giovedì 14 aprile 2016

Luigi Ghirri, la fotografia del pensiero e dello sguardo in un interno di design

 L'Appartamento Lago dove sono esposte le 20 fotografie d'interni di Luigi Ghirri

Solo 5 giorni per vedere gratuitamente una ventina di fotografie vintage print a colori di Luigi Ghirri all'Appartamento Lago di via Brera, 30, al secondo piano, sopra al Bar Jamaica.
Io sono riuscito a vedere ieri questa esposizione, non è una mostra, ma un'occasione unica nell'ambito della settimana milanese del design in cui un'azienda mette a disposizione del pubblico alcune opere artistiche tratte dalla propria collezione privata. Ora restano solo 4 giorni scarsi per cogliere questa generosa opportunità. 
Se amate la fotografia d'autore non indugiate ulteriormente, rimandate altri impegni e fiondatevi a visitare questo elegante appartamento.
L'Appartamento Lago è diventato un appuntamento consueto della design-week, sono parecchi anni ormai che per qualche giorno si aprono le porte ai curiosi in questo palazzo, come da altre parti, per lasciare dare un'occhiata a luoghi normalmente non accessibili al pubblico. L'Appartamento Lago viene definito un format che si è esteso in Italia e all'estero. E' stata creata una rete di appartamenti che vengono dati in affitto ad un inquilino che in certe occasioni apre le porte per ospitare degli eventi e far vedere com'è possibile vivere il design. Idea che poi s'è estesa a spazi pubblici e privati come B&B, cafeterie, librerie e negozi arredati con la produzione del marchio padovano. Si tratta di un'esperienza per poter provare a vivere circondati da elementi d'arredo di design. Lago è un brand veneto di design che ha avuto l'idea d'inserire pezzi d'arte in collaborazione con Jacobacci per valorizzare il contenuto culturale della sua proposta comunicativa.

Presa d'insieme di alcune stampe di Ghirri esposte in via Brera al numero 30

Ho incontrato Elena Re, critica d'arte e curatrice di mostre d'arte che ha seguito l'allestimento delle fotografie di Ghirri e mi ha dato tutte le indicazioni per poter comprendere meglio l'opera dell'artista emiliano ed il suo pensiero.
Jacobacci & Partners è una grande società di consulenza con sede a Torino che si occupa della registrazione di marchi brevetti e della tutela della proprietà intellettuale che ha una sua collezione d'arte che oltre ad arricchire le proprie sedi, viene anche utilizzata per completare progetti in situazioni particolari. E' in qualche modo una collezione dinamica che viaggia spesso per allestire eventi come quello che si svolge in via Brera, 30. Il nucleo esposto comprende 20 fotografie originali che rappresentano interni colti da Luigi Ghirri, caposcuola della nuova fotografia di paesaggio, in varie situazioni appartenenti a edifici pubblici e privati. Ghirri ha avuto uno sguardo non convenzionale sul paesaggio, non guardando tanto all'eccezionalità del monumento, quanto al sentimento per il luogo osservato. Durante tutto il suo percorso, iniziato circa nel 1970 e terminato nel 1992 con la sua morte prematura, Ghirri ha sviluppato varie ricerche espressive, soffermandosi, ogni tanto, ad approfondire il discorso degli interni, visti come luoghi dell'interiorità e spazi d'introspezione. La sua è stata una ricerca aperta sulla quale lui è spesso ritornato, nel corso del tempo. Le fotografie arrivano direttamente dall'archivio dell'artista e sono state acquisite da Jacobacci che le ha messe a disposizione di Lago per cui le opere compaiono alle pareti di questo appartamento, come se fossero idealmente di un collezionista che vive in questi spazi. Questo è il motivo che non fa di quest'esposizione una mostra, ma piuttosto la presentazione di opere inserite in un contesto abitativo. Le mostre normalmente si attuano in musei, gallerie, o appositi spazi che mettono in evidenza le opere, mentre qui accade un po' il contrario, sono le opere che valorizzano ulteriormente lo spazio domestico, pur già prestigioso. Le fotografie furono stampate negli anni '80 da Arrigo Ghi, di Modena, sotto la supervisione di Luigi Ghirri, perché le stampe fotografiche a colori, generalmente venivano stampate in un laboratorio specializzato, in questo modo. Diversamente dalla stampa in bianco e nero che spesso veniva effettuata dallo stesso fotografo. Le immagini raccontano di vari luoghi che possono essere botteghe d'artigiani, case d'amici e luoghi non specificati apparentemente anonimi. Tra questi ci sono  anche luoghi noti riconoscibili, come il Palazzo Te di Mantova, la casa di Ludovico Ariosto a Reggio Emilia ed altri luoghi non noti che riescono a raccontarci una storia d'intimità di un interno. I luoghi noti non vengono raccontati con enfasi, ma al contrario appaiono alla stessa stregua di luoghi normali e quotidiani che sembrano scoperti per la prima volta dallo sguardo di chi li osserva. In generale, si tratta sempre di spazi che appaiono tranquilli e silenziosi, privi di persone, oppure in cui le persone compaiono di spalle, o un po' evanescenti, come nel caso della fotografia in cui si vede un visitatore mosso all'interno di una sala di un museo di Modena. E' il luogo di per sé che rappresenta quasi il ritratto dell'individuo che gravita in quello spazio. In un'altro interno ripreso a Campegine, nel Museo Fratelli Cervi, sono presenti dettagli significativi che ci raccontano parti della storia di questa famiglia. Una sveglia appoggiata su una credenza e vecchie fotografie in bianco e nero descrivono un vissuto esistenziale e ci parlano delle persone, pur non vedendole. Questa è la magia di Ghirri che riprende le immagini con un obiettivo normale, senza particolari artifici tecnici. L'inquadratura è ciò che conta. Una finestra sul mondo che include dei particolari e conferisce importanza anche a ciò che esclude, perché è ciò che non si vede che talvolta fa scattare l'alchimia dei sentimenti di quello che si racconta. Ed è per questo che in questo servizio non vi mostro immagini che ho scelto di descrivervi solo con le parole di Elena Re e, se volete, con la mia regia. O il mio montaggio, se preferite.
In un'altra immagine presa a Ferrara, vediamo l'interno della casa, probabilmente di un amico, in un'altra vediamo quella che secondo me è l'unico esempio di zona mista esterno/interno (potrebbe essere ripresa in un cortile interno in un loggiato, ma dovrei verificare la cosa), luoghi aulici, luoghi noti, si alternano a luoghi meno noti. In un'altra immagine capiamo di essere a Boretto (vicino a Viadana), negli anni 1985/86, all'interno dell'albergo di questo paese. Un'altra fotografia è stata ripresa a Verrès, in un castello della Val d'Aosta.
Nel 2003 Jacobacci aveva fatto un altro progetto con le automobili della Ferrari, che era suo cliente, perché Ghirri aveva fatto un discorso di lettura dell'identità di Ferrari attraverso le sue fotografie. In quell'occasione erano state riprese le officine Ferrari, il museo Ferrari e gli eventi organizzati da Ferrari. In quel caso, 20 fotografie erano state inserite in un libro, come è stato realizzato un libro anche per quest'altra collezione di 20 fotografie d'interni. Nel 2003, il libro riguardante Ferrari venne presentato al Cobra Museum di Amsterdam.
In un paio di fotografie di Ghirri esposte a Brera, quella di Palazzo Te e l'ultima del nucleo della collezione, si vedono una porta socchiusa che sembra dare accesso a l”Interno Italiano”, mentre quella che sembra aprirsi per guardare al paesaggio esterno è stata scattata nel 1989 a Boretto, presso la vecchia stazione ferroviaria. Il percorso fotografico degli interni di Ghirri viene così inserito tra una porta che sembra averci portato dentro degli edifici, per poi, alla fine, ridarci la libertà di uscire all'esterno per riprendere il nostro cammino verso la nostra vita abituale, oppure verso una nuova destinazione.
Ghirri utilizzava il medio formato, soprattutto il 6X7 perché secondo lui il grande formato mostrava troppo i particolari, togliendo parte al lavoro della mente dell'osservatore ed alla sua fantasia. Anche in questo caso, non si voleva mostrare troppo, con troppo dettaglio che poi avrebbe potuto inibire la parte onirica dell'osservatore. Avere troppo micro-dettaglio in questo tipo di fotografia sarebbe stato quasi un perfezionismo che avrebbe potuto non fare concentrare sulla parte importante del suo discorso concettuale. Ghirri non è interessante per la tecnica, quanto per le atmosfere ed i contenuti che racchiudono le sue immagini. Le fotografie di Ghirri rappresentano anche delle citazioni della storia dell'arte che evocano luci presenti nella pittura fiamminga, come nello scatto effettuato a Forlì, presso il museo della civiltà contadina.
Luigi Ghirri era una persona molto curiosa, onnivora di cultura; una volta quando gli chiesero quali fossero i suoi riferimenti culturali, egli rispose che non sapeva quali fossero gli elementi ai quali egli si ispirasse e disse che lui sapeva soltanto che le visioni di Brueghel erano altrettanto importanti delle canzoni di Bob Dylan, perché tutto è importante. La curiosità di quest'artista fa sì che noi guardando le sue fotografie facciamo parte noi stessi del suo mondo, come se noi fossimo parte della scena che osserviamo. Le esperienze che Ghirri ci comunica sono comuni a molte persone che possono aver provato le stesse emozioni di ritrovarsi in una stazione vuota con una particolare luce in preda ai propri pensieri interiorizzanti. La semplicità dei soggetti inquadrati ci aiuta a far parte di queste fotografie, quasi come queste fotografie fossero il nostro stesso ritratto. A Reggio Emilia, presso la casa di Ludovico Ariosto sono stati fotografati dei tromp-l'oeil, ovvero altre immagini di paesaggi bidimensionali che diventa un'immagine di una certa realtà. Un'immagine nell'immagine finisce per diventare un'altra cosa, ovvero una dimensione nella quale perdersi. Fotografie che diventano una specie di specchio da attraversare e che ci portano in un mondo fantastico un po' sognante. La dimensione contenuta delle stampe ci aiuta ad interiorizzare i nostri sentimenti, a differenza degli autori della fotografia contemporanea che si esprimono sempre più con stampe di grandi dimensioni. Per raccontare una storia profonda non c'è bisogno d'esprimerla su tanti centimetri quadrati di carta.
Ghirri aveva chiaro lo scatto che voleva ottenere e da quanto ci viene riportato da chi l'ha visto (anche Lucio Dalla ebbe modo di accorgersi di questa sua caratteristica) operare, risulta che egli si muovesse molto velocemente nella fase di ripresa dei soggetti.
Le fotografie sono state scattate a colori perché Ghirri riteneva che il mondo a colori dovesse essere rappresentato allo stesso modo. Lo stato di conservazione è ottimo, ma si percepisce ugualmente una patina leggermente calda che lascia intendere il passaggio del tempo che è trascorso da quando lo scatto è stato preso. La superficie della carta subiva la stesura di uno spray matt per conferire all'immagine ancora un aspetto più denso ed ovattata.
I negativi e gli originali invertibili di Ghirri (144.000 pezzi) sono tutti stati depositati dalla vedova presso la Fototeca della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia che li conserva a fini di catalogazione e di studio e gestisce questo materiale per realizzare nuovi progetti culturali. Gli eredi Ghirri invece dispongono di un loro archivio fatto di stampe positive originali.
Una stampa originale e unica come quelle esposte temporaneamente in via Brera ha un valore di circa 15.000 euro. TG

Un collezionista ed una critica d'arte free-lance di fronte alle fotografie d'interni di Ghirri

Giorni e orari d'esposizione al pubblico in via Brera numero 30, piano secondo: aprile 13,14,15,16 e 17. Dalle ore 10 alle 22.

Si ringrazia la curatrice dell'esposizione: Elena Re

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