"Non dire mai che i sogni sono inutili, perché inutile è la vita di chi non sa sognare."
(Jim Morrison)
(Jim Morrison)
Andrea e Dietmar alle prese con la costruzione del forno di bottiglie.
Tony Graffio: Ciao Andrea, noi ci siamo conosciuti 3 anni fa quando tu e Carlotta viaggiavate su un van nero che era al tempo stesso un mezzo di trasporto, una camera obscura e un laboratorio per fare fotografie monotipe autopositive nelle piazze d'Italia e di Francia...
Andrea Scarzello: Il Vitographic, purtroppo ha avuto vita breve a causa di alcuni imprevisti burocratici che ci hanno privato del nostro bellissimo van, così ci siamo dati ad altri progetti creativi.
TG: Tu, tra l'altro sei un maestro stampatore che ha realizzato gran parte delle fotografie presentate dai giovani di talento del Gruppo HAR durante il Phototrace Festival 2017 di Cuneo.
AS: Sì, molti di loro si sono affidati a me perché ci conosciamo da tempo, so quello che vogliono e loro si fidano del mio modo di lavorare; il più delle volte prepariamo insieme i file da stampare.
TG: Oggi invece che cosa ci proponi? Qual'è il tuo progetto impossibile?
AS: Oggi sto preparando la fotografia a 1000°Celsius.
TG: Di cosa si tratta e come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?
AS: Ho voluto provare a realizzare la fotoceramica cotta in un forno autocostruito di bottiglie da birra di 33 cc. Già in altre occasioni ho preparato forni con bottiglie da vino; si tratta di forni che si costruiscono per rendere più spettacolare la cottura delle ceramiche durante sagre di paese e festival della ceramica. L'effetto che si ottiene è magico perché attraverso il vetro delle bottiglie si vede il fuoco che ondeggia all'interno del forno. L'idea di associare la fotoceramica ad un forno di bottiglie mi è venuta perché smontando il forno dopo l'uso (è monouso perché il vetro delle bottiglie si scioglie e si creano delle discontinuità nelle pareti del forno) mi sono accorto che le etichette delle bottiglie rimanevano impresse sulla terra che utilizziamo per tenere insieme le bottiglie. Al che, ci siamo chiesti se saremmo stati capaci di imprimere qualcosa di diverso da un'etichetta su una nostra ceramica. Abbiamo pensato, ovviamente, alla fotografia.
TG: Hai fatto delle ricerche in questa direzione e che cosa hai scoperto?
AS: Ho scoperto che con una tecnica di stampa molto semplice come la gomma bicromatata, in cui si utilizzano pigmenti di colore, avremmo potuto conseguire dei buoni risultati utilizzando pigmenti ceramici per avere un'immagine fotografica fissata sulla ceramica cotta.
TG: L'idea del forno di bottiglie invece da dove arriva?
AS: Terry Davies, un noto ceramista inglese, per primo ha pensato a questo tipo di forno che in qualche modo si rifà ai forni ceramici dei paesi più poveri dove vengono utilizzati materiali di recupero. Terry Davies ha studiato una soluzione che esteticamente fosse convincente e di forte impatto sul pubblico chiamato a partecipare a certi eventi. Io ho conosciuto il suo forno da alcuni servizi presentati su internet, me ne sono innamorato ed ho deciso anch'io di sperimentare in questa direzione. Ho costruito il mio primo forno, dopo di che ho iniziato un pochino a differenziarmi da Davies e aggiungere qualcosa in più, per non essere soltanto un suo emulatore. Adesso sono abbastanza soddisfatto del mio progetto, perché anche scenograficamente si presenta molto bene e quando raggiunge i 1000 gradi diventa molto luminoso. E' uno spettacolo imperdibile, non ci sono altri forni a legna altrettanto belli.
TG: In che anni è comparso il primo forno di bottiglie?
AS: Quello di Terry Davies nasce nel 2010, noi abbiamo iniziato le prime sperimentazioni nel 2014, realizzando il primo forno nell'estate del 2015. Prima abbiamo provato a casa nostra, dopo ho preparato un forno a Beinette, dove abitavamo prima di trasferirci qui, nella fiera di paese. L'ho proposto agli organizzatori solo per provarlo in pubblico; loro hanno accettato; lo spettacolo è piaciuto molto e da lì siamo riusciti a proporlo anche a Mondovì, dove si svolge un'importante fiera della ceramica. Poi, abbiamo continuato; quest'anno ci hanno richiamato a Mondovì e ogni anno cambiamo, tentando di introdurre ogni volta qualcosa di nuovo, per renderlo quasi più una forma di teatro che una performance di ceramica.
TG: A cosa serve questo grande finestrone?
AS: Da lì togliamo i pezzi, una volta cotti. I pezzi vengono estratti mentre nel forno ci sono 1000° C.
TG: Il forno è monouso?
AS: Sì, è consigliabile utilizzarlo solo una volta, ma chi vuole provare a riutilizzarlo può farlo a suo rischio e pericolo.
TG: Che cosa può succedere di pericoloso?
AS: Può rompersi una bottiglia e se accade al collo all'interno del forno e la fiamma entra nella bottiglia questa può esplodere e sparare pezzi di vetro all'esterno con il rischio di colpire in faccia il pubblico o chi è nei dintorni.
TG: Ah caspita, mica simpatico...
AS: Sì, non è una cosa piacevole... Soprattutto in una manifestazione col pubblico, è meglio evitare che succedano certe cose.
TG: Ho capito. Andrea, anch'io vorrei provare a fare il mio forno in questo modo, puoi darmi qualche dritta per ottenere buoni risultati?
AS: Bisogna utilizzare materiali di tipo industriale, gli stessi che vengono utilizzati per costruire i forni per fare il pane, in modo da spendere meno. Costruire un forno usa e getta con l'argilla che si utilizza per la ceramica verrebbe a costare troppo. I materiali industriali per l'uso che se ne fa una sola volta reggono bene. Ti consiglierei di fare una base di un quarto di sacchetto di cemento refrattario, un quarto di terra refrattaria, un quarto di malta refrattaria, mezzo secchio di sabbia, dipende dalle misure del secchio... Acqua; cemento normale per fare asciugare un po' velocemente l'impasto e basta, il tutto amalgamato bene tiene i nostri 1000° C. Tutto questo è importante, ma ciò che isola veramente è il vetro; la terra tiene tutto insieme e basta. Ovviamente, tutto è refrattario perché il cemento puro scoppierebbe e creerebbe dei problemi.
TG: In questo forno si può cuocere solo la ceramica o funzionerebbe bene anche per il raku ed il gres?
AS: Raku e gres fanno sempre parte della ceramica. In questo forno si possono cuocere solo terre refrattarie, quindi non puoi cuocerci le maioliche o le terre non refrattarie perché la temperatura scende molto dai mille gradi. Il raku va bene, ma il gres non risulterà mai molto resistente, proprio perché il raffreddamento del forno è troppo veloce. Far subire al gres uno shock termico fa di questo materiale un cattivo gres.
TG: Quanti forni di bottiglie hai realizzato fino ad adesso?
AS: Questo è il sesto.
TG: Hanno tutti funzionato bene?
AS: Fino ad ora sì, anche se a Mondovì abbiamo dovuto tenere la temperatura un poco più bassa per la richiesta di non produrre troppo fumo in piazza...
TG: Nonostante tu qui abbia tre forni pazzeschi a gas, per spettacolarizzare la serata di domani in cui ci sarà una fantastica festa con tutte le persone più pazze di Cuneo hai deciso di costruire un ennesimo forno di bottiglie?
AS: Sì, ma questo è un altra cosa, è un gioco. Un divertimento che niente ha a che vedere con la ceramica tradizionale. Questo è più spettacolo che ceramica, anche perché il forno non riesce a contenere troppi lavori. E' una costruzione più da muratore che da ceramista. E' un po' come impilare un mattone sopra l'altro...
TG: Allora è più divertente costruirlo o farlo funzionare?
AS: Sicuramente, la costruzione dà parecchia soddisfazione, anche se è un lavoro piuttosto impegnativo; è bello portarlo in temperatura, ma anche smontarlo, perché ogni volta che lo si smonta si trovano bottiglie con il collo fuso in maniera diversa che diventano delle vere sculture di vetro. Ogni volta, quello che succede è una sorpresa.
TG: Le bottiglie fuse verranno messe all'asta o verranno regalate agli amici?
AS: Sicuramente, resteranno qua per un po' di tempo, perché non smonterò il forno subito. Normalmente, sì chiediamo un'offerta per ogni bottiglia in modo che chi le voglia portare a casa abbia un souvenir della serata. Si fondono in modo diverso a seconda della temperatura che si raggiunge nel forno.
TG: Quanto costa fare qualcosa del genere, ovviamente, escludendo la mano d'opera?
AS: Escludendo il mio lavoro e anche le bottiglie di riciclo, qui siamo intorno ai 300-400 euro, ma tieni presente che sto utilizzando mattoni refrattari già utilizzati precedentemente.
TG: Che diametro ha questo forno?
AS: Circa 130 centimetri.
TG: Cosa possiamo dire in più sulle immagini che vuoi ottenere con la tecnica della gomma bicromatata stesa su ceramica?
AS: Le immagini che andremo a cuocere saranno diverse dalle solite fotoceramiche, perché sono cotte. Io le gomme avrei potuto stenderle sulle ceramiche senza cuocerle. Cuocendole invece io andrò ad aggiungere un velo di cristallina che mi farà ottenere delle immagini lucide come le piastrelle del bagno di casa. Per questo utilizzo un pigmento ceramico e non un pigmento qualunque.
TG: Credi che nel tempo siano andate perdute tecniche di fotoceramica o assimilabili a queste?
AS: Credo di no. La fotoceramica di un tempo era il collodio. Bastava sollevarlo dal suo supporto e trasferirlo su ceramica, però non andava in cottura. Forse non hanno mai pensato di fare qualcosa così, anche perché il risultato che si ottiene non è particolarmente preciso, né un'immagine definita e nitida, proprio perché la ceramica è una terra refrattaria molto porosa e ruvida. Si otterrà una fotografia che per qualche verso ricorderà la prima fotografia di Nièpce, però si tratterà sempre di un'immagine ottenuta dall'esposizione alla luce, cotta poi dentro un forno. Tecnicamente, oggi si potrebbe aggirare tutte queste complicazioni utilizzando una stampante a sublimazione alla quale aggiungere pigmenti ceramici, altrimenti diversi tipi di pigmenti, una volta nel forno brucerebbero e andrebbero via in fumo.
TG: Secondo te, si potrebbe fare la gumprint su fotoceramica?
AS: Probabilmente sì, essendo anche questa una tecnica in cui si utilizzano pigmenti che poi vanno trasferiti da un supporto ad un altro. Probabilmente, trovando il pigmento giusto da utilizzare le tue gumprint potrebbero essere fatte anche al forno.
TG: Ci proviamo?
AS: Sì, certo, mi hai incuriosito e ci proveremo.
Andrea Scarzello: Il Vitographic, purtroppo ha avuto vita breve a causa di alcuni imprevisti burocratici che ci hanno privato del nostro bellissimo van, così ci siamo dati ad altri progetti creativi.
TG: Tu, tra l'altro sei un maestro stampatore che ha realizzato gran parte delle fotografie presentate dai giovani di talento del Gruppo HAR durante il Phototrace Festival 2017 di Cuneo.
AS: Sì, molti di loro si sono affidati a me perché ci conosciamo da tempo, so quello che vogliono e loro si fidano del mio modo di lavorare; il più delle volte prepariamo insieme i file da stampare.
TG: Oggi invece che cosa ci proponi? Qual'è il tuo progetto impossibile?
AS: Oggi sto preparando la fotografia a 1000°Celsius.
TG: Di cosa si tratta e come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?
AS: Ho voluto provare a realizzare la fotoceramica cotta in un forno autocostruito di bottiglie da birra di 33 cc. Già in altre occasioni ho preparato forni con bottiglie da vino; si tratta di forni che si costruiscono per rendere più spettacolare la cottura delle ceramiche durante sagre di paese e festival della ceramica. L'effetto che si ottiene è magico perché attraverso il vetro delle bottiglie si vede il fuoco che ondeggia all'interno del forno. L'idea di associare la fotoceramica ad un forno di bottiglie mi è venuta perché smontando il forno dopo l'uso (è monouso perché il vetro delle bottiglie si scioglie e si creano delle discontinuità nelle pareti del forno) mi sono accorto che le etichette delle bottiglie rimanevano impresse sulla terra che utilizziamo per tenere insieme le bottiglie. Al che, ci siamo chiesti se saremmo stati capaci di imprimere qualcosa di diverso da un'etichetta su una nostra ceramica. Abbiamo pensato, ovviamente, alla fotografia.
TG: Hai fatto delle ricerche in questa direzione e che cosa hai scoperto?
AS: Ho scoperto che con una tecnica di stampa molto semplice come la gomma bicromatata, in cui si utilizzano pigmenti di colore, avremmo potuto conseguire dei buoni risultati utilizzando pigmenti ceramici per avere un'immagine fotografica fissata sulla ceramica cotta.
TG: L'idea del forno di bottiglie invece da dove arriva?
AS: Terry Davies, un noto ceramista inglese, per primo ha pensato a questo tipo di forno che in qualche modo si rifà ai forni ceramici dei paesi più poveri dove vengono utilizzati materiali di recupero. Terry Davies ha studiato una soluzione che esteticamente fosse convincente e di forte impatto sul pubblico chiamato a partecipare a certi eventi. Io ho conosciuto il suo forno da alcuni servizi presentati su internet, me ne sono innamorato ed ho deciso anch'io di sperimentare in questa direzione. Ho costruito il mio primo forno, dopo di che ho iniziato un pochino a differenziarmi da Davies e aggiungere qualcosa in più, per non essere soltanto un suo emulatore. Adesso sono abbastanza soddisfatto del mio progetto, perché anche scenograficamente si presenta molto bene e quando raggiunge i 1000 gradi diventa molto luminoso. E' uno spettacolo imperdibile, non ci sono altri forni a legna altrettanto belli.
TG: In che anni è comparso il primo forno di bottiglie?
AS: Quello di Terry Davies nasce nel 2010, noi abbiamo iniziato le prime sperimentazioni nel 2014, realizzando il primo forno nell'estate del 2015. Prima abbiamo provato a casa nostra, dopo ho preparato un forno a Beinette, dove abitavamo prima di trasferirci qui, nella fiera di paese. L'ho proposto agli organizzatori solo per provarlo in pubblico; loro hanno accettato; lo spettacolo è piaciuto molto e da lì siamo riusciti a proporlo anche a Mondovì, dove si svolge un'importante fiera della ceramica. Poi, abbiamo continuato; quest'anno ci hanno richiamato a Mondovì e ogni anno cambiamo, tentando di introdurre ogni volta qualcosa di nuovo, per renderlo quasi più una forma di teatro che una performance di ceramica.
Andrea Scarzello rifinisce il finestrone che servirà ad estrarre le ceramiche e le piastrelle di fotoceramica.
TG: A cosa serve questo grande finestrone?
AS: Da lì togliamo i pezzi, una volta cotti. I pezzi vengono estratti mentre nel forno ci sono 1000° C.
TG: Il forno è monouso?
AS: Sì, è consigliabile utilizzarlo solo una volta, ma chi vuole provare a riutilizzarlo può farlo a suo rischio e pericolo.
TG: Che cosa può succedere di pericoloso?
AS: Può rompersi una bottiglia e se accade al collo all'interno del forno e la fiamma entra nella bottiglia questa può esplodere e sparare pezzi di vetro all'esterno con il rischio di colpire in faccia il pubblico o chi è nei dintorni.
TG: Ah caspita, mica simpatico...
AS: Sì, non è una cosa piacevole... Soprattutto in una manifestazione col pubblico, è meglio evitare che succedano certe cose.
Le bottiglie intorno al fuoco...
TG: Ho capito. Andrea, anch'io vorrei provare a fare il mio forno in questo modo, puoi darmi qualche dritta per ottenere buoni risultati?
AS: Bisogna utilizzare materiali di tipo industriale, gli stessi che vengono utilizzati per costruire i forni per fare il pane, in modo da spendere meno. Costruire un forno usa e getta con l'argilla che si utilizza per la ceramica verrebbe a costare troppo. I materiali industriali per l'uso che se ne fa una sola volta reggono bene. Ti consiglierei di fare una base di un quarto di sacchetto di cemento refrattario, un quarto di terra refrattaria, un quarto di malta refrattaria, mezzo secchio di sabbia, dipende dalle misure del secchio... Acqua; cemento normale per fare asciugare un po' velocemente l'impasto e basta, il tutto amalgamato bene tiene i nostri 1000° C. Tutto questo è importante, ma ciò che isola veramente è il vetro; la terra tiene tutto insieme e basta. Ovviamente, tutto è refrattario perché il cemento puro scoppierebbe e creerebbe dei problemi.
TG: In questo forno si può cuocere solo la ceramica o funzionerebbe bene anche per il raku ed il gres?
AS: Raku e gres fanno sempre parte della ceramica. In questo forno si possono cuocere solo terre refrattarie, quindi non puoi cuocerci le maioliche o le terre non refrattarie perché la temperatura scende molto dai mille gradi. Il raku va bene, ma il gres non risulterà mai molto resistente, proprio perché il raffreddamento del forno è troppo veloce. Far subire al gres uno shock termico fa di questo materiale un cattivo gres.
TG: Quanti forni di bottiglie hai realizzato fino ad adesso?
AS: Questo è il sesto.
TG: Hanno tutti funzionato bene?
AS: Fino ad ora sì, anche se a Mondovì abbiamo dovuto tenere la temperatura un poco più bassa per la richiesta di non produrre troppo fumo in piazza...
TG: Nonostante tu qui abbia tre forni pazzeschi a gas, per spettacolarizzare la serata di domani in cui ci sarà una fantastica festa con tutte le persone più pazze di Cuneo hai deciso di costruire un ennesimo forno di bottiglie?
AS: Sì, ma questo è un altra cosa, è un gioco. Un divertimento che niente ha a che vedere con la ceramica tradizionale. Questo è più spettacolo che ceramica, anche perché il forno non riesce a contenere troppi lavori. E' una costruzione più da muratore che da ceramista. E' un po' come impilare un mattone sopra l'altro...
TG: Allora è più divertente costruirlo o farlo funzionare?
AS: Sicuramente, la costruzione dà parecchia soddisfazione, anche se è un lavoro piuttosto impegnativo; è bello portarlo in temperatura, ma anche smontarlo, perché ogni volta che lo si smonta si trovano bottiglie con il collo fuso in maniera diversa che diventano delle vere sculture di vetro. Ogni volta, quello che succede è una sorpresa.
TG: Le bottiglie fuse verranno messe all'asta o verranno regalate agli amici?
AS: Sicuramente, resteranno qua per un po' di tempo, perché non smonterò il forno subito. Normalmente, sì chiediamo un'offerta per ogni bottiglia in modo che chi le voglia portare a casa abbia un souvenir della serata. Si fondono in modo diverso a seconda della temperatura che si raggiunge nel forno.
TG: Quanto costa fare qualcosa del genere, ovviamente, escludendo la mano d'opera?
AS: Escludendo il mio lavoro e anche le bottiglie di riciclo, qui siamo intorno ai 300-400 euro, ma tieni presente che sto utilizzando mattoni refrattari già utilizzati precedentemente.
Il Forno che Skotta in piena attività.
TG: Che diametro ha questo forno?
AS: Circa 130 centimetri.
TG: Cosa possiamo dire in più sulle immagini che vuoi ottenere con la tecnica della gomma bicromatata stesa su ceramica?
AS: Le immagini che andremo a cuocere saranno diverse dalle solite fotoceramiche, perché sono cotte. Io le gomme avrei potuto stenderle sulle ceramiche senza cuocerle. Cuocendole invece io andrò ad aggiungere un velo di cristallina che mi farà ottenere delle immagini lucide come le piastrelle del bagno di casa. Per questo utilizzo un pigmento ceramico e non un pigmento qualunque.
TG: Credi che nel tempo siano andate perdute tecniche di fotoceramica o assimilabili a queste?
AS: Credo di no. La fotoceramica di un tempo era il collodio. Bastava sollevarlo dal suo supporto e trasferirlo su ceramica, però non andava in cottura. Forse non hanno mai pensato di fare qualcosa così, anche perché il risultato che si ottiene non è particolarmente preciso, né un'immagine definita e nitida, proprio perché la ceramica è una terra refrattaria molto porosa e ruvida. Si otterrà una fotografia che per qualche verso ricorderà la prima fotografia di Nièpce, però si tratterà sempre di un'immagine ottenuta dall'esposizione alla luce, cotta poi dentro un forno. Tecnicamente, oggi si potrebbe aggirare tutte queste complicazioni utilizzando una stampante a sublimazione alla quale aggiungere pigmenti ceramici, altrimenti diversi tipi di pigmenti, una volta nel forno brucerebbero e andrebbero via in fumo.
TG: Secondo te, si potrebbe fare la gumprint su fotoceramica?
AS: Probabilmente sì, essendo anche questa una tecnica in cui si utilizzano pigmenti che poi vanno trasferiti da un supporto ad un altro. Probabilmente, trovando il pigmento giusto da utilizzare le tue gumprint potrebbero essere fatte anche al forno.
TG: Ci proviamo?
AS: Sì, certo, mi hai incuriosito e ci proveremo.
Finiture speciali per il forno di Andrea, Dietmar e Carlotta
Il forno di bottiglie di birra è crollato: troppo limitato l'appoggio di malta per una costruzione così alta, l'imprevisto è sempre dietro l'angolo per lo sperimentatore. Andrea sembra averla presa bene; di fianco a lui Dietmar e Christian de La Scatola Gialla
Il forno di bottiglie il mattino dopo la grande festa al Tetto delle Rondini.
Le piastrelle sulle quali erano state impressionate le immagini fotografiche non hanno sortito l'effetto desiderato a causa del crollo del forno; sicuramente Andrea prossimamente ritenterà il suo esperimento.
Tutti i diritti sono riservati
Un’intervista bellissima, bravo Tony e complimenti ad Andrea e Carlotta!!
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