Tony Graffio: La serigrafia ha una sua dignità artistica; non è compresa perché negli anni '70 qualcuno ha creato un po' di confusione ed il pubblico non riusciva bene a capire che cosa avesse in mano, se una litografia, una serigrafia o qualche altro tipo di stampa. Purtroppo, c'è stato chi ha venduto una cosa per l'altra e disattendendo la fiducia del compratore ha rovinato la piazza a chi faceva seriamente la sua attività proponendo serigrafie al giusto prezzo.
Jessica: Certo. Questa confusione esiste ancora e, in quanto artigiani, il nostro compito è quello di rieducare in modo totale qualsiasi persona venga da noi. Dobbiamo insegnare a riconoscere quello che stanno guardando e a capire che la stampa che hanno davanti è stata creata con due mani e tanta fatica; non con una macchina elettronica. Per carità, anch'io amo l'arte digitale, ne puoi trovare in giro finché vuoi e di ottima qualità, ma in quanto artigiano ho l'obbligo di spiegare che c'è una grossa differenza tra un lavoro disegnato a mano e poi stampato con metodi tradizionali da ciò che invece scaturisce da un software attraverso un computer e una stampante digitale. Adoro la carta; è una fibra nella quale ritrovo me stessa ed anche per questo il prossimo week-end ho organizzato una mostra di 20 artisti genovesi e non al Museo della Carta di Mele. Si tratta di artisti bravissimi ancora poco conosciuti con i quali ho condiviso gran parte della mia esistenza per la stima che ho nei loro confronti. Controfibra è un workshop più exhibition che sicuramente sarà in grado di attirare l'attenzione di chi si interessa alle opere su carta e alla stampa d'autore. Con noi ci saranno i Malleus, Marco Mazzoni e tanti altri. Sono felice che anche alcuni bravi artisti abbiano voluto condividere con me il concetto della carta antica fatta a mano, perché il nostro incontro si svolgerà in una struttura pre-industriale della fine del 1700; un luogo meraviglioso che merita assolutamente d'essere visto. Giuseppe Traverso è il ragazzo che gestisce una cartiera/museo che negli anni ha visto attuarsi miglioramenti incredibili. La carta cotone che esce da Mele è di grande qualità. Con Giuseppe avevo già collaborato in occasione del Genova Urla, un bellissimo Festival di musica underground ad ingresso gratuito che ci è stato scippato nel 2017 per far spazio all'orribile scivolo di Costa Crociere. Anche se la grana è eccezionale, stampare sulla carta artigianale non è così facile come si potrebbe credere perché lavorando con i fogli con i bordi sfrangiati non ho una squadra precisa da prendere. Però guarda che resa! Si vede perfino parte dei fiori che sono rimasti attaccati alla carta: su questo supporto si può creare di tutto, in qualsiasi modo, aggiungendo elementi naturali o colorandolo a piacere. È una figata: queste sono le cose da sostenere! Se in tutta Italia ci fosse più sostegno per gli artigiani, per chi fa magliette, felpe, poster o altri manufatti ci sarebbe un valore aggiunto che ci permetterebbe di migliorare la situazione di un paese che ormai da troppo tempo sta cadendo in un degrado allucinante, anche per colpa dei mezzi di comunicazione di massa come la tv che banalizzano le realtà che valgono e diseducano i giovani inculcandogli valori sbagliati. Per proteggermi io rifuggo tutto quello che appare in tv o nei circuiti mainstream. Ma adesso ho finito il mio monologo.
TG: Beh a questo proposito posso dirti che da ormai diversi anni mi batto per far conoscere attraverso il mio blog le realtà creative artigianali, le idee e le opere di chi vale e merita maggior attenzione, proprio perché contribuisce con la sua opera a costruire un mondo alternativo migliore a quello che tutti abbiamo sotto gli occhi e che viene proposto ai giovani solo come un prodotto commerciale da consumare e gettare. Quello che producete voi ha un valore culturale, oltre che artistico, che spesso ci ricollega storicamente a vecchie tradizioni, tecniche e conoscenze che rischiano di essere dimenticate e addirittura perse, se non vengono adeguatamente valorizzate. Jessica, vorrei che adesso mi parlassi un po' più di te stessa e di come hai iniziato a fare serigrafia e magari mi dicessi anche quanti anni hai.
Jessica: Ho 33 anni e faccio queste stampe da circa 7 anni; però ho iniziato molto flat perché lavorando da sempre in un altro settore per sostenere questa mia passione non ho tantissimo tempo da dedicare alla serigrafia. Ho un piccolo studio in casa mia che mi permette di ottenere i risultati che vedi. Tutto parte dal gran piacere che mi dà la musica perché ascolto musica da tutta la vita.
TG: Che musica ti piace?
Jessica: Non seguo un genere ben preciso; ascolto dal Black Metal alla Psichedelia, al Noise Rock, all'Industrial o tutto quello che per me può aver senso. Oggi, per esempio, ho portato con me tre dischi importantissimi, tra i quali quello dei Vanessa Van Basten che sono una band che ha veramente segnato un'era, per quello che mi riguarda e per tutti noi genovesi. La stanza di Swedemborg è il capolavoro di Morgan Bellini, un artista eccezionale che ha partorito uno dei migliori dischi del post-Rock che consiglio a grandi e piccini. Con Morgan ho avuto il piacere di collaborare in occasione della pubblicazione di "Disintegration EP", uscito per Taxi Driver Records, dove ho disegnato e stampato fronte e retro di questo 7 pollici, una rivisitazione/omaggio al disco dei Cure "Disintegration".
TG: I dischi che esponi qui a Filler 2018 sono serigrafati da te?
Jessica: No, fanno parte della mia collezione; li porto in giro perché li amo e desidero farli conoscere anche ad altri. Anche Fabio Cuomo, la mia dolce metà, ha realizzato un suo progetto solista a cui ha dato il suo nome perché giustamente dice che si è un po' rotto le palle di dare nomi assurdi ai suoi dischi; si chiama così ed è così che adesso si fa conoscere. "La deriva del tutto" è il titolo assai particolare di un disco suonato tutto con il synth e il pianoforte che rappresenta un viaggio amniotico in una dimensione parallela che consiglio vivamente di intraprendere, non solo perché è di Fabio, ma perché ne apprezzo il valore. Cambrian è un progetto di un carissimo amico che è il chitarrista dei Carcharodon che suonano il Death & Roll e sono un po' fuori della grazia del Signore, ma sono splendidi e vengono da Alassio. Boggio un giorno si è presentato da Fabio dicendogli d'avere dei riff da proporre che sono piaciuti ed hanno dato vita a Cambrian, un viaggio Superdoom hawaiano che merita tantissimo anche lui d'essere ascoltato. È un disco meraviglioso per il quale ho disegnato la copertina uscito in vinile per la Kozmik Artifactz ed in CD per Taxi Driver Records, per il cd ho progettato un edizione limitata di O-Card ovvero una custodia per cd!
TG: Jessica, come si entrata in contatto con la serigrafia?
Jessica: Ho sempre dipinto e disegnato; faccio calcografia e sono nell'albo degli incisori liguri. Per curiosità poi sono passata dalla calcografia, alla xilografia e poi alla serigrafia, ma appena ho tempo mi piace dedicarmi alle acqueforti e alle acquetinte. Come dicevo a Fabio Meschini, bisogna cercare di ritagliarsi il tempo giusto; acqueforti e acquetinte vanno realizzate con una calma zen che ti permetta di stare sul pezzo perché si lavora direttamente su matrici di zinco e se si commette qualche errore non c'è la possibilità di cancellarlo o di tornare indietro. Bisogna fare i bagni giusti per gli acidi per permettere che si formi una velatura perfetta. Sono tutte tecniche straordinarie che meritano attenzione e passione.
TG: Io invece mi diverto con la Xerox Lithography, la conosci?
Jessica: No, non la conosco.
TG: È una tecnica recente che permette di stampare le fotografie con un torchio e l'inchiostro calcografico per mezzo di una matrice di carta.
Jessica: Ok, ho capito.
TG: Non siete in molti a dedicarvi sia alla calcografia che alla serigrafia; in genere gli incisori disprezzano un po' la serigrafia. Trovi che questi due modi per stampare possano avere pari dignità?
Jessica: Sono due cose diverse che vanno prese proprio per la loro diversità. Una tecnica offre dei vantaggi e l'altra altri ancora. Dipende che cosa si vuole fare; se si decide di stampare una serigrafia e per esprimere determinate cose e perché si vuole sfruttare la facilità con la quale questo mezzo permette di ottenere determinati colori. Se vuoi ottenere un risultato molto più di nicchia e quindi molto più lavorato allora si sceglie la calcografia. Tendenzialmente, ci si rivolge alla calcografia per produrre un tipo di arte vernacolare che riproduce dei "santini" che fermi nel tempo e conservi perché possiedono una loro aurea. La serigrafia, essendo una tecnica dalla quale si possono ottenere facilmente molte copie, ha un altro tipo di uso e di stesura. A meno che non mi venga espressamente chiesto di fare grosse tirature, io faccio delle serie estremamente limitate per dare maggior valore ad ogni singolo pezzo, oltretutto stampo con molti colori perché ho bisogno di vedere un minimo di tridimensionalità in quello che faccio. Nessuno mi chiede di lavorare in questo modo; ammetto di essere io ad avere una forma di fobia del vuoto che mi spinge a riempire il foglio di disegni e di colori. Anche se faccio molti art print o test print senza colore o con colori diversi, a fine lavoro mi accorgo che poteva andare bene in bianco e nero e mi ritrovo con stampe di tutti i tipi che ho usato come test che finisco per tenere io perché mi piacciono molto. Di tutto quello che vedi, ho almeno un paio di pezzi in più per tipo, solo nero, perché mi piace vedere le differenze e mi serve anche come tipo di studio personale.
TG: Per favore spiegami una cosa: il test print ha teoricamente più valore o meno valore? È commerciabile?
Jessica: Nel test print ci sono degli errori, altrimenti non sarebbe una prova e può essere o meno valutato. Gli americani giocano molto con questo discorso, anche Chuck Sperry fa così. Io personalmente preferisco stampare delle art print, ovvero stampare lo stesso disegno con altre colorazioni in tiratura ancora più ridotta. L'art print in questo caso ha più valore, mentre i test print sono sporchi e non a tutti piacciono. Io li vendo a prezzi inferiori perché non vedo i test print come qualcosa che sia facilmente vendibile, perciò vanno svalutati. Tu quando vai al supermercato vuoi comprare delle arance perfette, giusto?
TG: Non tutti hanno un occhio che sa riconoscere eventuali errori di battuta o piccole sporcizie.
Jessica: Vero, ma io lo so e preferisco comportarmi in modo onesto.
TG: Come trovi ispirazione per i tuoi disegni?
Jessica: Ci penso di notte e prendo appunti.
TG: Per chi ti piace lavorare?
Jessica: Per me il rapporto umano è fondamentale; se io riscontro un certo tipo di feeling faccio le cose con un'altra impronta. Se invece vedo che dall'altra parte c'è superficialità o disinteresse può essere che rifiuti un lavoro. Ho detto di no molte volte che non ero convinta di chi mi trovavo di fronte.
TG: Che tipo di carta usi? Vedo che non è proprio bianca...
Jessica: No, il bianco bianco a me non piace e mette i nervi, quindi scelgo sempre un avorio o un color panna. Di solito vado a cercare la carta che mi serve per un determinato lavoro.
TG: Le tue carte si combinano molto bene ai colori che usi...
Jessica: Sì, assolutamente, c'è sempre dietro uno studio in base a ciò faccio che mi fa decidere che carta prendere in considerazione eccetera eccetera.
TG: Utilizzi colori naturali?
Jessica: Sì, uso colori all'acqua. Le prime volte ho usato i solventi, ma ho dovuto smettere per non intossicarmi i polmoni. Non ho un impianto d'aspirazione pertanto devo stare attenta a quello che faccio. I colori a solvente sono indubbiamente belli, possono regalare un sacco di trasparenze interessanti, ma per quanto mi riguarda non mi soddisfano. Vanno bene se hai delle macchine semiautomatiche perché a quel punto il colore scivola bene sulla racla e basta che tu schiacci un pulsante con un pedale per ottenere un buon risultato. Il colore scorre e tu non ci devi stare addosso, ma se ci stai addosso è facile respirare le esalazioni nocive e non riesci neppure a concentrarti bene su quello che devi fare perché sei troppo impegnato a trattenere il respiro per non farti del male.
TG: Certo, c'è del timore che non ti mette a tuo agio.
Jessica: A me, personalmente, non piace. Preferisco di gran lunga l'acqua perché ho sempre lavorato con l'acqua.
TG: Anche il risultato che si ottiene con l'acqua è più old style...
Jessica: Sì. Poi, i colori li ottengo io completamente da sola. I Pantoni non so nemmeno cosa vogliano dire.
TG: Mischi tu i colori?
Jessica: Sì. Faccio i miei esperimenti al computer e poi decido. Preparo un mockup di quello che dovrebbe risultare e poi mi metto lì a mischiarli fino a che non tiro fuori quello che cerco.
TG: Disegni a mano libera?
Jessica: Prettamente a mano libera; prima disegno a matita e poi ripasso a china con il pennino, come facevano gli antichi. Mi piace il segno nero del pennino perché mi dà la possibilità di caricare bene l'inchiostro, cosa che le micron o i pennarellini del cazzo non riescono a darmi e poi io mi arrabbio da morire se non riesco ad ottenere quello che voglio. Così sono tornata agli albori del disegno e alla vera china. Nero indiano e pennini: uso dei pennini giapponesi di un acciaio eccezionale che resiste alla mia mano pesantissima e sono felice. Tutti i disegni che vedi qui sono fatti a pennino.
TG: La tua è un'ispirazione sempre molto psichedelica?
Jessica: Sì, ma dipende molto per che cliente lavoro.
TG: Più che un'ispirazione è il tuo tipo di tratto che è molto libero.
Jessica: Sì, per me disegnare è un rituale, poi dipende a chi vanno i miei disegni; in base a quello decido di fare un certo tipo di cose oppure altre.
TG: L'art print per te ha maggior valore rispetto alla stampa di un poster per il concerto di una band?
Jessica: Il poster e la stampa d'arte hanno due prezzi diversi perché hanno una tiratura diversa. I miei prezzi in fiera sono bassi per stimolare l'acquisto di chi viene a vedere Filler, ma su internet c'è da calcolare anche il costo della spedizione ed altre seccature. L'art print può avere colori diversi perché in prova utilizzo molti colori, ma poi mi innamoro sempre di due soluzioni. Quando stampo gli art print è perché decido di stampare entrambe.
TG: My name is Bri stampa gli art print, che chiama special edition, perché dice giustamente che non tutti apprezzano un disegno riferito al nome di una band che magari non conoscono o non interessa; anche questo può essere il motivo per stampare senza nomi o scritte?
Jessica: Sì. Anche questo può essere un motivo valido. Ad un sacco di persone non glie ne frega niente della band che ha il nome sul poster e preferiscono lo stesso disegno senza alcun riferimento a concerti o gruppi musicali. Molti poster artist scelgono di proporre i propri lavori in questo modo.
TG: Ti capita di illustrare anche libri?
Jessica: I libri non mi sono mai capitati; illustro soprattutto copertine di dischi. Recentemente, per The Winstons il progetto parallelo di Dell'Era, Gabrielli e Ufo Lino che è superprog-psichedelico, hanno pubblicato Pictures at an Exhibition per la AMS Records ed io ho creato un gatefold, una doppia tasca interamente serigrafata. Mi son fatta un gran culo, ma ne è valsa la pena perché ho sperimentato altre cose; in più ho avuto il piacere di usare un certo tipo di macchine per fustellare il summenzionato vinile, una Brima del '72 che scalcia ancora come un mulo, una vecchia macchina semiautomatica introvabile di proprietà di un mio amico tipografo con cui collaboro spesso e con cui gioco per inventare nuove soluzioni grafiche.
TG: Jessica, non ti ho chiesto se hai mai frequentato scuole d'arte o accademie?
Jessica: Ho frequentato per sei mesi l'Accademia di Genova poi sono scappata perché mi rompevo i coglioni. L'accademia di Genova oltre tutto non è minimamente attrezzata per fare serigrafia. Ormai viviamo nel mondo del digitale che ha ammazzato il lavoro manuale e tutto il resto, compresa la testa di molte persone. I ragazzi che escono da quella accademia non solo non sono in grado di pensare, ma neanche di vedere. In realtà, quello dovrebbe essere il lavoro dell'artista. Mi sono trovata a parlare con molti ragazzi che hanno studiato lì e mi sono accorta che si erano persi nel vuoto e non sapevano cosa fare. Questa cosa è tremenda e significa che la struttura in cui si trovavano non ha fatto il suo dovere e non è riuscita a formare dei giovani che hanno pagato dei soldi per niente. Ho deciso così di proseguire la mia formazione in altro modo sia per avere la possibilità di imparare liberamente quello che volevo a modo mio ma anche perché, ahimè, dovevo lavorare... Sciusciâ e sciurbì nu se peu, come si dice a Genova.
TG: Succhiare e soffiare allo stesso tempo non si può...
Jessica: Esatto. Ho sempre portato avanti il discorso della pittura per gli affari miei, fino a quando mi sono dedicata alla serigrafia. Ho iniziato a stampare perché non volevo vendere gli originali che tengo per me. Non mi separo dai miei lavori originali perché ci passo troppo tempo insieme: troppi ricordi. Ho la mia bella stanzetta dove disegno e tengo i miei 300 dischi.
TG: Hai avuto qualche maestro?
Jessica: Nella mia vita ho avuto la grande fortuna di incontrare Chuck Sperry che per me è stato un grande maestro. Con lui sono riuscita ad avere uno scambio; lui mi ha insegnato due cose di serigrafia ed io gli ho fatto incidere una lastra. Tante volte le cose funzionano così. Ne è venuto fuori Siren, un omaggio alla sua bella che si è portato a casa per regalarlo alla sua donna che è stata molto felice di quel dono. Il più grosso insegnamento che mi ha dato Chuck è stato quello di capire cosa vuol dire credere in quello che si fa. È stato lui a spronarmi a continuare a continuare con il mio lavoro. L'ultima volta l'ho incontrato ad AFA di due anni fa ed è stato mega-contento di vedermi ed anch'io di vedere lui.
TG: Quanto tempo ci metti a realizzare una stampa?
Jessica: Per alcune particolarmente impegnative anche più di due settimane.
TG: E per il disegno?
Jessica: Due notti.
TG: Disegni abbastanza di getto.
Jessica: Sì. Prima devo costruirmi un'idea precisa in testa e poi la butto giù.
TG: Come si possono ottenere i colori con la calcografia?
Jessica: C'è una tecnica che mi piace usare tantissimo che si chiama poupée e ti dà la possibilità di mettere più colori nella stessa matrice e stamparla. Quello che ottieni in questo modo è dato dalla casualità della stampa di un pezzo e da come il colore si perde nei meandri della lastra di zinco, oltre che al segno che tu applichi, ovvero dipende anche da come hai inciso la lastra o da come è stata corrosa dall'acido perché ci sono diversi bagni di morsura che possono essere utilizzati. È un procedimento molto affascinante, però necessità molto tempo, impegno e devozione. Ai tempi, sempre per uno dei 300 gruppi di Fabio, gli Elder Fate avevo tirato 66 poster in calcografia, tutti diversi, illustrando il passaggio da primavera, estate, autunno e inverno perché "Into the darkes forest" era uno dei loro pezzi migliori e da lì è partito il mio trip per certe tecniche.
TG: Forse la serigrafia è più immediata e più comprensibile ad un pubblico giovane?
Jessica: Sì, è molto più accessibile per le persone più giovani. Assolutamente, anche per i prezzi.
TG: Le tue serigrafie nonostante siano molto colorate, complesse e richiedano tanto lavoro hanno prezzi molto convenienti, perché?
TG: Hai realizzato un poster per Dylan Carlson?
Jessica: Sì, Earth mi ha reso molto orgogliosa, anche perché sono riuscita a conoscerlo personalmente. Credo d'avere quasi tutti i suoi dischi ed essere riuscita ad omaggiarlo con un mio lavoro mi ha reso particolarmente felice.
TG: Vieni spesso in Santeria per sentire musica?
Jessica: Sì, perché è il posto più bello in assoluto, inoltre c'è una buona acustica e ragazzi molto in gamba che organizzano i concerti.
TG: Vedo che usi colori particolari...
Jessica: Sì, a volte utilizzo colori glitterati come questo azzurro o questo rosso; altre volte l'oro. Sembra un giallo normale, ma in controluce ti accorgi che è oro. Altre volte utilizzo anche colori fluo.
TG: Vedo che hai realizzato un poster per gli Ufomammut; immagino che sarà una rarità, di solito i Malleus disegnano i poster per loro stessi...
Jessica: Sì, infatti, abbiamo rispetto reciproco l'uno degli altri e questo per me è davvero importante. Mi sembra che fosse per il primo Genova Urla che abbiamo fatto nel 2013. L'abbiamo organizzato con Gigi, il cantante degli Isaak; eravamo una bella combriccola a quei tempi, poi l'esistenza ti porta in altri lidi...
TG: Firmi le tue stampe?
Jessica: Ogni tanto sì, ogni tanto no. Poi è subentrato il timbro a secco e faccio ancora più in fretta.
TG: È facile fare serigrafie?
Jessica: Non c'è niente di semplice nella vita, però basta poco per iniziare, figurati che una volta utilizzavo due pinze per tenere fermi i telai di legno su un tavolo. Aggiungi la racla, l'inchiostro e la carta e non serve altro; adesso per comodità uso due braccia. Bisogna mettersi lì con calma e provare, poi sbagliando si impara. Ovviamente, bisogna studiare come fare perché le cose non piovono dal cielo. Ci vuole devozione e amore per quello che si fa e tanta forza di volontà.
TG: Non bisogna arrendersi mai.
Jessica: Mai.
TG: Stendi da sola anche l'emulsione fotosensibile?
Jessica: Sì, faccio tutto io.
TG: Hai una lampada a UV?
Jessica: Mi sono comprata un bromografo che contiene giusto dei telai di 55X75 centimetri. Non posso fare formati più grandi, ma va benissimo per quello che faccio. Diversamente mi appoggio a terzi.
TG: I dischi che esponi qui a Filler 2018 sono serigrafati da te?
Jessica: No, fanno parte della mia collezione; li porto in giro perché li amo e desidero farli conoscere anche ad altri. Anche Fabio Cuomo, la mia dolce metà, ha realizzato un suo progetto solista a cui ha dato il suo nome perché giustamente dice che si è un po' rotto le palle di dare nomi assurdi ai suoi dischi; si chiama così ed è così che adesso si fa conoscere. "La deriva del tutto" è il titolo assai particolare di un disco suonato tutto con il synth e il pianoforte che rappresenta un viaggio amniotico in una dimensione parallela che consiglio vivamente di intraprendere, non solo perché è di Fabio, ma perché ne apprezzo il valore. Cambrian è un progetto di un carissimo amico che è il chitarrista dei Carcharodon che suonano il Death & Roll e sono un po' fuori della grazia del Signore, ma sono splendidi e vengono da Alassio. Boggio un giorno si è presentato da Fabio dicendogli d'avere dei riff da proporre che sono piaciuti ed hanno dato vita a Cambrian, un viaggio Superdoom hawaiano che merita tantissimo anche lui d'essere ascoltato. È un disco meraviglioso per il quale ho disegnato la copertina uscito in vinile per la Kozmik Artifactz ed in CD per Taxi Driver Records, per il cd ho progettato un edizione limitata di O-Card ovvero una custodia per cd!
TG: Jessica, come si entrata in contatto con la serigrafia?
Jessica: Ho sempre dipinto e disegnato; faccio calcografia e sono nell'albo degli incisori liguri. Per curiosità poi sono passata dalla calcografia, alla xilografia e poi alla serigrafia, ma appena ho tempo mi piace dedicarmi alle acqueforti e alle acquetinte. Come dicevo a Fabio Meschini, bisogna cercare di ritagliarsi il tempo giusto; acqueforti e acquetinte vanno realizzate con una calma zen che ti permetta di stare sul pezzo perché si lavora direttamente su matrici di zinco e se si commette qualche errore non c'è la possibilità di cancellarlo o di tornare indietro. Bisogna fare i bagni giusti per gli acidi per permettere che si formi una velatura perfetta. Sono tutte tecniche straordinarie che meritano attenzione e passione.
TG: Io invece mi diverto con la Xerox Lithography, la conosci?
Jessica: No, non la conosco.
TG: È una tecnica recente che permette di stampare le fotografie con un torchio e l'inchiostro calcografico per mezzo di una matrice di carta.
Jessica: Ok, ho capito.
TG: Non siete in molti a dedicarvi sia alla calcografia che alla serigrafia; in genere gli incisori disprezzano un po' la serigrafia. Trovi che questi due modi per stampare possano avere pari dignità?
Jessica: Sono due cose diverse che vanno prese proprio per la loro diversità. Una tecnica offre dei vantaggi e l'altra altri ancora. Dipende che cosa si vuole fare; se si decide di stampare una serigrafia e per esprimere determinate cose e perché si vuole sfruttare la facilità con la quale questo mezzo permette di ottenere determinati colori. Se vuoi ottenere un risultato molto più di nicchia e quindi molto più lavorato allora si sceglie la calcografia. Tendenzialmente, ci si rivolge alla calcografia per produrre un tipo di arte vernacolare che riproduce dei "santini" che fermi nel tempo e conservi perché possiedono una loro aurea. La serigrafia, essendo una tecnica dalla quale si possono ottenere facilmente molte copie, ha un altro tipo di uso e di stesura. A meno che non mi venga espressamente chiesto di fare grosse tirature, io faccio delle serie estremamente limitate per dare maggior valore ad ogni singolo pezzo, oltretutto stampo con molti colori perché ho bisogno di vedere un minimo di tridimensionalità in quello che faccio. Nessuno mi chiede di lavorare in questo modo; ammetto di essere io ad avere una forma di fobia del vuoto che mi spinge a riempire il foglio di disegni e di colori. Anche se faccio molti art print o test print senza colore o con colori diversi, a fine lavoro mi accorgo che poteva andare bene in bianco e nero e mi ritrovo con stampe di tutti i tipi che ho usato come test che finisco per tenere io perché mi piacciono molto. Di tutto quello che vedi, ho almeno un paio di pezzi in più per tipo, solo nero, perché mi piace vedere le differenze e mi serve anche come tipo di studio personale.
TG: Per favore spiegami una cosa: il test print ha teoricamente più valore o meno valore? È commerciabile?
Jessica: Nel test print ci sono degli errori, altrimenti non sarebbe una prova e può essere o meno valutato. Gli americani giocano molto con questo discorso, anche Chuck Sperry fa così. Io personalmente preferisco stampare delle art print, ovvero stampare lo stesso disegno con altre colorazioni in tiratura ancora più ridotta. L'art print in questo caso ha più valore, mentre i test print sono sporchi e non a tutti piacciono. Io li vendo a prezzi inferiori perché non vedo i test print come qualcosa che sia facilmente vendibile, perciò vanno svalutati. Tu quando vai al supermercato vuoi comprare delle arance perfette, giusto?
TG: Non tutti hanno un occhio che sa riconoscere eventuali errori di battuta o piccole sporcizie.
Jessica: Vero, ma io lo so e preferisco comportarmi in modo onesto.
Acid Mother Temple & the Melting Paraiso UFO di Jessica Rassi
Jessica dice che per lei è stato un onore lavorare nuovamente con Makoto Kawabata che oltre ad essere un musicista psichedelico con all'attivo 40-50 dischi ha superato le barriere del suono con i suoi pezzi solisti e le collaborazioni riuscendo a creare un mondo molto speciale. Ha accettato sulla fiducia la proposta artistica di Jessica e solo per rispettare la fiducia del musicista giapponese Jessica si è sentita molto stimolata per riuscire a realizzare un disegno che potesse pienamente soddisfare le aspettative. Sono state stampate 500 copie che sono state distribuite tra l'autore del poster e la band. Sono state realizzate anche altre due versioni in art print con colori diversi e carta satinata nera e satinata madreperla.TG: Come trovi ispirazione per i tuoi disegni?
Jessica: Ci penso di notte e prendo appunti.
TG: Per chi ti piace lavorare?
Jessica: Per me il rapporto umano è fondamentale; se io riscontro un certo tipo di feeling faccio le cose con un'altra impronta. Se invece vedo che dall'altra parte c'è superficialità o disinteresse può essere che rifiuti un lavoro. Ho detto di no molte volte che non ero convinta di chi mi trovavo di fronte.
TG: Che tipo di carta usi? Vedo che non è proprio bianca...
Jessica: No, il bianco bianco a me non piace e mette i nervi, quindi scelgo sempre un avorio o un color panna. Di solito vado a cercare la carta che mi serve per un determinato lavoro.
TG: Le tue carte si combinano molto bene ai colori che usi...
Jessica: Sì, assolutamente, c'è sempre dietro uno studio in base a ciò faccio che mi fa decidere che carta prendere in considerazione eccetera eccetera.
TG: Utilizzi colori naturali?
Jessica: Sì, uso colori all'acqua. Le prime volte ho usato i solventi, ma ho dovuto smettere per non intossicarmi i polmoni. Non ho un impianto d'aspirazione pertanto devo stare attenta a quello che faccio. I colori a solvente sono indubbiamente belli, possono regalare un sacco di trasparenze interessanti, ma per quanto mi riguarda non mi soddisfano. Vanno bene se hai delle macchine semiautomatiche perché a quel punto il colore scivola bene sulla racla e basta che tu schiacci un pulsante con un pedale per ottenere un buon risultato. Il colore scorre e tu non ci devi stare addosso, ma se ci stai addosso è facile respirare le esalazioni nocive e non riesci neppure a concentrarti bene su quello che devi fare perché sei troppo impegnato a trattenere il respiro per non farti del male.
TG: Certo, c'è del timore che non ti mette a tuo agio.
Jessica: A me, personalmente, non piace. Preferisco di gran lunga l'acqua perché ho sempre lavorato con l'acqua.
TG: Anche il risultato che si ottiene con l'acqua è più old style...
Jessica: Sì. Poi, i colori li ottengo io completamente da sola. I Pantoni non so nemmeno cosa vogliano dire.
TG: Mischi tu i colori?
Jessica: Sì. Faccio i miei esperimenti al computer e poi decido. Preparo un mockup di quello che dovrebbe risultare e poi mi metto lì a mischiarli fino a che non tiro fuori quello che cerco.
TG: Disegni a mano libera?
Jessica: Prettamente a mano libera; prima disegno a matita e poi ripasso a china con il pennino, come facevano gli antichi. Mi piace il segno nero del pennino perché mi dà la possibilità di caricare bene l'inchiostro, cosa che le micron o i pennarellini del cazzo non riescono a darmi e poi io mi arrabbio da morire se non riesco ad ottenere quello che voglio. Così sono tornata agli albori del disegno e alla vera china. Nero indiano e pennini: uso dei pennini giapponesi di un acciaio eccezionale che resiste alla mia mano pesantissima e sono felice. Tutti i disegni che vedi qui sono fatti a pennino.
TG: La tua è un'ispirazione sempre molto psichedelica?
Jessica: Sì, ma dipende molto per che cliente lavoro.
TG: Più che un'ispirazione è il tuo tipo di tratto che è molto libero.
Jessica: Sì, per me disegnare è un rituale, poi dipende a chi vanno i miei disegni; in base a quello decido di fare un certo tipo di cose oppure altre.
Lullabies di Jessica Rassi
Manifesto dedicato al negozio di un'amica di Jessica a Monza. A Lullabies si vendono dischi e si fanno tatuaggi; è un luogo che viene raffigurato con una donna dormiente che ascolta musica in cuffia, cosa che sesso accade anche a Jessica, intanto il disco si sta frantumando e lucciole a forma di lampadina, simbolo del negozio, volano nel cielo notturno. Sono state stampate solo 32 copie in onore alla proprietaria del negozio che nel 2017 compiva 32 anni.
TG: L'art print per te ha maggior valore rispetto alla stampa di un poster per il concerto di una band?
Jessica: Il poster e la stampa d'arte hanno due prezzi diversi perché hanno una tiratura diversa. I miei prezzi in fiera sono bassi per stimolare l'acquisto di chi viene a vedere Filler, ma su internet c'è da calcolare anche il costo della spedizione ed altre seccature. L'art print può avere colori diversi perché in prova utilizzo molti colori, ma poi mi innamoro sempre di due soluzioni. Quando stampo gli art print è perché decido di stampare entrambe.
TG: My name is Bri stampa gli art print, che chiama special edition, perché dice giustamente che non tutti apprezzano un disegno riferito al nome di una band che magari non conoscono o non interessa; anche questo può essere il motivo per stampare senza nomi o scritte?
Jessica: Sì. Anche questo può essere un motivo valido. Ad un sacco di persone non glie ne frega niente della band che ha il nome sul poster e preferiscono lo stesso disegno senza alcun riferimento a concerti o gruppi musicali. Molti poster artist scelgono di proporre i propri lavori in questo modo.
TG: Ti capita di illustrare anche libri?
Jessica: I libri non mi sono mai capitati; illustro soprattutto copertine di dischi. Recentemente, per The Winstons il progetto parallelo di Dell'Era, Gabrielli e Ufo Lino che è superprog-psichedelico, hanno pubblicato Pictures at an Exhibition per la AMS Records ed io ho creato un gatefold, una doppia tasca interamente serigrafata. Mi son fatta un gran culo, ma ne è valsa la pena perché ho sperimentato altre cose; in più ho avuto il piacere di usare un certo tipo di macchine per fustellare il summenzionato vinile, una Brima del '72 che scalcia ancora come un mulo, una vecchia macchina semiautomatica introvabile di proprietà di un mio amico tipografo con cui collaboro spesso e con cui gioco per inventare nuove soluzioni grafiche.
TG: Jessica, non ti ho chiesto se hai mai frequentato scuole d'arte o accademie?
Jessica: Ho frequentato per sei mesi l'Accademia di Genova poi sono scappata perché mi rompevo i coglioni. L'accademia di Genova oltre tutto non è minimamente attrezzata per fare serigrafia. Ormai viviamo nel mondo del digitale che ha ammazzato il lavoro manuale e tutto il resto, compresa la testa di molte persone. I ragazzi che escono da quella accademia non solo non sono in grado di pensare, ma neanche di vedere. In realtà, quello dovrebbe essere il lavoro dell'artista. Mi sono trovata a parlare con molti ragazzi che hanno studiato lì e mi sono accorta che si erano persi nel vuoto e non sapevano cosa fare. Questa cosa è tremenda e significa che la struttura in cui si trovavano non ha fatto il suo dovere e non è riuscita a formare dei giovani che hanno pagato dei soldi per niente. Ho deciso così di proseguire la mia formazione in altro modo sia per avere la possibilità di imparare liberamente quello che volevo a modo mio ma anche perché, ahimè, dovevo lavorare... Sciusciâ e sciurbì nu se peu, come si dice a Genova.
TG: Succhiare e soffiare allo stesso tempo non si può...
Jessica: Esatto. Ho sempre portato avanti il discorso della pittura per gli affari miei, fino a quando mi sono dedicata alla serigrafia. Ho iniziato a stampare perché non volevo vendere gli originali che tengo per me. Non mi separo dai miei lavori originali perché ci passo troppo tempo insieme: troppi ricordi. Ho la mia bella stanzetta dove disegno e tengo i miei 300 dischi.
A fish out of water di Jessica Rassi
Un pesce fuor d'acqua è stato stampato in un sol colore per Genova Urla poiché mancava poco tempo al festival e c'era la necessità di fare in fretta. Nonostante sia stata utilizzata carta artigianale non sarebbe stato un problema stampare a più colori e mettere a registro i vari telai, ma soltanto per una questione di rispettare i tempi organizzativi si è preferito non complicare troppo la stampa. L'edizione limitata a 3 dozzine di copie impreziosisce l'opera ed è anche utile a sottolineare la scelta di una carta pregiata. La carta artigianale non ha uno spessore costante e questo fa sì che anche il peso a metro quadro non sia preciso, per questo è richiesto un maggior impegno durante la stesura dell'inchiostro con la racla. Jessica ha un suo progetto di Postervision da realizzare: solitamente sono le band musicali che cercano l'artista visivo per affidargli un lavoro, ma nel caso dei Postervision Jessica vuole chiedere ai musicisti di suonare un pezzo ispirandosi ad un suo disegno. Al disegno andrà allegata una traccia audio da scaricare da internet per mezzo di un codice che permetterà di ascoltare la musica insieme al poster che ha ispirato il brano musicale.
Jessica: Nella mia vita ho avuto la grande fortuna di incontrare Chuck Sperry che per me è stato un grande maestro. Con lui sono riuscita ad avere uno scambio; lui mi ha insegnato due cose di serigrafia ed io gli ho fatto incidere una lastra. Tante volte le cose funzionano così. Ne è venuto fuori Siren, un omaggio alla sua bella che si è portato a casa per regalarlo alla sua donna che è stata molto felice di quel dono. Il più grosso insegnamento che mi ha dato Chuck è stato quello di capire cosa vuol dire credere in quello che si fa. È stato lui a spronarmi a continuare a continuare con il mio lavoro. L'ultima volta l'ho incontrato ad AFA di due anni fa ed è stato mega-contento di vedermi ed anch'io di vedere lui.
TG: Quanto tempo ci metti a realizzare una stampa?
Jessica: Per alcune particolarmente impegnative anche più di due settimane.
TG: E per il disegno?
Jessica: Due notti.
TG: Disegni abbastanza di getto.
Jessica: Sì. Prima devo costruirmi un'idea precisa in testa e poi la butto giù.
TG: Come si possono ottenere i colori con la calcografia?
Jessica: C'è una tecnica che mi piace usare tantissimo che si chiama poupée e ti dà la possibilità di mettere più colori nella stessa matrice e stamparla. Quello che ottieni in questo modo è dato dalla casualità della stampa di un pezzo e da come il colore si perde nei meandri della lastra di zinco, oltre che al segno che tu applichi, ovvero dipende anche da come hai inciso la lastra o da come è stata corrosa dall'acido perché ci sono diversi bagni di morsura che possono essere utilizzati. È un procedimento molto affascinante, però necessità molto tempo, impegno e devozione. Ai tempi, sempre per uno dei 300 gruppi di Fabio, gli Elder Fate avevo tirato 66 poster in calcografia, tutti diversi, illustrando il passaggio da primavera, estate, autunno e inverno perché "Into the darkes forest" era uno dei loro pezzi migliori e da lì è partito il mio trip per certe tecniche.
TG: Forse la serigrafia è più immediata e più comprensibile ad un pubblico giovane?
Jessica: Sì, è molto più accessibile per le persone più giovani. Assolutamente, anche per i prezzi.
TG: Le tue serigrafie nonostante siano molto colorate, complesse e richiedano tanto lavoro hanno prezzi molto convenienti, perché?
Jessica: Preferisco che la gente si appassioni e faccia circolare i miei lavori, piuttosto che tenerli chiusi in un cassetto.
TG: Hai realizzato un poster per Dylan Carlson?
Jessica: Sì, Earth mi ha reso molto orgogliosa, anche perché sono riuscita a conoscerlo personalmente. Credo d'avere quasi tutti i suoi dischi ed essere riuscita ad omaggiarlo con un mio lavoro mi ha reso particolarmente felice.
TG: Vieni spesso in Santeria per sentire musica?
Jessica: Sì, perché è il posto più bello in assoluto, inoltre c'è una buona acustica e ragazzi molto in gamba che organizzano i concerti.
TG: Vedo che usi colori particolari...
Jessica: Sì, a volte utilizzo colori glitterati come questo azzurro o questo rosso; altre volte l'oro. Sembra un giallo normale, ma in controluce ti accorgi che è oro. Altre volte utilizzo anche colori fluo.
TG: Vedo che hai realizzato un poster per gli Ufomammut; immagino che sarà una rarità, di solito i Malleus disegnano i poster per loro stessi...
Jessica: Sì, infatti, abbiamo rispetto reciproco l'uno degli altri e questo per me è davvero importante. Mi sembra che fosse per il primo Genova Urla che abbiamo fatto nel 2013. L'abbiamo organizzato con Gigi, il cantante degli Isaak; eravamo una bella combriccola a quei tempi, poi l'esistenza ti porta in altri lidi...
TG: Firmi le tue stampe?
Jessica: Ogni tanto sì, ogni tanto no. Poi è subentrato il timbro a secco e faccio ancora più in fretta.
TG: È facile fare serigrafie?
Jessica: Non c'è niente di semplice nella vita, però basta poco per iniziare, figurati che una volta utilizzavo due pinze per tenere fermi i telai di legno su un tavolo. Aggiungi la racla, l'inchiostro e la carta e non serve altro; adesso per comodità uso due braccia. Bisogna mettersi lì con calma e provare, poi sbagliando si impara. Ovviamente, bisogna studiare come fare perché le cose non piovono dal cielo. Ci vuole devozione e amore per quello che si fa e tanta forza di volontà.
TG: Non bisogna arrendersi mai.
Jessica: Mai.
TG: Stendi da sola anche l'emulsione fotosensibile?
Jessica: Sì, faccio tutto io.
TG: Hai una lampada a UV?
Jessica: Mi sono comprata un bromografo che contiene giusto dei telai di 55X75 centimetri. Non posso fare formati più grandi, ma va benissimo per quello che faccio. Diversamente mi appoggio a terzi.
TG: Buono. Adesso che stai ottenendo dei buoni risultati ed hai un certo riscontro tra i tuoi clienti, riesci a dedicarti a tempo pieno a quello che hai sempre voluto fare?
Jessica: Eh sì, dopo tanti anni di supermercato e di bar ci voleva. Non disdegno assolutamente gli altri lavori perché tutto quello che ho guadagnato in quel modo mi ha dato la possibilità di comprare quello che mi serviva per la mia attività. Non dormivo e facevo orari allucinanti, pur di portare avanti i miei lavori: dovevo finire i disegni, effettuare le consegne e tutto il resto. Ho fatto molti sacrifici, ma come ti dicevo, i risultati non piovono dal cielo, bisogna conquistarli.
TG: Poi bisogna fare molte prove, sperimentare, fare pratica...
Jessica: Bisogna soprattutto sbagliare tanto. Io sbaglio ancora adesso e oltre tutto non sono mai contenta perché magari alla fine vedo un errore e vorrei rifare tutto, così mi dico che la prossima volta lo farò meglio. Questo è un bene perché se io finito un lavoro fossi soddisfatta non avrei più interesse ad andare avanti.
TG: Questo lo sapevo già. Un mio amico dice che sei un po' timida nel presentare le tue opere, ma in realtà i tuoi lavori sono bellissimi. Forse tu pretendi tanto da te stessa.
Jessica: Sì, assolutamente.
TG: Complimenti Jessica, apprezzo tantissimo il tuo genere ed il tipo di disegno che fai.
Jessica: Grazie mille Tony.
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