Il rapporto tra artista e gallerista è sempre una relazione difficile da portare avanti; in genere il mercante d'arte cerca d'avvicinarsi a nomi che possano portare prestigio alla sua galleria e che possano garantirgli qualche tipo di guadagno.
Da 30 anni a questa parte moltissime cose sono cambiate, molto difficilmente vengono stipulati dei contratti tra le due parti e molti punti finiscono per restare nel vago. Si fa più leva sul desiderio di farsi conoscere, di poter raggiungere un ampio pubblico (anche se non sempre interessato a collezionare), più che sul fatto concreto d'offrire un giusto compenso all'artista per il suo lavoro. Creare un contatto col collezionista non è una cosa da poco, si sente sempre qualcuno che lamenta che alle inaugurazioni delle mostre c'è poca gente e poco propensa all'acquisto. Anche le strutture pubbliche quando mettono a disposizione spazi prestigiosi non riescono a conferire alla manifestazione i denari necessari a sostenere gli artisti, ai quali spesso viene addirittura chiesto di portare un proprio contributo economico per finanziare l'evento.
E' normale, in queste situazioni, che gli artisti più seri si sentano sempre più strumentalizzati dalle componenti forti dal vertice della piramide del mondo dell'arte visiva e desiderino manifestare il loro malessere direttamente con le loro parole e le loro esperienze.
Ho già dato spazio in altre occasioni a Federico De Leonardis, ancora una volta mi sento d'ospitare i pensieri di questo scultore milanese nelle pagine di Frammenti di cultura, per trattare e conoscere meglio i problemi reali che attualmente sono d'intralcio al processo della creazione artistica e di un'adeguata retribuzione economica che risarcisca gli artisti dello sforzo e dell'impegno profuso, sia nella fase creativa che in quella espositiva.
Il vero artista è una persona molto preparata che studia ciò che è stato già fatto in passato e lavora al fine di rifare opere già prodotte, in modo da conoscere le problematiche della fase ideativa e per conoscere le tecniche necessarie a realizzare nel modo migliore un certo progetto. I risultati ottenuti in queste fasi di studio non vanno mostrati, solo quello che si ritiene valido e nuovo è degno d'essere mostrato al pubblico.
Non è giusto ingombrare il mondo con opere insulse, o non sincere.
L'arte non può stare senza etica.
Avere un'etica significa essere seri sul piano intellettuale e professionale e non accettare compromessi, divulgando solo le cose importanti. Io stesso ho capito l'importanza di queste azioni ed ho corretto il tiro di questo blog; anche se in certi momenti m'è sembrato importante mostrare senza troppa censura anche i lavori meno interessanti, per offrire una panoramica a 360° di questo periodo storico di crisi e di progressiva perdita dei diritti dei cittadini e della loro sovranità.
Io ritengo che non siano solo i galleristi a millantare d'avere un collezionismo che poi non hanno o di poter piazzare opere a destra e manca, oggi c'è poca serietà tra le persone e questo fatto ha poi conseguenze piuttosto negative sulla fiducia nelle relazioni tra le persone e nei rapporti d'affari. Tony Graffio
La piramide del mondo dell’arte visiva
Artisti, all'erta! Lettera di un paria al suo gallerista.
Caro *** ( tenutario – si diceva così all'epoca dei casini- di una nuova galleria in via***, a Milano), voglio anch'io divertirmi un po’, a beneficio dei colleghi, i paria par mio, in pubblico, visto che finora lo hai fatto tu alle mie spalle, non proprio in privato.
2012
Can can di trombe e pifferi su “mostre ai golf clubs”, a manetta, in giro per l'Italia del denaro, della finanza, quella veramente interessata all'arte. Giacca e cravatta (a farfalla o fiocchetto, non ricordo, contratto in cartella di cuoio, debitamente compilato o revisionato da avvocato), macchina di lusso (Audi e Mini Cooper naturalmente), acquisto immediato di qualche disegno e di un paio di Braghe (come d'uso, a prezzi stracciati: in buona fede ci si incoraggia a vicenda, la gioventù carica di speranze…). Sullo sfondo la favolosa Svizzera, anzi la favolosissima Lugano, patria delle banche e del denaro.
Sporco: “ho una galleria lì”.
Questo il quadro, specifico, ma per voi colleghi paria non molto diverso; se non c'è la mini ci sarà il suv, se non c'è la Svizzera ci sarà il Dubai. Proseguiamo:
Invitato a casa, cotanto ospite arriva con una bottiglia di Champagne. E’ perfetto.Lo lascio fare, lo lascio dire. L'esibizione del minuzioso contratto mi sconcerta, mi insospettisce, non firmo niente, ma poi la cosa passa nel dimenticatoio e i miei sospetti sono dimenticati.
2013
Saronno, modesta “mostra all’ ambasciata”, pardon Camera di commercio, uruguaiana (niente popo’ di meno): du stanzette ingombre di ogni arredo d'ufficio. Il pirla, cioè il sottoscritto, giovanilmente entusiasta di mostrare, come tutti i colleghi del resto, incomincia a drizzare le antenne, ma le promesse di espatrio imminente di mostra ecc, gli chiudono la bocca. Dopo il solito culo, sposta qui, monta là, popolo poco, nessun critico, nessun collezionista, “Sai, quello sta male, gli è capitata una disgrazia, quell'altro aspetta un bambino, ***? abbiamo bisticciato”. Alla chiusura un lavoro sparisce, con la solita scusa che “i collezionisti vanno lavorati, te lo porto in studio, stai tranquillo.” Sto tranquillo, ho le spalle larghe e la pensione sociale, io. E poi bisogna essere indulgenti, la gioventù, almeno a me, mi entusiasma, i matusa della mia età, sclerotici, carriera conclusa, saputi, mi annoiano. Quanto ai collezionisti il mistero è generale, comune: il vertice della piramide, si sa, è sempre avvolto nella nebbia: a quelle altezze…
2014
Attenti che viene il bello!
Precipitosa partecipazione a una qualche Fiera di quarta categoria (Budapest? Bucarest?, non ricordo) con una complessa installazione (sic! In fiera? Sì in fiera, le premesse sono ottime: un bel coraggio!) ma io, non avendo la grana per andare, non ho potuto controllare. Ritorno del protagonista con le pive nel sacco e una “Marina” da riparare: il pirla non l'aveva imballata comme il faut, sa faute! Come naturalmente è sa faute non aver venduto niente. “Si sa, un lavoro difficile il tuo e un'installazione poi…” Vero, verissimo come dargli torto? Ma manco una Marina, manco un libro, un Tampone, una fotografia a prova dell'installazione! Niente di niente.
Il tempo passa, una mostra a Lugano (Svizzera), una collettiva, il tutto in sordina, nel più assoluto mistero, assente un qualsiasi documento della cosa, che so, una foto, una locandina (ma sarà vera o era un garage, una cantina?)
Insomma, attenti colleghi! se per voi non è Bucarest, sarà Varzi o Pordenone o Vilnius, ormai le fiere si sprecano e se non sarà Lugano sarà Londra, lontano, molto lontano, così non potrete verificare: cantine se ne trovano un po’ dovunque, anche a New York: il mondo ormai ne è pieno. E le chiamano gallerie! E’ il frutto del denaro facile, quello degli ultimi trent'anni.
2015
E' maturo il gran salto: “Apro a Milano, chiudo in Svizzera, controcorrente un gallerista decide il rimpatrio (oh, ah di ammirazione per il coraggio sulla stampa digitale di tutt'Italia, la pubblicità, martellante, ossessiva, ripetitiva su tutti i canali ben noti, avidi di presenza, un tam tam che nessuno legge; è il suo forte! Per la verità non solo suo, di tutti i giovani, una generazione allevata in mezzo alla selva dei cartelloni pubblicitari, della televisione che ogni dieci minuti interrompe la lettura di un canto di Dante con qualche cagata sulle ascelle che puzzano), tu devi essere il primo, sei il mio artista principale, hai una profondità tu, una marcia in più eccetera eccetera” (a parole abbiamo tutti una marcia in più, chi la sesta, chi la settima: ci fa piacere!).
Due modeste stanzette, faccio fatica a raccapezzarmi, va beh le promesse, le premesse, l'alone pubblicitario, le macchine di lusso, sono o dovrei essere per lo meno un artista serio e capace di dimostrarlo anche in un cesso, ma faccio fatica a spiegargli che monto installazioni, ho bisogno d'aria, quasi arriviamo al bisticcio, ma poi si convince, vai, vai come mi hai prospettato, ti compro un lavoro, un'installazione, che ne dici di S. Sebastiano? E io, anche per il miraggio di rimpolpare la pensione sociale con qualche palanca, vado. Arriva mezza Milano, porto lì Corà, Feroldi, Borghi, Madesani, Mezzabotta, Coluccio e Rapetti (che presentano, scrivono, filmano e fotografano, gratis naturalmente), arrivano anche, inaspettatamente, Meneguzzo, Verzotti e Tedeschi, si fa fatica a entrare (vino finito già nella prima mezzora - ma era pochino), ancora di più a chiudere (21 e 30 c'è ancora molta gente). La solita bagarre mondana, così va il mondo, o meglio la mondanità, il protagonista gongola: ha fatto centro! Lui. E intanto si moltiplicano le promesse: Tedeschi, Banca Intesa, Parterre di Palazzo Serbelloni…
Siamo seri! Non vi fate illusioni, cari amici. Nei giorni successivi: gli inauguranti sono appagati, credono di aver visto, e infatti hanno visto: se stessi, in massa, a legioni. L'installazione, faticosamente montata (o smontata, fate voi), non si vedeva, un vuoto riempito di se stessi, un vuoto come al solito riempito (è la funzione del vuoto, no? Con la paura che suscita, con la paura che pochi affrontano, tutti corriamo a nasconderci per non vederlo e: sotto a riempirlo!)
E per il resto, dopo? A parte qualche sparuta visita seria, (qualcuno scrive, qualcuno vede, i soliti pochi troppo squattrinati per sostenere il pirla), il deserto di tutte le gallerie, serie e meno. E i collezionisti? Nemmeno l'ombra. Ma niente di eccezionale, colleghi paria, se non è zuppa è pan bagnato, se non son quelli saranno altri, se non è Milano e la Svizzera, saranno Canicattì e Londra. Ma che colpa ha lui poveretto di questa situazione, è giovane, mica puoi pretendere di prenderlo in parola! E’ vero verissimo, deve farsi.
Fine della storia.
Chiudo con un sospetto, quello di aver annoiato: una cronaca che avrete sentita cento volte, la conoscono tutti, almeno quelli che bazzicano le gallerie (negli ultimi trent'anni si sono moltiplicate, la maggior parte poco serie, si sa, l'arricchimento facile e veloce alle spalle dei pirla e sull'onda del collezionismo ignorante del denaro recente). In uno dei primi post di "Fuori dai denti" (novembre 2010, Arkive Ri-vista 10 : La collezione Consolandi al MA-GA di Gallarate) avevo disegnato una piramide (al vertice i collezionisti, direttamente sotto i galleristi, sotto ancora i critici, quelli che scrivono, gli intellettuali dell'arte, un po’ paria anche loro, ma non intoccabili, alla base, gli intoccabili veri, gli artisti) e non mi illudevo sulla mia condizione: lo zoccolo. Come ho fatto a dimenticarlo? Come ho osato alzare la testa?
Ma c'è un corollario, che mi detta il mio “cattivo carattere”: la voce era già stata messa in circolazione dal protagonista durante la mostra, è la canzone più facile da cantare, l'ultima balla. (“Ma come, hai bisticciato con E. C. perché ti ha rubato un'opera e non ti ha citato? Con M.Q perché ha esposto i tuoi cuscini in piazza Duomo e manco c'era il tuo nome? Sei veramente incorreggibile.”): la solita solfa con cui gli “onesti” mettono a posto il loro coriaceo foro interiore e ai “piacioni” va sempre bene tutto. Voi amici ce l'avete un cattivo carattere? Si chiama così o si chiama dignità del mestiere, della professione, anzi della vocazione? Comunque in capitaneria è affisso un “avviso ai naviganti:” il sistema, non solo svizzero per la verità, è quello dell'usa e getta, attenti! Ma se anche voi avete un “cattivo carattere”, ecco un consiglio d'azione, è efficace, sempre: colpisce le tasche:
Caro ***, vista la smemoratezza e il tempo passato - due anni pieni - considero venduta la Marina Arkipelagus che ti sei intascato a suo tempo e se non lo è stata, cazzi solo tuoi.
Il pirla rivuole indietro il disegno di cui ti sei “dimenticato” il saldo etc. etc. L'installazione? Per quella purtroppo me lo prendo in quel posto; verba volant, niente di scritto e di tali promesse è pieno il mondo, non solo dell'arte.
Attendo bonifico al seguente conto bancario ***, se no, che alzata di testa è? Comunque sono pronto a rizzarla un po’ di più, se dopo quindici giorni dovrò ancora attendere.
Dimenticavo: sotto “l'avviso” in capitaneria c'è una una citazione, da Witgenstein,: “Il coraggio è il seme che genererà un grande albero”: si può ancora fare qualcosa.
Ma voi, cari artisti, sono sicuro più scafati di me, costringerete i galleristi a mettere i verba nero su bianco. Io avevo solo dei testimoni, e ingenuamente pensavo *** una persona per bene, lo ho creduto fino a ieri: effettivamente ho un pessimo carattere! Mi sento veramente ridicolo: un vecchietto che si fa mettere nel sacco da un nemmeno trentenne! A mia scusante forse c'è l'età, il penchant per la gioventù, pensare che a lei, Svizzera a parte, sono affidate le sorti del mondo: che futuro vuoi che abbia il vecchietto? La vita continua, la vita deve continuare e se perdiamo quest'illusione, siamo fritti. Federico De Leonardis
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