venerdì 14 dicembre 2018

Aldo Marci ritrattista: sulla strada con il collodio umido per vedere le vite degli altri con occhi diversi

"Non bisognerebbe mai giudicare un fotografo dal tipo di pellicola che usa, ma solo da come la usa." Ernst Haas

Aldo Marci e la sua camera oscura portatile per sviluppare il collodio umido
Aldo Marci agli Alterbej sabato 8 dicembre 2018

Avevo incontrato Aldo Marci lo scorso anno, sempre agli AlterBej, ma ho deciso di fotografarlo e intervistarlo solo settimana scorsa. Sono emerse molte cose interessanti, oltre la sua sfrenata passione per una ricerca dell'immagine che lo spinge ad affrontare mille difficoltà e condizioni di lavoro pressoché inaccettabili, per un uomo del XXI secolo. TG

Tony Graffio: Ciao Aldo, che cosa stai facendo?

Aldo Marci: Faccio fotografie al collodio, sono un artista di strada che normalmente svolge la sua attività sempre all'aperto.

TG: Cosa stavi controllando fino a 10 secondi fa su questa ambrotipo?

AM: Ho finito di lavare le lastre e stavo per procedere con l'asciugatura, ma prima devo sistemare il disastro causato da due giorni di lavoro in queste condizioni, all'aperto. Dopo che avrò asciugato le lastre, dovrò verniciarle. Quella è la parte finale della lavorazione.

TG: Mi sembra che hai parecchia attrezzatura qua con te sul Cavalcavia Bussa.

AM: Ho la mia camera oscura portatile, la mia fotocamera e il minimo di acqua e chimici che mi servono per 4 giorni di lavoro.

TG: Hai già fatto qualche posa?

AM: Sì in questi giorni ho esposto e sviluppato delle lastre; quelle di oggi le ho qui con me, le altre le tengo sempre a casa perché portarle avanti e indietro può essere un problema.

TG: C'è il rischio che si rompano le lastre di vetro degli ambrotipi?

AM: Sì. Ieri ha anche piovuto.

TG: Sì, è vero, ha piovuto un pochino. Hai avuto problemi?

AM: La pioggia ha bagnato un po' della mia roba. Adesso asciugo le lastre che ho lavato. Di giorno, sono molto impegnato con gli scatti.

TG: Lo so, infatti sono passato adesso che è già buio.

AM: Di giorno, preparo le lastre e scatto fino che posso e cerco d'avere il tempo per farne sempre di più. Poi, le tengo bagnate per finirle più tardi. Non c'è altro modo di fare questo lavoro.

TG: Le tieni a bagno individualmente nelle bacinelle?

AM: Sì. Le altre le lascio fuori ad asciugare.

TG: Non c'è bisogno di un lavaggio in acqua corrente?

AM: Sì, ho le taniche qua dietro e cambio l'acqua ogni 10 minuti. Lavo le lastre per due ore in questo modo. Anche di più... non è il massimo. Tecnicamente, andrebbero lavate almeno per 30 minuti in acqua corrente, o cambiando spesso l'acqua, perché il sodio tiosolfato non si scioglie facilmente e poi con il freddo bisogna riuscire a gestire più cose.

TG: Come ti è venuta la passione per il collodio umido?

AM: È stata una specie di illuminazione sulla via di Damasco. Una mattina mi sono svegliato ed ho deciso che volevo fare il fotografo di strada.

TG: Tu sei un architetto, mi sembra...

AM: Architetto è una parola grossa; ho studiato architettura, ho fatto qualche tirocinio, ma quello che mi interessava era cambiare vita e stare sulla strada facendo il fotografo. La tecnica del collodio era l'unico modo per poterlo fare. Ho iniziato al semaforo e non avendo uno studio posso farlo solo all'aperto. Non è un mio merito, lo faccio all'aperto perché è l'unica possibilità per farlo. 

TG: Forse hai scelto il collodio umido perché ci stavi già pensando; come hai conosciuto questa tecnica del 1850?

AM: Prima fotografavo in grande formato, poi un giorno ho visto un video in rete e mi sono detto: "È così che mi piacerebbe fotografare". E così, mi sono applicato per imparare.

TG: Quanto tempo fa?

AM: Due anni fa. Quasi tre. Sono in strada da due anni. Ho iniziato girando per piccoli eventi, poi mi proponevo nelle feste di paese; ho preso più fiducia, ho imparato di più, vado alle rievocazioni storiche e adesso sono in giro in luoghi un po' diversi, un po' underground. Sto cercando il giro dei rave-party e delle persone che fanno musica Techno, oppure di quelli che vivono sui camion.

TG: Ti piacciono i volti particolari...

AM: Sì. Ho scoperto che le persone che frequentano questi contesti sono quelle più interessate a quello che faccio e quelle che mi accettano di più. Riconoscono il mio lavoro e sono disponibili per farsi fotografare. In questo modo anch'io riesco a scattare le foto che mi piacciono, diverse dalle pose in studio. Studio che non ho e pose che non sarei capace di fare, tra l'altro.

TG: Il collodio umido ha comunque bisogno della luce ultravioletta del sole.

AM: Il collodio è nato per fare fotografie con la luce naturale. All'interno o all'esterno, quello che per me è importante è la luce naturale. La luce artificiale non  mi piace; c'è gente che è in grado di fare bellissimi lavori anche in quella luce, ma io non sono in grado di farli. Per questo per me ha senso lavorare solo all'aperto: è una cosa che ho estremizzato e sono fuori all'aria aperta in ogni stagione. Estate o inverno io tratto il collodio sempre così, con il mio studio portatile.

TG: Quali sono le difficoltà più grandi da affrontare con questa attività itinerante all'aperto?

AM: Ho bisogno dei permessi e non sempre posso piazzarmi dove vorrei. Il clima influisce molto, pertanto all'aperto è tutto difficile. Il freddo è un problema, il caldo è un problema, l'umidità è un problema.

TG: Qual'è la temperatura ottimale per operare?

AM: Quella che trovi in casa.

TG: 20 gradi?

AM: 18°. Dai 17 ai 20 gradi, con 60% di umidità: quindi, quasi mai. O forse, tre giorni all'anno nel Nord Italia.

TG: Bisogna compensare coi tempi o non ci sono regole?

AM: Ci sono delle regole, ma si lavora sulla base dell'esperienza, fondamentalmente.

TG: Bisogna scattare molto per imparare?

AM: Sì, scattando molto alla fine si impara.

TG: Tu fai sia tintype, ambrotype che carta salata?

AM: Principalmente faccio ambrotipia. Ho iniziato con l'alluminio, ma il tintype per me è quella storica su ferro verniciato. Non mi piace l'alluminio; sul ferro non sarei in grado di lavorare, così ho scelto il vetro. Faccio anche i negativi. Ho iniziato a lavorare sulla carta salata, proprio perché sto imparando a fare i negativi per fare le stampe da negativo al collodio. Oggi, qui in strada, con la gente di un contesto di musica Techno ho preferito fare ambrotipia che è più facile, altrimenti mi toccherebbe seguire un processo ancora più lungo.

TG: Non è facile restare concentrati in mezzo a tutta questa confusione... (mentre parliamo c'è un sottofondo di musica Tekno piuttosto forte ndTG)

AM: Ormai faccio parte anch'io di questa situazione. Mi rilassa.

TG: Non ci fai più caso?

AM: La musica la sento, però riesco lo stesso a fare le mie cose. Non ci faccio quasi più caso.

TG: Adesso, stai pulendo una lastra?

AM: Sì, anche se purtroppo questa non è perfetta. La conservo, o forse la regalo, ma non posso venderla a prezzo pieno.


TG: Bella comunque. Sono sempre i ragazzi dei camion i soggetti?

AM: Sì, sono loro.

TG: Ti piacciono anche le rievocazioni d'epoca in costume?

AM: Non è che mi piacciono; è una cosa nata per caso, io non li conoscevo, ma un giorno mi sono reso conto che era il 24 giugno, l'anniversario della battaglia di San Martino e Solferino, e ho scoperto che esisteva quel mondo. Ho scritto a varie associazioni, una mi ha risposto (Amaltea), così ho iniziato a frequentare l'ambiente delle rievocazioni storiche delle battaglie della seconda metà dell'800. Da quest'anno faccio parte di Amaltea e grazie a loro sono cresciuto molto, ho trovato persone che apprezzano veramente quello che faccio e mi danno una mano.

TG: È difficile trovare l'esposizione giusta?

AM: All'aperto sì, specie quando inizia a cambiare la luce e ci sono le nuvole e non puoi metterti dove vuoi. Devi fare la foto perché te lo chiedono, ma non sempre riesci a spostare il soggetto. O magari, come qua, trovi un grattacielo che ti toglie la luce.

TG: Con che tempi lavori?

AM: Oggi lentissimi. Ero a circa 2 secondi a f 8. Se la giornata è buona posso arrivare a 1 secondo a f 11, anche f 16, in primavera. Variano molto.

TG: Scendi mai sotto il secondo?

AM: Adesso sì perché ho comprato un otturatore meccanico, prima no. Al massimo arrivo a 1/4 di secondo, ma il cielo deve essere molto luminoso. Raramente mi capita. Di solito il collodio vuole una fotografia introspettiva.

TG: Spiegami questo concetto.

AM: Con i tempi lunghi le persone si lasciano andare.

TG: Si cambia proprio espressione?

AM: Sì. Sei costretto a buttare via la maschera. Raramente metto le persone in possa; lascio fare tutto a loro. I veri fotografi, non io, hanno in mente un'immagine, la ideano e la costruiscono. Allo stesso modo scelgono il soggetto, lo vestono e decidono prima anche l'espressione che deve avere chi viene fotografato. Io non sono ancora capace di lavorare così, sono più istintivo. Vedo qualcuno che mi piace, osservo la sua espressione e la ricreo com'era quando l'ho incontrata. Non si tratta di mettere una persona davvero in posa. Quello che mi piace è la situazione. Il mio è più un reportage al collodio.

TG: È una fotografia più vera.

AM: Non lo so, non m'importa nemmeno la verità. Non la cerco nemmeno. La realtà non è bidimensionale. Io cerco un momento.

TG: Adesso con questo fornelletto ad alcool cosa stai facendo?

AM: Asciugo le lastre.

TG: Dove hai reperito tutte le informazioni per fare questa attività?

AM: Su internet. Sono nato come autodidatta e ho imparato da solo.

TG: È attendibile quello che si trova su internet?

AM: No. Poche cose sono attendibili su internet. Trovi magari qualcuno che ti consiglia, ma devi sempre confrontarle con altre fonti. Ho trovato molte informazioni su Collodio Italico, ma ci sono anche forum internazionali o professionisti ai quali, se scrivi, ti rispondono.

TG: Ai nostri giorni che senso ha utilizzare una tecnica di più di 150 anni fa?

AM: Uno dà il senso che vuole a questa cosa. Per me si tratta di registrare un'altra luce. Il collodio umido vede un altro mondo. Vede qualcosa che noi non vediamo. Questo mi piace. E poi mi permette di conoscere persone. Se vado in giro a scattare con una macchina fotografica normale, nessuno mi dà retta; se vado in giro col collodio posso fare ciò che voglio e posso chiedere quello che voglio. Ci provo almeno... Le persone mi dicono che gli piace quello che faccio. Posso conoscere tutti: quelli che vanno ai rave-party o che vivono sui camion; è molto più facile vedere le vite degli altri, così.

TG: Aldo, come riesci a conciliare questa tua passione per i rave con il mondo delle rievocazioni storiche di fine '800; mi sembra che siano degli interessi proprio agli antipodi...

AM: Ma non è la mia passione la musica Techno! Non sono mai andato ad un rave. Mi interessa la gente che ci partecipa o chi ha fatto la storia dei rave.

TG: Conosci quelle persone?

AM: No, ma girando in posti come questo li sto conoscendo.

TG: Ho capito. E nelle rievocazioni storiche che cosa succede?

AM: Le rievocazioni storiche sono una cosa completamente diversa; innanzitutto hanno un fine educativo e ludico. Cercano di mostrare non solo la battaglia, ma di ricostruire il mondo dell'epoca, come vivevano quelle persone, sia la vita militare che la vita civile. Per questo sono interessato, ho la possibilità unica di poter seguire la mia passione e di fare scatti ispirati a quell'epoca e ai movimenti fotografici del periodo.

TG: Sembra riuscito abbastanza bene l'ambrotipo dei ragazzi sul camion...

AM: Sì, abbastanza. È stata una foto piuttosto complessa da realizzare, a causa della luce troppo forte che creava un contrasto esagerato tra le zone illuminate del soggetto e le ombre. Ho cercato di mediare e quello che vedi è quello che ne è uscito.

TG: Il collodio umido dovrebbe avere una buona latitudine di posa, è così?

AM: Il collodio ha molto contrasto. Se usato in un certo modo si riesce ad avere una buona latitudine di posa, però ha sempre un grande contrasto.

TG: Ci sono ricette che riescono ad attenuare un po' il contrasto?

AM: Ognuno ha la sua, ma non ci sono regole. Ognuno ha un suo sviluppo; è qualcosa che bisogna trovare da soli.

TG: Il collodio umido è come se fosse un positivo?

AM: Tecnicamente un'ambrotipia è un negativo debole. Solo che se lo osservi con un fondo nero diventa positivo.

TG: Cosa significa "negativo debole"?

AM: Queste lastre sono dei negativi, tecnicamente, ma non sono buoni per essere stampati, perché non hanno la densità sufficiente.

TG: È un problema di gamma tonale molto bassa?

AM: No, di densità molto bassa. Dove la lastra ha preso luce non è abbastanza scura per poter tirare una stampa.

TG: Insomma, detto volgarmente, la lastra è troppo trasparente...

AM: Esatto, troppo trasparente. Se fai un negativo devi esporre per il doppio del tempo, sviluppare per un tempo più lungo e devi intensificare; Per fare un negativo al collodio devi fare un altro processo.

TG: Ti sei costruito da solo gran parte delle tue attrezzature?

AM: Sì, ho progettato la camera oscura portatile e un amico mi ha aiutato a costruirla, perché lui ha le frese da legno, però sì, buona parte di quello che utilizzo l'ho costruito io. La fotocamera per il 18X24 l'ho comprata usata e poi ho modificato alcune sue parti. Ci ho aggiunto un po' di cose e la modificherò ancora.

TG: Ti piace smanettare o quello che fai è proprio indispensabile?

AM: Per me è indispensabile. O paghi tutto tantissimo o ti costruisci da solo quello che ti serve.

TG: Siete in molti nella comunità del "Collodio Italico"?

AM: Penso di sì, io ne conosco solo qualcuno, ma per me contano le persone che scattano sempre che poi sono sempre i soliti noti... Sono distribuiti su tutto il territorio, non è che si trovano tutti in un unico luogo. Siamo un po' lontani uno dall'altro.

TG: Vi incontrate, ogni tanto? Avete in programma qualche raduno?

AM: Sarebbe bellissimo, ma io conosco solo poche persone appartenenti a questo gruppo.

TG: Chi conosci?

AM: Conosco personalmente Dennis Ziliotto che per me è una fonte di ispirazione ed onestamente è a un livello superiore rispetto al mio.

TG: Hai sperimentato anche altri tipi di tecniche fotografiche antiche o ti sei concentrato prevalentemente sul collodio umido?

AM: Principalmente opero col collodio umido, ma ho provato anche la carta salata e vorrei imparare a trattare l'albumina. perché io ottengo negativi al collodio che mi piacerebbe stampare con le tecniche di quell'epoca.

TG: Sarebbe possibile ingrandire un negativo al collodio per stamparlo con un ingranditore a luce UV?

AM: Sì e no. Si può stampare una diapositiva in bianco e nero per fare un'ambrotipia. Nessuno lo vieta, ma perde molta poesia. 

 Un negativo di quel tipo non può essere stampato su carta ai sali d'argento. Comunque le tecniche antiche richiedono la stampa a contatto.

TG: E si potrebbe stampare un negativo normale su un vetro trattato col collodio?

AM: Sì  e no. Si può stampare una diapositiva in bianco e nero per fare un'ambrotipia. Nessuno lo vieta, ma perde molta poesia. Perde la luce che vede il collodio, perde il suo senso. Questa però è una mia opinione.

TG: Proprio niente da fare? Si può solo stampare a contatto?

AM: Se prendi una lastra negativa al collodio con la densità corretta la puoi stampare normalmente su carta d'argento, ma se hai una grande densità, quella per le stampe a contatto, non puoi stampare all'argento perché è troppo densa. Devi sapere fin dall'inizio cosa vuoi fare perché poi non puoi tornare indietro.

TG: Tu stampi tre diversi formati a contatto: quarter plate, 13X18 e 18X24?

AM: Sì, i formati sono sempre quelli. Faccio quello che posso. In realtà lavoro sul quarter plate (101X80 mm) perché ho dovuto adattare lo chassis della 4X5.

TG: Hai aperto e tagliato uno chassis Fidelity di plastica?

AM: Sì, in realtà sono d'alluminio nella parte centrale e non sono così facili da segare...

TG: Hai una tua formula preferita che usi abitualmente per il collodio umido, o vari i chimici a seconda delle necessità e delle condizioni?

AM: Ho provato a variare,ma alla fine amo sempre di più il Poe Boy, per un'unica ragione, aderisce meglio al vetro.

TG: C'è anche il problema del distacco dell'emulsione?

AM: Molti non fanno ambrotipia perché sono costretti ad usare l'albumina, io ho modificato la ricetta in modo da far attaccare bene l'emulsione al vetro e non ho problemi in nessuna condizione. Anche i negativi li intensifico senza l'albumina. A metà '800 non veniva menzionata l'albumina perché la formula del collodio era differente. Le ricette moderne sono diverse perché diverso è il collodio, ma il concetto è lo stesso. Le ricette di una volta erano più diluite, però erano migliori per stampare i negativi. Ogni fotografo aveva la sua ricetta. Cosa che comunque avviene anche oggi. Ognuno ha le sue preferenze.

TG: Certo, ma i risultati sono comparabili?

AM: Oggi si insiste troppo sulla tecnica. È come discutere se la Ilford Hp5 sia meglio di un'altra pellicola o no. Ognuno trova la sua strada, quello che conta è l'immagine finale. I tecnicismi non mi interessano. Lo sviluppo allo zucchero sono costretto ad usarlo perché d'estate all'aperto fa caldissimo e quello sviluppo è l'unico che gestisce le alte temperature.

TG: Quale tipo di luce preferisci per i tuoi scatti?

AM: Un cielo con nuvole luminose o un'ombra aperta; nessuna delle condizioni che si è presentata in questi giorni qui a Milano.

TG: Hai visto delle lastre originale riprese nella metà dell' 1800? Come ti sembrano?

AM: Sì. Sono molto più belle delle nostre.

TG: Loro erano più bravi di noi, pur disponendo di una tecnologia più antiquata?

AM: Noi usiamo la stessa tecnologia, al massimo utilizziamo obiettivi moderni.

TG: Allora sono le nostre capacità manuali che sono inferiori a quelle dei nostri avi? E la nostra volontà?

AM: Sì. Noi ci accontentiamo troppo di quello che facciamo. All'epoca non c'era niente di meno della perfezione. Tutto quello che non andava bene veniva probabilmente distrutto o bruciato. I fotografi erano pochissimi e chi era fotografo lo era davvero. Non si metteva a usare il collodio umido per fare cose brutte. Se faceva una cosa che non andava bene non la vendeva.

TG: C'era più serietà e rigore.

AM: Sì, ma quello accadeva in ogni cosa e in tutto il mondo del lavoro. Se fai una cosa, o è o non è.

TG: Ti piace questo tipo di vita: stare all'aperto e conoscere persone? Svolgere una tua attività... Sono questi i motivi che ti hanno spinto a scegliere il collodio? E poi il gusto per l'immagine...

AM: Sì. Io cerco persone e qui le trovo. Trovo tutto quello che voglio. Difficilmente da un'altra parte troverei cose di questo tipo. Io cerco i ragazzi che vivono sui camion, poi loro girano nei vari rave e fanno vedere ad altri le immagini che ho scattato. Questo mi piace. Poi, gente che non conosco viene da me e mi dice: tu sei quello che ha fatto la "foto"... E così, anche loro si fanno fotografare e poi conosci altre persone ed inizi a capire chi sono quelli che sono state le leggende di quell'ambiente negli anni '90 e li fotografi.

TG: Ho capito. Il fatto che le tue lastre siano dei pezzi unici, per te è un pregio, un difetto, un problema o che cosa?

AM: È un problema, ma è il suo fascino. Chi compra una "foto" da me ne ha soltanto una.

TG: Ti capita di farne due? Una per te e una per chi te la chiede?

AM: A volte, sì.

TG: E ovviamente non saranno mai uguali...

AM: No. Sono due "foto" diverse. Questo è il loro fascino.

TG: Sceglie il cliente?

AM: Se la lastra è per me, scelgo io; se è per il cliente la sceglie lui.

TG: Scatti anche con pellicole piane speciali, radiografie...

AM: Ho appena comprato delle pellicole x-ray, non so bene cosa combinerò...

TG: Non hai ancora provato?

AM: No. Usare le pellicole x-ray è l'unico modo per utilizzare pellicole di formato 18X24, senza sborsare una fortuna. Bisogna accontentarsi di quello che si trova.

TG: Si possono ottenere ottimi risultati anche dalle pellicole per radiografie?

AM: L'arte di arrangiarsi crea sempre risultati inaspettati. È un po' come per il collodio: non hai uno studio? Allora esci a fotografare all'aria aperta. Non ti devi far fermare dal caldo, dall'acqua, dalla neve, dai temporali o dal vento.

TG: Bisogna essere persone calme, imperturbabili con un buon autocontrollo che non si lasciano distrarre da niente. Bisogna essere un po' speciali per riuscire a seguire dei ritmi così lenti in un mondo che viaggia alla velocità della luce che trasporta i bit sulla rete web...

AM: Non lo so... Per me la vita dovrebbe essere sempre molto calma e lenta. Anche questi ragazzi intorno a me sono molto calmi e lenti. Non sembrerebbe, ma è così. Sono molto tranquilli. Dipende tutto da come ti poni con le persone.

TG: Ok, grazie Aldo, ho un'ultima richiesta da farti. Magari potremmo incontrarci più avanti, in primavera magari, per fare una specie di backstage fotografico mentre tu lavori e riprendi i tuoi soggetti preferiti al collodio umido?

AM: Perché no? Anche se sarebbe un backstage un po' surreale...

TG: Perché?

AM: Perché ci sarebbero i tipi coi camion, piuttosto la gente che trovo per strada o sulla ferrovia. Prima ho bloccato il traffico per prendere uno scatto.

TG: Si sono fermati?

AM: No, ma li ho bloccati lo stesso, quando piazzo la macchina sul cavalletto non mi muovo fino a che non ho finito.


Ambrotipia
La lastra di cui si parla durante l'intervista ad Aldo Marci.

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