Sette giorni fa, lo scorso 17 novembre, si è chiusa alla Key Gallery di Milano, con un finissage durante il quale abbiamo assistito ad un live painting, la mostra "Memories" dell'artista sardo Manu Invisible; uno street-artist che, attraverso l'impiego di supporti e materiali adatti ad essere esposti in galleria, ha riproposto in miniatura alcuni interventi effettuati sulla strada, nei sottopassi e sui cavalcavia autostradali. Tra le opere comparivano tele, scatole di legno e altri elementi di recupero sui quali sono state impresse parole particolarmente significative ed evocative, ma anche teche di plexiglass contenenti oggetti trovati.
Il legno è stato trattato con il fumo, mentre tre maschere di uno stile che potrebbe avvicinarsi al Manga giapponese sono state costruite rispettivamente con alluminio, pvc e sughero ripiegato su se stesso.
I veri soggetti del lavoro di manu Invisible sono proprio quei termini che richiamano pensieri ed urgenze importanti per l'artista. A questo proposito ho voluto sapere qual'è il preciso significato di questi concetti. TG
Tony Graffio intervista Manu Invisible
Manu Invisible, lo scorso 17 novembre 2018, da Key Gallery via Pietro Borsieri, 12, Milano.
Tony Graffio intervista Manu Invisible
Tony Graffio: Ciao Manu, ti presenti sempre al pubblico indossando le tue maschere?
Manu Invisible: Sì, lo faccio per ricordarmi e ricordare che questa è un'attività che spesso può avere qualche ripercussione poco piacevole a livello di fedina penale.
TG: Però mi sembra che ultimamente tu sia stato assolto proprio grazie al valore artistico che è stato riconosciuto ad alcuni tuoi murales...
MI: Sì, tempo fa mi hanno assolto. Sono stato giudicato dalla Corte della Cassazione. È stata una vittoria importante che ho conseguito quando ancora ero minorenne. Il mio percorso professionale è sempre stato travagliato, perché viviamo in un'epoca in cui l'espressione artistica non è considerata come un gesto liberatorio, ma viene visto principalmente come un gesto rivoluzionario; anche se a mio avviso, non sempre deve essere interpretato in quel modo.
TG: Cosa ti ha lasciato quella esperienza?
MI: Sono tutte esperienze di vita. Cerco di raccogliere il meglio da tutto quello che faccio. Ritengo di esprimermi in modo genuino e liberatorio e penso che queste mie espressioni possano essere catartiche anche per la società. È una riconquista di valori che sicuramente in questa epoca storica non è facile affermare, perché ci troviamo in un momento di buio totale. Far riaffiorare certi concetti sulle pareti che costeggiano le strade a scorrimento veloce può far riassaporare il vero contenuto e l'etimologia di quelle parole nel loro valore più autentico e intrinseco.
TG: Ho visto la parola "resilienza" stampata su più opere; perché hai usato proprio questo termine che non è tanto abituale?
MI: In effetti, è un termine che è stato coniato di recente. È nato nell'ambito della meccanica e serve per distinguere tra vari materiali quelli che hanno capacità maggiori nel resistere agli urti senza rompersi. Successivamente, questo termine è stato adottato anche in ambito psicologico, cosa che ha fatto acquisire alla nostra mente un valore aggiunto ed è stato utile a spiegare una caratteristica che noi come essere umani abbiamo da sempre, ma di cui non ci siamo mai occupati con la dovuta attenzione. Si tratta della capacità di un individuo di resistere, se messo sotto pressione da condizioni difficili ed ai traumi della vita.
TG: Questa sera invece hai scelto di scrivere la parola "dedizione" su un muro dove era stata proiettata la diapositiva di un ponte autostradale fotografato di notte. È un modo di esprimere la tua dedizione all'arte?
MI: Sì, è una dedizione ad un percorso di vita. Spesso ci si trova smarriti nel mondo e per questo bisogna trovare e mantenere un atteggiamento positivo e, soprattutto, positivo in quello che si fa. La dedizione è una virtù che va vissuta ed esplorata. Per me è una parola sacra, ma spero che lo sia anche per tutte le persone che la leggono passando velocemente sulle strade che ospitano i miei lavori.
TG: Ti vorrei fare una domanda che ho fatto anche a Ivan il poeta: per uno street-artist che cosa vuol dire essere presente con le sue opere in una galleria d'arte?
MI: Per uno street-artist essere qua è come tornare a casa dopo che si dipinge. Mi sono sentito accolto dalle mura fisiche di questa galleria, il resto è tutto concettuale. Questo spazio mi offre tanto, sia a livello di servizi che di cultura, ma anche di calore umano. Questo è un ambiente familiare che frequento volentieri, nonostante mi aggiri tra il pubblico mascherato e possa sembrare un personaggio ostile. Vivo queste giornate lontano da tutto, anche dal mio lavoro. L'approccio che ho con la strada è ovviamente molto diverso da quello che ho con la galleria d'arte, ma ho cercato di creare un ponte tra questi ambienti e proporre un discorso poetico che possa arricchire anche quello che faccio fuori di qui. Per me è importante creare anche delle opere di piccolo formato; l'ho sempre fatto, anche prima di dipingere i cavalcavia. Per me è stato molto significativo ufficializzare la mia presenza in galleria con un evento che è stato curato nel miglior modo possibile. La strada tuttavia rimane una componente molto importante di quello che faccio, perché quella è l'attività che mi dà forza e mi mantiene in vita. La galleria invece è un ambiente più familiare che mi aiuta a tessere i rapporti sociali e commerciali.
TG: Speri di presentare qualche lavoro nelle fiere d'arte e magari di arrivare in seguito a vendere i tuoi lavori anche nelle aste?
MI: Sì, spero che possa capitarmi. Ho già un impegno con l'Affordable Art Fair. Qui a Milano esporrò al Superstudio+ dal 25 al 27 gennaio 2019. Parteciperò a quella fiera con la Key Gallery.
Resilienza di Manu Invisible. Forse in altri tempi avremmo parlato di... Resistenza.
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