak
Le fotografie delle quali si parla nel testo e altre immagini dell'artista ungherese sono visionabili su questa pagina del sito web voluto dalla Fondazione Mizerak.
Si ringraziano Gabriella e Zsazsi Mizerak per l'intervista e per aver fornito il materiale iconografico relativo all'archivio di Istvan Mizerak che illustra questa pagina del blog di Tony Graffio.
Si ringraziano Gabriella e Zsazsi Mizerak per l'intervista e per aver fornito il materiale iconografico relativo all'archivio di Istvan Mizerak che illustra questa pagina del blog di Tony Graffio.
Una vera scoperta !!!! grazie Tony Graffio
RispondiEliminaGrazie a te per frequentare il mio blog, cerco d'offrire al mio pubblico qualcosa d'interessante fuori dai soliti canali d'informazione. TG
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