Michelangelo diceva che era possibile fare scultura in soli due modi: "per via di togliere" o "per via d'aggiungere" (materia).
Attualmente, grazie alle nuove tecnologie, "si può far scultura per separazione."
Guido Moretti, scultore, 67 anni
Tony Graffio intervista Guido Moretti
TG - Maestro, si presenti al nostro pubblico.
Guido Moretti - Sono Guido Moretti, di professione, si fa per dire perché sono professioni artistiche, faccio lo scultore, solamente lo scultore e ho fatto un'esperienza artistica nella mia vita che mi emoziona tantissimo.
Ho infatti la presunzione di poter dire che mi è capitata "l'avventura" di scoprire quella che io chiamo: la terza via alla scultura e che nessuno ha ancora smentito.
TG -Perché la terza via?
Guido Moretti - Sapendo che Michelangelo diceva che la scultura si poteva fare solo in due modi: per via di togliere, o per via d'aggiungere, o anche mescolando i due metodi, non ce ne sarebbero stati altri.
Questo accadeva molto tempo fa.
Adesso, grazie alle nuove tecnologie, che comportano l'utilizzo di materiali come il polistirolo che si scioglie con un filo caldo che scorre al suo interno, quindi io posso tagliare facilmente la materia, sfilare delle parti, rimetterle queste parti in altre posizioni e fare quello che voglio, si aprono nuove possibilità.
Oppure esistono tecnologie come l'elettroerosione a filo che è pure la stessa cosa, solo che avviene nel metallo, direttamente e non nel polistirolo che è un materiale povero e fragile.
Ecco, questa è la procedura fondamentale della terza via che sarebbe la separazione del materiale.
Tramite un metodo che ho iniziato nel 1985, abbandonando la parte figurativa, ho iniziato a ragionare in termini di leggi che governano il mondo, ho osservato la natura che obbedisce a leggi matematiche in tutti i sensi. Da noi che giriamo come una trottola intorno al sole, e neanche ce ne accorgiamo, a velocità pazzesche, ad un seme che poi germoglia nella terra e diventa un'albero di 30 metri.
Queste cose mi hanno emozionato molto, come mi hanno emozionato le forme che produce la natura; pensate alle forme delle conchiglie o alla formazione della perla nell'ostrica. Questa perla è una sfera perfetta quindi dev'esserci qualche regola della natura che governa il mondo.
Allora, su questa base ho cercato di fare della scultura con un metodo, solo se le sculture vengono da un metodo mi interessano; all'epoca facevo il figurativo, ma proprio per questo motivo ho smesso di farlo.
Come prima cosa mi è successo che mi sono ritrovato a fare della scultura per stratificazione. Mi spiego meglio, se io prendo un foglio bidimensionale, come faccio a trasformarlo in una scultura? Lo piego e riesco a farlo stare in piedi e diventa una scultura cioè diventa un oggetto tridimensionale, però è banale...
Il problema non è fare delle cose banali, il problema allora è stato quello di cominciare a fare dei disegni sul piano e immaginare il tempo che deforma questi disegni, ottenendo un ellisse che diventa un cerchio, oppure un cerchio che diventa una cuspide, o diventa una mezza iperbole e queste cose qua.
Partendo da qui, ho ritagliato delle sagome di compensato, poi le sovrapponevo e ottenevo una forma nuova tridimensionale, partendo da un piano. Però c'era un progetto, c'era un'ipotesi di lavoro e c'era la possibilità di costruire questa forma.
Lì ho capito che il metodo è quasi più importante dell'opera in sé, perché posso rendermi conto che con un metodo uguale posso fare due sculture differenti, come ho fatto in quel caso quando mi sono accorto che avevo tutte sagome doppie e che le potevo montare alla rovescia. Nel mio libro (La terza via alla scultura) ho citato la bocca rovescia e la bocca dritta.
Finita la prima fase che io ho chiamato: metodo della stratificazione, in cui ho capito che questo metodo ogni disegno si prestava a far nascere due sculture, sono passato ad una fase in cui ho visto che imperniando le varie sagome si potevano ottenere centinaia di sculture diverse con lo stesso identico progetto. Basta muovere più o meno le sagome sui loro assi.
Per me, un metodo è efficace tanto più è in grado di produrre un maggior numero di sculture partendo da una sola operazione.
TG - Si tratta di una scultura dinamica?
Guido Moretti - No, è una scultura che può assumere la forma che desidera il fruitore.
Il gusto che applica il fruitore di questa scultura muovendola poco o tanto, di più o di meno, fa diventare questa persona partecipe all'azione artistica.
Io metto a disposizione un oggetto capace di diventare tante cose diverse che però obbediscono tutte allo stesso progetto.
Questa scultura è fatta con delle ellissi, ma può esserci quella fatta con dei cerchi, quella fatta con delle iperboli, sono cose completamente diverse e la grande quantità di sculture che posso ottenere con quel progetto hanno dei vincoli insiti al progetto stesso.
L'altra ipotesi alla quale sono arrivato dopo questo metodo che per me è stata rivoluzionaria e mi ha fatto capire che ero sulla strada giusta e molto fruttuosa è stata quella dell'intersezione ortogonale.
TG - Può spiegarmi in che cosa consiste il metodo dell'intersezione ortogonale?
Guido Moretti - E' molto semplice, immaginate di prendere un cubo, con le sue sei facce e immaginate di mettere un disegno come volete voi, uno sulla prima, un altro disegno sulla seconda faccia e via così.
Interveniamo poi sul contorno di quei disegni con il filo caldo che abbiamo visto prima, grazie alle tecnologie moderne, eseguiamo il contorno del secondo disegno in maniera perpendicolare al primo disegno e a quel punto nasce sicuramente una scultura che io non posso prevedere prima.
Oggi in realtà posso prevedere il risultato grazie all'utilizzo delle simulazioni che si possono fare in modo virtuale con l'aiuto del computer.
Attenzione però, questo non vuol dire nulla nel mio processo creativo, significa soltanto che posso disporre di un metodo più veloce per verificare il risultato.
Io, fino a ieri, facevo quest'operazione direttamente col polistirolo.
La terza via nasce dal metodo dell'intersezione ortogonale e dalla scoperta che da questo metodo escono fuori molti oggetti da uno stesso oggetto.
Il progetto di Egitto
Prendiamo, per esempio,la scultura che ho intitolato Egitto, da due disegni che ricordano l'Egitto, o meglio il Nilo, anche se in realtà si tratta di una formula matematica, ovvero di una sinusoide smorzata, in più c'è il triangolo che rappresenta la piramide e facendo queste intersezioni non ho scartato nulla. Ho ottenuto così 5 o 6 sculture, una diversa dall'altra, estratta una dall'altra e una è il positivo dell'altra.
Questa è la cosa incredibile di questo metodo.
Egitto di Guido Moretti
Questa è l'opera più rappresentativa della terza via alla scultura in cui si dimostra che per la sua produzione nulla è stato tolto e nulla è stato scartato o aggiunto. Tutto è stato smembrato e riassemblato in altra maniera per comporre altri oggetti costituendo sculture che per il loro autore valgono intrinsecamente a dimostrazione di questa teoria.
Tutta la materia che ha dato origine all'opera è stata ribaltata, da lì sono state estratte delle forme che, riassemblate in altro modo, hanno dato 5 o 6 sculture diverse.
Anche gli angoli più inutili del parallelepipedo di partenza, sono serviti a fare due piramidi.
Se andate a vedere sul mio sito, potrete trovare anche i video che mostrano le fasi della lavorazione della mia opera realizzata a Desenzano del Garda, nel porticciolo vecchio.
TG - Ha trovato questa nuova via alla scultura per una sua esigenza di trovare qualcosa di nuovo?
Guido Moretti - No, è una cosa che è venuta da sé. Io facevo delle sculture per raccontare le mie "paturnie", come fanno tanti.
Facendo degli studi di fisica, io sono laureato in fisica, mi sono reso conto c'era un fascino incredibile nel guardare le leggi che governano il mondo. E questo fascino è un'emozione.
Le formule matematiche possono anche emozionare profondamente.
TG - L'arte quindi esiste già in natura o è un'attività umana?
Guido Moretti - Questa è una bella domanda.
Io la sento come un'esigenza personale. Io sono assetato di qualcosa di nuovo che mi colpisca, che arrivi dal profondo dell'essere umano.
Io faccio delle sculture che sono giudicate molto matematiche, in parte è così, ma in parte sono anche delle forme per le quali uno prova emozione al di là della propria preparazione culturale.
Non è che una persona debba conoscere le formule matematiche per poter apprezzare una mia scultura, ci mancherebbe altro!
TG - I materiali sono importanti, o per lei conta solo il risultato?
Guido Moretti - I materiali per me non contano nulla.
Attenzione, questo non vuol dire che io con questo decida di fare una scultura di marzapane che poi si distruggerà, non è questo, ma la cosa importante è che io prima di tutto arrivi ad una forma nuova che emozioni.
Per esempio, io adesso ho fatto la Cubosfera ed in uno stesso spazio ho combinato un cubo ed una sfera. E questa cosa emoziona chiunque. E me lo raccontano.
Cubosfera a Bovezzo (BS), in via Verdi, sulla strada statale per andare a Nave (BS)
Da quella strada si possono avere due visioni perpendicolari, da una parte si vede un cubo, dall'altra una sfera.
La Cubosfera però non rientra nella terza via alla scultura, per il suo procedimento di lavorazione. L'opera è stata sponsorizzata dalla ditta Bonomi che ne ha coperto le spese per i costi di produzione ed installazione.
TG - Quindi la forma vince sulla materia?
Guido Moretti - Sì perché non posso vincolarmi alla materia se quell'oggetto che ho in mente non riesco a farlo.
Non mi interessa nulla avere degli oggetti che sono di plastica.
Uno dice: sono di plastica, valgono poco.
Ma io te lo faccio d'oro, se vuoi. Non è quello il problema.
Lo facciamo del materiale che vogliamo, ecco come io ribalto la questione.
Ti dico, io col polistirolo che è un materiale che vale nulla, sono riuscito a fare questo oggetto. Adesso, lo facciamo come vuoi.
Anche la Cubosfera di cui ti parlavo prima, l'ho fatta di polistirolo. L'ho ricavata da una palla di polistirolo, è stata portata da chi aveva le capacità, sono stati inseriti nel computer tutti i dati e poi il monumento è stato costruito tutto in lamiera saldata.
TG - Da quanti pezzi era composta?
Guido Moretti - Precisamente non te lo saprei dire, molti più di 200, comunque ci saranno stati utilizzati più di 10 km.di lamiera.
Anche lì, perché abbiamo utilizzato quel materiale?
Perché era quello che costava meno.
Ovviamente, si può fare di marmo o di qualsiasi altro materiale.
TG - Ho visto un suo lavoro fatto con una stampante 3D, cosa vogliamo dire di questo suo approccio con questa tecnologia?
Guido Moretti - Fantastico. Anche perché mi sono stancato di lavorare come un operaio per me stesso. Le limate che ho dato io al bronzo, voi non ne avete idea. Voleva dire cambiare continuamente la maglietta che diventava verde.
Tirare di lima non mi diverte, mi diverte molto di più preparare il progetto e pensare facciamo così, oppure così, va bene, facciamola!
TG - Moretti, la gente apprezza questa sua forma d'arte?
Guido Moretti - Devo dire di sì, vedo che la gente riconosce il suo valore.
TG - Che cos'è l'arte?
Guido Moretti - L'arte è il nostro respiro, è qualcosa che ci rende davvero diversi dagli animali. Se noi non avessimo questo sogno d'inventare cose nuove e di trasferire sulla tela, o sul marmo, o sul bronzo o su qualsiasi materiale le nostre idee ed i nostri sentimenti forti, allora non saremmo nulla.
Chi nega questa necessità fa un grande errore.
TG - Da bambino cose le sarebbe piaciuto fare?
Guido Moretti, Non lo so, però ricordo che prendevo il pongo, anzi, si trattava dello stucco che mio papà usava per chiudere i vetri, perché lui faceva il falegname e andavo a casa e facevo degli omini, modellavo le testine e tutto il resto, per ottenere delle piccole sculturine.
Ho sempre avuto quella passione lì, non ho mai sognato niente di particolare, anche perché forse avevo un sogno grandissimo nel cassetto che era di trovare la terza via alla scultura (ride).
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Un genio!
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