domenica 3 febbraio 2019

Rodolfo Gusmeroli e i video musicali in stile Blaxploitation

"Tutti i grandi cambiamenti sono semplici." Ezra Pound 

Rodolfo Gusmeroli mi ha dato l'opportunità d'affrontare delle riflessioni che avevo in mente di fare da tempo: gli aspiranti creativi, o artisti, sono in costante aumento. Molti di loro sono anche molto capaci e preparati, ma c'è davvero posto per tutti in una società che consuma sempre meno cultura, legge poco ed è scivolata a tempi medi di attenzione intorno agli 8 secondi? Personalmente, non sono molto ottimista sui grandi cambiamenti sociali e tecnologici che ci apprestiamo a vivere; se poi penso all'imminente introduzione di sistemi di produzione computerizzata, o robotizzata, sempre più perfezionati e intelligenti, mi viene spontaneo chiedermi perché un giorno i robot non dovrebbero occuparsi anche degli aspetti creativi dell'industria, dell'informazione, della cultura e delle arti.
Speriamo che ci saranno sempre degli umani che avranno voglia di esprimersi attraverso i linguaggi vicino alla nostra sensibilità al fine di intrattenerci, farci pensare e darci emozioni e che questi campi creativi restino eternamente di nostro appannaggio.
Leggiamo in che modo si può unire la musica al video e cosa ha da raccontarci a questo proposito un giovane al quale auguriamo una brillante carriera. TG

Rodolfo Gusmeroli, 21 anni, regista indipendente. Out of the city Keemosabe
Rodolfo Gusmeroli, 21 anni, regista indipendente, al suo arrivo alla Stazione Garibaldi di Milano, prima di rilasciare l'intervista che state per leggere a Frammenti di Cultura lo scorso dicembre 2018. Fotografato con Nikon F5, Nikon AIS 35mm f 2 e Fujifilm 200.

Tony Graffio: Rodolfo Gusmeroli, quanti anni hai e che cosa fai?

Rodolfo Gusmeroli: Ho 21 anni e sono un aspirante regista cinematografico che si occupa molto spesso di video musicali.

TG: Che film hai diretto?

RG: Ho diretto un cortometraggio che l'anno scorso ha vinto un concorso internazionale. All'epoca non avevo ancora uno stile ben definito; adesso invece sono in post-produzione con quello che sarà il mio vero cortometraggio d'esordio: "Sterling". Tra i vari videomusicali che ho realizzato vorrei parlarvi di "Out of the city" dei Keemosabe, un videoclip che recentemente ha vinto il Roma Videoclip Festival.

TG: Che formazione hai avuto per imparare la tecnica cinematografica e il linguaggio dei videoclip?

RG: Ho iniziato a girare nel 2014 con una vecchia telecamera palmare per realizzare video bruttissimi ai rapper della mia zona, in provincia di Novara. Terminato il liceo sono andato a Cinecittà, alla Roma Film Academy, per partecipare ad un corso di regia e vedere come lavorano i vari reparti della produzione cinematografica. Poi, ho continuato a studiare le nuove tecniche di ripresa e di edizione da autodidatta.

TG: Che scuola è la Roma Film Academy?

RG: Si tratta di una scuola privata dove si tengono vari corsi: sceneggiatura, regia, montaggio, fotografia e recitazione. Io ho studiato per due anni regia utilizzando attrezzature video professionali e imparando i vari ruoli della troupe cinematografica. Ho trovato questi insegnamenti molto importanti perché per chi non ha la possibilità di lavorare in una produzione professionale è difficile conoscere approfonditamente le figure che operano sul set, in edizione e in post produzione e farsi un'idea corretta di come funziona una produzione cinematografica.

TG: È una scuola costosa?

RG: Sì. 

TG: Desideri proprio fare il regista?

RG: La mia ambizione più forte è quella di lavorare in campo artistico, anche se non espressamente come regista. Mi interessa molto l'arte digitale e la grafica computerizzata.

TG: Tutti i ragazzi della tua età o anche più giovani, desiderano entrare nel mondo dell'arte e svolgere un lavoro che abbia a che vedere con il cinema, la musica, la fotografia, la pubblicità o qualcosa di creativo ed emozionante. Molti sognano di diventare una rock-star o un artista visivo. C'è molta competizione in questi settori, non pensi che sarà difficile percorrere una propria strada in questi ambienti?

RG: Ritengo che molti giovani si rivolgano a queste attività artistiche perché i mezzi per praticarle sono diventati molto accessibili e popolari. Oltretutto anche i mezzi più "poveri" possono costituire un'opportunità per esprimere un proprio stile. Utilizzare, per esempio, vecchie videocamere che registrano in VHS può essere un modo per ricercare una poetica personale. Conosco giovani molto in gamba, però mi accorgo che il problema della mia generazione è quello di riuscire a concludere qualcosa che possa portare ad un lavoro concreto. C'è un po' una tendenza generalizzata a procrastinare la realizzazione di un progetto e l'ingresso nel mondo lavorativo. A volte è difficile perfino arrivare alla pre-produzione di un film e così i tempi si allungano all'infinito. Forse queste cose succedono proprio perché tutto sembra estremamente accessibile e non si considera ciò che si fa con la dovuta professionalità e poi è sempre difficile trovare chi ti paghi per ciò che proponi. Si inizia a pensare a un progetto con entusiasmo; si riflette su come organizzarsi per produrlo, anche perché i costi sono molto bassi, se non si paga la troupe e gli attori, ma poi ci si scontra con la realtà che ci circonda.

TG: Non è mia intenzione scoraggiarti, però viviamo in un momento di crisi in cui i dischi difficilmente si riescono a vendere. È raro che qualcuno compri i vinili o i cd; io lo faccio, ma so che siamo in pochi... I giovanissimi, e non solo loro, preferiscono guardare youtube, scaricare la musica in bassa qualità o fruirne direttamente online e questo fa sì che ci si abitui al fatto che tutto debba essere gratuito o quasi. Non so se si paga un euro per un album o qualcosa del genere. Anche il cinema non vive un bel momento perché persino le grandi produzioni fanno fatica a piazzare i loro prodotti e pagano pochissimo, o più spesso ancora non pagano, sia la troupe che i registi e i direttori della fotografia. Inoltre c sempre chi si offre di lavorare gratis sperando di costruirsi in questo modo un curriculum. Ci muoviamo in un mercato abbastanza chiuso perché noi parliamo italiano e i nostri film girano poco all'estero e poi c'è il discorso che magari chi realizza da solo il proprio quadretto o serigrafia riesce a vendere qualche pezzo direttamente ad un privato; mentre un prodotto culturale come un documentario o un film richiedono comunque una struttura produttiva e un sistema commerciale ben rodato, come un editore che piazzi sul mercato il film e lo distribuisca nelle sale o su altri canali di vendita; operazione che aumenta notevolmente i costi generali e diminuisce i guadagni degli autori o la possibilità di avere un ritorno economico immediato. Certe avventure possono anche rivelarsi dei flop e non è facile capire cosa piaccia al pubblico. Alcune televisioni importanti per un prodotto audiovisivo riconoscono soltanto cifre intorno ai 100 euro al minuto per un passaggio, se non addirittura per l'acquisizione dei diritti del filmato. Questa situazione economica non ti fa pensare che sarebbe meglio dedicare la propria creatività ad altro? O pensi che l'amore per questo ambiente possa risolvere ogni problema?

RG: Per quello che riguarda l'uso della lingua italiana, assolutamente sì, hai ragione. Per questo vorrei iniziare a lavorare utilizzando la lingua inglese, creando lavori che possano avere un respiro internazionale. Per il resto, credo che siano cambiate le piattaforme: la musica è addirittura gratis su Spotify. Non la devi pagare neanche un euro. Se arrivi ad avere una certa  visibilità o un certo seguito di pubblico, parlo sempre della musica, riesci a guadagnare e a continuare ad avere investimenti sul tuo prodotto. Idem con il cinema. È vero che c'è sempre meno gente nelle sale, ma ci sono un gran numero di piattaforme online come Netflix; Amazon e Oru che stanno finanziando tantissimo i giovani. Netflix ultimamente ha prodotto "La ballata di Buster Scruggs" dei fratelli Cohen e "Roma" di Alfonso Cuarón; questa è la dimostrazione di come sia cambiato il mondo. Quello che sta succedendo adesso nei confronti del cinema corrisponde in qualche modo a quello che accadeva negli anni '80 quando si diceva: "video killed the radio stars". La supremazia del video è durata per circa un trentennio, ma adesso le cose stanno nuovamente cambiando ed un nuovo mezzo si sostituirà al cinema e alla tv; l'unica problema è che non bisogna neppure restare legati alla casa di produzione e alla distribuzione solo perché si è sempre fatto così. Si paga meno per le maestranze se s'investe di più sui macchinari che servono a produrre. Macchine che avevano certe prestazioni e una volta in affitto ti costavano sui 1500 euro al giorno adesso le trovi per 200 euro al giorno.

TG: Il problema è un po' che il mezzo cinematografico è alla portata di tutti e tutti lo usano, ma questa non è una garanzia di qualità di contenuti.

RG: Sì, esattamente. La più vasta accessibilità ai mezzi di produzione, se si riesce a capire bene il loro funzionamento, non porta ad una situazione lavorativa/artistica con risvolti così negativi come quelli che normalmente si vogliono dipingere.

TG: Ho capito, tu sei ottimista riguardo al tuo futuro ed è giusto che sia così. Io credo che sicuramente oggi sia più semplice produrre in proprio, anche se questo non porta facilmente ad un guadagno, ma spesso solo a crearsi delle illusioni. 
Adesso invece parliamo di "Out of the city", videoclip che hai pensato e realizzato per i Keemosabe. Cosa vuol dire Keemosabe? E soprattutto, chi sono?

RG: Kimosabe è una parola degli indiani Cherokee che significa: compagno di avventure. Loro sono un gruppo musicale della mia zona, del novarese; abbiamo iniziato a lavorare insieme ormai da quattro anni. Grazie al mio lavoro di grafico, utilizzo Photoshop e Illustrator con una tavola grafica analogica-digitaleho conosciuto questi ragazzi che mi hanno chiesto di disegnare per loro le locandine dei loro concerti e le copertine dei loro singoli. Durante il periodo in cui ho frequentato Cinecittà, loro sono andati a Londra negli studi di Abbey Road per studiare musica; ovviamente siamo rimasti in contatto e una volta che ci siamo ritrovati abbiamo continuato a collaborare, preparando nuovi progetti. Nel marzo del 2017 abbiamo realizzato un primo video dal titolo: "Stay awake", poi abbiamo girato: "Out of the city" ed anche per il futuro abbiamo in programma di proseguire la nostra collaborazione.

TG: Che premio ha vinto: "Out of the city"?

RG: Ha vinto il premio rivelazione del Roma Videoclip Festival che è un festival molto importante per i video musicali.

TG: Io non lo conosco. Si tratta di un festival per gli addetti ai lavori?

RG: Sì, è un festival nazionale che premia l'aspetto tecnico della realizzazione, ma è anche legato alla qualità della musica; forse è più importante per i musicisti che per il valore cinematografico delle clip presentate. In Italia questo genere di realizzazioni non vengono molto considerate; per una decina d'anni questi filmati sono solo stati un supporto video per mandare in televisione la musica, ma le nuove generazioni sperimentano molto di più e sono molto creative in questo ambito. Infatti, ultimamente esistono molte più piattaforme per vederli. Per noi è stato importante avere un riconoscimento da un festival specializzato in musica perché in questi ambienti il video è spesso considerato solo come un accompagnamento ed un supporto alle canzoni, mentre noi abbiamo raccontato una storia per immagini che ha una sua vita, indipendente dalla musica, che ha aiutato a rafforzare un pezzo musicale di valore.

TG: Quante produzioni video o gruppi musicali hanno partecipato a quel festival?

RG: Nella nostra sezione eravamo in 15 partecipanti selezionati su 250; mentre nella sezione non indipendente erano in 12.

TG: Che doti e che capacità deve avere un regista indipendente per realizzare un videoclip vincente?

RG: Sicuramente bisogna sapere che cosa si vuole perché molto spesso realizzando video indipendenti e non avendo alle spalle una vera produzione è difficile organizzarsi con un piano di produzione preciso. Noi ci siamo arrangiati spesso con mezzi di fortuna o in altri modi. Per un video musicale bisogna avere le idee chiare su come dovrà essere il filmato finito, ma è anche importante avere parecchio materiale per quando si arriva in montaggio, per riuscire ad imprimere un buon ritmo alla storia. Il montaggio per un video musicale è importantissimo.

TG: Tu monti sulle battute musicali?

RG: Sì, però se c'è un punto del testo particolarmente importante, monto sul testo.

TG: Come è stato girato: "Out of the city"?

RG: Con una Sony Alpha 7S, una camera mirrorless e con uno stabilizzatore gimbal. L'abbiamo girato in due giorni intorno al Lago Maggiore, tra Arona, Stresa e Sesto Calende.

TG: Ho visto un bell'inseguimento nel sottopassaggio della stazione di Sesto Calende. 

RG: Ci tenevamo a girare il video nelle nostre zone; il sindaco di Arona ci ha dato il permesso di muoverci in città e per le scene girate in interni siamo riusciti ad ottenere delle belle location dai proprietari delle case e in un albergo molto conosciuto di Stresa. Tutti ci hanno aiutato volentieri e si sono dimostrati molto disponibili.

TG: Solo a livello di ospitarvi in determinate location e darvi in uso automobili d'epoca e il motoscafo o si sono mossi anche a per farvi avere degli aiuti economici?

RG: Solo per le location e le automobili. In realtà, i costi del video erano talmente bassi che non avevamo bisogno di gran che. Abbiamo pagato soltanto la benzina e la lacca per i capelli di un attore. I costumi li avevamo; le automobili ce le hanno prestate uno zio e un amico di famiglia.

TG: Bella questa atmosfera anni '70 che si è creata, è stato un po' come vedere a parti invertite la Fiat 500 di Lupin III che inseguiva la MG di Zenigata.

RG: Sì, abbiamo proprio voluto ispirarci in modo caricaturale agli anni '70. Avrei voluto inserire elementi anche un po' più Trash, tipo zoomate a schiaffo con fermi immagini sul primo piano del personaggio ed il suo nome, ma abbiamo deciso di farlo solo per  la fine dove appaiono i classici fermo-immagine che spiegano cosa è stato dei vari personaggi dopo che si è concluso il film.

TG: È stato difficile girare delle scene dinamiche così belle durante gli inseguimenti?

RG: È stato rischioso, più che difficile. Ero praticamente fuori dal finestrino aggrappato alla maniglia dell'automobile in corsa. La cosa più difficile è stata l'organizzazione. Di un inseguimento magari vedi 30 secondi suddivisi in 5 inquadrature che vuol dire girare e rigirare una scena riposizionandoti al punto di partenza più volte. Girare tutto quel materiale in soli due giorni è stato abbastanza impegnativo.

TG: L'unica critica che mi sento di muoverti è che secondo me non c'è stata molta cura per le luci, ma capisco che evidentemente non c'è stato il tempo per occuparsene. Stesso discorso per la scelta delle giornate più adatte alle riprese; il video risulta comunque bello e d'effetto, ma avreste potuto fare qualcosa di meglio. Non ho visto quell'effetto patinato che risalta sempre nei videoclip. perché?

RG: L'assenza di un effetto patinato è stata una scelta voluta, mentre per le luci abbiamo avuto la sfortuna di non essere riusciti a trovare due giornate con una continuità di toni fotografici. Una giornata era di sole, mentre l'altra era divisa in una mattinata nuvolosa con un'altra mezza giornata in cui abbiamo avuto un diluvio finale. Volevamo terminare le riprese a tutti i costi così, in un modo o nell'altro, abbiamo portato a casa il girato. L'effetto dato da un'immagine un po' cruda e da ombre in faccia ai protagonisti del video era ispirato al genere Funky dei film Blaxploitation degli anni '70. Tipici "B movie" oggi rivalutati e apprezzati per il loro stile particolare che esprime qualcosa fatto male volontariamente.

TG: I membri della band hanno fatto da attori in questa storia breve raccontata nel tuo vidoclip: che ruoli interpretavano?

RG: Andrea Guarinoni (tastierista) e Sebastiano Vecchio (batterista) hanno interpretato i due ladri; mentre Alberto Cottafavi (frontman e chitarrista) e Pino Muscatelli (bassista) erano i due inseguitori...

TG: Inseguitori... fino ad un certo punto perché il finale è una sorpresa per tutti.

RG: Esattamente.

TG: Una bella soluzione narrativa.

RG: L'idea era di creare una storia lineare senza playback e per questo doveva essere un vero e proprio cortometraggio con un plot twist finale. L'ultima parte dove si vedono i fermo-immagine dei protagonisti della storia ha invece visto un'aggiunta musicale che non era prevista nel brano.

TG: Avete vinto il Roma Videoclip Festival sia per l'originalità della storia con un colpo di scena finale, ma anche per la qualità delle musiche?

RG: Sì, secondo me anche per la qualità delle musiche. I Keemosabe fanno un genere musicale che in Italia esiste, ma che non credo diventerà Mainstream. Per chi ha intorno ai 50 anni ed ha ascoltato quel pezzo, magari può essere stato piacevole ritrovare un pezzo di un genere Funky/Fusion/Rock sperimentale che non sentiva da tempo.

TG: Rodolfo, dove e quando inizieremo a vedere circolare il tuo videoclip, magari anche al di fuori del web?

RG: Lo vedremo al Seeyousound Festival, in Piemonte e sul web sul sito dei Keemosabe, quando verrà rilasciato il loro  nuovo EP su Spotyfy e iTunes.



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