mercoledì 18 marzo 2015

Intervista a Ignazio Fresu - Affordable Art Fair

95 galleristi al Super Studio di via Tortona 27, a Milano, presentano opere per tutti i gusti, con un costo al di sotto dei 6000 euro, dal 19 marzo al 22 marzo 2015. Ho fatto immediatamente, la serata d'inaugurazione, un rapidissimo giro per estrapolare da questo contesto qualche artista emergente che mi parli di una sua opera.
Ho incontrato uno scultore che mi ha colpito per il suo approccio nei confronti del tempo che passa, per lo studio dei frammenti dei ricordi, per il suo metodo di lavoro ed i materiali utilizzati. 
Nella nostra memoria non ci sono mai opere complete e nemmeno ricordi intatti di ciò che abbiamo visto e vissuto, ma solo tracce del loro passaggio.
Questo è quanto sembra volerci dire Ignazio Fresu, un artista che ci parla del ciclo di trasformazione che appartiene a noi stessi, a ciò che ci circonda e, inevitabilmente, anche alle stesse sue opere.

Ignazio Fresu, 57 anni, scultore, alle sue spalle: Quel che resta

TG - Ciao Ignazio, puoi raccontarmi qualcosa di te? Quando sei nato, artisticamente parlando?

Ignazio Fresu - Ciao Tony, artisticamente ho iniziato a disegnare fin da bambino, prima ancora d'imparare a leggere e scrivere. Oltre ad usare le matite colorate, utilizzavo molto la tecnica del collage, poi ho scoperto i colori a tempera, ma se ho continuato in questa attività devo ringraziare soprattutto i miei genitori che mi hanno sempre incoraggiato ad esprimermi in questo modo e così credo sia anche per questo che io ho iniziato ad appassionarmi a ciò che facevo.

TG - Che studi hai fatto?

Ignazio Fresu - Ho frequentato il liceo artistico nella mia città natale, a Cagliari, poi ho continuato diplomandomi all'Accademia di Belle Arti di Firenze. In seguito poi sono rimasto in Toscana, dove ho continuato la mia carriera, adesso vivo e lavoro a Prato.

TG - Ti sei occupato solo d'arte o hai svolto anche altre attività?

Ignazio Fresu - Ho sempre fatto anche delle attività parallele.

TG - Come s'è evoluto il tuo stile negli anni?

Ignazio Fresu - Negli anni '70 ero molto legato alla pittura, ero un pittore iper-realista, ma quando si frequenta il liceo, o l'accademia si è sempre in competizione con i colleghi per vedere "chi fa la mosca più vera", è un po' un fatto di vanità, ma questa sfida mi ha anche permesso di seguire un mio interesse  che riguarda l'apparenza delle cose. Per esempio domani andrò all'inaugurazione di una mia installazione a Forlì che è stata studiata utilizzando i tubi di cartone che si usano a prato per le stoffe, ho trattato questo materiale con delle resine e poi gli ho applicato della polvere di ferro che ho fatto arrugginire. Dei tubi di ferro di questo tipo e di quello spessore sarebbero risultati pesantissimi, invece i miei tubi sono talmente leggeri che li tengo sospesi nell'aria con sottili fili di nylon trasparente. Questo è un effetto che può far riflettere per l'appunto sia sui materiali che sull'apparenza di quello che ci circonda.
Questo modo d'interpretare la realtà è una delle prerogative del mio lavoro che poi s'è sviluppato attraverso le mie sculture e le mie installazioni.

TG - Quando hai iniziato a fare questo tipo d'operazioni?

Ignazio Fresu - Da subito, perché la tecnica fa sì che un artista studi un problema e trovi delle soluzioni. La tecnica, quando non è fine a se stessa è ricerca e va di pari passo col pensiero, diciamo che la tecnica serve essenzialmente a realizzare quello che si ha in mente. 
Per esempio, nel caso dell'installazione che ho esposto qui in fiera a Milano, ci sono dei libri fatti da me, uno a uno e parliamo di 1500 libri che dapprima sono stati tagliati nel polistirolo con la raspa. Dopo che ho dato loro la forma, ho realizzato le copertine di cartone ed ho steso sopra questi libri delle resine adatte ad essere usate con il polistirolo ed il cartone. Su si essi ho stesso dei materiali di scarto che sono le polveri ed il granulato del marmo bianco di Carrara. A questi materiali ho aggiunto anche sabbie e gli stessi scarti di polistirolo che produco io, per rendere più leggero il tutto. 
Inserire del materiale leggero per me è importante perché la sabbia e gli scarti del marmo sono molto pesanti e come potete immaginare, l'installazione è abbastanza grande.

TG - Ma questi materiali hanno poi un loro deperimento durante il trasporto dell'installazione?

Ignazio Fresu - Certo, il deperimento esiste, soprattutto spostando i libri qua e là, però io intervengo sempre con continui restuari, il lavoro per me è sempre in essere, è vivo. Non ci sono problemi. Dove possono esserci state delle sbriciolature o qualche piccolo danno, io re-intervengo, sempre con la stessa tecnica e tutto ritorna com'era in origine.

TG - Esiste un mercato per questo genere d'installazioni?

Ignazio Fresu - E' più legato alla committenza, per esempio, di recente una mia opera è stata collocata all'interno del mercato del Comune di Guidonia che è un edificio in stile razionalista. L'installazione è stata acquistata da un committente per il Comune stesso di Guidonia...
Il mercato delle installazioni è abbastanza complesso, le vendite vengono effettuate soprattutto per le mie grafiche che riproducono e documentano fotograficamente l'installazione. 
Le grafiche sono composte da fotografie esautorate dove io intervengo personalmente col computer, le faccio stampare per poi intervenire nuovamente con gli stessi materiali utilizzati per l'installazione, creando un rapporto diretto tra essa e la grafica.

TG - Qual'è il significato dei libri che hai esposto?

Ignazio Fresu - Il discorso di quest'opera è abbastanza complesso, si tratta di libri che non si aprono e sui quali non c'è scritto sopra niente, quindi si tratta di un richiamo alla memoria del libro che è privo di titolo e d'autore.
Si tratta di libri anonimi nella loro forma di libro.
E' un po' il nostro bagaglio culturale che ha come perso la propria identità, per diventare, diciamo "Bergsonianamente" il nostro contesto personale e culturale e la nostra memoria, di cui noi stessi siamo fatti.
Noi siamo la memoria che conserviamo, senza la nostra memoria noi non esistiamo più.
Non si tratta però di una memoria documentale, non è importante ricordarci cosa abbiamo fatto quel giorno a quell'ora in quel posto, quanto un gomitolo, come lo descriveva Bergson che poi viene sovrapposto che risale, torna a galla e fa di noi quello che noi siamo.


Quel che resta


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