Continuiamo a parlare della produzione televisiva e delle apparecchiature che vengono o venivano utilizzate dalla Rai. Il Vidigrafo, secondo una terminologia Rai, è qualcosa che forse non tutti conoscono, cerchiamo di capire cos'era, per quali ragioni veniva utilizzato e se ne è rimasta ancora traccia.
Dalla necessità di memorizzare il segnale televisivo è nata l'esigenza di conservare i filmati di quanto effettuato nelle prime trasmissioni televisive negli anni '50 e '60.
In America, a causa dei diversi fusi orari era piuttosto impellente il bisogno di trovare un sistema che potesse mandare in onda la stessa trasmissione, programma o notizie in momenti diversi della giornata. Il primo metodo adottato fu quello di riprendere, con una cinepresa che girava con una cadenza di ripresa adatta a leggere il tempo di scansione del cinescopio, il segnale televisivo su un monitor. Naturalmente, la qualità del prodotto ottenuto in questo modo non era pienamente soddisfacente e nel contempo i tempi morti tra ripresa, sviluppo e stampa della pellicola e la possibilità di utilizzazione dei prodotti potevano costituire un inconveniente. In seguito, si arrivò alla registrazione del segnale video e audio su nastro magnetico, ma per alcuni anni si utilizzò il vidigrafo, una trovata pratica che serviva a trasferire l'immagine elettronica su pellicola.
Più tardi, in ambiente pubblicitario e cinematografico si utilizzo il termine "Transcriber". Di fatto, il vidigrafo ed il transcriber erano costituiti da un insieme di strumenti che permettevano di trasportare sulla pellicola cinematografica le riprese televisive, prima che arrivassero sul mercato i primi registratori video magnetici Ampex.
Dalla necessità di memorizzare il segnale televisivo è nata l'esigenza di conservare i filmati di quanto effettuato nelle prime trasmissioni televisive negli anni '50 e '60.
In America, a causa dei diversi fusi orari era piuttosto impellente il bisogno di trovare un sistema che potesse mandare in onda la stessa trasmissione, programma o notizie in momenti diversi della giornata. Il primo metodo adottato fu quello di riprendere, con una cinepresa che girava con una cadenza di ripresa adatta a leggere il tempo di scansione del cinescopio, il segnale televisivo su un monitor. Naturalmente, la qualità del prodotto ottenuto in questo modo non era pienamente soddisfacente e nel contempo i tempi morti tra ripresa, sviluppo e stampa della pellicola e la possibilità di utilizzazione dei prodotti potevano costituire un inconveniente. In seguito, si arrivò alla registrazione del segnale video e audio su nastro magnetico, ma per alcuni anni si utilizzò il vidigrafo, una trovata pratica che serviva a trasferire l'immagine elettronica su pellicola.
Più tardi, in ambiente pubblicitario e cinematografico si utilizzo il termine "Transcriber". Di fatto, il vidigrafo ed il transcriber erano costituiti da un insieme di strumenti che permettevano di trasportare sulla pellicola cinematografica le riprese televisive, prima che arrivassero sul mercato i primi registratori video magnetici Ampex.
Semplificando, potremmo dire che si trattava di un monitor di ottima definizione e contrasto (il migliore che si riusciva a reperire sul mercato dei primi anni '50 e '60) davanti al quale si posizionava una cinepresa da 16mm o 35mm per filmare il contenuto della ripresa televisiva.
Per non far sfarfallare l'immagine filmata, poiché il monitor in Europa ha una frequenza di 50 semi-quadri al secondo, il motore della cinepresa veniva fatto girare a 25 fotogrammi al secondo. Nei primi anni '60 si utilizzavano monitor speciali in bianco e nero con i fosfori ad alta persistenza per ovviare ad una non perfetta sincronizzazione tra monitor e motore della cinepresa. In seguito, arrivarono dei vidigrafi più evoluti in cui la cinepresa era sincronizzata al monitor, cosa che rese non più necessari i fosfori speciali e permise di utilizzare anche i monitor a colori per questo tipo di riproduzioni.
L'audio veniva ripreso separatamente dall'immagine per mezzo di magnetofoni che spesso erano accoppiati semplicemente ad un altoparlante e ad un microfono. Poi, si sincronizzava il tutto con un ciack utilizzando un registratore Perfectone per magnetico perforato, o altri sistemi, mantenendo audio e video separati. Scelta che talvolta ha reso più difficile il ritrovamento del materiale archiviato dalla Tv di Stato.
L'audio che spesso riguardava telecronache di eventi sportivi difficilmente risultava fuori sync, proprio perché era relativo ad un commento esterno a ciò che accadeva direttamente sulla scena ripresa. In quei casi, anche un fuori sync di un secondo non sarebbe stato un grosso problema. Molto dipendeva dalla natura degli avvenimenti che si riprendevano in diretta in esterni.
L'incontro di pugilato tra Duilio Loi e Seraphin Ferrer, avvenuto al Palazzo dello Sport di Milano il 26 novembre 1955, fu la prima telecronaca sportiva trasmessa in differita dalla Rai. Fu girata in pellicola, audio e video non erano in sync, i commenti del giornalista Carlo Bacarelli erano inseriti tra un round e l'altro; inoltre era abbastanza delicato utilizzare l'audio ambiente non sincronizzato perché non si sarebbe certamente potuto vedere cadere a terra un pugile prima di sentire il colpo del pugno.
L'incontro di pugilato tra Duilio Loi e Seraphin Ferrer, avvenuto al Palazzo dello Sport di Milano il 26 novembre 1955, fu la prima telecronaca sportiva trasmessa in differita dalla Rai. Fu girata in pellicola, audio e video non erano in sync, i commenti del giornalista Carlo Bacarelli erano inseriti tra un round e l'altro; inoltre era abbastanza delicato utilizzare l'audio ambiente non sincronizzato perché non si sarebbe certamente potuto vedere cadere a terra un pugile prima di sentire il colpo del pugno.
Il termine "Transcriber" è più moderno ed in genere si riferisce ai vidigrafi degli anni '90 in cui l'esposizione della pellicola avveniva per mezzo di un laser. Ricordiamo che per un periodo di tempo abbastanza lungo i film e le pubblicità più importanti venivano girate su pellicole da 35mm; dopo di che per inserire degli effetti speciali di post-produzione elettronica, il filmato veniva telecinemato e si ricorreva all'utilizzo del computer per elaborare blue-matte, grafiche aggiuntive o quanto si voleva mostrare al pubblico. Poi, si ritornava ancora una volta sulla pellicola grazie ai vidigrafi di ultima generazione che ricostruivano l'immagine fotogramma per fotogramma per mezzo di un fascio di luce laser. Questa operazione richiedeva del tempo nell'ordine di decine di secondi. Attualmente, queste macchine vengono ancora utilizzate per il restauro dei film. La Cineteca di Bologna, per esempio, utilizza un Transcriber per effettuare il restauro dei propri film e di quelli sui quali lavora, per togliere difetti, macchie, puntini e soprattutto per ricostruire i fotogrammi mancanti.
La TTV o la Blue Gold a Milano, fino a circa una ventina d'anni fa, avevano macchine di questo tipo prodotte dalla Quantel.
Nel 1982/83 uno dei primi Transcriber italiani è stato installato da Felice Quacqarella insieme a Renato Cepparo e all'Arte e Video di Cologno Monzese, ma adesso ascoltiamo Giorgio Bertone che ci racconterà con le sue parole che cos'è un vidigrafo. TG
Tony Graffio: Che cos'è il vidigrafo?
Giorgio Bertone: Il vidigrafo consisteva in un monitor che riceveva un segnale elettronico da una macchina RVM da due pollici e da una cinepresa da 16mm, o anche da 35mm, che riprendeva l'immagine sul monitor per trasferirla su pellicola.
TG: Scusami, ma quando non esistevano ancora i registratori Ampex da due pollici questa operazione non avveniva in diretta?
GB: Non so dirtelo con precisione perché io non c'ero negli anni '50 e '60 e non so che cosa succedeva; io sono entrato in Rai nel 1978. So che il vidigrafo è stato pensato proprio per convertire il segnale elettronico su pellicola, probabilmente si utilizzava anche quando non esisteva l'Ampex.
TG: Effettivamente, il vidigrafo è nato proprio dall'esigenza di conservare una copia di ciò che veniva mandato in onda in diretta tv. Quello che si produceva negli studi con le telecamere veniva ripreso con una cinepresa 35mm da un monitor per ottenere una copia che poteva essere visionata e ascoltata in caso si fossero presentati problemi legali di qualche tipo. Dopo si pensò di utilizzare il vidigrafo anche per poter rivedere commedie e altre produzioni televisive di un certo impegno, ma non sempre si faceva questo passaggio perché era un'operazione costosa. Tra le tante che adesso ci possono sembrare strane, mi hanno detto che esistevano anche delle cineprese particolari che mandavano il segnale ad una specie di mixer che faceva partire e fermare la pellicola, sono state usate raramente, erano prodotte dalla Arri e si chiamavano Electronic Cam.
GB: Non le conosco, non le ho mai viste.
TG: Va bene, so a chi rivolgermi per farmi raccontare questa storia, ma andiamo avanti e continuiamo a parlare del vidigrafo.
GB: C'era la cinepresa che riprendeva dal tubo catodico di un monitor, mentre per l'audio si utilizzava un magnetofono con nastro da 1/4 di pollice. Poi, si andava in sincronizzazione dove l'audio veniva riversato sulla colonna audio della pellicola da 16mm, o da 35mm, passando dal magnetico perforato, come se fosse un telecinema.
TG: Come ci si comportava con la ripresa audio?
GB: C'era un collegamento esterno, che accoppiava un altoparlante ad un microfono ed il segnale audio che usciva veniva catturato in maniera anche un po' fortunosa con un magnetofono. Non è raro che talvolta la pista audio andasse smarrita, proprio perché era separata dalla ripresa cinematografica. Infatti, da noi in cineteca ci sono le pellicole, ma le relative bobine audio non si trovano più.
TG: Il vidigrafo per quanto tempo è stato utilizzato?
GB: Dagli anni '50, fino al 1981/82. Credo che il vidigrafo sia stato smantellato nel 1983, qui a Milano.
TG: Possiamo dire qualcos'altro sul vidigrafo?
GB: Possiamo dire che ovviamente c'era bisogno della camera oscura per caricare gli chassis delle cineprese, le pellicole erano esclusivamente in bianco e nero perché il due pollici mandava delle registrazioni in bianco e nero. Quando sono arrivati i registratori da un pollice il vidigrafo è stato smantellato, anche perché la Moviola di Heron Vitaletti alla Domenica Sportiva, all'inizio era una moviola cinematografica che poi è stata dismessa per utilizzare i registratori da un pollice, tipo l'Ampex VPR 2B che davano la possibilità di rivedere le immagini, rallentare le sequenze registrate, accelerarle e fare ciò che si voleva fare. Veniva così meno la necessità di utilizzare i contributi filmati in pellicola. Fintanto che si utilizzava la moviola cinematografica, le immagini filmate che arrivavano dalle altre sedi della Rai erano spedite tramite ponti radio, perciò restava l'esigenza di vidigrafare quelle sequenze per riportarle in pellicola e poterle inserire nella moviola cinematografica.
TG: Pazzesco e non doveva essere facile fare tutte queste lavorazioni in poco tempo.
GB: So che il mago del vidigrafo era un certo Crippa...
TG: A parte per la qualità, c'era anche un altro modo per distinguere le riprese fatte da vidigrafo?
GB: Nei primi vidigrafi c'era un difetto abbastanza evidente. Si vedeva il pennello elettronico che scorreva sullo schermo perché la riproduzione non era sincronizzata. In seguito, sono stati progettati dei vidigrafi più evoluti in cui la cinepresa veniva sincronizzata con il monitor.
In Rai il vidigrafo esiste ancora adesso e sta diventando una lavorazione sempre più importante, in realtà solo il nome è stato conservato*, anche se non ha più niente a che vedere con le cineprese o la pellicola, ma con la gestione dei file.
Nota* di TG
Attualmente, da quando il nastro magnetico è stato dismesso come supporto per la veicolazione del segnale audio e video, lo storico reparto RVM (un tempo Ampex) è in fase di totale ristrutturazione con i videoserver che stanno prendendo sempre più piede e diventano essenziali sia per l'immagazzinamento dei file che per la loro gestione.
Il Vidigrafo rispetta l'antica terminologia Rai ed è un po' misterioso capire bene per quale motivo sia riuscito ad arrivare fino a noi considerando il fatto che i giovani tecnici che operano su macchine EVS non sanno cosa fosse esattamente un vidigrafo.
EVS è un marchio di una macchina che esiste nel mondo broadcast da circa 25 anni e al pari di Ampex è stato preso come sinonimo di un certo tipo di lavorazione che ormai è diventata fondamentale per le moderne televisioni di tutto il mondo. Si tratta di un video server multicanale (generalmente suddiviso in 12 canali) per l'acquisizione digitale dei dati; codifica e gestisce i file video e audio in multiformato, ma fa anche altro. Con l'EVS si possono fare montaggi, mandare in onda trasmissioni in differita ed eventualmente intervenire con una forma di censura che non viene notata su trasmissioni in diretta riproposte a distanza di poco tempo (censura che attuano già molti broadcaster di paesi dove vigono restrizioni nella libertà degli individui o che seguono leggi religiose).
Il problema delle televisioni di tutto il mondo è sempre stato quello dell'archiviazione e della conservazione dei propri filmati. Con il trascorrere del tempo, la continua registrazione e messa in onda di nuovi servizi e trasmissioni faceva accumulare nei magazzini i supporti su nastro magnetico che occupavano moltissimo spazio e rischiavano di andare perduti o di deteriorarsi, per il continuo passaggio da un formato ad un altro e una conservazione non accurata.
I video server sono diventati molto affidabili e stabili, al punto di permettere una completa digitalizzazione di tutto il materiale che viene prodotto e utilizzato ai nostri giorni.
Il reparto RVM (registrazione video magnetica) in Rai conserva ancora questo nome, ma è probabile che in un futuro imminente potrà modificarsi in Media Archive; Media Manager, terminologia già utilizzata da altri broadcaster (in Rai alcuni giornalisti si definiscono però Media Manager perché gestiscono l'archiviazione delle immagini filmate), oppure in Video Server. Magari, perché no, potrebbe anche prendere definitivamente il nome di Vidigrafo.
Quello che vedete non è un vidigrafo, ma un telecinema; trovare fotografie di vidigrafi originali anni '50 non è tanto semplice, ma ci proverò.
Giorgio Bertone con il nuovo scanner MWA Flashtransfer Choice della Rai.
Giorgio Bertone con il nuovo scanner MWA Flashtransfer Choice della Rai.
Tony Graffio: Che cos'è il vidigrafo?
Giorgio Bertone: Il vidigrafo consisteva in un monitor che riceveva un segnale elettronico da una macchina RVM da due pollici e da una cinepresa da 16mm, o anche da 35mm, che riprendeva l'immagine sul monitor per trasferirla su pellicola.
TG: Scusami, ma quando non esistevano ancora i registratori Ampex da due pollici questa operazione non avveniva in diretta?
GB: Non so dirtelo con precisione perché io non c'ero negli anni '50 e '60 e non so che cosa succedeva; io sono entrato in Rai nel 1978. So che il vidigrafo è stato pensato proprio per convertire il segnale elettronico su pellicola, probabilmente si utilizzava anche quando non esisteva l'Ampex.
TG: Effettivamente, il vidigrafo è nato proprio dall'esigenza di conservare una copia di ciò che veniva mandato in onda in diretta tv. Quello che si produceva negli studi con le telecamere veniva ripreso con una cinepresa 35mm da un monitor per ottenere una copia che poteva essere visionata e ascoltata in caso si fossero presentati problemi legali di qualche tipo. Dopo si pensò di utilizzare il vidigrafo anche per poter rivedere commedie e altre produzioni televisive di un certo impegno, ma non sempre si faceva questo passaggio perché era un'operazione costosa. Tra le tante che adesso ci possono sembrare strane, mi hanno detto che esistevano anche delle cineprese particolari che mandavano il segnale ad una specie di mixer che faceva partire e fermare la pellicola, sono state usate raramente, erano prodotte dalla Arri e si chiamavano Electronic Cam.
GB: Non le conosco, non le ho mai viste.
TG: Va bene, so a chi rivolgermi per farmi raccontare questa storia, ma andiamo avanti e continuiamo a parlare del vidigrafo.
GB: C'era la cinepresa che riprendeva dal tubo catodico di un monitor, mentre per l'audio si utilizzava un magnetofono con nastro da 1/4 di pollice. Poi, si andava in sincronizzazione dove l'audio veniva riversato sulla colonna audio della pellicola da 16mm, o da 35mm, passando dal magnetico perforato, come se fosse un telecinema.
TG: Come ci si comportava con la ripresa audio?
GB: C'era un collegamento esterno, che accoppiava un altoparlante ad un microfono ed il segnale audio che usciva veniva catturato in maniera anche un po' fortunosa con un magnetofono. Non è raro che talvolta la pista audio andasse smarrita, proprio perché era separata dalla ripresa cinematografica. Infatti, da noi in cineteca ci sono le pellicole, ma le relative bobine audio non si trovano più.
TG: Il vidigrafo per quanto tempo è stato utilizzato?
GB: Dagli anni '50, fino al 1981/82. Credo che il vidigrafo sia stato smantellato nel 1983, qui a Milano.
TG: Possiamo dire qualcos'altro sul vidigrafo?
GB: Possiamo dire che ovviamente c'era bisogno della camera oscura per caricare gli chassis delle cineprese, le pellicole erano esclusivamente in bianco e nero perché il due pollici mandava delle registrazioni in bianco e nero. Quando sono arrivati i registratori da un pollice il vidigrafo è stato smantellato, anche perché la Moviola di Heron Vitaletti alla Domenica Sportiva, all'inizio era una moviola cinematografica che poi è stata dismessa per utilizzare i registratori da un pollice, tipo l'Ampex VPR 2B che davano la possibilità di rivedere le immagini, rallentare le sequenze registrate, accelerarle e fare ciò che si voleva fare. Veniva così meno la necessità di utilizzare i contributi filmati in pellicola. Fintanto che si utilizzava la moviola cinematografica, le immagini filmate che arrivavano dalle altre sedi della Rai erano spedite tramite ponti radio, perciò restava l'esigenza di vidigrafare quelle sequenze per riportarle in pellicola e poterle inserire nella moviola cinematografica.
TG: Pazzesco e non doveva essere facile fare tutte queste lavorazioni in poco tempo.
GB: So che il mago del vidigrafo era un certo Crippa...
TG: A parte per la qualità, c'era anche un altro modo per distinguere le riprese fatte da vidigrafo?
GB: Nei primi vidigrafi c'era un difetto abbastanza evidente. Si vedeva il pennello elettronico che scorreva sullo schermo perché la riproduzione non era sincronizzata. In seguito, sono stati progettati dei vidigrafi più evoluti in cui la cinepresa veniva sincronizzata con il monitor.
In Rai il vidigrafo esiste ancora adesso e sta diventando una lavorazione sempre più importante, in realtà solo il nome è stato conservato*, anche se non ha più niente a che vedere con le cineprese o la pellicola, ma con la gestione dei file.
Nota* di TG
Attualmente, da quando il nastro magnetico è stato dismesso come supporto per la veicolazione del segnale audio e video, lo storico reparto RVM (un tempo Ampex) è in fase di totale ristrutturazione con i videoserver che stanno prendendo sempre più piede e diventano essenziali sia per l'immagazzinamento dei file che per la loro gestione.
Il Vidigrafo rispetta l'antica terminologia Rai ed è un po' misterioso capire bene per quale motivo sia riuscito ad arrivare fino a noi considerando il fatto che i giovani tecnici che operano su macchine EVS non sanno cosa fosse esattamente un vidigrafo.
EVS è un marchio di una macchina che esiste nel mondo broadcast da circa 25 anni e al pari di Ampex è stato preso come sinonimo di un certo tipo di lavorazione che ormai è diventata fondamentale per le moderne televisioni di tutto il mondo. Si tratta di un video server multicanale (generalmente suddiviso in 12 canali) per l'acquisizione digitale dei dati; codifica e gestisce i file video e audio in multiformato, ma fa anche altro. Con l'EVS si possono fare montaggi, mandare in onda trasmissioni in differita ed eventualmente intervenire con una forma di censura che non viene notata su trasmissioni in diretta riproposte a distanza di poco tempo (censura che attuano già molti broadcaster di paesi dove vigono restrizioni nella libertà degli individui o che seguono leggi religiose).
Il problema delle televisioni di tutto il mondo è sempre stato quello dell'archiviazione e della conservazione dei propri filmati. Con il trascorrere del tempo, la continua registrazione e messa in onda di nuovi servizi e trasmissioni faceva accumulare nei magazzini i supporti su nastro magnetico che occupavano moltissimo spazio e rischiavano di andare perduti o di deteriorarsi, per il continuo passaggio da un formato ad un altro e una conservazione non accurata.
I video server sono diventati molto affidabili e stabili, al punto di permettere una completa digitalizzazione di tutto il materiale che viene prodotto e utilizzato ai nostri giorni.
Il reparto RVM (registrazione video magnetica) in Rai conserva ancora questo nome, ma è probabile che in un futuro imminente potrà modificarsi in Media Archive; Media Manager, terminologia già utilizzata da altri broadcaster (in Rai alcuni giornalisti si definiscono però Media Manager perché gestiscono l'archiviazione delle immagini filmate), oppure in Video Server. Magari, perché no, potrebbe anche prendere definitivamente il nome di Vidigrafo.
Il comando remoto dell'EVS della Rai
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