"Sei tu che inserisci il significato nell'opera che vedi." Guido Crapanzano
Il nonno materno di Crapanzano era il rappresentante per l'Italia della Cadillac, sua madre era la contessa Wanda Munaron, suo zio era Gino Munaron, il pilota gentleman degli anni '50 che corse con Maserati, Alfa Romeo, Osca, Nardi e Ferrari.
La famiglia Crapanzano è originaria della Sicilia, Mario Crapanzano ha però sempre vissuto al Nord, prima a Bologna dove s'è sposato e in seguito a Milano dove ha insegnato al Liceo Manzoni.
Nel 1943, quando iniziarono i primi bombardamenti su Milano, i Crapanzano sfollarono a Bergamo, una città che non subì danni e fu bombardata pochissimo, forse perché l'industria pesante era a Dalmine ed in altre località nei dintorni.
Certamente anche l'ambiente familiare contribuì alla sua formazione culturale; appena finita la guerra, già gli ultimi giorni dell'aprile del 1945, il padre di Crapanzano tornò a Milano e decise di aprire una Galleria d'Arte in Galleria Vittorio Emanuele II che chiamò: la Viscontea, per accedervi bisognava scendere una scala in Galleria del Corso. Il padre di Guidone però non trattava l'arte contemporanea, per lui già un artista come De Pisis era incomprensibile. Vendette questa attività commerciale nel 1952.
Guido Crapanzano fin da giovanissimo si interessava all'arte, oltre che alla musica, per questo frequentava gli ambienti in cui si incontravano gli artisti e conobbe così Enrico Baj.
L'ambiente culturale era effervescente, tutti avevano voglia di percorrere nuove strade ed era facile entrare in contatto con nuove idee e personaggi di ogni tipo, Milano era la città giusta dove vivere, studiare, lavorare e fare affari.
Tra le ragazze che negli anni '50 facevano le modelle di nudo per l'Accademia di Brera, attività che allora era ritenuta abbastanza riprovevole c'era Gigina Baj, la moglie di Enrico, che in seguito divenne socia di Guido Crapanzano quando decisero di aprire la Galleria d'Arte: Il Cortile, a Brera. Oltre a Enrico Baj, Guido Crapanzano conosceva bene Crippa, Dova, Fontana, Capogrossi ed altri; tutti si ritrovavano all'Aretusa, o al Santa Tecla, i locali maggiormente alla moda negli anni 1956, 1957, 1958. Ci si ritrovava per ascoltare musica jazz; sul palco c'erano Gianni Basso, Oscar Valdambrini, Gianni Cazzola, Mario Pezzotta, ma anche cantautori e urlatori, come Guidone quegli anni cantava con i suoi amici ed era conosciuto come uno dei primi rocker italiani.
I locali pubblici dove si suonava musica all'avanguardia erano anche i punti d'incontro di intellettuali come Indro Montanelli, Nino Nutrizio del quotidiano La Notte e alcuni scrittori, tra cui Pasolini che frequentava spesso l'Aretusa, anche perché lì o al Santa Tecla poteva incontrare Victor, un omosessuale che si concedeva a pagamento. In quei posti si ritrovava tutta l'élite di Milano, compreso Gianni Versace che da poco era arrivato a Milano e si definiva: sarto, perché la parola: "stilista" non era ancora stata utilizzata da nessuno. Anche il grande pianista Arturo Benedetti Michelangeli era appassionato di jazz e condivideva con gli altri avventori le serate all'Aretusa, dove per circa cinque mesi suonò Chet Baker che già a quei tempi era un consumatore abituale di eroina. Oscar Valdambrini e Renato Sellani suggerirono al trombettista americano di abbandonare la polvere bianca per bere il barbera, come facevano loro, ma è risaputo che le cose poi non andarono così e la morte dell'americano rimane avvolta nel mistero, anche se è stata sempre collegata proprio all'abuso di droghe.
Lucio Fontana fu determinante nel successo economico di Crapanzano perché fu quell'artista a dargli i quadri da vendere all'estero a tre importanti galleristi di Ginevra, Parigi e New York. Per l'Italia il mercante di Fontana fu Carlo Cardazzo della Galleria del Naviglio.
Guidone e Gigina Baj aprirono la loro Galleria nel 1971 in via Fiori Chiari; nei primi tempi Crapanzano si interessò alla sua attività, poi sempre meno, fino a quando decise di vendere la sua parte a Gigina, nel 1990.
Oggi Guido Crapanzano possiede opere molto importanti dell'arte contemporanea internazionale che è riuscito ad acquistare con i guadagni ottenuti dalla sua attività di gallerista.
Crapanzano mi ha anche raccontato il segreto di Lucio Fontana.
Cardazzo ogni mese dava 80'000 lire a Fontana per quattro quadri; prima di fare i tagli Fontana faceva degli strani disegni e i buchi che rappresentarono il primo passo verso l'apertura spaziale.
Fontana aveva il suo studio a Brera, poco lontano dalla Galleria di Guido Crapanzano che seppe di questa storia da Gigina Baj che essendo una donna affascinante, piena di vitalità, aveva avuto modo di essere in intimità con Lucio Fontana. Gigina e Enrico Baj avevano un rapporto molto aperto ed erano molto avanti per l'epoca. I due coniugi ebbero un buon rapporto anche dopo la loro separazione, quando Gigina si trovò un po' in difficoltà per il proprio sostentamento economico.
Il segreto che ho appreso è questo: come ogni fine mese Cardazzo si era recato da Fontana per portargli le 80'000 lire, ma lo trovò disperato. Era da una ventina di giorni che l'artista non sapeva cosa fare davanti ad una tela bianca. Disse a Cardazzo che soltanto la sera prima, colto da disperazione, si era deciso a tagliare la tela. Cardazzo stette ad ascoltare quello che aveva da dire Fontana; fu il gallerista a pensare al concetto di spazialità; così chiese a Fontana di preparargli altri tre quadri di quel tipo per il giorno dopo. L'indomani Cardazzo tornò da Fontana con 80'000 lire e se ne andò con quattro tele tagliate. Il concetto di apertura spaziale nacque perciò dalla brillante mente di un gallerista di grande intelligenza. Idea che rese Fontana un artista famoso in tutto il mondo nel giro di soli due anni, tanto è vero che anche una galleria di Ginevra che tra i suoi clienti aveva personaggi come Gianni Agnelli, è stata la prima che chiese a Crapanzano di comprare i quadri di Fontana. Crapanzano a insaputa di Cardazzo comprava quei quadri a circa 30'000.
A quei tempi Mario Crapanzano, il padre di Guido, guadagnava 50'000 al mese; mentre gli operai guadagnavano tra le 20'000 e le 30'000.
In seguito gli artisti si ritrovarono in altri due locali: il Ristorante "La parete", in via Morigi, aveva un salone sul retro con un grande tavolo dove mangiavano insieme molti pittori milanesi che esponevano sulla parete di quella sala i loro quadri che talvolta il proprietario, Pino, cercava di vendere per cercare di rifarsi per il trattamento speciale che riservava agli artisti che non sempre pagavano. Il locale era frequentato anche da Gianna Cattaneo un'altra mecenate di quei tempi.
Invece a Brera c'era Mamma Lina, una donna di buon cuore che aiutava spesso i pittori giovani che arrivavano da fuori Milano e non avevano i soldi per pagarsi da bere e da mangiare; mentre il Bar Jamaica divenne famoso un po' dopo agli inizi degli anni '60.
Alla fine degli anni '50 Guidone andava un paio di sere a settimana a suonare a casa di Enrico Baj. Un altro luogo di ritrovo della mondanità milanese era la casa di Gianna Cattaneo, situata dalle parti di Porta Vittoria, che possedeva la più grande concessionaria della Fiat in città e preparava dei pranzi meravigliosi per tutti gli artisti, una volta alla settimana. Gianna Cattaneo è stata una delle maggiori finanziatrice degli artisti italiani ed ha comprato loro molte opere.
Milano, in quegli anni, era una città molto vivibile, umana e al centro dell'attenzione mondiale.
A parte gli attori ed i registi del cinema, tra i quali c'erano personaggi importantissimi, l'ambiente culturale romano invece era un po' scadente. A Roma non c'erano locali di grande frequentazione per gli intellettuali.
Crapanzano ricorda che al Santa Tecla vennero a suonare anche i Campioni con Tony Dallara ed il loro chitarrista Lucio Battisti che all'epoca faceva parte della scuola dei cantautori genovesi, tra cui c'erano Gino Paoli, Luigi Tenco, Gian Franco Reverberi, Bruno Lauzi... Forse Leo Wachter decise di portare i Beatles proprio a Genova perché sapeva che a livello musicale quella città era molto attiva e lì ci poteva essere più interesse che altrove per le nuove tendenze.
Guido Crapanzano è un appassionato di arte contemporanea, ma riconosce che non tutta l'arte contemporanea è degna di nota e che molte operazioni concettuali non sono degne di essere prese in considerazione.
L'arte classica era destinata a raffigurare i personaggi più importanti, ma da quando nacque la fotografia cambiarono molte cose. I pittori guadagnavano dalla loro attività di ritrattisti per i regnanti, i papi, i nobili, i magnati e i grandi personaggi, fino all'arrivo degli impressionisti. I soggetti raffigurati erano prevalentemente edifici, case, chiese e ritratti. La fotografia ha distrutto il ruolo del pittore. Dal momento in cui è stato possibile riprodurre precisamente la realtà circostante mettendosi in posa per pochi istanti davanti ad una fotocamera insieme alla propria famiglia è calata enormemente la richiesta di ritratti pittorici.
Per questo poi i pittori si inventarono qualcosa che esulasse dal ritratto e dalla realtà. Anche De Pisis capì che bisognava trovare un modo poetico per esprimere una realtà che non assomigliasse alla realtà
Il Professor Mario Crapanzano aveva in sala da pranzo un grande quadro di Giovanni Fattori che raffigurava un bue, era un'opera bellissima e affascinante, ma era un quadro che alla lunga stancava la vista. La pittura verista deve produrre capolavori altrimenti non è in grado di attraversare il tempo in modo leggero. L'arte contemporanea invece riesce sempre ad incuriosire l'osservatore e a stimolare nuove riflessioni. Nella pittura verista il significato è già evidente mentre nell'arte contemporanea il significato è inserito da chi interpreta l'opera, a seconda di come la vede.
I quadri poi vanno toccati e vissuti anche attraverso gli altri sensi. E così Crapanzano mi ha invitato a passare il palmo della mia mano sulla tela di un quadro bellissimo che vi mostro nella fotografia qua sotto. TG
Guido Crapanzano nel suo studio mostra la fotografia in cui ha effettuato una pesca fortunata in California.
Il nonno materno di Crapanzano era il rappresentante per l'Italia della Cadillac, sua madre era la contessa Wanda Munaron, suo zio era Gino Munaron, il pilota gentleman degli anni '50 che corse con Maserati, Alfa Romeo, Osca, Nardi e Ferrari.
La famiglia Crapanzano è originaria della Sicilia, Mario Crapanzano ha però sempre vissuto al Nord, prima a Bologna dove s'è sposato e in seguito a Milano dove ha insegnato al Liceo Manzoni.
Nel 1943, quando iniziarono i primi bombardamenti su Milano, i Crapanzano sfollarono a Bergamo, una città che non subì danni e fu bombardata pochissimo, forse perché l'industria pesante era a Dalmine ed in altre località nei dintorni.
Certamente anche l'ambiente familiare contribuì alla sua formazione culturale; appena finita la guerra, già gli ultimi giorni dell'aprile del 1945, il padre di Crapanzano tornò a Milano e decise di aprire una Galleria d'Arte in Galleria Vittorio Emanuele II che chiamò: la Viscontea, per accedervi bisognava scendere una scala in Galleria del Corso. Il padre di Guidone però non trattava l'arte contemporanea, per lui già un artista come De Pisis era incomprensibile. Vendette questa attività commerciale nel 1952.
Guido Crapanzano fin da giovanissimo si interessava all'arte, oltre che alla musica, per questo frequentava gli ambienti in cui si incontravano gli artisti e conobbe così Enrico Baj.
L'ambiente culturale era effervescente, tutti avevano voglia di percorrere nuove strade ed era facile entrare in contatto con nuove idee e personaggi di ogni tipo, Milano era la città giusta dove vivere, studiare, lavorare e fare affari.
Uno dei primi Generali di Enrico Baj disegnato su cartone.
Tra le ragazze che negli anni '50 facevano le modelle di nudo per l'Accademia di Brera, attività che allora era ritenuta abbastanza riprovevole c'era Gigina Baj, la moglie di Enrico, che in seguito divenne socia di Guido Crapanzano quando decisero di aprire la Galleria d'Arte: Il Cortile, a Brera. Oltre a Enrico Baj, Guido Crapanzano conosceva bene Crippa, Dova, Fontana, Capogrossi ed altri; tutti si ritrovavano all'Aretusa, o al Santa Tecla, i locali maggiormente alla moda negli anni 1956, 1957, 1958. Ci si ritrovava per ascoltare musica jazz; sul palco c'erano Gianni Basso, Oscar Valdambrini, Gianni Cazzola, Mario Pezzotta, ma anche cantautori e urlatori, come Guidone quegli anni cantava con i suoi amici ed era conosciuto come uno dei primi rocker italiani.
La Contessa Wanda Munaron è stata Principessa di Eleganza nel 1961.
I locali pubblici dove si suonava musica all'avanguardia erano anche i punti d'incontro di intellettuali come Indro Montanelli, Nino Nutrizio del quotidiano La Notte e alcuni scrittori, tra cui Pasolini che frequentava spesso l'Aretusa, anche perché lì o al Santa Tecla poteva incontrare Victor, un omosessuale che si concedeva a pagamento. In quei posti si ritrovava tutta l'élite di Milano, compreso Gianni Versace che da poco era arrivato a Milano e si definiva: sarto, perché la parola: "stilista" non era ancora stata utilizzata da nessuno. Anche il grande pianista Arturo Benedetti Michelangeli era appassionato di jazz e condivideva con gli altri avventori le serate all'Aretusa, dove per circa cinque mesi suonò Chet Baker che già a quei tempi era un consumatore abituale di eroina. Oscar Valdambrini e Renato Sellani suggerirono al trombettista americano di abbandonare la polvere bianca per bere il barbera, come facevano loro, ma è risaputo che le cose poi non andarono così e la morte dell'americano rimane avvolta nel mistero, anche se è stata sempre collegata proprio all'abuso di droghe.
Lucio Fontana fu determinante nel successo economico di Crapanzano perché fu quell'artista a dargli i quadri da vendere all'estero a tre importanti galleristi di Ginevra, Parigi e New York. Per l'Italia il mercante di Fontana fu Carlo Cardazzo della Galleria del Naviglio.
Guidone e Gigina Baj aprirono la loro Galleria nel 1971 in via Fiori Chiari; nei primi tempi Crapanzano si interessò alla sua attività, poi sempre meno, fino a quando decise di vendere la sua parte a Gigina, nel 1990.
Guido Crapanzano con sua madre su Visto, una rivista del 1961.
Oggi Guido Crapanzano possiede opere molto importanti dell'arte contemporanea internazionale che è riuscito ad acquistare con i guadagni ottenuti dalla sua attività di gallerista.
Crapanzano mi ha anche raccontato il segreto di Lucio Fontana.
Cardazzo ogni mese dava 80'000 lire a Fontana per quattro quadri; prima di fare i tagli Fontana faceva degli strani disegni e i buchi che rappresentarono il primo passo verso l'apertura spaziale.
Fontana aveva il suo studio a Brera, poco lontano dalla Galleria di Guido Crapanzano che seppe di questa storia da Gigina Baj che essendo una donna affascinante, piena di vitalità, aveva avuto modo di essere in intimità con Lucio Fontana. Gigina e Enrico Baj avevano un rapporto molto aperto ed erano molto avanti per l'epoca. I due coniugi ebbero un buon rapporto anche dopo la loro separazione, quando Gigina si trovò un po' in difficoltà per il proprio sostentamento economico.
Il segreto che ho appreso è questo: come ogni fine mese Cardazzo si era recato da Fontana per portargli le 80'000 lire, ma lo trovò disperato. Era da una ventina di giorni che l'artista non sapeva cosa fare davanti ad una tela bianca. Disse a Cardazzo che soltanto la sera prima, colto da disperazione, si era deciso a tagliare la tela. Cardazzo stette ad ascoltare quello che aveva da dire Fontana; fu il gallerista a pensare al concetto di spazialità; così chiese a Fontana di preparargli altri tre quadri di quel tipo per il giorno dopo. L'indomani Cardazzo tornò da Fontana con 80'000 lire e se ne andò con quattro tele tagliate. Il concetto di apertura spaziale nacque perciò dalla brillante mente di un gallerista di grande intelligenza. Idea che rese Fontana un artista famoso in tutto il mondo nel giro di soli due anni, tanto è vero che anche una galleria di Ginevra che tra i suoi clienti aveva personaggi come Gianni Agnelli, è stata la prima che chiese a Crapanzano di comprare i quadri di Fontana. Crapanzano a insaputa di Cardazzo comprava quei quadri a circa 30'000.
A quei tempi Mario Crapanzano, il padre di Guido, guadagnava 50'000 al mese; mentre gli operai guadagnavano tra le 20'000 e le 30'000.
In seguito gli artisti si ritrovarono in altri due locali: il Ristorante "La parete", in via Morigi, aveva un salone sul retro con un grande tavolo dove mangiavano insieme molti pittori milanesi che esponevano sulla parete di quella sala i loro quadri che talvolta il proprietario, Pino, cercava di vendere per cercare di rifarsi per il trattamento speciale che riservava agli artisti che non sempre pagavano. Il locale era frequentato anche da Gianna Cattaneo un'altra mecenate di quei tempi.
Invece a Brera c'era Mamma Lina, una donna di buon cuore che aiutava spesso i pittori giovani che arrivavano da fuori Milano e non avevano i soldi per pagarsi da bere e da mangiare; mentre il Bar Jamaica divenne famoso un po' dopo agli inizi degli anni '60.
Alla fine degli anni '50 Guidone andava un paio di sere a settimana a suonare a casa di Enrico Baj. Un altro luogo di ritrovo della mondanità milanese era la casa di Gianna Cattaneo, situata dalle parti di Porta Vittoria, che possedeva la più grande concessionaria della Fiat in città e preparava dei pranzi meravigliosi per tutti gli artisti, una volta alla settimana. Gianna Cattaneo è stata una delle maggiori finanziatrice degli artisti italiani ed ha comprato loro molte opere.
Milano, in quegli anni, era una città molto vivibile, umana e al centro dell'attenzione mondiale.
A parte gli attori ed i registi del cinema, tra i quali c'erano personaggi importantissimi, l'ambiente culturale romano invece era un po' scadente. A Roma non c'erano locali di grande frequentazione per gli intellettuali.
Crapanzano ricorda che al Santa Tecla vennero a suonare anche i Campioni con Tony Dallara ed il loro chitarrista Lucio Battisti che all'epoca faceva parte della scuola dei cantautori genovesi, tra cui c'erano Gino Paoli, Luigi Tenco, Gian Franco Reverberi, Bruno Lauzi... Forse Leo Wachter decise di portare i Beatles proprio a Genova perché sapeva che a livello musicale quella città era molto attiva e lì ci poteva essere più interesse che altrove per le nuove tendenze.
Guido Crapanzano è un appassionato di arte contemporanea, ma riconosce che non tutta l'arte contemporanea è degna di nota e che molte operazioni concettuali non sono degne di essere prese in considerazione.
L'arte classica era destinata a raffigurare i personaggi più importanti, ma da quando nacque la fotografia cambiarono molte cose. I pittori guadagnavano dalla loro attività di ritrattisti per i regnanti, i papi, i nobili, i magnati e i grandi personaggi, fino all'arrivo degli impressionisti. I soggetti raffigurati erano prevalentemente edifici, case, chiese e ritratti. La fotografia ha distrutto il ruolo del pittore. Dal momento in cui è stato possibile riprodurre precisamente la realtà circostante mettendosi in posa per pochi istanti davanti ad una fotocamera insieme alla propria famiglia è calata enormemente la richiesta di ritratti pittorici.
Per questo poi i pittori si inventarono qualcosa che esulasse dal ritratto e dalla realtà. Anche De Pisis capì che bisognava trovare un modo poetico per esprimere una realtà che non assomigliasse alla realtà
Il Professor Mario Crapanzano aveva in sala da pranzo un grande quadro di Giovanni Fattori che raffigurava un bue, era un'opera bellissima e affascinante, ma era un quadro che alla lunga stancava la vista. La pittura verista deve produrre capolavori altrimenti non è in grado di attraversare il tempo in modo leggero. L'arte contemporanea invece riesce sempre ad incuriosire l'osservatore e a stimolare nuove riflessioni. Nella pittura verista il significato è già evidente mentre nell'arte contemporanea il significato è inserito da chi interpreta l'opera, a seconda di come la vede.
I quadri poi vanno toccati e vissuti anche attraverso gli altri sensi. E così Crapanzano mi ha invitato a passare il palmo della mia mano sulla tela di un quadro bellissimo che vi mostro nella fotografia qua sotto. TG
Un Picasso della Collezione di Guido Crapanzano
I diritti sono riservati
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