venerdì 28 ottobre 2016

A Monza il Museo più piccolo del mondo. Intervista a Felice Terrabuio del MIMUMO

Tony Graffio incontra Felice Terrabuio del MIMUMO

Felice Terrabuio, 67 anni, ricercatore artistico per l'Associazione Culturale Street Art Più

Tony Graffio: Felice chi sei e che cos'è il MIMUMO?

Felice Terrabuio: Sono un architetto maturo di 67 anni. Mi sono sempre occupato di architettura d'interni e d'arte; ultimamente con il collega Luca Arquati. Due anni fa abbiamo creato un piccolo spazio espositivo nella casa della Luna Rossa, un palazzo del 1300 nel centro di Monza, di fronte al Museo del Duomo.

Il museo più piccolo del mondo
La Casa della Luna Rossa a Monza in via Lambro, 1 e la vetrina del MIMUMO

TG: Cosa ha di particolare la casa della Luna Rossa?

FT: E' una delle pochissime case in aggetto rimaste a Monza.

TG: Cosa vuole dire "casa in aggetto"?

FT: E' un tipo di costruzione che viene in fuori.

Casa della Luna Rossa Monza
Un particolare della casa in aggetto

TG: Vedo, ma a che cosa serve questo tipo di architettura? Aveva una funzione pratica?

FT: (Ride) Sì. Sai che nel Medioevo si buttava tutto dalla finestra?

TG: Sì, dai rifiuti agli escrementi, all'orina. Quindi, per non prendersi la piscia altrui in testa si camminava attaccati ai muri sotto l'aggetto delle case?

FT: Bravo! E' proprio così. Questa casa è stata totalmente ricostruita e restaurata ed è un'attrazione della città di Monza. Questo spazio c'è sempre stato, il suo proprietario, l'architetto Luca Acquati, lo ha utilizzato per mostrare le proprie architetture, era una specie di vetrina, anche se non c'erano ancora i vetri. Era solo uno spazio aperto di piccole dimensioni.

TG: E tu sei riuscito a convincere il proprietario di questa casa a farti dare una piccola porzione per allestire il museo più piccolo del mondo?

FT: Allora, cercando su internet, ci siamo accorti che esisteva un museo su un montacarichi, bastava aprire le porte per accedere ad uno spazio espositivo di appena 6 metri quadrati. Noi ci siamo chiesti: perché non fare qualcosa del genere anche qui da noi? Da quella intuizione abbiamo deciso di chiudere tra pareti nere e soffitto nero la superficie che volevamo adibire a museo e ci siamo accorti che avevamo a disposizione 2,29 metri quadrati. Avevamo creato un museo ancora più piccolo di quello di New York.

Casa della Luna Rossa
La Luna Rossa di Monza

TG: Nasceva così il MIMUMO?

FT: Sì, il Micro Museo di Monza.

TG: Insomma, dopo il Maga, il Maxxi e il Moma esiste anche il MIMUMO, ma non è un nome un po' ridicolo? Non sarà mica una presa in giro, vero?

FT: Beh sì, ma nemmeno tanto, abbiamo seguito l'onda di queste tipologie di museo che vengono battezzati con degli acronimi. A Piacenza, c'è anche il museo della merda, se dobbiamo dirla tutta...

TG: No, non lo sapevo, andremo a vederlo, sarà interessante capire cosa c'è di così speciale nella merda... Voi invece, cosa vi proponete di fare?

FT: L'idea è di dare spazio ai giovani, ma anche ai vecchi artisti, designer, fotografi, un po' a tutti. Gente sconosciuta e già affermata nel mondo dell'arte. Siccome lo spazio è piccolo, abbiamo pensato di fare delle esposizioni velocissime di una settimana tra queste due mura.

TG: E funziona? Gli artisti sono contenti di esporre qua? C'è visibilità? C'è passaggio? Vendono?

FT: Il passaggio c'è. Specialmente alla sera, questa vetrina diventa una lanterna magica che attira i visitatori ed i curiosi: La gente periodicamente torna a vedere quello che esponiamo proprio perché sa che ogni settimana, o 15 giorni al massimo, c'è qualcosa di nuovo e di diverso.

Via Lambro

TG: Oltre ad esporre in vetrina le sue opere, come comunica l'artista?

FT: C'è una specie di bacheca dove si può collocare un foglio A4 con i dati dell'artista e delle opere. Quello è il Menù. Lì vengono descritte le opere e si danno le informazioni di base sull'artista in mostra.

TG: In questi giorni espone Massimo Bartolone che vedo si definisce artigiano...

FT: Sì, ma la cosa intrigante è che noi dagli artisti non vogliamo niente, qui si espone in modo completamente gratuito.

Il menu del MiMuMo

TG: Ottimo, allora si prenotano anche Tony Graffio e gli artisti che compaiono sul suo blog per esporre nel bellissimo MIMUMO. Quando possiamo esporre?

FT: Va benissimo, ma c'è una lista d'attesa lunghissima, non se ne parla prima di marzo dell'anno prossimo.

TG: E' una promessa?

FT: Certo.

TG: Quante opere possiamo esporre per volta?

FT: Non ci sono limiti, ognuno fa come crede, per esempio quando ha esposto Fiorucci, mi ha dato le figurine che aveva fatto per la Panini di Modena negli anni '70. Ne aveva stampate 30 milioni.

TG: Spero non le abbia esposte tutte!

FT: Ovviamente no, c'è chi espone solo un quadro o chi ogni giorno cambia opera, Elio Fiorucci aveva fatto una splendida composizione.

TG: Nel MIMUMO si può entrare o lo si fruisce solo dall'esterno?

FT: Se entri nel MIMUMO poi ti ritrovi in casa dell'Acquati, perciò per fruire del MIMUMO devi restare all'esterno, ma questo fatto fa sì che il MIMUMO sia attivo 24 ore su 24.

Micromuseo Monza
Le opere del Bartolone all'interno del MIMUMO, sullo sfondo l'ingresso del Museo del Duomo di Monza

TG: Insomma, è un po' un gioco, ma in realtà è una vetrina artistica.

FT: La piccola intuizione è che basta lo spazio, fare un piccolo allestimento e il MIMUMO è pronto per mostrarsi a tutti.

TG: Tony Graffio ha saputo che tu sei stato un proto-street-artist, puoi raccontarmi questa cosa, Felice?

FT: Come no! Sai, gli architetti hanno sempre avuto le mani in pasta in tutto. Quando disegni usi acquarelli, matitoni, colori... Ho sempre fatto di tutto, circa 40 anni fa, nel 1975/76, io ero attratto da artisti come Klein e avevo bisogno anch'io di fare qualcosa del genere. Desideravo fare gesti o cose clamorose che attirassero l'attenzione e vedendo le palizzate dei cantieri libere, ho deciso di riempirle con i miei disegni.

TG: Ma i graffitari non esistevano ancora, quindi tu sei stato un precursore?

FT: Effettivamente è così, ho iniziato a dipingere grosse palizzate, senza deturpare i muri. Quello che mi interessava era di realizzare opere temporanee in ambienti che in questo modo potevano solo essere valorizzati. Una volta terminato il cantiere, finiva tutto. Lavorare su superfici grandi è bellissimo, cambia tutta la tua visione ed ha un sapore bellissimo. Ricordo ancora la fatica fisica di fare l'architetto e dipingere e ho ancora ben viva la tensione di queste cose che ho fatto. Non ho fatto cose strepitose, ma 40 anni fa in Italia non c'era nessun altro che faceva azioni artistiche in questa forma. In America forse erano più avanti, ma qua le cose stavano così.

TG: Questa per me è una notizia bomba, hai delle fotografie di quegli anni che possano comprovare quello che stai affermando?

FT: Certamente.

TG: Bene, allora appena me le fornirai le pubblicherò su questo sito, perché sai, i documenti fotografici sono fondamentali per distinguere la fantasia dalla realtà. Questo è il motivo per il quale le mie interviste ed i miei servizi sono sempre accompagnati da immagini e questo è anche il motivo per il quale il mio blog è molto consultato dagli addetti ai lavori, dai collezionisti, dagli studiosi e dai giornalisti che spesso prendono informazioni dal mio data base online totalmente gratuito e aperto a tutti. Attualmente, come esprimi la tua creatività?

FT: Va bene, ti fornirò le mie fotografie che risalgono al novembre 1975 e ti accorgerai che è come dico io. Chiaramente, col tempo la professione mi ha preso molto tempo ed io ho abbandonato le staccionate, però mi è rimasta la voglia di fare qualcosa di artistico. Ogni tanto, con l'amico Roberto Spadea, l'artista dei dreaming jeans, facciamo qualcosa all'esterno. L'anno scorso per Expo 2015 abbiamo colorato le prime tre file di un campo di granoturco in via Boito. Con l'autorizzazione della proprietà, del contadino e del Comune abbiamo fatto questa performance per dire: “Allarme rosso il cibo sta finendo”. E' durata tre settimane, poi il granoturco è stato mietuto ed è stato utilizzato per usi alimentari perché noi abbiamo usato un colorante biodegradabile non tossico per la nostra performance.

TG: Sei anche un esperto comunicatore?

FT: Certo, anche quello è importante per un artista.

TG: Al MIMUMO avete provato a fare anche performance, living theatre e spettacoli con persone in vetrina?

FT: Come no? (Ride) Prima di Bartolone avevamo Claudia Rordorf che con la sua performance intitolata: Straniera indossava un costume ed una maschera per attirare l'attenzione dei passanti che la seguivano fino a qua. Lei poi si sedeva fuori dalla vetrina e raccontava una storia. Finita la performance, dopo un paio d'ore, Claudia s'è tolta gli abiti di scena e li ha lasciati a terra dentro il museo. Un videomaker, Paolo Avanzi, ha documentato tutto, così che tre giorni dopo in vetrina c'era anche il filmato dell'evento sullo schermo di un computer e si poteva rivedere tutto quello che era accaduto. Due anni fa un gruppo musicale ha suonato all'intero del museo.

TG: Ed all'esterno si sentiva qualcosa?

FT: Sì.

TG: Perché?

FT: Perché la musica usciva da un'apertura vicino al soffitto, anche se io avevo pensato questa esibizione proprio in modo che i musicisti suonassero e che fuori non si sentisse niente.

TG: Non tutte le ciambelle riescono col buco... Il MIMUMO ad ogni modo è uno spazio privato?

FT: Sì, privato.

TG: Ma tu come vuoi essere definito: un gallerista o un curatore?

FT: Un curatore, però forse sono anche un ricercatore di persone di talento.

TG: Un ricercatore artistico?

FT: Ecco sì, questa è una buona definizione.

TG: Hanno mai esposto degli street-artist nel vostro museo?

FT: Certamente: da Willow a Luca Panucci. Tieni presente che la nostra associazione culturale si chiama “Streetartpiù”.

TG: La vostra attività è messa in evidenza dal Comune di Monza? In altre parole: Monza vi dà una mano o no?

FT: Col Comune di Monza abbiamo fatto due mostre...

TG: Guarda che puoi anche rispondermi di no... Tony Graffio non ama tanto i giri di parole e non ha peli sulla lingua, è un documentarista indipendente che dice le cose come stanno, non prende soldi da nessuno e non deve farsi amici nelle giunte comunali...

FT: In realtà, “Ni” (ridacchia).

TG: Forse allora?

FT: No, ma in realtà, allora vedi...

TG: Insomma, la città di Monza ha un sito web o un giornale che parla di voi e della vostra programmazione per far sapere ai monzesi quello che fate? Sì o no?

FT: Monza non ha...

TG: Non partecipa!

FT: Ma no guarda, siamo noi che coinvolgiamo alcuni uffici di Monza...

TG: Loro diffondono in qualche modo quello che fate?

FT: No, Monza non diffonde quello che facciamo.

TG: Allora Monza non apprezza il vostro lavoro?

FT: No, non è che non apprezzi, attenzione... Cioè, no, nel senso che il Sindaco vede le nostre cose, però è un fatto personale, non pubblico.

TG: Non s'è creata una sinergia con Monza e ci deve pensare Tony Graffio a farvi conoscere al grande pubblico?

FT: Guarda, siamo a Monza, ma perché succedono queste cose non lo so... Non chiedermelo (Imbarazzatissimo)...

TG: Ah, bene, siete il museo più piccolo del mondo, ma non siete un'attrazione per la città. Strano...

FT: In realtà il MIMUMO è un'attrazione!

TG: Però il Comune non vi pubblicizza...

FT: Volevo dirti una cosa... Per far questo, io dovrei avvisare un mese prima gli uffici del Comune.

TG: Quindi è colpa tua?

FT: Sì, in qualche modo è colpa mia! (Ride)


Monza e l'arte contemporanea
Monza, piazza IV novembre, la "Chimera" di Andrea Cascella è sommersa da fiori appassiti e altra vegetazione che da tempo non riceve cure umane. Il Comune di Monza è davvero interessato all'arte? Vale la pena di regalare o prestare le proprie opere d'arte alle amministrazioni pubbliche? Bisognerà fare una mini inchiesta anche su questo argomento.

Aggiornamento importante
Felice Terrabuio mi ha inviato i documenti che lo vedono ritratto davanti alle sue opere di Street Art, nell'inverno del 1975. I suoi primi lavori risalgono ad alcuni mesi prima, quando aveva dipinto alcune forme geometriche sulle palizzate di un cantiere di via Faruffini, a Milano, ma non essendoci fotografie di quell'evento, possiamo dire che le prime prove della sua  attività risalgono al mese di novembre 1975.


 Felice Terrabuio davanti ad un suo dipinto geometrico di m 3,50 X 2 in via Silvio Pellico a Cesano Maderno. (fotografia fornita dall'artista)

Felice Terrabuio, il primo street artist italiano di cui abbiamo documentazioni del suo lavoro, nel novembre del 1975 mentre dipinge una palizzata a Cesano Maderno.

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